Capitolo 25
Io e silviabella siamo liete di
presentarvi l'ultimo capitolo tradotto. Assicuratevi di leggere la
nota di fine storia, mi raccomando!
Anne London
Capitolo 25
Felix Felicis
Hermione sapeva di non essere
particolarmente cortese, ma non riuscì a trattenersi dal dire “Te
l'avevo detto” ad Harry, a proposito del Principe Mezzosangue. Il
suo comportamento la stava facendo molto arrabbiare. Nonostante la
serie apparentemente infinita di punizioni, non era particolarmente
provato dal rimorso e certamente, una volta che Grifondoro ebbe vinto
la partita e lui e Ginny si furono messi insieme, Harry passò la
maggior parte del suo tempo in un felice stordimento.
Disturbava Hermione più di quanto
le piacesse ammettere, quanto era arrivato vicino ad uccidere Malfoy.
Certo, Malfoy era sicuramente un Mangiamorte, ma non era come se lui
ed Harry si fossero incontrati in un cimitero deserto e avessero
duellato per le loro vite. Erano ad Hogwarts, in un bagno, e una
stupida rivalità tra ragazzi era quasi costata ad uno di loro il
prezzo più alto.
La preoccupava che Harry potesse
comportarsi come se le rapide azioni di Snape, nel cancellare i segni
sul corpo di Malfoy, avessero guarito anche la sua coscienza. Non ci
arrivava? Nessuno di loro ci arrivava? Hermione aveva riconosciuto il
contro incantesimo che Harry aveva descritto: era il “Canto della
Fenice” con cui Snape aveva guarito le sue stesse ferite
dell'Ufficio Misteri un anno prima. Ciò significava che Harry e il
Mangiamorte avevano usato lo stesso incantesimo. Le circostanze erano
spaventosamente simili alla situazione col vecchio capo di Percy, il
signor Crouch, durante l'ultima guerra: sarebbe realmente stata una
vittoria morale del bene sul male se entrambe le parti si fossero
ridotte a mezzi simili per raggiungere i loro scopi?
L'indignazione morale di Hermione
alimentò diverse ore di ricerca in biblioteca. Aveva sperato di
scoprire qualcosa che potesse far cambiare idea ad Harry sulla sua
dipendenza da pericolosi scarabocchi scritti da una fonte
sconosciuta, ma l'unica traccia che scoprì fu un articolo su Eileen
Prince. La ragazza, decisamente poco attraente, era andata a scuola
nel periodo giusto, anche se il breve dibattito sui tornei di
Gobbiglie tra scuole che accompagnava la sua foto non faceva cenno a
Pozioni. Certamente non era abbastanza per convincere Harry: il quasi
litigio lasciò Hermione fumante di rabbia e decise di fare una
veloce passeggiata nei corridoi prima di studiare un po'.
Solo pochi minuti dopo, Ron arrivò
precipitandosi verso di lei.
“Hermione!” Chiamò, “Hermione!”
“Cosa, Ron?” Era ancora
irritabile.
“È Harry.” Ron si fermò di
fianco a lei, annaspando pesantemente. “Ha ricevuto un messaggio da
Dumbledore. Deve andare nel suo ufficio subito – penso che stiano
per andare a trovarne uno!”
Non c'era bisogno che lui
specificasse a cosa si riferisse quel'“uno”.
“O mio Dio!” Hermione si coprì
la bocca con entrambe le mani, tutta l'irritazione dimenticata.
“Andiamo, aspettiamolo nella sala comune.”
Trovarono da sedersi lontano da
chiunque altro con una buona vista della porta. La tensione vibrava
nei loro corpi nel punto in cui si toccavano. Prima di quanto
anticipato, Harry era di ritorno.
“Cosa voleva?” Chiese
Hermione, e notando l'espressione tirata sul suo viso aggiunse
ansiosamente, “Harry, stai bene?”
“Sto bene,” replicò.
Senza fermarsi a parlare, corse su per le scale del dormitorio dei
ragazzi. Hermione scambiò uno sguardo significativo con Ron e
stavano per seguirlo di sopra quando lui tornò indietro di corsa.
“Devo fare in fretta,” ansimò, senza fiato per le scale. “Dumbledore pensa che stia
prendendo il Mantello dell'Invisibilità. Ascoltate,”
Harry si guardò intorno velocemente ed usò il
Muffliato. “Dumbledore ha trovato un altro Horcrux e mi
sta portando con sé per prenderlo. Il fatto è che
sulla strada verso il suo ufficio mi sono imbattuto nella Trelawney e
lei -” Harry s'interruppe
per un secondo, un'espressione strana che gli torceva il viso. “Aveva
appena cercato di entrare nella Stanza delle Necessità. Aveva
sentito la voce di un ragazzo urlare di gioia e, quando ha
cercato di scoprire chi fosse, lui l'ha lanciata
fuori dalla stanza.”
Ad Hermione si
mozzò il fiato.
“Cosa... intendi Malfoy?” Chiese
Ron.
“Chi altri?” Replicò Harry con
il viso cupo. “Capite che cosa vuol dire? Silente non sarà qui
stanotte, quindi Malfoy avrà un'ottima possibilità di tentare
qualunque cosa abbia in mente.”
“Harry,” iniziò Hermione
sapendo bene che con Dumbledore assente Malfoy non poteva portare a
termine il suo piano, ma Harry la interruppe.
“No, ascoltatemi! So
che era Malfoy a festeggiare nella Stanza delle Necessità. Ecco-”
Harry mise la Mappa del Malandrino nelle mani di Hermione. “Dovete
controllarlo, e anche Snape. Usate chiunque riusciate a mettere
insieme del DA; Hermione, quei Galeoni per
contattare funzionano
ancora, vero? Dumbledore dice che ha messo
sulla scuola delle
protezioni extra, ma se Snape è coinvolto saprà
qual è la protezione
di Dumbledore e come aggirarla – ma non si aspetterà che voi
stiate di guardia, no?”
“Harry-” disse lei,
questa volta in modo più insistente.
“Non ho tempo di discutere,”
replicò lui, girandosi verso Ron. “Prendi anche questo-”
“Grazie,” disse Ron,
afferrando obbediente l'oggetto offerto. “Ehm – perché avrei
bisogno di un paio di calzini?”
“Hai bisogno di quello che c'è
avvolto, è la Felix Felicis. Dividetela anche con Ginny. Salutatela
per me. È meglio che vada, Dumbledore sta aspettando-”
“No!” Hermione cercò di
afferrare il braccio di Harry, ma lui la scrollò via. “Non
vogliamo,” disse disperatamente. “Prendila tu, chi lo sa
cosa dovrai affrontare?”
“Starò bene, sarò con
Dumbledore,” le sue parole non erano così rassicuranti per
Hermione quanto lui chiaramente intendeva che lo fossero. “Voglio
sapere che tutti starete bene... Non guardarmi così,
Hermione, ci vediamo dopo...”
Harry era lontano e di nuovo di
corsa prima che Ron ed Hermione potessero dire niente. Hermione si
voltò verso Ron. Sembrava nervoso, ma quando lui incontrò il suo
sguardo, raddrizzò la schiena e sorrise rassicurante.
“Tutto bene?” Chiese,
sporgendosi in avanti e afferrandole le spalle.
“Sì,” replicò lei. “Prendo
il Galeone da sopra. Aspetta qui.”
Hermione salì le scale due per
volta. Il Galeone del DA era in
una ciotola
ornamentale sul comodino, insieme alla personale Passaporta che
Viktor le aveva dato, una manciata di piccole monete e un
bottone che era recentemente caduto dalla toga. Afferrò subito la
moneta finta e si precipitò di sotto. Sulle scale infilò la testa
nella stanza di Ginny, sollevata di trovare la ragazza più giovane
seduta sul letto circondata dagli appunti di Trasfigurazione.
“GUFO,” spiegò Ginny con un
sorriso distratto.
“Ginny,” Hermione fece una
pausa. “Uhm, non ho proprio il tempo per spiegartelo, ma sembra che
dei Mangiamorte stiano per irrompere nel castello.”
Ginny scattò in piedi
immediatamente, afferrando le sue scarpe e indossandole. “Dov'è
Harry?” Chiese.
“Te lo spiegherò quando saremo il
numero più alto possibile di persone del DA, andiamo.”
Hermione scese le scale
rumorosamente con Ginny alle calcagna. Ron stava aspettando dove lo
aveva lasciato con Neville al suo fianco.
“Andiamo,” disse a tutti loro,
indicando il buco nel ritratto. “Non possiamo parlare qui.”
I quattro passarono in gruppo in
corridoio e lei li portò nella prima classe vuota, aprendo la porta
con un Alohomora e chiudendola a chiave dietro di loro. La prima cosa
che fece fu attivare il Galeone, anche se Hermione pensava fosse
difficile che qualcuno oltre Luna potesse notarlo. Visto che la
stessa moneta di Hermione era stata lasciata di fianco al letto, non
riusciva ad immaginare quanti altri si fossero premurati di portarla
con sé per un intero anno dopo che il DA aveva smesso d'incontrarsi
regolarmente. Mentre Ron aggiornava Ginny e Neville con i concetti
essenziali, glissando sulle ragioni della partenza di Harry e
Dumbledore senza menzionare gli Horcrux, Hermione attivò la Mappa
del Malandrino e la controllò, cercando Snape e Malfoy. Snape fu
facilmente localizzato, immobile nel suo ufficio, ma Malfoy non si
vedeva da nessuna parte.
Luna arrivò proprio mentre Ron
finiva le sue spiegazioni.
“Ciao a tutti,” disse. “Stiamo
per andare di nuovo al Ministero?”
“No,” replicò Ron con il volto
serio. “Al contrario, stiamo aspettando che arrivino dei
Mangiamorte qui stasera.”
“Mi sembra giusto.” Luna era
calma come sempre.
“Ascoltate,” interruppe
Hermione. “Malfoy è nella Stanza delle Necessità, Snape nel suo
ufficio. Dovremo dividerci. Ron: tu, Ginny e Neville tenete d'occhio
Malfoy. Portate la mappa con voi. Luna ed io controlleremo Snape –
ti metterò al corrente mentre aspettiamo, Luna.” Guardò i visi
intorno a sé. Tutti annuirono.
“Ok, ”disse Ron. “Rimane solo
questo.” Districò la Felix Felicis dalla tasca e tenne la piccola
fiala sollevata davanti agli occhi. “Credo che ce ne sia abbastanza
per una sola sorsata a testa.” Offrì la bottiglia ad Hermione.
“Dopo di te,” disse, toccata dal
suo gesto cortese.
Con infinita cura Ron sollevò il
tappo. Esitante la sollevò verso le labbra e fece una pausa. “Alla
sconfitta di Lord Voldemort,” intonò, tenendo la fiala come per un
brindisi. Bevve un sorso attentamente e la passò a Ginny.
“Wow,” sottolineò lui, “questa
roba è incredibile mentre va giù.”
“Alla sconfitta di Lord
Voldemort,” fece eco Ginny e ingoiò la sua parte della pozione
fortunata. Mentre la piccola bottiglia di Felix Felicis faceva il suo
giro in circolo, ognuno di loro faceva un brindisi alla vittoria con
solennità. Hermione fu l'ultima. Quando fu finalmente il suo turno
avvolse le mani intorno alla fiala, tenendola sollevata mentre
declamava il brindisi e la portava alla bocca. Ma non la ingerì.
Hermione tenne le labbra fermamente chiuse e velocemente abbassò la
pozione al suo fianco. Di nascosto prese il tappo dal tavolo, sigillò
la bottiglia e la fece scivolare nella tasca. C'è un sacco di
tempo per usarla dopo, ragionò.
“Va bene,” disse imitando il
tono sicuro di qualcuno che ha appena bevuto fortuna liquida.
“Andiamo.”
“Avessi saputo che sarei stata
fortunata stasera avrei indossato delle mutande più carine,”
scherzò Ginny mentre lasciavano la stanza, facendo ridacchiare
Neville nervosamente. Si separarono in due gruppi alla scalinata, con
Neville, Ron e Ginny che continuavano verso la Stanza delle Necessità
ed Hermione e Luna che puntavano di sotto verso i sotterranei.
Hermione e Luna stazionarono fuori
dall'ufficio di Snape per ore. Hermione aveva avuto molto tempo per
spiegare la situazione a Luna e un sacco di tempo aveva avuto Luna
per intrattenere Hermione con storie evidentemente false, per gentile
concessione di suo padre. Fu quasi a mezzanotte che sentirono la voce
acuta di Flitwick urlare a proposito dei Mangiamorte, mentre correva
verso l'ufficio di Snape. Hermione afferrò la toga di Luna e camminò
nell'ombra della vicina porta d'ingresso. Flitwick passò davanti a
loro senza notarle.
“SEVERUS! Ci sono dei Mangiamorte
nel castello: devi venire subito! Sono nella Torre di Astronomia!”
Squittì Flitwick mentre entrava dalla porta di Snape senza bussare.
“Adesso dovresti prendere la Felix
Felicis,” sussurrò Luna nell'orecchio di Hermione.
Prima che Hermione potesse avere la
possibilità di rispondere, ci fu un distinto schianto dall'ufficio
di Snape e lo stesso Snape saltò fuori in corridoio, con la
bacchetta in mano. Hermione incespicò in avanti sulla sua strada,
portando Luna con sé. Snape si fermò di botto, gli occhi che
guizzavano da una ragazza all'altra.
“Il professor Flitwick non sta
bene,” disse in modo strascicato. “Sembra essere collassato e
dovete prendervi cura di lui. Sono richiesto altrove: come avete
senza dubbio sentito, ci sono dei Mangiamorte nel castello.”
Luna sussultò. “Professor
Flitwick!” Urlò, correndo verso l'ufficio di Snape senza altro
rumore. Non appena la schiena di Luna si fu voltata, entrambi Snape
ed Hermione fecero un gesto per attirare l'attenzione dell'altro.
“Professore,” disse con un
urgente sussurro mentre lui diceva, “Granger,” con voce bassa.
Lui continuò velocemente. “Ci
sono alcuni libri per te nel secondo cassetto. Ne avrai bisogno più
avanti, le barriere sono state alterate per permetterti di entrare.
Tienili con te.”
Si mosse come per andarsene, ma lei
afferrò il braccio per trattenerlo. Con l'altra mano sfilò la fiala
di Felix Felicis dalla sua tasca e la premette nel suo palmo.
“Questa è per lei,” mormorò,
guardando velocemente indietro per controllare che Luna non fosse a
portata di udito e fece un passo lontano dal professore.
Snape diede un'occhiata alla
bottiglia nella sua mano, le sopracciglia che si univano per la
sorpresa. “Felix Felicis?” Chiese. “Dove l'hai presa?”
“È di Harry... è una lunga
storia. Ce la siamo divisi stasera.”
“Questa è la tua parte,” disse
Snape.
“No,” replicò Hermione in modo
poco convincente. Fece una smorfia, sapendo che il linguaggio del suo
corpo rendeva palese la bugia.
Snape spinse la fiala indietro verso
di lei, ma Hermione scosse la testa e mise le mani dietro la schiena,
rifiutandosi di prenderla.
“Ne ha bisogno più di me,
signore,” disse con urgenza.
Snape guardò verso di lei e poi
alla pozione: prese una veloce decisione. Togliendo il tappo dalla
bottiglia la sollevò alle labbra e svuotò il contenuto nella sua
bocca. Notando che la bottiglia era effettivamente vuota, Hermione
sorrise felice. Stava ancora sorridendo quando Snape colpì.
Muovendosi più veloce di quanto
Hermione avesse ritenuto possibile, Snape spostò la bottiglia vuota
dalla mano sinistra alla mano della bacchetta e stese la mano per
afferrarle il mento con lunghe dita ossute. Faceva male. Le dita
spinsero nelle guance, forzandola ad aprire la bocca e separare i
denti. Quindi la baciò. Schiacciò la bocca contro la sua e aprì le
labbra. Il fuoco liquido della Felix Felicis scivolò dalla bocca di
lui in quella di lei.
Hermione lottò per non ingoiare, ma
la sua testa era piegata verso l'alto ad una tale angolatura da aver
poche possibilità. Si artigliò disperatamente alla mano di lui,
lottando con le unghie per togliere le dita dalla sua faccia e
ondeggiando leggermente quando si sbilanciò. Sentiva le ginocchia
deboli. Mentre tossiva, e controvoglia ingoiava, la bocca e la presa
di Snape si ingentilirono. Si tirò indietro abbastanza perché le
loro labbra si separassero, lentamente, quasi riluttanti. Il cuore di
Hermione faceva un rumore sordo nel suo petto con le infinite,
formicolanti possibilità che la fortuna liquida diffondeva nel suo
corpo come una canzone. Lei e Snape si fissarono l'un l'altro, i loro
visi a malapena ad un centimetro di distanza. Poteva sentire il
respiro di lui contro le sue labbra, poteva sentire il caratteristico
odore di fumo. Le mani di lui tremarono contro le guance di lei e
scivolarono per la breve distanza per fermarsi contro la sua gola,
con le dita che gentilmente accarezzavano la linea della mandibola.
Voleva baciarlo ancora.
“Hermione!” Luna la chiamò
all'improvviso dall'ufficio, con voce piena di panico e urgenza.
“Vieni, presto!”
L'intero incontro era durato meno di
un minuto, anche se sembrava che fosse durato molto di più. Snape
sbatté le palpebre e quindi se ne andò, correndo verso le scale con
lunghe falcate. Hermione passò le dita di una mano lungo la bocca,
stupefatta. Poteva ancora sentire il calore della sua bocca su di
lei, le labbra che brillavano per la carezza violentemente generosa.
Con la Felix che scorreva nelle vene, la sua preoccupazione per lui
si assopì. Si sentiva certa che Snape sarebbe stato bene, che tutto
sarebbe andato nel modo in cui doveva. Con un piccolo sorriso privato
si voltò verso l'ufficio di Snape. Luna aveva bisogno di aiuto.
Flitwick aveva battuto la testa in
modo piuttosto forte per la caduta e né Luna né Hermione erano
pronte a farlo rinvenire senza curare prima la ferita alla testa.
Hermione fece apparire una barella e insieme le due giovani donne
fecero sollevare la minuscola figura del loro professore
d'Incantesimi sopra di essa. Hermione passò diversi minuti
indaffarata finché il corpo non fu sul fianco, la testa leggermente
piegata indietro e le vie aree libere – vecchi ricordi del corso di
primo soccorso e la droga che le scorreva nelle vene accentuò la
sicurezza che stesse facendo la cosa giusta.
“Dobbiamo lasciarlo in Infermeria
sulla strada verso la Torre di Astronomia,” decise Hermione. “Farò
levitare la barella, puoi aprire la porta? ”
Luna eseguì di corsa e le due
uscirono in corridoio, col passo rallentato dalla barella che andava
su e giù davanti a loro. Una volta portato Flitwick alle cure di
Madama Pomfrey – e finalmente districatesi dalla sua vista acuta –
Hermione e Luna si misero a correre. Mentre si avvicinavano alla
torre riuscirono a sentire il suono della battaglia davanti a loro,
Hermione pensò persino di sentire la voce di Snape urlare qualcosa
in mezzo alla mischia. Eppure, quando finalmente voltarono l'ultimo
angolo, con le bacchette pronte a combattere, la caotica scena
davanti a loro era sprovvista di Mangiamorte.
Hermione si guardò intorno con una
certa confusione. “Cosa sta succedendo?” ansimò col respiro
irregolare per i diversi piani di scale che aveva appena
polverizzato.
“Sono andati via,” replicò
Lupin affermando l'ovvio. “Credo che siano per strada verso
l'uscita dal castello.”
“Bill!” Il panico nella voce di
Tonks catturò l'attenzione di tutti ed Hermione si voltò verso il
suono. “È ancora vivo! Presto! Dobbiamo portarlo in Infermeria!”
Hermione corse dove Tonks era
inginocchiata sopra alla figura sdraiata di Bill. C'era una
considerevole quantità di sangue sul pavimento, sui suoi vestiti e
sul macello di carne che avrebbe dovuto essere il suo viso. La Felix
Felicis arrivò in soccorso di Hermione, spostando l'attenzione
dall'orrore di quello che stava vedendo verso ciò che bisognava
fare. La pozione dorata stava ancora cantando nelle sue vene e
formicolava con il senso di ciò che doveva essere fatto. Fece
apparire un'altra barella prima che il suo cervello avesse il tempo
di processare la situazione. Tonks stava piangendo, troppo turbata
per puntare la bacchetta sul suo amico ferito.
“Spostatevi,” ordinò Hermione
facendo levitare Bill sulla barella, mentre Ron spingeva Tonks di
lato e, spaventato, afferrava una manciata dei vestiti di suo
fratello.
“Cos'ha che non va?” Chiese con
voce acuta e piena d'ansia.
Il controllo di Hermione sembrò
smuovere Lupin all'azione. Mise una mano sulla spalla di Hermione e
le diede una breve stretta, anche se parlò a Ron.
“È stato morso da Greyback. Tu ed
Hermione portatelo immediatamente in Infermeria. Io mi occuperò
degli altri.”
“Andiamo Ron,” disse Hermione
gentilmente, sollevando la barella nell'aria. Ron si alzò in piedi
senza lasciare andare suo fratello, inciampando insieme di fianco
alla barella, mentre Hermione manovrava lontano dal capannello di
membri dell'Ordine preoccupati. Mentre se ne andava Hermione sentì
Lupin che faceva apparire un'altra barella e dava degli ordini agli
altri in proposito. Pensò a chi altri fosse ferito. La Felix Felicis
le stava impedendo di essere preoccupata mentre sapeva che avrebbe
dovuto esserlo e la cosa la infastidiva.
“Ma non era un licantropo,”
mormorò Ron distrattamente, “o anche Lupin avrebbe dovuto esserlo.
È il periodo sbagliato del mese.”
Persino attraverso il nebuloso
calore della Felix Felicis, il cuore di Hermione soffrì di fronte
all'evidente angoscia dell'amico.
Avevano appena percorso un terzo
della strada verso l'Infermeria quando Ginny arrivò correndo dietro
di loro, finendo per camminare di fianco alla barella e, come Ron,
afferrando la parte più vicina del corpo del fratello ferito, come
se il contatto fisico potesse restituirgli coscienza e salute.
“Qualcuno di voi ha visto dov'è
andato Harry?” Chiese.
“È tornato?” Chiese Hermione in
risposta, con il panico che passava attraverso la calma indotta dalla
droga per un breve secondo. Il fermo controllo della barella levitata
vacillò, ma si riprese dopo il breve ondeggiare. “Dov'è
Dumbledore?”
“Non lo so,” rispose Ginny. “Non
l'ho visto. Harry è andato a correr dietro ai Mangiamorte mentre si
davano alla fuga.”
La preoccupazione per Harry e Snape
attraversò il corpo di Hermione. Dumbledore, vuol dire che
Snape...interruppe quella linea
di pensiero di colpo. Lo avrebbe scoperto abbastanza in fretta. Per
adesso doveva occuparsi di
Bill.
Madama Pomfrey si prese carico della
situazione dall'istante in cui attraversarono la soglia, spostando
Bill in un letto e usando diversi incantesimi diagnostici sul suo
viso. Con espressione seria iniziò a pulire le ferite; Hermione
spostò la sua attenzione sui due Weasley più giovani. La loro dose
di Felix Felicis era chiaramente finita ed erano entrambi
visibilmente sconvolti. Incoraggiata dalla droga che ancora scorreva
libera prese la mano di Ginny e, con la mano libera, massaggiò con
piccoli cerchi la base della schiena di Ron . Ginny la guardò con
gratitudine, mentre Ron sembrava inconsapevole e mormorava sottovoce,
muovendo gli occhi lontano dal viso del fratello.
Quando gli altri arrivarono, Madama
Pomfrey si affaccendò per visitare Neville, anche se tornò dopo
pochi minuti. Notando chi era arrivato e chi no, Ginny assunse
un'aria lugubre.
“Devo andare a cercare Harry,”
annunciò, tirando via la mano da quella di Hermione e uscendo a
grandi passi dalla porta. Ron non si mosse. Hermione era combattuta,
ma decise di restare. Si sentiva certa che Harry potesse arrivare in
Infermeria al più presto: niente poteva tenerlo lontano dai suoi
amici feriti.
Mentre Lupin, Tonks e Luna
raggiunsero Hermione e Ron di fianco al letto di Ron, Madama Pomfrey
finiva di pulire i numerosi tagli e abrasioni che rovinavano il viso
normalmente allegro e piacevole di Bill e iniziò a cospargerlo con
un unguento verde e dall'odore acre.
Hermione lanciò uno sguardo
indagatore verso Lupin. “Neville starà bene,” rispose
rassicurante.
“Neville?” Fece eco Ron,
l'informazione che qualcun altro fosse ferito che penetrava il
bozzolo della sua preoccupazione per il fratello. Hermione gli diede
una pacca sul braccio e lui la onorò con un sorriso stanco. “Grazie
Hermione,” sussurrò.
Harry e Ginny arrivarono subito
dopo, riducendo una delle preoccupazioni pressanti di Hermione. Lui,
subito, raccontò i fatti e le circostanze che circondavano la morte
di Dumbledore. Povero Snape, pensava
Hermione, sapendo quanto poco vedesse l'ora per quell'incarico.
“Shh! Ascoltate!” Esclamò
Ginny all'improvviso, parlando sopra alle lacrime di Madama Pomfrey e
interrompendo i pensieri di Hermione.
Hermione riconobbe il suono, anche
se in realtà non lo aveva mai sentito: il canto della fenice. Fuori
sul campo, Fawkes stava cantando, una dolorosa elegia per la morte di
Dumbledore. Come la sua preoccupazione per Snape ed Harry, il canto
della fenice sembrava penetrare senza sforzo l'umida nebbia della
Felix Felicis. La musica era sia dentro che fuori Hermione e vibrava
nella sua stessa carne, colpendo il suo cuore come se la avvolgesse
in un involucro di suoni. La sensazione era straordinariamente
familiare e la cicatrice sul suo petto fece male in simpatia. Per
Hermione il canto e la sua esperienza risuonarono nella
consapevolezza come il ricordo di Snape. Lacrime spontanee scorsero
sulle sue guance, mentre piangeva per l'uomo che Dumbledore aveva
lasciato indietro. Si chiese dove fosse andato e cosa stesse facendo:
pensò a quanto solo dovesse essere in conseguenza di ciò.
Il canto di Fawkes era una splendida
agonia. Voleva che il suono durasse per sempre, non voleva perdere
mai la sensazione che le pulsava nelle vene.
Non era chiaro quanto tempo rimasero
in piedi ad ascoltare, anche se l'incantesimo fu spezzato
all'improvviso quando la McGonagall entrò nella stanza, con la
pesante porta che si chiudeva dietro di lei. L'aspetto normalmente
impeccabile della McGonagall era venuto meno: i capelli erano
arruffati, i vestiti lacerati e macchiati. Anche lei era stata
informata del ruolo di Snape nella morte di Dumbledore e collassò su
una sedia dopo la spiegazione di Harry.
Hermione trovò la velocità con cui
i membri dell'Ordine intorno a lei cambiavano la loro opinione sul
professor Snape come una non gradita lezione sui limiti della
fiducia. Bruciava dalla voglia di difenderlo, anche se farlo avrebbe
invalidato la drastica distanza che Dumbledore e Snape avevano messo
per mantenere la sanguinaria apparenza. Anche lei aveva il suo ruolo
da giocare e, ancora una volta, la Felix Felicis arrivò in suo
soccorso, spingendola a nascondere il viso tra le mani mentre
collegava la massiccia versione redatta degli eventi fuori
dall'ufficio di Snape. In un certo strano modo, mentire ai suoi amici
più cari, era reso più facile dalla presenza degli altri e
dall'orribile spettacolo del volto devastato di Bill.
Una volta che la professoressa
McGonagall ebbe preso Harry da parte per parlargli in privato,
Hermione fece le sue scuse e lasciò gli Weasley soli con Bill. I
rappresentanti del Ministero stavano arrivando ed Hermione sapeva che
sarebbe stata la sua ultima speranza per recuperare i libri che Snape
le aveva lasciato. Fortunatamente, i corridoi erano deserti e scese
nei sotterranei senza incontrare nessuno. Si sentiva strana mentre
arrivava alla porta dell'ufficio di Snape, quasi aspettandosi di
vedere la sua toga scura o di sentire la sua voce. L'urgenza di
bussare fu quasi dominante. Invece posò il palmo contro il legno e
spinse. La porta si aprì facilmente. Chiudendola con fermezza dietro
di sé, Hermione attraversò la stanza velocemente, muovendosi dietro
alla scrivania di Snape, e aprì il secondo cassetto. C'erano dei
libri dentro. Il più grosso, Segreti delle arti più oscure, era
rilegato in pelle nera e aveva una pergamena piegata nascosta dentro
alla copertina. Hermione la tirò fuori con
impazienza e la aprì per
rivelare una singola parola all'interno: Polisucco.
Ovviamente.
Ficcati i tre libri dentro la toga,
Hermione si voltò verso la porta che conduceva al laboratorio
segreto di Snape. Anche quello si aprì al suo tocco. La Polisucco
che avevano creato insieme era imbottigliata, etichettata e giaceva
in una fila ordinata sul piano di lavoro. C'erano anche altre fiale
di Dittamo e alcune pozioni base di guarigione. Hermione si guardò
intorno in cerca di qualcosa in cui metterle, scoprendo un rotolo
nero di feltro con delle piccole tasche, appeso dietro alla porta.
Infilò le fiale nelle varie tasche e lo coprì attentamente,
infilandolo nella toga di fianco ai libri. Con un'ultima occhiata in
giro, chiuse la porta del laboratorio dietro di sé e rientrò
nell'ufficio. Non aveva molto tempo.
Come
se quel
pensiero avesse richiamato gli Auror, Hermione sentì dei passi nel
corridoio fuori: sembrava che la fortuna ispirata dalla Felix Felicis
fosse appena finita.
“Accidenti, per queste barriere ci
vorrà un po'. Non ci ha trafficato, vero?” La voce dell'uomo era
leggermente attutita dalla porta ed Hermione sentì una distinta voce
femminile rispondere. I suoi occhi si spalancarono per il panico e si
guardò intorno nella stanza. Con sollievo lo sguardo le cadde sul
camino e si affrettò. Prendendo una manciata di Polvere la lanciò
nelle fiamme. “Sala comune di Grifondoro,” disse con voce bassa,
ma chiara. Il fuoco divenne verde e lei sparì tra le fiamme con un
evidente sospiro di sollievo.
Hermione incespicò dentro la sala
comune, fermandosi solo brevemente per controllare che nessuno fosse
in giro prima di affrettarsi per le scale e dentro la camera da
letto. Togliendosi le scarpe, salì sul letto e tirò le tende,
chiudendole perfettamente. Quindi lanciò tutte le barriere
protettive che Snape le aveva insegnato, prima di prendere i tre
libri dalla toga e dar loro un'occhiata più da vicino.
Fu solo perché cercò nello
specifico che notò il nome scritto nella parte frontale di Segreti
delle arti più oscure. Un
incantesimo vedo-non-vedo,
intelligente e sottile, lo
rendeva altrimenti difficile da trovare. Ciò che vi lesse sorprese
Hermione più che, quasi, l'orribile contenuto dei volumi:
“Questo libro appartiene ad Eileen Prince.”
Hermione riferì ad Harry
l'informazione che Eileen Snape era la madre di Snape – e che
quindi Snape era il Principe Mezzosangue – la notte prima del
funerale di Dumbledore. Lui la prese meglio di quanto si aspettasse,
ma non senza diversi commenti malevoli su Snape. Lei intervenne senza
pensare quando Harry fece un paragone tra Snape e lo stesso
Voldemort. “Malvagio è una parola pesante,” disse
fermamente, quasi desiderando subito di non aver pronunciato quelle
parole nel momento in cui vennero verbalizzate. Sei un membro
dell'Ordine della Fenice e hai un importante ruolo da giocare, si
rimproverò. Ci sono delle cose che Harry non deve sapere.
Harry e Ron andarono a letto subito
dopo ed Hermione valutò l'opportunità di scivolare fuori dal buco
nel ritratto. Era quasi l'ora del coprifuoco, ma ad Hermione non
importava più. Muovendosi velocemente si fece strada per il castello
verso l'ufficio della Vector e bussò alla porta. La Vector c'era e
le disse di entrare.
“Hermione, buona sera,” il
sorriso della Vector era più teso del solito, ma sempre di
benvenuto. Avendo riconosciuto la sua visitatrice, inarcò le
sopracciglia verso il muro e mormorò qualcosa, facendo scintillare
di nuovo alla vista la matrice delle equazioni. La Vector era in
piedi vicino alla lavagna, con una tazza di caffè greco in mano e
una pezzo di gesso nell'altra. Era chiaro che fosse seriamente al
lavoro. Fece un gesto verso i calcoli con la tazza di caffè. “Stavo
cercando di capire perché non riuscivo a predire la nostra attuale
situazione,” disse con voce sfumata di professionale e personale
disappunto.
“Io l'ho fatto,” replicò
Hermione con tono di scusa.
“L'hai fatto?” Disse la Vector
con sorpresa. “Siediti,” ordinò, puntando verso la sua scrivania
e muovendosi verso la sua sedia.
“Avevo delle informazioni da una
fonte dubbia, mi dispiace di non averle condivise con lei, ma non ero
sicura...” Hermione prese una copia della sua versione delle
equazioni dalla tasca mentre parlava e la porse alla professoressa.
La Vector sollevò il suo caffè in
segno di perdono. Aveva tirato una piccola lavagna portatile verso di
lei e stava scrivendo furiosamente, controllando il lavoro di
Hermione con il suo. “E riesci a vedere una soluzione?” Chiese
senza fare una pausa dai calcoli.
“Sì.”
Hermione aspettò pazientemente che
la Vector risolvesse l'equazione. Dopo qualche altro minuto la donna
alzò la testa e sorrise. Mise la ciocca bianca dei suoi capelli neri
al sicuro dietro un orecchio . “Per quanto ne sai, Hermione, c'è
ancora speranza.” Prendendo la sua bacchetta dalla tasca la Vector
colpì il bordo della piccola lavagna, duplicando i calcoli in un
pezzo di pergamena. “Questa è per te,” disse porgendo la copia
ad Hermione. “È la curva d'alterazione noumenica attraverso la
quale possiamo filtrare i dati esistenti per riflettere l'attuale
stato degli eventi – lascia Albus come l'origine dell'intero piano,
ma altera gli attori principali e i possessori delle informazioni.”
Hermione era impressionata. “Questa
è matematica complicata in modo fenomenale!” Protestò.
“Grazie,” rispose la Vector, con
un po' della sua solita scintilla. “Dovrai solo aggiornarla con le
nuove informazioni, ovviamente, o le equazioni vegeteranno.” Piegò
la pergamena che Hermione le aveva dato e la mise al sicuro nella sua
toga.
“Hermione,” continuò la Vector
con un tono più serio, “questi calcoli potrebbero dimostrarsi
molto importanti per te nel prossimo anno – e sono abbastanza
sicura che sarà un anno. Qualunque cosa tu non abbia già dovresti
copiarla stanotte. Distruggerò ogni testimonianza dopo il funerale.”
“Ma-”
La Vector fece tacere Hermione con
un dito sollevato. “Severus ha visto la matrice, ovviamente, ma
visto che cambia costantemente, e visto che lui conosceva già molte
delle informazioni, non credo faccia molta differenza. Il fatto è,
tuttavia, che con Albus morto il Ministero cadrà molto in fretta.”
La Vector finì il suo caffè e mise la tazza sul tavolo. Cercò
nella tasca per un secondo, poi tirò fuori un oggetto d'argento
dall'aspetto famigliare. “Il tuo amico Viktor mi ha mandato
questo.”
“Una Passaporta?” Hermione era
senza parole, la conversazione aveva preso una piega molto
inaspettata.
“Per i registri del Ministero,
Septima Vector è una Nata Babbana.” La Vector alzò le spalle.
“Come in realtà anche Anastasia Papavasilopolous era una Nata
Babbana. Una volta che il Ministero sarà caduto, la vita diventerà
molto difficile per tutti noi, ma per una strega straniera Nata
Babbana, vivere sotto una falsa identità messa in piedi in fretta,
le cose potrebbero muoversi in modo fin troppo veloce. Pensavo che
una via di fuga fosse il caso.”
“Oh,” disse Hermione con sguardo
assente. “Infatti.”
La Vector sorrise e toccò con un
dito un vicino foglio di calcoli. “Vedo che anche tu sarai assente
da Hogwarts il prossimo anno.”
“Sì,” replicò debolmente.
“Hai i mezzi per diventare una
straordinaria Aritmante, Hermione. Se tutto va per il meglio sarebbe
per me un piacere lavorare di nuovo con te in futuro.” La Vector
allungò una mano verso Hermione lungo il tavolo, e quando Hermione
la prese, la strinse fermamente. “Abbi cura di te,” aggiunse
portando la sorprendente conversazione alla fine.
Sulla strada di ritorno verso la
torre di Grifondoro, Hermione fece una deviazione oltre l'arazzo di
Barnaba il Pazzo e i suoi troll ballerini. Armata della dettagliata
descrizione di Harry, fu relativamente semplice entrare nella Stanza
delle Necessità e trovare il vecchio libro di pozioni di Snape.
Sentendosi un po' in colpa, Hermione lo mise nella sua toga. Non
andava bene lasciarlo indietro.
Il funerale fu tanto orribile quanto
Hermione aveva supposto. L'elogio, in particolare, fu avvilente –
Dumbledore era un uomo incredibile e il piccolo celebrante non
incluse niente nel suo lungo discorso che arrivasse almeno vicino a
rendere straordinaria la sua intelligenza o generosità, né tanto
meno gli intrighi da machiavellico genio maipolatore.
L'unica cosa peggiore del discorso
fu la vista del viso contratto di Jocelyn Smith. Hermione colse un
lampo della esile, giovane ragazza in mezzo gli altri studenti
Serpeverde, il loro gruppo emarginato dal resto della scolaresca,
marchiata dal supposto tradimento di Snape. La faccia triste di
Jocelyn tormentava Hermione con tutto il peso della conoscenza del
suo segreto, il pensiero delle conseguenze che sarebbero ricadute su
chi conosceva Snape e, ancora più importante, su Snape stesso.
Hermione ricordò la breve lista dei suoi amici, così come l'aveva
enumerata in precedenza la professoressa Vector quell'anno. Degli
scarsi cinque nomi, ora rimaneva solo Lucius Malfoy – e lui era ad
Azkaban. Chi altri, pensò,
ha fatto tanti sacrifici per sconfiggere Voldemort?
Era per
Snape, e non per Dumbledore, che piangeva disperatamente contro
l'ampia e confortante spalla di Ron: il suo amichevole e rassicurante
abbraccio era sia un'ancora che un promemoria su quanto fosse
orribile perdere un amico.
Lei
e Ron incontrarono Harry poco dopo che Rufus Scrimgeour lo ebbe
lasciato e si sedettero sotto il loro faggio preferito, felici di
essere lontani dalla folla. Era strano sedere in un posto così
famigliare e discutere la terribile impresa che era stata lasciata ad
Harry dopo la morte di Dumbledore.
“Una volta ci hai detto,”
disse fermamente Hermione di fronte alle sue proteste d'indipendenza,
“che c'era tutto il tempo per noi di tornare
indietro se lo volevamo. Ne abbiamo avuto il tempo,
no?”
“Resteremo con te
qualunque cosa succeda,” confermò Ron. “Però amico, devi
venire a casa dei miei genitori prima di fare qualunque altra cosa,
persino prima di Godric's Hollow.”
“Perché?” Harry era
genuinamente confuso, la tremolante comprensione della sincerità dei
suoi amici era ancora visibile sul suo viso.
“Il matrimonio di Bill e Fleur,
ricordi?” Suggerì Ron.
“Sì,” disse Harry dopo
un breve, sbalordito, silenzio. “Non dovremmo perdercelo.”
Hermione girò la testa a guardare
dall'uno all'altro dei suoi migliori amici. Amore e politica,
ricordò a sé stessa, sono
una forte combinazione. Sporgendosi
in avanti con entrambe le braccia appese un braccio sulle spalle di
Harry e l'altro intorno a Ron, strizzandoli contro di lei in un
abbraccio goffo. Lei e Ron erano cruciali per il successo di Harry,
lo sapeva questo: aveva visto la matematica. Finché restavano
insieme c'era molta speranza. E lei, Hermione Granger, aveva un
lavoro da fare. Doveva mantenere Harry vivo.
Guardando verso il lago, Hermione si
lasciò andare a pensare dove fosse Snape e cosa stesse facendo. Si
aggrappò al ricordo che le stava a cuore della sua promessa di
aiutarla a modificare la memoria dei suoi genitori. Sarebbe venuto,
lo sapeva, non importa quanto difficile per lui sarebbe stato
partire: Severus Snape era un uomo di parola.
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*
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NdT: Siamo arrivati alla fine! A me
sembra ancora incredibile aver completato una traduzione :). Il
seguito, Phoenix Tears, or Hermione Granger and the DH arriverà
fra due settimane, ovvero venerdì 1 novembre (siate buone, abbiamo
bisogno di portarci avanti con la traduzione e non ritrovarci
all'ultimo momento con i capitoli da correggere).
Ci
rileggiamo fra due settimane ^___^
Vanny_Winchester:
ora è davvero finita, ma abbiamo altri due capitoli in arrivo :))
Eva7:
Severus che piange in privato perlomeno è accettabile, si fosse
messo a piangere davanti ad Hermione sarebbe stato molto più strano.
Festeggiamo per l'addio a Lily, alziamo i calici!!
xX__Eli_Sev__Xx:
Benvenuta e grazie per i
complimenti! :).
EmaSnape:
Grazie, io e silviabella cerchiamo di non lasciare orrori in giro per
i capitoli (che ad una prima traduzione saltano fuori) ;))
Anne
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