Buonsalve.
Questo è solo metà del capitolo “rivelatore”
che avevo promesso. Non so se riuscirò a portarlo a termine.
Onestamente ne dubito, ma mi dispiaceva tenere questo poveretto sul
pc, separato dagli altri qui su efp. ^^ Ergo: ignoratemi! xD Un
saluto dalla vostra latitante NanaBianca.
***
28 Dicembre *** Parte 4^
Facendosi
distrarre della sua missione, dal suo ruolo di cacciatrice e in
particolare dalla voglia di uccidere Klaus con la meritata crudeltà,
Summer era riuscita a versare meno lacrime di quante ne richiedesse
la situazione. Guardarsi allo specchio e ripetersi di essere la
prescelta, di avere obbiettivi che andavano al di là della
propria persona, l'aveva sempre aiutata a spegnere ogni emozione
ritenuta sgradita. L'immagine riflessa sullo specchio sembrava quella
della sua sagoma inanimata; e ciò significava che Summer,
magari con uno sforzo maggiore rispetto al passato, riusciva ancora
ad annientare, o almeno zittire, la parte fragile di se stessa, che
adesso era più loquace e vibrante che mai. Aveva versato
lacrime tanto silenziose e discrete da darle un senso di
soffocamento, aveva indossato il jeans e il maglione bordeaux presi a
casaccio dall'armadio senza il minimo sostegno da parte dei muscoli,
e adesso, nonostante tutto, era pronta ad uscire dal bagno e
affrontare Lily, facendo finta che nulla fosse successo. Si
sforzò anche di fare un debole sorriso alla specchiera, come
da preparazione a una scenetta teatrale, ma questo la fece sentire
soltanto più patetica. «Ehi...», esordì
con un sibilo stanco ma allegro, chiudendosi la porta alle spalle.
«Allora? Com'è andata la meditazione? Sei riuscita a
capirci qualcosa?» Si sedette sul letto, alla destra della
strega, per infilare gli stivali di pelle. Lily, che rigirava tra
le mani quella boccetta che, a dispetto dell'ordine di Damon, non
aveva ancora messo al suo posto, piano si voltò verso di lei,
dicendo: «Non molto, a dire il vero. O meglio...». Si
alzò per fare qualche passo atto a chiarirle i pensieri e poi
continuò: «Che il pugnale abbia un doppio utilizzo non
mi sorprende; anzi, a pensarci è anche abbastanza logico. Sono
stata una stupida a non intuirlo prima. Insomma... la cenere, la
segatura... avevo tutte le informazioni per arrivarci. Per il resto
invece...». Posò la boccetta sul comodino con una
movenza estremamente lenta e delicata, come se quel surplus di tempo
potesse portarla alla verità, poi puntò i suoi occhi
nocciola sull'amica e, con un volto traboccante di serietà,
disse: «Summer, dubito che sia stato il sangue di Klaus a
salvarti...» La cacciatrice fu scossa dal brivido gelido di
uno spavento a posteriori, inutile quanto inevitabile. Non era stato
il sangue di Klaus a guarirla... Quindi... se Damon non si fosse
fermato dal bere il suo sangue... E fu come se tutta l'audacia e la
sicurezza provate col vampiro si fossero sciolte in quel preciso
istante, quando la vita ormai era un fattore assicurato quanto la
tristezza consolidata che portava dentro. Si alzò per
smaltire quelle emozioni e si avvicinò alla grande specchiera
che si erigeva dalla cassettiera più imponente della stanza.
«Ma... è l'unica spiegazione che abbia un minimo di
senso! Sai meglio di me che il sangue dei comuni vampiri non ha
effetto sulle cacciatrici, e sei stata tu stessa ad ipotizzare che il
sangue di Klaus potesse avere un effetto diverso. Perché
adesso dici una cosa del genere?» «Semplicemente...
dubito che possa agire per via indiretta. Tutto qui. Stenterei a
crederlo anche se Damon ne avesse bevuto una bottiglia intera.»
La strega tornò a sedere sul letto, sostenendosi pesantemente
sui palmi. «Dev'esserci dell'altro... qualcosa che non riesco a
capire, ma che ha sicuramente a che fare con Damon e il
pugnale.» Summer, il volto pallido e lucido, stava legando i
suoi capelli in una disordinata treccia, più per tenersi
occupata che per una reale esigenza estetica. E se Lily avesse
ragione?, pensava, sentendo il sangue pulsarle nelle tempie. Aveva
rischiato di morire e non riusciva a crederci. Il fatto che Damon non
l'amasse abbastanza da volerla trasformare in un vampiro le aveva
salvato la vita, e questo creava emozioni difficili da elaborare. Un
dio ironico e bastardo le imponeva di sentirsi felice e sollevata per
quella vita che le scorreva ancora nelle vene, ma, allo stesso tempo
e con una crudeltà sottile, l'aveva privata dell'amore che ne
avrebbe acceso quel senso che mancava da sempre. «Che vuoi
dire?», chiese, cercando tuttavia di apparire calma. Confessare
all'amica ciò che vi era stato poco prima tra lei e Damon, era
l'ultima cosa che le andava di fare! «Ho provato una strana
sensazione quando ho toccato il pugnale: uno strano senso di morte e
di rinascita. Mi risulta difficile spiegarlo a parole, ma...»
Lily fu colta da un breve istante d'incertezza, prima di continuare
il suo discorso: «Summer, credo che Damon ci stia nascondendo
qualcosa...» «Andiamo... perché dovrebbe
farlo?», rispose lei, quasi di getto, mentre adesso rovistava
nel beautycase in cerca di qualcosa che potesse compiere un miracolo
sulle sue occhiaie. Da quante ore non dormiva? Perché ogni
cosa si stava concentrando nel lasso di quelle giornate che
scorrevano via troppo rapide? Quella congettura non aveva sfiorato
Summer neanche con la sua ombra e, nonostante il tentativo, la strega
non aveva avuto dubbi sul fatto che l'amica non avrebbe condiviso i
suoi sospetti; così smise di osservarla, per riprendere il
filo dei suoi pensieri, espressi poi a voce come per liberarsene: «Se
solo avessi avuto più tempo... Avrei potuto contattare la
strega che l'ha creato e farmi dire ogni cosa, soprattutto se è
possibile per una cacciatrice diventare un vampiro». Lo sguardo
s'indirizzò sul comodino e sulla boccetta che vi era posata
sopra. «Damon ha persino il sangue di Klaus... Non posso
credere di aver avuto il pugnale tra le mani e di non aver avuto la
possibilità di farlo! Mi sarebbero bastate un paio d'ore per
mettermi in contatto con lei!» E il dubbio intorno al quale
orbitava quel discorso, l'incertezza di Lily nell'affermare che una
cacciatrice potesse diventare o meno un vampiro, continuò a
mettere a dura prova la pressione sanguigna della diretta interessata, che subì
l'ennesimo e brusco calo. Come aveva potuto essere così
impulsiva? Perché, in quel momento, tra le braccia di Damon,
ogni cosa le era sembrata dannatamente giusta? E cosa sarebbe
successo se lui non si fosse fermato? Sarebbe realmente morta? Ancora
stentava a credere alle parole della strega. Ma, adesso, con il
palese rifiuto di Damon, per Summer l'eventualità di
trasformarsi in un vampiro si chiudeva per sempre. Così,
interrompendo quel discorso che l'amica non aveva ancora terminato,
disse: «Sai, Lily... ci ho riflettuto...», nell'ultima
ora più che in tutta la sua vita, «tanto...». Si
sedette nuovamente accanto alla strega, sfoderando un'aria tranquilla
e addirittura serena. «E, credimi, va bene così. Non
devi preoccuparti di questo; anzi, in verità ho già un
piano d'azione: quando sarò vecchia farò la punta al
mio bastone, così sarà una temibile arma
ammazza-vampiri di notte e un validissimo sostegno per la schiena di
giorno! Ti piace come idea?», chiese, sorridendo e cercando di
vaporizzare i toni seri di quel discorso; ma il volto della strega si
rabbuiò di colpo, provocandole una sensazione di solitudine e
di gelo. Lily si alzò per avvicinarsi alla sua valigia posta
ai piedi del letto; s'inginocchiò e vi rovistò dentro.
«Certo», mormorò, «dovremmo richiedere il
brevetto...», ma il suo tono era privo di entusiasmo e quasi
apatico. «E ora?», domandò Summer, reclinando
giocosamente il capo per osservarla meglio. «Mi dici che ti è
preso?» Ma Lily continuava a frugare nel suo borsone,
gettando le mani quasi a casaccio: non aveva la minima idea di cosa
cercare, voleva solo distrarsi da tutto ciò che aveva da dire.
«Niente», rispose quindi, cacciando un maglione rosa per
analizzarlo come non aveva fatto neanche nel momento
dell'acquisto. «No. Non dire “niente”. Non è
vero! Cos'hai?», insistette Summer, prima di scoprirlo da sola,
esclamando: «Sei arrabbiata con me!», con un'aria quasi
incredula. Neanche sforzandosi, riusciva a ricordare l'ultima volta
in cui aveva visto l'amica così contrariata da
qualcosa. «Certo che no!», ma, mentendo più a
se stessa che a Summer, Lily continuava a distrarsi volutamente,
torturando quella lana intrecciata come se la scelta del suo
abbigliamento fosse una questione di vita o di morte. «Non
mentire, lo riconosco quando sei arrabbiata. Ti si fa la fronte
rugosa», e Summer lo disse perché la sua faccia era
davvero diventata in quel modo: le si erano formate delle piccole
rughe tra le sopracciglia, ed altre più lunghe e orizzontali
sulla fronte, che sembravano tagliarla in tre parti uguali. «E
lasciatelo dire: sembri davvero una strega cattiva quando diventi
così!», concluse, ma con una voce dolce, atta a
sdrammatizzare. Ma Lily, la cui unica ossessione si riduceva
proprio alle rughe – tanto che in molti correlavano il suo
carattere mite al bisogno di non stressare la pelle –, si
avvicinò rapida alla specchiera per verificare la veridicità
di quell'informazione che però smentì a priori, ovvero
ancor prima di ispezionare ogni centimetro della propria fronte con
lo sguardo attento di un falco: «Non ho nessuna ruga!» E,
una volta rilassato il volto e sistemato una delle tante pinzette a
forma di farfalla, si riavvicinò alla sua valigia con una
calma visibilmente costruita. «E invece ci sono! Allora?
Cos'ho fatto? Quanto sei arrabbiata?», fece la cacciatrice,
vogliosa di sapere quale fosse il problema, ma anche lievemente
divertita. «Umh? Da uno a dieci?» «Non sono
arrabbiata», replicò la strega, nuovamente intenta a
cercare il nulla. «Cinque? Sei?» «Ti dico che
non sono arrabbiata!», ma una nota alta tradì il suo
proposito di sorvolare la questione. «Sei e mezzo? Sei e tre
quarti?», continuò Summer, come se stesse gettando le
basi di un'asta. «Ok, forse sei», esclamò la
strega di getto, per poi valutare quella scelta con più
attenzione, in ciò che sembrò un crescendo di
consapevolezza: «Anzi, sette. Otto. Otto e mezzo!». «Sì,
otto e mezzo!», decretò poi, alla fine di quella rapida
ma profonda analisi di coscienza. «Wow», sussurrò
Summer, investita e sorpresa da quella risposta. «Otto e mezzo.
Sono davvero nei guai...», e capì che la situazione,
nonostante le apparenze, era estremamente seria. «Allora?
Cos'ho fatto?» E dopo svariati secondi di silenzio, in cui la
strega guardava tutto fuorché lei, Summer continuò con
un: «Mi rispondi?», che subito venne seguito da
un'espressione sospettosa. «Non mi dirai che... Non sarà
mica perché non mi dispero all'idea di rimanere una
cacciatrice per sempre? Vero?», chiese, rendendo quell'ultima
parola una sorta di accusa alla sua pedanteria sull'argomento. «Certo
che non ti disperi, Summer. Tu non desideravi altro!», borbottò
la strega, continuando a non guardarla. «Cosa?!», e il
tono acuto della cacciatrice manifestò il suo grado di
sorpresa e contrarietà. «E quest'assurdità da
dove uscirebbe?!» «Sai bene che è la verità!»,
sbottò la strega, seppur con un tono di voce controllato e
basso, alzandosi e guardandola finalmente negli occhi. «No!»,
fu la risposta repentina, prolungata e acuta dell'altra, seguita da
un più incerto e sospeso: «Non...». Guardando
di lato, la cacciatrice si diede giusto pochi secondi di pausa, ma
che a livello introspettivo bastarono a far luce sulla verità:
«Ok. E se anche lo volessi, umh? Cosa ci sarebbe di male? Forse
non mi dispero perché sono fatta così...» E
mentre il suo tono diveniva più enfatico, quella
consapevolezza acquisiva una forma sempre più delineata e
chiara. «Amo essere la prescelta, Lily! Amo essere l'unica e
sola cacciatrice, e voglio esserlo fino alla fine dei miei giorni!
Hai ragione! Sei contenta, ora? Sai cosa farei se non fossi più
la cacciatrice?» Ma la strega non si scompose e, col suo
modo pacato, lo sguardo attento e la postura corretta, le replicò:
«Sì, Summer. Lo so perfettamente. Ti sentiresti in colpa
e soprattutto responsabile verso la nuova, spaesata quindicenne
costretta a portare questo fardello al posto tuo. La metteresti sotto
una campana di vetro e ti comporteresti come se fossi ancora tu la
cacciatrice in carica. Probabilmente la nuova cacciatrice non
saprebbe neanche che forma ha un paletto...» E Summer si
rese conto che lei stessa non avrebbe saputo trovare parole più
precise e veritiere di quelle pronunciate dalla sua amica. Ma questo
non fece altro che confonderla maggiormente. Se la conosceva così
bene, se sapeva che le cose sarebbero andate in quel modo, perché
s'incaponiva tanto? «Allora... vedi? Per me essere o non
essere la cacciatrice ufficiale non fa alcuna differenza.» «La
fa, la fa eccome. Come fai a non capire?», le domandò,
con una lieve nota di rimprovero, sedendosi accanto a lei e
guardandola con un'apprensione materna. «Il Consiglio ti ha
condannata a morte, Summer. Per quanto tu sia forte... e
combattiva... hai comunque un limite: non puoi continuare a fare
questo per tutta la vita. A venticinque anni il corpo inizia ad
invecchiare. Per un essere umano significa svegliarsi una mattina e
ritrovarsi con un capello bianco; per una cacciatrice significa
raggiungere il massimo delle proprie forze, della propria
sopportazione mentale e fisica, e non riuscire ad andare oltre. È
per questo che la natura ha stabilito un subentro. È la forza
della giovinezza a doversi opporre all'antichità dei vampiri.
Perché la maggior parte delle volte la natura è fatta
di equilibri... ma in altre è fatta di contrapposizioni. E il
Consiglio lo sa bene, proprio come sa che una volta superato il
termine avresti i minuti contati... Ma anche se non fosse questo
il problema, anche se tu riuscissi a tenere duro per tutti gli anni a
venire... la libertà è la differenza. Il tuo potere,
come quello di ogni cacciatrice, è strettamente legato a
Klaus. Al tuo compito di ucciderlo. E fin quando non riusciremo a
sbarazzarci di lui, il Consiglio potrà continuare a darti
ordini a cui non potrai disubbidire. Adesso ti ha tolto il limite
della carica solo per esserti rifiutata di uccidere una ragazza
innocente. Cosa vorrà la prossima volta? E come ti punirà
se ti rifiuterai?» Cercò gli occhi della cacciatrice,
sperando di trasmetterle quell'ansia che non riusciva a scalfirla. Ma
Summer si alzò, dirigendosi verso il mobile a specchiera. I
suoi pensieri erano rivolti principalmente a quella consapevolezza
che stava prendendo forma nel suo cuore. Non aveva mai desiderato
liberarsi del suo ruolo di cacciatrice; anzi, la punizione del
Consiglio non l'aveva mai turbata più di tanto, proprio perché
in verità non aveva mai desiderato altro. Le cose stavano
davvero così? Oppure si stava facendo suggestionare da delle
parole dette più per apparire forte che per altro? «Capisco
che tu sia preoccupata», le disse, «ma non devi. Me la
caverò lo stesso. E per quanto riguarda il Consiglio...»
Si guardò allo specchio ed ebbe la sensazione di vedere
un'immagine in cui non si riconosceva, come se quella discussione
interiore si stesse riflettendo anche a livello somatico. «Beh...
può inventarsi quello che vuole, non ho paura di lei; anzi,
fammi la cortesia di usare i tuoi poteri per fulminarmi, il giorno in
cui avrò paura di un essere con le fattezze di una winx!»,
cercò di ironizzare come al suo solito, ma la vista del
bracciale regalatole da Damon, che in quel momento era riposto su
quella cassettiera lucida, incrinò la sua voce con una chiara
nota di tormento. «Non ho paura di niente...», sibilò,
afferrandolo per indossarlo. La sua unica e più grande paura,
quella di un amore non ricambiato, si era avverata solo qualche
minuto prima, e in tutto ciò che vi era in quelle parole, lei
vi credeva davvero. Ora sentiva di poter affrontare qualsiasi altra
cosa le riservasse il destino: niente l'avrebbe fatta star male nel
modo in cui ci era riuscito Damon. E se ripensava anche alla
sofferenza che aveva provato nel momento in cui l'aveva creduto
morto, si sentiva a dir poco invincibile. Sentiva che neanche la più
dura delle prove a cui poteva sottoporla il Consiglio, poteva avere
come esito tutto il dolore che aveva provato nelle ultime ore.
Neanche se quest'ultima avesse lavorato di crudele e sadica
fantasia! Ma, a quell'affermazione, il tono di Lily non poté
fare altro che inasprirsi, seppur nei limiti della sua diplomazia e
delicatezza: «È molto più spaventosa e potente di
quanto immagini. Se avessi un minimo di buon senso, se ti importasse
realmente qualcosa della tua vita, la temeresti, proprio come hanno
fatto centinaia di cacciatrici prima di te. E sopratutto non dire che
non hai paura di niente». Eppure, arrivata a quel punto, i suoi
occhi si velarono di tristezza e dolcezza e, sebbene preferisse
tenere certi pensieri per sé, le fu inevitabile dirle ciò
che aveva sempre pensato: «Ce l'hai eccome, Summer. Solo che
hai paura delle cose sbagliate... Ed essere la cacciatrice... è
solo la scusa che utilizzi puntualmente per non affrontarle. Ed è
per questo motivo che non vuoi liberarti di questo ruolo». Summer
emise un lievissimo gemito d'aria atto a svuotare i suoi polmoni,
quasi quell'ossigeno rappresentasse l'affermazione di Lily e quella
reazione fisica il palese rigetto di essa. «E dimmi...»,
esordì con un fare sapiente, sicura di non essersi mai tirata
indietro di fronte alle sfide. «Quando non avrei affrontato
qualcosa?» «Quando il signor Harris è morto,
per esempio. Non hai versato neanche una lacrima, non hai mostrato
nessuna emozione, ti sei comportata da perfetto automa, da perfetta
cacciatrice. Quella sera stessa sei addirittura andata a caccia, come
se non ti fosse stato concesso neanche un giorno di riposo. Ma in
realtà sei stata tu a non volerlo. A non volere neanche un
giorno per pensare ad un uomo che ti aveva amata come una figlia ...
per affrontare un dolore a cui avevi pienamente diritto. E usi questo
schema con tutto, dalle cose più serie a quelle più
ordinarie, come il collage. Hai gettato la spugna anche prima di
frequentare la prima lezione, quando invece avevi promesso ad Harris
che avresti almeno tentato. E tutto con la solita giustificazione:
che la tua vita non te lo permetteva. Sono certa che non ti è
mai passato per la mente che forse avevi solo paura di fallire, come
ogni normalissimo studente. E tutti gli uomini che sono entrati nella
tua vita dopo J.D?! Non hai dato loro neanche il tempo di farsi
conoscere, che li hai cacciati dal tuo letto come se ti avessero
fatto chissà quale torto imperdonabile a mostrare interesse
per te, a volerti donare il loro affetto, a voler avere cura di
te...» E come se quelle parole avessero avuto un peso
materiale, Summer si sentì completamente schiacciata, priva di
ogni granello di forza. Sentire Lily pronunciare il nome di Harris
aveva lacerato il tempo. Le aveva inumidito gli occhi e stretto la
gola in una morsa spietata. Aveva pensato a tutto, meno che a questo.
La morte del suo osservatore era stata una sfida che non aveva
affrontato? La risposta era sì, e Lily aveva dannatamente
ragione su tutto, o quasi... «Io... non sono più
così», sibilò Summer, sedendosi nuovamente
accanto all'amica, gli occhi spalancati, timorosi di chiudersi per
non dare vita alle lacrime. Si voltò verso di lei e aggiunse:
«E vorrei tornare ad esserlo... Credimi, in questo momento, lo
vorrei con tutte le mie forze. Ma dubito che ci riuscirei...» E
Summer avrebbe davvero voluto ritornare ad essere quella ragazza che
non si misurava mai con i suoi sentimenti, che non si innamorava e
che non metabolizzava la perdita delle persone che amava, ma ormai
non era più così. E il ricordo della morte di Kendra
venne ad avvalorare quella consapevolezza. In quell'occasione aveva
addirittura disertato i suoi doveri di cacciatrice per
rifugiarsi tra le braccia di Damon; e aveva desiserato con tutta se
stessa che da quelle braccia non vi fosse via d'uscita. Aveva
permesso a quel vampiro di portare almeno un po' del dolore che la
stava schiacciando. E lo aveva fatto entrare dentro di sé, nel
buio torbido della sua anima, come non aveva mai concesso a
nessuno. Lily posò con delicatezza la mano sulla sua e con
la solita voce dolce, che quasi evocava immagini di ruscelli immersi
nel verde, le disse: «Lo so, scusami, sono stata brusca e ho
tirato fuori cose passate che non avevo mai avuto il coraggio di
dirti. Mi dispiace. Lo so... So che sei cambiata... So chi ti ha
cambiata... ma... credo solo che non sia abbastanza. In fondo, sei
innamorata, giusto? Allora perché non riesci a desiderare la
libertà neanche adesso? Vorrei solo che tu capissi che non ti
verrebbe tolto nulla. Niente di ciò che sei. E, se lo vorrai,
potrai continuare a combattere, ma con la differenza che sarà
Summer Reed a volerlo fare come valore aggiunto alla sua vita, e non
la vita stabilita da altri e che usa come alibi per non mettersi in
gioco in nient'altro. Ho solo paura che continuando ad essere la
cacciatrice, avrai sempre qualcosa dietro cui nasconderti. E, non
fraintendermi, alla fine lo facciamo tutti e non c'è niente di
male... È solo che... in tutti questi anni ti ho vista eludere
più emozioni di quante ne hai vissute». Fece una pausa e
poi aggiunse: «Ma potrei anche sbagliare. I capelli rossi mi
renderanno una strega stereotipata, ma almeno non possiedo nessuna
sfera di cristallo. Perciò, ho solo una domanda, ma la
risposta devi darla solo a te stessa, non a me. Quando è stata
l'ultima volta in cui essere la cacciatrice ha agito da freno in
qualcosa che volevi o che avresti dovuto fare?». A Summer,
in un primo momento, quella domanda suonò strana, come se ad
essa non avrebbe mai potuto dare una vera risposta, ma poi rivide se
stessa, prima che tutto accadesse: le sue mani sul volto di Damon,
dopo che questi aveva bevuto il sangue di Klaus; l'occasione di
dirgli che lo amava persa in una convinzione che adesso le appariva
vuota: lei era la cacciatrice e non poteva permetterselo in un
momento in cui da lei dipendevano le sorti di una missione troppo
importante. Paura. Nient'altro che paura. Aveva eluso anche e
soprattutto questo. Ed ora, ancora come se fosse tornata indietro nel
tempo, rivedeva Damon accovacciato di fronte a lei, dopo aver bevuto
il suo sangue, che con dolcezza teneva le sue mani tra le proprie e
le spiegava il motivo per cui non l'aveva trasformata, i suoi occhi
azzurri traboccanti della dolcezza più pura: “Tu non
vuoi diventare un vampiro, perché significherebbe lasciare il
posto di cacciatrice ad un'altra... e non vuoi. Il solo pensiero di
non essere più la cacciatrice, di non avere più una
missione, un ruolo prestabilito, un'identità di riferimento...
ti spaventa. Sai che dopo ti ritroveresti a dover ridefinire te
stessa, a fare i conti con tutto ciò che sei adesso, tutto ciò
che eri prima di diventarlo e tutto ciò che invece dovrai
essere. E questo perché sei piena di stupide insicurezze...
che io trovo adorabili, ma che prima o poi dovrai affrontare. E io...
voglio solo che tu lo faccia quando ti sentirai pronta a farlo. Non
potrei mai trasformarti in un vampiro, sapendo che non è ciò
che realmente vuoi, sapendo che lo fai solo... per quello che provi
per me.” Tutte quelle parole che prima erano scivolate sulla
sua corazza, adesso le entravano dentro con la potenza di un tifone.
Lily e Damon avevano capito quelle verità prima di lei. E
Damon non l'aveva trasformata perché sapeva che dopo la sua
identità si sarebbe frantumata, rendendola inevitabilmente
infelice. Aveva capito che lo stava facendo solo ed esclusivamente
per lui ed era riuscito a fermarsi in tempo. E Summer sentì
nel petto l'esplosione di calore e gioia che si prova quando ci si
innamora nuovamente di una persona che non si ha mai smesso di amare:
quel livello successivo, messo sempre in discussione dall'erronea
consapevolezza di non poter provare un amore che vada oltre quello
che già si prova. Adesso lo sentiva dentro di sé come
una fonte di luce accecante, e moriva dalla voglia di stringere Damon
contro il suo petto, con tutto l'amore che poteva trasmettergli. E
sorrise, ripensando a lui che le diceva: “Se tu avessi capito
ciò che volevo dire... mi avresti spogliato, mi avresti
sbattuto sul letto e avresti abusato di me senza remore!”. Sì.
Era esattamente tutto ciò che desiderava! Il vampiro era stato
profetico anche su questo! Ma si poteva essere così
stupidi da non capire niente di se stessi? Da aspettare che fossero
gli altri a portare luce sulla propria natura?, si rimproverò,
sentendosi una sorta di giocattolo con un difetto di fabbrica. Lily
teneva la mano sulla sua, e Summer sentiva di provare per lei un
affetto che non avrebbe mai saputo esprimere a parole. Qualcosa che
sembrava esistere a prescindere da loro due, dal loro incontro, dalla
loro amicizia. Qualcosa segnato nell'universo, inoppugnabile come una
delle leggi che lo governano e dall'origine altrettanto
misteriosa. Sentiva una voglia irrefrenabile di correre da Damon,
eppure non riusciva a porre fine a quel contatto. E quando la strega
fece cadere la schiena sul materasso per osservare il soffitto come
se lì vi fossero scritti i suoi pensieri, lei fece lo stesso,
convinta di avere tutto il tempo del mondo per abbracciare Damon e
solo quell'istante per tenere la mano di Lily; così rivolse il
palmo verso l'alto e le loro dita s'intrecciarono, come unica
conclusione possibile al loro battibecco. Tra di loro vi fu un
lungo silenzio. Lily sapeva bene che Summer stava assimilando tutto
ciò che le aveva detto, proprio come sapeva che su
quell'argomento non aveva bisogno di aggiungere altro, così
decise di dirottare la conversazione su nuovi e più leggeri
temi: «Ma ci pensi!? Sei entrata nella storia! Le future
generazioni di membri della Triade ti ricorderanno come l'abile
cacciatrice che ha ucciso il lato mannaro di Klaus e che ha debellato
ogni rischio di una futura invasione di Ibridi!», e la sua voce
suonò come quella enfatica e teatrale che fa da narratore ad
un trailer. «No, ti sbagli. Ricorderanno te come l'abile
strega che ha intuito dove si trovava il Grimorio di Lucrezia e che è
riuscita a ricomporre il famigerato pugnale», cercò
di imitare il suo tono cinematografico, ma poi il senso di sconfitta
e la tristezza guastarono la sua voce, sfumandola di fiacchezza: «Io
sarò solo la cacciatrice che ha bruciato l'occasione del
secolo, ma che dico, del millennio! Che si è fatta sottrarre
il pugnale costato anni di ricerca... e che ha rischiato di perdere
l'uomo che ama...», e quell'ultima frase fu solo un bisbiglio,
troppo imbarazzata al pensiero che Damon potesse sentirla e ancora
tramortita dal ricordo di ciò che aveva passato. «Sei
sempre la solita! Stai sempre a svalutare tutto quello che fai e a
vedere il bicchiere mezzo vuoto!», la redarguì
dolcemente la strega, ma per nulla sorpresa dal pessimismo
sinceramente autodenigrante della sua amica. «Sarà...»,
Summer alzò la schiena, rimettendosi a sedere. «Ma
l'unico bicchiere pieno che voglio vedere adesso è un calice
di vino! E lo riempirò fino all'orlo, solo ed esclusivamente
per la tua gioia! Contenta?» «Dipende! È un
principio di ottimismo?», chiese Lily, mettendosi anche lei a
sedere. «No», fece l'altra, alquanto categorica. «Ma
dopo il quarto bicchiere lo sarà sicuramente!» E si
sorrisero con una ritrovata complicità, spostando poi
l'attenzione su quelle dita ancora intrecciate, che Summer sciolse
con una lieve punta d'imbarazzo. Ma poi la strega sussurrò:
«La tua mano...», e l'aria si fece nuovamente densa di
serietà. «La mia mano, cosa?», chiese Summer,
osservando con attenzione le sue dita. «Come ho fatto a non
pensarci prima!? Tu hai toccato il pugnale, Summer. Ricordi quando ti
ho parlato dell'energia che s'imprime nelle cacciatrici quando lo
toccano? È per questo che ci siamo sempre servite delle ossa
di Esmaél per ritrovare gli elementi!» «Ok. Il
vino può aspettare», Summer afferrò il concetto e
le offrì entrambe le mani. «Sono tutte tue.» Ma
poi le ritirò, fingendosi timorosa: «Sempre che le mie
ossa vadano bene intere. Perché se volessi farmi a pezzettini,
muoverei qualche piccola obiezione a riguardo. Sappilo!». «Puoi
stare tranquilla», rispose la strega, ristabilendo quel
contatto che adesso Summer le offriva con un sorriso... che però
non fu ricambiato. «Anche se...» «Anche se?»
La cacciatrice inclinò lievemente il capo, cercando di
comprendere il repentino cambio d'umore dell'amica, che poco dopo le
disse: «Non riesco a sentire niente...» «Lily...»,
Summer la guardò con occhi carichi di apprensione. «Sei
sicura di stare bene?» «Te lo assicuro.» E la
strega lasciò con delicatezza le sue mani, aggiungendo: «Se
avvertissi qualcosa di strano, te lo direi». Poi le sorrise per
rassicurarla, perché – in cuor suo – era certa di
ciò che diceva. Non sentiva nulla di strano rispetto al
solito, e la sua amarezza derivava solo dal non capire cosa stesse
succedendo. Perché in Summer non riusciva ad avvertire neanche
un minimo cenno di quella radiazione magica che si stabilisce tra una
cacciatrice e il pugnale? Summer annuì credendo alle sue
parole, ma poi un rumore fragoroso destò entrambe, facendo
girare i loro volti in direzione della porta. «Cos'è
stato?», domandò la strega, intenta ad alzarsi. Ma
Summer bloccò sul nascere quel tentativo, dicendo: «Lascia
stare, proveniva dal salotto. Damon deve aver fatto cadere qualcosa».
Ma quell'affermazione suonò una nota irreale. Il vampiro che
faceva cadere qualcosa... Con i suoi riflessi sovrannaturali non era
molto credibile, e Summer si convinse di aver pronunciato quella
frase solo per dissuadere l'amica dal seguirla. Il solo nominarlo
aveva riacceso in lei tutta la voglia di stare con lui, di gettargli
le braccia al collo e baciarlo, e sentiva che non avrebbe potuto
attendere un secondo di più. «Tu perché non
cerchi di riposare?», propose, nuovamente concentrata su Lily.
«Forse sei solo stanca...» Aspettò che l'amica
le annuisse per sorriderle ed avviarsi verso la rampa di scale, col
cuore che le batteva così forte da farla sentire stordita e
con l'emozione che le stringeva il petto fino a soffocarla. Mentre
scendeva giù per i gradini che la separavano dal salotto,
sentiva che sarebbe semplicemente morta se non avesse fatto l'amore
con lui. E se nella sua mente balenava un lampo di ricordo di ciò
che le aveva detto solo poco prima, del modo in cui l'aveva sfiorata
e baciata, della passione rovente con cui si era nutrito del suo
sangue, lo stomaco le si chiudeva e il desiderio diventava così
forte da farla stare quasi male. «Damon», esclamò
una volta arrivata in salotto, cercandolo con lo sguardo, ma
scrutando solo una stanza vuota, illuminata dalla poca legna che
ardeva nel caminetto. «Damon?» Si guardò
rapidamente intorno e poi si accorse dei frammenti di una bottiglia
infranta sul suolo; la macchia scura del bourbon che impregnava il
tappeto, l'odore pungente dell'alcol e nessuna traccia del
vampiro. Lo cercò nella sua stanza, ma senza trovarlo.
Così, mossa dall'istinto, si diresse in cucina, e ad una prima
occhiata tutto le parve in ordine; ma poi la vista si focalizzò
sul lavandino, notando qualcosa di strano. I bordi erano sporchi di
sangue e, man mano che si avvicinava, quella chiazza diveniva sempre
più estesa, fino a ricoprire interamente il fondo di uno dei
due lavabi. Ma Summer non ebbe neanche il tempo di formulare un
veloce pensiero a riguardo. A terra, con la schiena poggiata su
un'anta del mobile, gli occhi aperti ma totalmente assenti e la pelle
nivea e lucida come quella di una candela, Damon sembrava una
marionetta a cui avevano tagliato i fili. Il cuore di Summer mancò
tutti i battiti che la separavano fisicamente da lui, e solo quando
gli si inginocchiò accanto questo riprese a batterle
regolarmente, seppur nella maniera più dolorosa
possibile. «Damon! Damon, cos'hai?!» domandò,
con la voce corrotta dall'agitazione e dalla paura. Accarezzò
il suo volto, sperando di ottenere almeno un cenno di risposta.
Mento, gola e petto ricoperti di sangue, e il cuore di Summer che
precipitava fino a creare una voragine. «Damon, rispondimi.
Ti prego!» E questa volta gli occhi del vampiro si mossero
verso di lei, ma continuando a sembrare vuoti e senza permettere a
Summer di capire se fosse nuovamente cosciente. Gli accarezzò
la fronte, tanto bollente da peggiorare il suo stato di agitazione, e
finalmente il vampiro diede un segno di vita più concreto: un
movimento del volto verso la spalla della ragazza, lo sguardo stanco
e smarrito. Damon ricordava l'attimo in cui aveva vomitato nel
lavandino, poi una sensazione di gelo e la forza nelle gambe che si
era affievolita rapidamente, fino a farlo scivolare a terra. Adesso
che aveva ripreso un minimo di conoscenza, qualcosa era nettamente
peggiorato. Alla sensazione di gelo si erano sostituite delle vampate
di calore insopportabili; ma erano i polmoni gli organi che lo
tormentavano di più: adesso riusciva a percepire con chiarezza
ogni boccata d'aria, perché queste bruciavano nel suo petto
come se in quei polmoni vi fosse qualcosa che infiammasse l'ossigeno.
Il sudore algido si trasformò presto in un mare di goccioline
calde che gli attaccavano gli abiti alla pelle, e la testa gli doleva
così tanto da da lasciargli immaginare che vi fossero milioni
di spilli elettrificati conficcati nelle profondità del suo
cranio. Voleva dirle qualcosa, ma non ce la faceva. L'unico gesto
che gli riuscì fu quello di poggiare la fronte sulla sua
spalla, lentamente e con la speranza di trovarvi riposo. Lei lo
accarezzò con un fare materno, per poi imporsi di spezzare
quell'attimo di dolcezza e angoscia e reagire; così fece
passare il braccio del vampiro intorno alle sue spalle e si alzò,
trascinandolo con sé. Damon si muoveva, ma solo con una forza
di riflesso e passiva. Il suo corpo era pesante quasi quanto quello
di un cadavere. «Andiamo di sopra...», mormorò
lei, avanzando verso la rampa di scale con Damon che camminava a
fatica. Il vampiro le sembrava ritornato in sé, ma ancora privo delle forze
necessarie a mostrarle un minimo cenno di lucidità. Arrivati
in cima alle scale, Summer urlò il nome della strega, per far
sì che la raggiungesse. E lei lo fece subito dopo, nell'esatto
momento in cui la cacciatrice lo stava aiutando a stendersi sul
letto. Sembrava che ogni respiro esalato dal vampiro gli bruciasse il
petto e Summer faceva di tutto per non piangere. In quel momento non
sarebbe servito a nulla, si ripeteva, cercando di farsi forza. «Cosa
gli è successo?», domandò Lily. «Non ne
ho idea.» Summer si avviò verso il bagno per prendere un
asciugamano e qualcosa che potesse fungere da catino. «Sono
andata in cucina e... l'ho trovato a terra in questo stato...»,
le parole le uscivano ansiose e soffocate, mentre riponeva il tutto
sul comodino, con le mani che le tremavano vistosamente. «Damon,
ti prego, dimmi qualcosa...», rivolgendosi a lui, la sua voce
acquisì una marcata nota di dolcezza, mentre con una mano gli
accarezzava i capelli sulla fronte e con l'altra gli puliva il mento
e il collo, con un panno inumidito. Ma il vampiro boccheggiò
scuotendo il capo, come a voler esprimere l'impossibilità di
esaudire quella richiesta. Non poteva parlare con ogni molecola di
ossigeno che bruciava nel suo petto e nella sua gola. Intanto Lily
gli si era avvicinata, ed ora lo guardava quasi immobilizzata da un
mix di pensieri che le attraversavano la mente come fulmini. Poi, con
uno scatto deciso, cercò di afferrare la sua mano. Una visione
le avrebbe chiarito le idee, ma Damon, nonostante il dolore, sembrò
percepire quell'intenzione, come se l'avesse sentita aleggiare
intorno a lei, e rapidamente portò la mano all'addome per non
fargliela afferrare. Ma, come da risposta, il volto di Lily –
sempre morbido e addolcito da un'aura di letargia – s'indurì
della stessa serietà scrupolosa di un medico, e il successivo
movimento con cui afferrò la mano di Damon fu uno scatto
felino che non ammetteva fughe di alcun genere. E il vampiro,
visibilmente provato dal suo corpo che bruciava, dalla testa che
esplodeva e dallo stomaco che si contorceva, non poté fare
nulla per impedirlo. Lily venne pervasa dalla stessa visione che
l'aveva colpita quando aveva toccato il pugnale per la prima volta.
Una sensazione che sapeva di morte, un buio fitto e poi una luce
accecante, ma nient'altro. Poi, qualcosa di più fisico, un
rimbombo familiare, le invase i canali uditivi, fino a sentirlo
martellare dentro di sé. Gli occhi chiusi si spalancarono
lentamente e con stupore, mentre leggeva una chiara supplica in
quelli azzurri sfiniti di Damon. Il suo cuore batteva, e lo
sguardo che lui le dedicò prontamente – un misto di
senso di colpa e disagio, di paura, disgusto e smarrimento –
conteneva la tacita preghiera di non rivelare quello che, a quanto
pareva, era il suo segreto: il motivo per cui era stato così
riluttante a collaborare con lei. E a Lily servì meno di un
secondo per decidere che lei non lo avrebbe fatto. Pur non capendone
il motivo, non sarebbe stata lei a dirlo a Summer, se quello non era
il volere del diretto interessato. E poi vi erano questioni molto
più importanti. Il cuore di Damon che batteva era solo la
punta dell'iceberg di ciò che adesso percepiva. Vi era
un'energia ribollente e crescente, dentro di lui. Era della stessa
materia di cui erano fatte le scintille di vita, ma era densa e
unificata, e si forgiava nel suo corpo in un crescendo irrefrenabile.
Lily ne percepiva la luminosità e la purezza. Era una forza
smisurata, vibrante di vita e splendente di fuoco; una forza mai
avvertita prima, in nessun essere vivente, che quasi la spaventava.
Quasi temeva che Damon potesse esplodere, portando l'universo con
sé. E fu proprio la potenza di quell'energia a far balenare
nella mente della strega una soluzione che avrebbe potuto portare
risposte alle sue domande. Summer guardava la scena, sentendosi
impotente. Le lacrime le pungevano gli occhi e il naso, e la gola era
così stretta da accentuare ogni deglutizione. Gli occhi
saettavano da Lily a Damon, sperando che la strega vedesse qualcosa
d'importante o che lui fosse in grado di parlare, ma alla fine fu lei
stessa a infrangere la tensione sacrale di quel momento, chiedendo
alla strega: «Hai visto qualcosa?». «No. Nulla
di rilevante.» Lily posò la mano di Damon sul materasso,
e lui quasi la ringraziò con lo sguardo per quella risposta
studiatamente vaga. Poi la strega si voltò verso Summer,
dicendo: «Ma ho un'idea. Vado a prendere le cose che mi
servono...» E la cacciatrice ebbe soltanto la forza di
annuire, mentre la vedeva lasciare la stanza. Si sedette accanto a
Damon, accarezzandogli con la punta delle dita il dorso di quella
mano che lui aveva riposato nuovamente sul proprio addome. Damon
cambiava continuamente la posizione del capo, come in cerca di una
boccata d'aria che non fosse incendiaria, e Summer lo guardava con il
petto pressato dall'angoscia. Voleva dirgli qualcosa, chiedergli cosa
gli fosse successo, cosa l'avesse fatto stare male, ma quasi temeva
di parlargli per paura che si sforzasse troppo nel tentativo di darle
una risposta. Ma poi fu il vampiro stesso a rompere quella catena
di gemiti di sofferenza, mormorando: «Mi dispiace... mi
dispiace...», affannato e lacerato in ogni dove dal dolore.
«Non volevo farti soffrire.» «Sshh...»
Summer, gli occhi ora bagnati dalla sua tenerezza, gli passò
il panno umido sulle tempie per eliminare le goccioline di sudore e
rinfrescarlo. «Va tutto bene; anzi, mi hai salvato la vita,
Damon. Lily pensa che non sia stato il sangue di Klaus a salvarmi;
dice che non può averlo fatto per via indiretta. Quindi... non
avrebbe funzionato. Se non ti fossi fermato in tempo, non mi sarei
trasformata in un vampiro. Sarei morta. Mi hai salvata, Damon. Due
volte. E adesso è il mio turno. Perciò, se ce la fai a
dirmi qualcosa... ti prego, fammi capire cosa ti è successo,
cosa ti ha fatto stare male...» Un pensiero doloroso le soffocò
la voce: «È stato il mio sangue? Sono stata io?».
Damon si affrettò a sibilare un veloce «No...»,
perché non voleva che si sentisse in colpa neanche per un
secondo; poi una fitta all'addome lo costrinse a urlare e a
contorcersi su se stesso, e la mano strinse con forza quella di
Summer senza averlo meditato. «È stato il pugnale»,
confessò, con la voce stritolata dal tormento. «Avrei
dovuto dirtelo, ma...» «Sshh...» Le mani di
Summer rastrellarono i suoi capelli con delicatezza, trasmettendogli
tutto l'amore che le riempiva il cuore, con un riverbero fatto di
calma e sicurezza. «Lo so. avrei fatto lo stesso.» E lei
capì che, se si fosse trovata nella sua stessa situazione,
avrebbe agito allo stesso modo, perciò non vi era necessità
di spiegazioni di alcun genere. Loro erano troppo simili per non
comprendersi e perdonarsi. E stava per pronunciare che avrebbe
fatto l'impossibile, pur di farlo stare bene, ma quell'intento fu
bloccato dall'entrata nella stanza di Lily, che reggeva il suo
Grimorio e una ciotola colma di erbe. «Cosa vuoi fare?»,
chiese Summer, preoccupandosi anche per lei. L'amica era da poco
uscita dal coma ed era come se i suoi poteri si fossero prosciugati,
o almeno questo era ciò che lei percepiva; ma Lily sapeva bene
che le sue forze erano inalterate e che tutti i suoi fallimenti
dipendevano da altri fattori. E questa sicurezza gliela si poteva
leggere sul volto determinato ma disteso, preoccupato ma
straordinariamente fiducioso. «Un incantesimo che mi
ricondurrà alla causa del suo male.» Lily aveva
sistemato il Grimorio a terra, di fronte al comodino, ed ora stava
posizionando la ciotola al lato del letto, all'altezza dell'addome
del vampiro, per mescolarne il contenuto con le mani: petali di Iris
e Radice del Diavolo. «Vedresti solo Klaus che dà
una pugnalata al suo cuore, Lily. Non è il caso che ti
affatichi per qualcosa che sappiamo già», replicò
Summer, cercando di farle cambiare idea. «Quest'incantesimo
è molto più potente di ciò che pensi. Non si
limiterà a mostrarmi il colpo di Klaus, ma andrà più
indietro. Mi mostrerà il principio: in pratica come si è
arrivati a tutto questo. È forse l'incantesimo più
potente che conosco», disse, con l'eccitazione febbrile che la
pervadeva quando doveva cimentarsi in qualcosa di apparentemente più
grande di lei. «Più la causa è remota e più
richiede energia e concentrazione. Stabilirò un contatto
fisico con Damon, gli terrò la mano, e tu dovrai accertarti
che io non la lasci per nessuna ragione al mondo. Interrompere la
connessione potrebbe costarmi la vita.» E la semplicità
con cui lo spiegò aveva dell'incredibile, soprattutto per le
orecchie di Summer, la cui emotività era già messa a
dura prova da ogni sorta di stress che poteva colpirla. «E tu
sei davvero convinta che ti lascerò fare una cosa del genere?!
Ti ricordo che sei appena uscita dal coma, non hai ancora
riacquistato le forze e l'origine del pugnale risale a più di
mille anni fa! Quindi: scordatelo!», l'angoscia dava alla sua
voce una nota finale di affanno, e concluse mormorando un «non
posso lasciartelo fare...» carico di tutta la preoccupazione
che le schiacciava il petto. Ma la strega, al contrario di lei,
appariva inverosimilmente tranquilla. E le rispose: «Summer,
non nego che sia rischioso. Ma se l'ho proposto è perché
sento di poterlo fare. E poi non devi preoccuparti per la lontananza
temporale. In altre condizioni non l'avrei mai fatto, non avrei avuto
le forze necessarie per intraprendere un viaggio mentale così
lungo nel tempo, ma adesso ho a disposizione una fonte di energia che
potrà permettermelo...» Nei suoi occhi appariva una
luce di furbizia, e quel modo astuto con cui si teneva sul vago non
preannunciava nulla di buono. Così Summer abbozzò una
mezza domanda: «E sareb... », che poi smorzò,
dandosi da sola quella risposta che reputava inconcepibile. «Damon!
Sei impazzita!? Lui non sta bene! Non puoi usare le sue energie! È
la cosa più assurda che potessi concepire!», ribadì
con un nervosismo elettrico. «Summer, calmati. Damon sta
letteralmente ribollendo di energia! Non ne risentirà in
nessun modo», le posò le mani sulle spalle per
tranquillizzarla. «Ascolta, posso farcela io e può
sopportarlo lui. Devi solo avere fiducia in me!» «Ho
fiducia in te, ma... andiamo! Quello che hai in mente è
assurdo!» la sua voce assunse una cadenza veloce e quasi
isterica, mentre i suoi occhi si riempivano di lacrime bollenti:
«Lily, tra te e me, la pazza che ha idee sconsiderate sono io!
Non tu! Il tuo buon senso non può venire a mancare proprio
adesso! Io non posso farcela! Mi sento impotente... e spaventata... e
l'ultima volta che mi sono sentita così...» Harris era
su di un letto d'ospedale, troppo anziano e troppo amante dei Cubani
per un trapianto di cuore che potesse andare a buon fine, e il nodo
che le strinse la gola riportò a galla ogni emozione vissuta e
annientata in quei terribili giorni. «Lo so...», Lily
capì subito a cosa si stava riferendo, e quella presa sulle
sue spalle si trasformò nell'esordio di piccole carezze colme
d'affetto. «Ma non hai nulla da temere. Andrà tutto
bene. E quando sarò ritornata al mio stato di coscienza...
beh... non posso assicurarti che avrò una soluzione, o una
cura, ma almeno avremo un punto di partenza. Questo te lo
prometto...» Summer mosse il capo ancora titubante e
incerta e con gli occhi lucidi di lacrime, ma poi sentì la
voce di Damon che la chiamava, mentre con fatica si sollevava sui
gomiti. Le annuì come per dirle che lui ne era in grado. E
tutta la tenerezza che provava per quelle crisi di nervi dal
retrogusto di dolcezza, brillava nei suoi occhi azzurri con una luce
radiosa quanto libera. Il vampiro ripensò alla donna algida e
violenta che aveva conosciuto e portato a letto per compiacere il
proprio ego, rapportandola alla donna fragile ed emotiva, piena di
amore e di paure, che adesso aveva di fronte e che amava con tutto se
stesso e, nonostante il dolore, gli fu inevitabile sorriderle. Così,
quella decisione divenuta unanime, sembrò aleggiare intorno a
loro, con tutta la pesante gravità che richiedeva. «Dammi
il tempo di cambiare l'acqua...», mormorò Summer, con lo
sguardo basso del disappunto e della sconfitta, portando quella
bacinella di sorta in bagno, perché ormai sporca del sangue
che aveva tolto dal petto di Damon. Lily aspettò che
risistemasse il tutto sul comodino e poi le disse: «Devi solo
accertarti che il contatto non si interrompa e tutto andrà per
il meglio». E, nonostante la sua sicurezza, anche lei, in quel
momento, avvertì la pericolosità di ciò che
stava per fare. Soprattutto ciò che avrebbe comportato per la
sua vita, se avesse fallito. Ma di quel timore ucciso sul nascere,
lei non volle mostrare neanche il debole fantasma. Summer annuì
e poi andò a sistemare altri cuscini sotto la schiena di
Damon, e in quei movimenti vi furono carezze fugaci e latenti, che il
vampiro non poté fare a meno di notare ed apprezzare. Lily
si inginocchiò al lato del letto e con un fiammifero diede
fuoco alle erbe che aveva sistemato nella ciotola. Un fumo delicato
per l'Iris ed uno più aromatico per la Radice del Diavolo le
invasero le narici. Ma prima che tutto avesse inizio, Summer
mormorò un «grazie», che la strega, pur
ricambiando con un sorriso, non sentì pienamente meritato: la
sua sete di conoscenza aveva influito su quella scelta in maniera
considerevole, e sentiva la sincera riconoscenza di Summer come una
ricompensa troppo preziosa per qualcosa di macchiato dall'egoismo. Ma
tenne quei pensieri per sé ed inalò quell'esalazione
con un respiro profondo e sonoro: quelle piante avrebbero accentuato
le sue doti percettive e divinatorie, aiutandola nel percorso mentale
più lungo che avesse mai dovuto intraprendere. Con voce bassa,
intonò una nenia incomprensibile agli altri due e afferrò
la mano di Damon, accostandola alla fronte. L'aria si fece densa e
pesante, vibrante di magia e carica di preoccupazioni, e piano gli
occhi nocciola della strega vennero inghiottiti dalle tenebre,
diventando completamente neri. Le ciocche rosse che sfuggivano alle
pinzette fluttuavano verso l'alto, e Damon iniziava ad avvertire una
sorta di pesantezza nel braccio, che diveniva sempre più
intorpidito e formicolante, e il tutto si univa a quei dolori che non
smettevano di tormentarlo, ma che adesso, per necessità e per
orgoglio, avrebbe combattuto con tutte le sue forze. Pochi secondi
dopo, Lily era già entrata nello stato di trance che l'avrebbe
condotta in un viaggio mentale lungo mille anni, e il contatto tra
lei e Damon non doveva interrompersi per nessuna ragione al mondo.
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