http://www.youtube.com/watch?v=B8UeeIAJ0a0
-Capitolo
15: When everything is made to be broken, i just want you to know who
i am-
And
I'd give up forever to touch you 'Cause
I know that you feel me somehow You're
the closest to heaven that I'll ever be And
I don't want to go home right now
And
all I can taste is this moment And
all I can breathe is your life 'Cause
sooner or later it's over I
just don't want to miss you tonight
And
I don't want the world to see me 'Cause
I don't think that they'd understand When
everything's made to be broken I
just want you to know who I am
(Iris
by
Goo
Goo Dolls)
Quando
se la ritrovò di fronte, April sentì gli occhi
pizzicarle per la commozione.
Giurò
di non aver mai visto uno spettacolo ricco di cotanta bellezza inanzi
al suo sguardo, avvertì un brivido di gioia attraversale il
cuore e venne pervasa da quell'insana felicità che si prova
quando si piange per gioia.
Parigi.
Il
desiderio di visitare la città dell'amore e delle luci era
insito in lei fin da bambina, quando sua madre le raccontò di
un viaggio fatto nel corso della sua infanzia, ma April mai e poi mai
avrebbe creduto che quel sogno potesse divenire realtà. Perché
aveva rinunciato a sognare dopo la morte dei suoi, perché
aveva riposto tutte quelle vane e irreali speranze dentro un
cassetto, perché perdendo quei sogni aveva perso anche se
stessa.
Poi
Klaus l'aveva ritrovata.
“Mi
chiedo cosa tu possa trovarci di così bello in quell'ammasso
di ferraglia...” Klaus, il finto e cinico artista accanto a
lei, guardava la torre Eiffel con la stessa espressione con cui si
guarderebbe il nulla. “Scommetto che nel giro di qualche anno
cadrà giù in mille pezzi.”
April
chiuse gli occhi e si lasciò andare a un sorriso innocente,
che Klaus non poté evitarsi di rimirare con dolcezza. “Se
ti fa così ribrezzo, potevi portarmi ovunque e non qui.”
gli ricordò.
Klaus
emise un sonoro sospiro e tornò a guardare la torre; quella
divideva in due il pallido sole che brillava nell'immenso azzurro del
cielo. Attorno a loro non vi era nessuno, eccetto un caldo e
avvolgente silenzio che rese quello spettacolo magnifico unicamente
loro.
“Tu
mi hai chiesto di venire qui.” le disse.
April
lo guardò con un sorriso carico di gioia. “Ma io non ti
ho detto nulla, e lo sai. Sei tu che hai voluto violare il mio
pensiero.”
“Violare
è una parola grossa. Sei tu che non volevi dirmi dove diavolo
volessi andare.” Klaus si ostinava ad avere la ragione dalla
sua parte, e quindi continuò a perseverare nella sua
convinzione.
April
però trovò il suo comportamento particolarmente
divertente. Gli gettò le braccia al collo, in un gesto
affettuoso ma non si aspettò che lui ricambiasse. Bastò
vedere gli occhi di Klaus insinuarsi nei suoi per capire che il suo
atteggiamento, in qualche modo, lo rendeva felice, malgrado
non fosse solito lasciarsi andare a gesti di vero e proprio affetto.
“E
dai, non fare il solito cinico!” gli disse, pronunciando quelle
parole a un centimetro dalle sua labbra.
Malgrado
il suo grande autocontrollo, Klaus non smetteva di guardargliele con
desiderio.
“Essere
me stesso è essere cinico, April.” le rispose, piegando
la testa da un lato. Venne tentato dall'accarezzarle il viso, ma si
trattenne quando si rese conto che quel gesto avrebbe esternato
troppa dolcezza da parte sua. “E tu dovresti smetterla di
essere sempre così espansiva....”
“Con
un blocco di ghiaccio come te io sarò sempre fuoco.” Lo
interruppe April, stranamente divertita. Gli baciò dolcemente
le labbra, facendo aderire le loro bocche e assaporando quel contatto
intimo. Strinse ancora di più le braccia al collo di Klaus,
sentendolo rilassarsi sempre più sotto il suo corpo e sorrise,
quando lui, forse involontariamente, si concesse sempre più a
quel bacio. La mano di lui salì ad accarezzarle la nuca, a
stringerle qualche ciuffo dei suoi capelli, mentre il fuoco divampava
tra i loro corpi e le loro labbra.
“Klaus?”
“Mmm?”
I
due si separarono di qualche millimetro, intenti a riprendere da dove
avevano appena lasciato, non appena le parole si sarebbero esaurite e
i loro baci sarebbero stati tutto quello che restava loro.
“Dov'è
il dolore?”
*
* * * * * * * * * * * * * * * * * *
Rebekah
non poté fare altro che restarsene seduta ai piedi di quel
letto e ascoltare ogni cosa.
Come
una bambina immersa nei propri pensieri, ella teneva lo sguardo basso
e le gambe distese sul pavimento, battendo di tanto in tanto la punta
del tacco verso il basso, tanto per ammazzare il tempo.
C'era
anche Stefan con lei, ma era come se entrambi fossero soli.
Nessuna
parola violava il silenzio, nessun contatto lasciava loro intendere
che non fossero tali, nessuno sguardo li univa o allontanava.
Entrambi sembravano aver rivolto la loro attenzione verso altro,
verso qualcosa che risiedeva dietro la porta a pochi passi da loro.
“È
arrivato il momento.” Stefan pronunciò quelle parole
senza sentimento, ostentando una freddezza che quasi costrinse la
bella vampira a violare la propria rigidità per voltarsi verso
di lui e fulminarlo con lo sguardo. “Ormai siamo al punto di
non ritorno.”
Scese
di nuovo il silenzio; Stefan abbassò lo sguardo, mentre
Rebekah fissò lo spiraglio di luce che s'intravedeva dalla
porta davanti a loro. Una parte di lei era quasi curiosa di scoprire
a che spettacolo sarebbe andata incontro una volta varcata quella
soglia.
“È
passata più di una settimana. Dovevamo aspettarcelo.”
disse la ragazza.
“E
dovrebbe interessarci? Perché siamo qui? Klaus sa cavarsela da
solo e lei se l'è cercata.”
Rebekah
restò in silenzio, intenzionata a non rispondere ancora,
almeno per il momento.
“Nessuno
ci ha obbligato a restare qui.” continuò il vampiro.
“Io
sono rimasta perché non ho niente di meglio da fare. Tu,
piuttosto, non sei obbligato.”
Scese
di nuovo il silenzio, e quando entrambi avvertirono il suono di un
flebile respiro e di parole sussurrate, furono anche i loro, di
respiri di morte, ad arrestarsi.
Stefan
si passò una mano tra i capelli coperti di gel e portò
la propria attenzione verso la finestra accanto a sé, dove il
buio della notte avvolgeva il cielo nel suo freddo manto. Si
aspettava delle spiegazioni da lei, spiegazioni che non gli importava
chiedere, ma che avrebbe atteso gli avesse dato la vampira di sua
spontanea volontà. Da parte sua Rebekah, invece, manteneva
quel riserbo e quell'orgoglio che era solita conservare quando
provava timore nell'esternare quello che aveva dentro.
“Sai
perché....non le sono saltata al collo per dissanguarla?”
gli domandò, senza però pretendere che lui le donasse
una risposta soddisfacente e seria, sopratutto quando si parlava di
sangue e si evocava l'immagine del cadavere di una ragazza.
Stefan
ridacchiò. “Questa bella scena sarebbe stata
davvero...eccitante.” disse, e Rebekah sentì i
suoi occhi carichi di lussuria posarsi sulle sue spalle. Non provò
comunque quei brividi ghiacciati che le scorrevano lungo la schiena
ogni volta che lui la guardava con desiderio, perché i suoi
pensieri si erano fermati altrove.
“Tra
pochi minuti April sarà morta.” Rebekah parlò con
voce incolore, alzando lievemente le spalle e socchiudendo lo
sguardo. “La sua giovane vita umana sta giungendo al termine
mentre noi, vecchie anime con indosso un vestito di carne, vivremo
per sempre. Mi chiedo se questo sia giusto.”
“È
lei che ha rifiutato di farsi trasformare, Rebekah, e lo ribadirò
fino all'infinito.” Stefan parlò con voce quasi
rabbiosa, cosa a cui cercò di rimediare nel momento esatto in
cui la vampira originale si voltò a guardarlo.
Egli
deglutì, per poi riprendere il discorso una volta che la sua
umanità tornò al proprio posto.
“Avrebbe
potuto benissimo essere come siamo noi, ma non ha voluto.”
“Ma
a te non sarebbe piaciuto?”
“Cosa?”
“Morire
da umano.”
Stefan
non rispose; guardò gli occhi profondi e ipnotici di Rebekah,
la quale pendeva dalla sue labbra e dalla risposta che esse le
avrebbero donato. Il vampiro abbassò gli occhi. “Entrambi
siamo morti da umani, Rebekah. È solo che poi siamo tornati
alla vita.” rispose.
La
bionda scosse la testa; come si era aspettata, la risposta non la
soddisfò minimamente. Tornò a guardare davanti a sé;
i sussurri si fecero sempre più rari e lontani. “Quelli
che sono tornati non erano gli stessi che se ne sono andati, Stefan.”
rispose solamente.
Stefan
ebbe la decenza di non aggiungere altro e la ragazza strinse i pugni
sulle ginocchia, ricordando il momento esatto in cui un intenso
dolore le si era insinuati tra i visceri, portando in seguito a una
sensazione di gelo perenne in tutto il corpo, e poi il nulla, la
morte.
Trattenne
il fiato, provando di nuovo pietà e rammarico per il destino
di April.
“Sai,
Stefan...io ho quattro fratelli. Ma da umana avevo anche un fratello
e una sorella più piccoli.” iniziò a raccontare,
stringendo i pugni con più fermezza sopra il tessuto del
vestito. Stefan osservò le nocche della ragazza farsi sempre
più bianche, mentre le unghie s'insinuavano sempre di più
dentro i palmi. Quasi lei volesse sanguinare per ricordare a se
stessa che era viva.*
“Mia
sorella si ammalò quando aveva solo dodici anni. Un male
simile a quello che ha colpito April, solo che allora non c'era un
nome scientifico per definire il tipo di patologia. Così come
non c'erano cure al riguardo. Ricordò ch'ella dimagrì
fino a diventare pelle e ossa e morì dopo mesi e mesi di
agonia.”
Stefan
abbassò lo sguardo.
Comprese
così per quale motivo Rebekah, spesso, aveva tutelato in tutti
i modi April Ford.
Perché
le ricordava la sorellina che aveva perduto secoli prima.
Perché
la riportava a bramare l'umanità.
“Come
pensi che dimenticherà Nik questo ennesimo abbandono?”
domandò la ragazza,cambiando discorso e immaginandosi il
dolore che suo fratello avrebbe provato una volta che April se ne
fosse andata per sempre. Anche se non lo dava a vedere, anche se non
lo esternava a parole, era palese che si era affezionato parecchio
alla ragazza, arrivando forse ad amarla davvero.
Si
girò a guardare verso Stefan, quando avvertì che
qualcosa in lui doveva essere cambiato. Infatti, il ragazzo aveva gli
occhi smeraldini fissi sulla punta delle sue scarpe in pelle;
sembrava quasi che stesse viaggiando in quegli spazi sconfinati che
erano i suoi ricordi, trovandovi qualcosa che credeva non potesse più
esserci.
“Non
è tanto difficile Rebekah. È una cosa che solo noi
vampiri possiamo fare.” rispose, con voce ferma nonostante i
suoi occhi gridavano tante, troppe cose. La guardò, ma Rebekah
non afferrò subito il significato di quelle parole, visto che
era troppo impegnata a immaginare sentimenti ed emozioni negli occhi
del suo compagno.
“Di
cosa siamo capaci, a parte soffrire ed uccidere?” gli domandò.
Stefan
abbassò di nuovo gli occhi; la mascella rigida e le palpebre
socchiuse. “Basta focalizzarsi su tutto quello che può
farci male...e spegnerlo. Del tutto.” disse. Rebekah allora
intuì che, per un momento, quello che stava accadendo ad April
e Niklaus aveva punzecchiato quella parte di Stefan Salvatore che era
andata a farsi benedire anni prima, quando ebbe deciso di rinunciare
a quanto di umano potesse esserci in lui, pur di abbracciare
completamente la sua natura di vampiro.
“Spegnere
tutto? Così ci perderemo quanto di più bello ci possa
essere nel mondo: l'umanità.” disse Rebekah, con
un tono di voce soffuso, consapevole che forse anche Klaus li stava
ascoltando, se non era troppo intento a contare gli ultimi battiti
del cuore di April. Lei non aveva mai spento l'umanità e pensò
di non poter mai essere capace di fare una cosa simile: si
arrabbiava, uccideva, gridava, faceva tutto quello che di peggiore un
essere umano potesse essere capace, ma provava emozioni, negative che
fossero. Stefan invece non era altro che un involucro vuoto, riempito
del nulla.
“Il
mondo ci porta solo sofferenza, Rebekah.” rispose ancora
Stefan, ostentando ancora una volta freddezza. “Perché
mai dovrei accendere qualcosa che potrebbe uccidermi, come sta
succedendo a tuo fratello in questo momento?”
E,
dette queste parole, il vampiro lasciò lentamente la stanza,
lasciandosi seguire dallo sguardo di Rebekah. Lo sentì
chiudersi la porta violentemente alle spalle, e fu allora che Rebekah
capì che Stefan non stava parlando solo a lei, e non solo di
Klaus: stava ricordando a se stesso l'umanità che aveva
perduto.
* *
* * * * * * * * * * ** * *
“Questa
è cattiveria. Pura cattiveria.”
La
voce di April era ridotta a un flebile e impercettibile sussurro, che
poteva essere ben confuso con il suono dell'aria che li circondava.
“Per
una volta che non sono stato cattivo, tu mi dici l'esatto contrario?”
Klaus avvicinò le labbra all'orecchio sinistro, sfiorandole la
pelle arrossata e accaldata. Sorrise dolcemente, accarezzandole i
capelli con una mano e facendo sì che il corpo dell'esile
ragazza si accoccolasse ancor di più sopra il suo petto. Come
un cucciolo di cerbiatto, April tremava contro la sua gabbia
toracica, sfiorandogli il mento con i capelli ad ogni movimento della
testa. I loro corpi intrecciati erano avvolti dal calore delle
lenzuola candide che ricoprivano il letto.
April
però continuava a tremare, mantenendo
però il proprio sorriso.
“Roma,
Londra, New York...e ora Parigi? Questo è un colpo grosso, lo
sai?”
Klaus
si sforzò di sorridere nella stessa maniera in cui lo stava
facendo la ragazza, ma non gli riuscì. Lasciò scorrere
le labbra lungo i capelli della ragazza, quasi volesse lasciarvi
sopra dei baci, ma senza riuscire però a farlo per davvero. Si
limitò ad annusare silenziosamente il dolce floreale profumo
della ragazza, sentendolo spegnersi lentamente,
insieme al cuore di April.
“Hai
detto che volevi vivere il
più possibile prima di....” Non riuscì a
continuare quella frase, malgrado il concetto della morte che
arrivava e si portava via una vita umana era per lui una cosa nota.
Ma aveva dimenticato cosa si potesse provare nel star per
perdere qualcuno a cui si
teneva. La presa attorno ai fianchi di April si fece più
avvolgente. “Insomma, non avremmo avuto il tempo materiale per
poter fare un vero e proprio viaggio.”
Sì,
non potevano.
Per
via della malattia incombente.
Per
via di Mikael.
Era
un miracolo che entrambi avessero deciso di concedere loro un altro
po' del loro tempo da poter vivere insieme.
April
non smetteva di tenere le labbra tese in un verso di puro sollievo,
nonostante il volto pallido e madido di sudore, il tremore che
scuoteva le sue deboli membra, la morte che le stava baciando le
labbra e stava succhiando via la sua vita.
Ma
perché, perché non la smetteva di sorridere?
“Hai
fatto molto più di qualsiasi uomo che abbia conosciuto durante
tutta la mia vita.” gli rispose, chiudendo gli occhi e
adagiando maggiormente la testa sul petto di Klaus.
“Devo
presupporre che tu ne abbia conosciuti tanti allora.”
“Ma
perché devi sempre rovinare tutto?”
Klaus
e April scoppiarono a ridere insieme; la risata di lui a stento
trattenuta, quella di lei libera e fiera. Ma le provocò un
intenso dolore toracico che la costrinse a tossire ripetutamente. Il
vampiro non poté fare a meno di restare immobile ad
ascoltarla, sentendo che lei pian piano se ne stava ormai andando.
Quegli
ultimi quattro giorni e mezzo, fatto di sogni e baci, erano passati
più velocemente di quanto avrebbe mai pensato.
Avvertì
una strana sensazione di vuoto a livello del cuore e della mente,
quando iniziò a realizzare che era davvero sul punto di
finire, tutto.
“Comunque...
grazie davvero Klaus, per tutto quello che hai fatto per me.”
April pronunciò quelle parole con un debole sorriso sulle
labbra, e nascondendo il palmo della mano macchiato del suo sangue
alla vista del vampiro. Come se lui non avesse olfatto per
poterne sentire l'odore, oppure non avesse la vista per vedere
quella macchia sporcare involontariamente il lenzuolo su cui April
adagiò la sua mano.
“Siamo
ancora in tempo per impedirlo April...posso ancora trasformarti.”
le disse, con la disperazione di un uomo che vuole combattere il
tempo.
April
scosse la testa, smettendo di sorridere. “No, ho deciso oramai
e lo sai.” disse, con voce cadenzata, di qualcuno che era sul
punto di addormentarsi.
Un
sonno eterno.
Klaus,
sentendo che la risposta della ragazza aveva tardato ad arrivare, si
sentì sovrastare da un senso di disperazione crescente. Tenne
una mano sulla nuca della ragazza, e l'altra all'altezza del suo
ventre.
“Per...per
favore, April.” Il vampiro tenne il tono di voce saldo, fermo,
cercando di non lasciare trasparire il grande rammarico che pungeva
sui suoi occhi. Non era da lui, e non voleva cambiare proprio in quel
momento, visto che dalla sua forza dipendevano gli ultimi attimi di
April.
Sentì
il suono delle labbra della ragazza allargarsi in un sorriso.
“Che
fai, mi preghi adesso? Sappi che mi suona vagamente erotico, su
questo letto.” gli disse, cercando di risollevargli il morale,
malgrado quello fosse compito di Klaus.
Il
vampiro si ritrovò a sorridere insieme a lei, mentre qualcosa
premeva con forza sulle sue palpebre per uscire. Tirò la testa
all'indietro, ricacciando indietro quella fastidiosa sensazione.
“Vedo che non perdi mai la tua vena maliziosa, dolcezza.”
le disse.
Attese
che lei gli rispondesse, ma, eccetto il rumore del flebile respiro
della ragazza, non arrivò nulla. Abbassò gli occhi su
di lei, preso dal panico ch'ella si fosse spenta senza che lui se ne
fosse accorto, e la sentì schioccare la lingua.
“Niklaus?”
“Uhm?”
April
si morse il labbro, tenendo ancora gli occhi chiusi. “Klaus...credo
che sia giunto il momento.” disse, con voce carica di
dolore. Non fisico, ma di dolore dell'anima, di quell'anima che stava
per essere strappata via alla vita di una giovane e bella donna che
gli aveva cambiato la vita come nessuno aveva fatto da secoli.
Klaus
non rispose, si morse il labbro e tenne gli occhi bassi sulla nuca di
April. La luce delle numerose candele che illuminavano la loro stanza
vennero per un istante mosse dai pifferi d'aria che entravano dalle
finestre socchiuse. “Non ancora.”
“Sì,
invece.”
“Ti
ho detto non ancora!” Klaus parlò con rabbia,
rendendosene conto solo successivamente. Strinse più forte
April a sé, quasi stesse convincendosi che così facendo
l'avrebbe tenuta per sempre accanto a sé. Venne tentato dal
violare la promessa fatta, costringerla a bere il suo sangue e poi
ucciderla nella maniera più indolore possibile, attendendo che
poi tornasse alla vita.
Ma
poi l'avrebbe perdonato?
Avrebbe
accettato la nuova natura e l'avrebbe ringraziato?
No,
per una volta Klaus si sentì in dovere di rispettare la
decisione di qualcuno, anche se contro i suoi voleri. Perché,
probabilmente, era la stessa cosa che Niklaus e i suoi fratelli
avrebbero desiderato avere mille anni prima: la possibilità di
scegliere.
“Io..”
Klaus affondò il viso tra i capelli di April. “Io non
voglio...che te ne vada.”
Le
sue parole vennero soffocate dal contatto tra le sue labbra e i
lunghi capelli corvini della ragazza. La sentì più
piccola ed esile tra le sue braccia, come se stesse trasformandosi in
polvere ogni secondo che passava.
“Ma
chi te lo ha detto che me ne sto andando, Klaus? Io sono ancora
qui...resterò sempre qui.” disse debolmente.
“Oh
per favore, risparmiami queste stronzate metafisiche!” Klaus
avvolse le clavicole di April in un abbraccio stretto e tormentato.
Malgrado bruciasse di rabbia, non riusciva a donare alla propria voce
il giusto tono. “Tu verrai seppellita e il tuo corpo verrà
divorato dai vermi giorno dopo giorno. Non resterà più
nulla di te....”
“Tu
sai sempre come risollevare il morale, Nik.”
“....e
io non ti avrò più.”
April
riaprì gli occhi per un attimo nell'udire quelle parole.
Quelli, malgrado fossero stati sempre neri e penetranti, in quel
momento sembravano tendenti all'azzurro. Volse lentamente lo sguardo
verso Klaus, i cui occhi combattevano con l'incessante desiderio di
piangere. Non le avrebbe mai mostrato quella debolezza, e non avrebbe
mai voluto che lei la scoprisse proprio nel suo letto di morte.
“Klaus?”
“Solo,
è così che vuoi lasciarmi, April?” le
domandò.
È
così che voglio lasciarmi pur di rispettare la tua volontà?
Sentiva
ancora qualcosa premere per uscirgli da dentro mentre guardava il
volto pallido e smorto di April. Quest'ultima, dopo qualche secondo
di riflessione, allungò la mano verso il suo viso, e lo
accarezzò con delicatezza, adottando forza nel farlo, pur di
fronteggiare la debolezza che l'attanagliava.
“Io
mi sono innamorata di te, Klaus.” gli disse, e una lacrima
scese solitaria lungo il suo viso. Le lacrime di lei erano segno di
gran forza, poiché stava affrontando la morte con la paura, ma
con il coraggio di andare comunque avanti.
Quelle
che lui invece stava cercando inutilmente di trattenere era segno di
una grande debolezza: quello di non volerla lasciare andare e di
rimanere conseguentemente solo.
“Quando
si ama non si è mai soli.” April tirò su con il
naso, un singhiozzò le morì in gola poiché
troppo debole per uscire. “E nemmeno la morte può fare
nulla in questo caso.”
Klaus
le accarezzò la mano con la quale gli stava toccando il viso e
mantenne un'espressione fredda e ferma, mentre lei lo guardava con
occhi carichi di amorevolezza.
“Però
potresti dirmi anche tu che sei innamorato di me, o no? Una volta non
basta.” lo provocò April.
Klaus
abbozzò un sorriso. “E chi ti dice che io lo sia? Quello
era solo un attimo di debolezza.”
“Mi
stai facendo venire dei dubbi, sai?”
Il
vampiro non le diede modo di continuare: avvicinò le labbra a
quelle di lei, e le diede un lungo, candido bacio che spinse entrambi
a chiudere gli occhi per assaporare quel momento il più
possibile. April tirò la testa all'indietro, lasciandosi
cullare dalla sensazione di freddo formicolio sulla sua schiena,
mentre Klaus le schiudeva lentamente le labbra, per rendere il
contatto più intimo.
Sentiva
il petto di lei alzarsi e abbassarsi sotto il suo, il cuore battere
sotto il palmo della mano che lui le aveva posato sopra la camicia da
notte.
Poi
qualcosa mutò.
Un'improvvisa
freddezza attraversò il corpo di April: le sue labbra, la sua
carne...tutto si fece di ghiaccio.
Il
suo respiro si era improvvisamente arrestato, il cuore aveva iniziato
a battere con una lentezza quasi impercettibile, fino ad arrestarsi
del tutto.
Klaus
però non staccò le labbra da quelle di lei perché
se un barlume di vita le fosse rimasto, lui non voleva abbandonarla.
Voleva restarle accanto fino alla morte.
Le
lacrime, poche ma dolorose, iniziarono a solcargli il viso, quando
alzò il volto da quello di April e poté appurare con i
suoi stessi occhi che la ragazza era appena morta.
Morta.
Morta.
Venne
colto da un momento di disperazione, desideroso di urlare a gran gola
tutto il dolore che lo attanagliava. Venne poi investito da un
momento di rabbia, contro April, contro il mondo che gliel'aveva
portata via e desiderò distruggere tutto e uccidere chiunque
gli sbarrasse la strada.
Gettò
la testa all'indietro, chiudendo gli occhi e sentendo qualcosa
scattargli dentro. Quel dolore era troppo amplificato, troppo forte,
troppo fastidioso, e lui non poté sopportarlo. Allontanò
le mani dal corpo di April, ancora disteso in una posizione semi
supina, con le labbra rosse schiuse nel loro ultimo bacio di addio, e
fissò silenziosamente il soffitto.
Prese
quella decisione in un secondo, quando la paura di non saper gestire
quel dolore lancinante lo investì.
Lui
non era April, non era capace di
affrontare qualcosa di così oscuro con il suo coraggio.
Erano
secoli che non si lasciava investire da sentimenti del genere, e non
poteva permettersi il lusso di farlo proprio allora.
Chiuse
gli occhi con maggiore decisione e un sorriso gli solcò le
carnose labbra.
Spegnere
tutto.
Era
allietante il pensiero di poter sentire quel dolore fluire lontano da
lui, dal suo corpo e dalla sua anima.
Spegnere
tutto.
Lentamente
fu proprio la sua anima ad andarsene, insieme a tutto quel dolore e
quei desideri di sofferenza che avevano seguito la morte di April.
Una
parte di sé gli diceva che non era la soluzione migliore da
prendere, ma era l'unica che lo
avrebbe fatto sopravvivere più facilmente. E lui voleva,
doveva sopravvivere,
no?
Abbassò
gli occhi, quando sentì qualcosa scattargli dentro. Guardò
il corpo privo di vita e provò un pizzicore all'altezza del
petto, un qualcosa che durò solo per un secondo e che gli
ricordò quello aveva provato solo qualche attimo prima. Ma fu
tutta questione di un momento.
Aveva
spento tutto.
E
April se n'era andata per davvero.
Per
sempre.
E
con lei tutta la sofferenza che la sua morte gli aveva arrecato.
Sì,
perché era la cosa migliore da fare.
Lei
aveva assaporato la bellezza dell'umanità con lui e si era
lasciata morire, e lui aveva semplicemente fatto lo stesso.
Ora
anche lui se n'era andato.
* *
* * * *
Stefan
camminò per le strade di Chicago, con le mani dentro le tasche
dei pantaloni e l'aria assente, di chi non aveva alcuna voglia di
sopperire alla propria noia.
Non
voleva uccidere.
Non
voleva giocare.
Né
tanto meno pensare.
Voleva
solo camminare nel nulla, sperando di scacciare quel flebile fastidio
che si era irradiato dentro il petto. Quanto era successo ad April e
Klaus aveva scatenato qualcosa dentro di lui, qualcosa che
Stefan non poteva spiegarsi, qualcosa che aveva assopito negli angoli
più remoti del suo cuore dopo la morte di Katherine.
Perché
anche lui l'aveva persa.
Perché
anche lui sentiva che non l'avrebbe mai dimenticata.
Perché
lui sentiva ancora di amarla e di odiare se stesso per non averla
salvata in tempo.
Aveva
scacciato qualsiasi emozione che il suo ricordo potesse procurargli,
ma quelle erano prepotentemente tornate a farsi sentire quando aveva
ascoltato i sussurri di Klaus e April.
Come
pensi che Nik affronterà questo ennesimo abbandono?
Spegnendo
tutto.
Ma
era quella la risposta più giusta, visto che le emozioni
sembravano poterti rincorre qualcuno ovunque andasse?
Si
fermò di colpo, quando in fondo alla strada scorse un'ombra
immobile, che pareva lo stesse osservando. Se era un ubriacone che
aveva intenzione di attaccar briga, aveva scelto il momento
sbagliatissimo. Stefan era irritato e avvertiva un certo languorino a
livello dello stomaco; lo aveva ignorato fino ad allora poiché
preso a filosofare su qualcosa che, invece, avrebbe dovuto subito
spegnere, prima che lo investisse completamente.
Stefan
s'inumidì le labbra; i suoi occhi si fecero completamente neri
per la fame, la rabbia e la voglia di essere di nuovo se stesso,
un vampiro affamato di sangue e morte. Ma quando la coltre di
nebbia sembrò dileguarsi sotto la luce della luna, il ragazzo
si fermò di colpo.
I
suoi occhi si fecero sgranati, ma ripresero il loro naturale colorito
verde foglia, mentre fissavano un paio di occhi cerulei
nell'oscurità. La sua bocca rimase dischiusa in mute parole,
mentre delle labbra si allargavano in un sorriso sereno, per via
della sua presenza.
Damon
se ne stava immobile nel buio, con le mani dentro le tasche dei
pantaloni, gli occhi sempre vispi e profondi e un sorrisetto sulle
labbra, un qualcosa che Stefan trovò odioso. Ma che gli
ricordò tanto di quella vita che lui e suo fratello avevano
vissuto insieme, memorie e ricordi che erano tornati a galla con la
morte di April. E si ritrovò a nutrire nostalgia per quei
tempi andati e rinnegati.
Si
aspettò che il fratello gli dicesse qualcosa, che lo
rimproverasse per i numerosi crimini commessi oppure che lo
abbracciasse, dicendogli che gli era mancato e che sarebbe sempre
stato suo fratello. Invece quello non disse nulla: restò
immobile a fissarlo per qualche secondo, per poi muovere qualche
passo all'indietro e allontanarsi definitivamente.
Stefan
sbatté le palpebre più volte. Abbassò poi gli
occhi, quando comprese il significato del gesto di Damon.
Lui
voleva solo appurare che stesse bene.
Niente
più.
Non
voleva cambiarlo o portarlo via con sé, ma solo verificare che
il suo fratellino fosse in vita.
Ed
era bello, non essere davvero completamente soli.
Stefan
sentì un sorriso sincero montargli sulle labbra, ma scosse poi
la testa, quasi scottato dal tocco di tutte quelle emozioni positive
in lui.
“Meglio
andare a mangiare.” disse, giusto per riprendere in mano il
proprio ruolo.
Ma
quando diede le spalle al punto in cui fino a poco prima si trovava
Damon, non riuscì a non sorridere di nuovo.
*”you
bleed just to know that you're alive” ho modificato questa
frase della canzone, associandola alla condizione di Rebekah.
Abbelli!
:D
Ok,
siamo giunti alla fine di questa avventura, anche se in realtà
manca il brevissimo epilogo conclusivo per scegliere la casella
“completa” nella pubblicazione di questa storia...spero
davvero che questo finale non abbia deluso nessuno e che sia stato
emozionante come mi sarebbe piaciuto renderlo.
Finalmente
abbiamo compreso il motivo per cui Rebekah ha mostrato così
tanta affinità per April: è una motivazione che a molti
potrebbe risultare banale e scontata, ma è stato un punto
cardine per instaurare un rapporto tra queste due bellezze. Inoltre
vorrei chiarire il motivo per cui Esther, essendo una strega, non
abbia fatto nulla per guarire la figlia: ho deciso di fare così
sulla base del fatto che le streghe non hanno il “diritto”
di rovesciare l'equilibrio naturale delle cose, e la malattia è,
purtroppo, una cosa molto naturale. Inoltre la morte di questa
ipotetica sorella ha avuto luogo prima della faccenda di Henrik.
Passando
ora a Stefan...a qualcuno ho detto che ci sarebbe stato un barlume di
umanità in lui verso la fine della storia, ne siete stati
soddisfatti? La scena Defan era d'obbligo per spiegare la presenza di
Damon a Chicago. Io ho sempre apprezzato il loro rapporto (quando non
era presente l'indecisione di Elena o la stronzaggine di Kath a
separarli) e ho deciso di dare loro insieme un brevissimo spazio. Ho
fatto sì che non ci fosse un vero e proprio contatto tra i
due, ma solo dei semplici sguardi che rendessero entrambi di essere
ancora fratelli e di non essere soli a quel mondo. Malgrado la
lontananza, i dissapori, entrambi sanno che potranno sempre
ritrovarsi.
Per
quanto riguarda Klaus e April...beh, su loro non so che dire senza
provare un groppo in gola. Chi mi conosce, e probabilmente anche voi
che non mi conoscete direttamente, sa quanto io sia autocritica e
raramente mi sento soddisfatta di quello che creo. Ma in questo caso
mi sono davvero emozionata a scrivere di questi due...e spero che per
voi sia stato lo stesso :')
Ok,
la chiudo qui. La prossima settimana metterò davvero un punto
a questa long, fornendo i giusti ringraziamenti a tutti. Molti di voi
mi sono stati davvero vicini, hanno mostrato entusiasmo per questa
storia e mi hanno fatto sorridere con le loro parole. Ringrazio anche
tutti i lettori silenziosi che hanno speso tempo nel seguirmi.
Ribadisco che ci sarà un vero e proprio ringraziamento
nell'epilogo conclusivo e in cui, davvero, non saprei come mostrarvi
la gratitudine che vi devo!
Ci
rileggiamo la prossima volta e vi auguro di passare una buona serata!
Ciaoooo
<3
Cosa
non meno importante...il bellissimo banner a inizio capitolo è
stato creato dalla bravissima Elle
https://www.facebook.com/pages/E-L-L-Es-stuff/723648977662054?fref=ts
È
davvero bravissima, vi consiglio di visionare i suoi lavori perché
meritano molto!
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