-Oh, no.
Guardai
Gustav con un'espressione di puro orrore. Lui mi osservò di
rimando, scettico.
Deglutii
sonoramente.
Lui,
implacabile, si limitò ad annuire.
-Non
era oggi l'incontro... vero, Gustav?
Georg
alzò gli occhi da sopra il bordo del suo giornale,
interessato.
Tom,
con espressione smarrita di fronte a quello spettacolo, spense l'mp3.
...
Una
porta di cristallo polarizzato, una stanza verniciata di verde scuro,
un enorme
finestra a mezzaluna sul lato destro di un lungo tavolo di mogano,
delle sedie
imbottite dagli alti schienali, varie poltrone con tanto di tavolino in
un
angolo dell'enorme sala.
E
su
quel tavolino, oltre a un'impressionante
varietà di lattine di redbull, bicchieri di
caffè, riviste esperte in anatomie
femminili e libri di poesie, cartucce di cioccolatini ed un paio di
bacchette,
riposavano i piedi di due dei quattro ragazzi presenti in sala.
Vi
sarebbe stato un silenzio perfetto, spesso come l'inerzia e semplice
come la
noia, se non fosse stato per qualche commento sparso quà e
là.
Un
silenzio imperfetto, dunque, rotto dall'improvviso tonfo di un libro
caduto per
terra, oltre che da un urlo isterico.
-Argh!
Era oggi!
Gli
altri tre non reagirono, abituati alle crisi istantanee e del tutto
ingiustificate del loro vocalist.
Gustav
fu il primo malcapitato su cui si posarono gli occhi di Bill, in una
disperata
ricerca di qualcuno che potesse risolvere il suo amletico quesito.
Trovando il
biondo con lo sguardo perso nell'infinito, il ragazzo pensò
bene di dedicarlo
ad un compito di più elevata utilità, quale
l'aiutare se medesimo.
Artigliò
con chirurgica precisione il braccio destro del batterista, scuotendolo
dal suo
torpore e provocando un urlo scandalizzato di questi.
Perchè
Gustav odia che lo si distolga dai suoi pensieri.
Odia
che non si rispetti il suo desiderio di concentrarsi in qualcosa che
non sia
strettamente relazionato a una batteria.
E
quando Gustav trova che non lo si rispetti, tende a dare di matto.
Bill
deglutì all'occhiata gelida del biondo, decidendo
però di non demordere.
Era
una questione di vita o di morte.
Per
lui.
{ E dato che il genere umano aveva una
relazione stretta con Bill Kaulitz, anche per il genere umano era una
questione
di vita o morte. }
-Inizia
a scollare quella mano dal mio braccio, Kaulitz maggiore, e poi ne
riparliamo.
Ringhiò
il batterista. Il vocalist obbedì, con una punta di sincero
panico.
Strofinandosi
il braccio dolorante, Gustav sospirò, abituato ormai al modo
di fare di Bill:
tutto e subito.
Quindi
meglio accontentarlo e toglierselo dai cosiddetti nel più
breve tempo
possibile.
Lo
guardò un'ultima volta di sbieco, giusto per sincerarsi che
non fosse
misericordiosamente sparito in una nuvoletta di fumo, per poi sospirare
rassegnato vedendo che era ancora lì a guardarlo implorante.
-Sputa
il rospo, Bill. Che c'è?
L'interpellato
fece il gesto d'inchinarsi all'amico, un po’
perchè gli dispiaceva, un po’ per
sdrammatizzare ed un po’ perchè lo temeva sul
serio quello sguardo alla
"io uccido".
-Gustav,
oh grande Dio della precisione, ti ricordi forse per quando sarebbe
stato
l'arrivo della band del concorso?
Il
biondo lo guardò scettico, continuando a massaggiarsi il
braccio. Per poi
ridacchiare sardonico. Sapeva che Bill attendeva quella data con ansia,
sapeva
che l'odiava.
-Era
il
due luglio, carissimo. Perchè...?
Bill
si portò una mano ai capelli leonini, cercando di ricordarsi
esattamente la
corrispondenza di quel maledetto due luglio.
Che,
come Gustav ben sapeva, cadeva esattamente...
-Oggi.
La
voce di Bill era terrorizzata e schifata, con una punta di delizioso
orrore.
-Oggi.
Confirmò
la voce sardonica ed un po’ annoiata di Gustav.
-Oggi?
La
voce di Georg era tranquilla, forse annoiata come quella del secondo,
ma con
una punta di sincera curiosità.
-Oggi
che, ragazzi?
Ed
ecco
la voce fuori dal coro.
I
tre
sospirarono, per poi guardare il quarto ragazzo, stravaccato come un re
nella
sua poltrona, in mano il suo fedele mp3 appena spento e con l'aria di
chi si
crede circondato da matti che parlano per indovinelli.
{ Non che andasse troppo lontano dalla
verità, poi. }
Bill
non gli rispose, limitandosi a torturarsi le mani, perso in
chissà quale trip
mentale; Georg, che non aveva voglia di ricapitolare il tutto, si
rituffò nel
lettura di Playboy con una velocità allarmante che
sicuramente non era frutto
di un amore incondizionato alla lettura.
Gustav,
sospirando, maledicendo i compagni pigroni e ritenendosi un Budda in
procinto
del nirvana, s'incaricó di spiegare a
Tom-cado-dalle-nuvole-Kaulitz dove erano,
che ci facevano e come ci erano arrivati, oltre che chiarigli tutto di
questo
cosidetto "concorso".
Si
notava che Tom non filava di striscio gli eterni discorsi di David
Jost, il
loro manager.
-Tom,
ti ricordavi quel video che abbiamo visto la settimana scorsa...? Sai,
di quel
gruppo che dovevamo valutare...?
L'altro
annuì, poggiando l'I-pod dagli ‘anta giga sul
tavolino per afferrare l'ennesima
lattina di Redbull, il tutto senza staccare gli occhi dall'amico.
Georg,
scampato il pericolo di dover spiegare una cosa che non aveva capito
bene
neanche lui (e con questo il povero David
avrebbe dovuto farsi un serio esame di coscienza: erano i Tokio Hotel
di gran
menefreghisti, o era la sua voce ad essere così monotona?)
sollevò gli
occhi dall'intervista a Monica Bellucci per rivolgersi dubbioso a
Gustav.
-Euale,
quello con la cantante che sembrava un incrocio tra i capelli di Tom,
il fisico
di Bill ed il guardaroba una hippy e la batterista gnocca?
-Sempre
così fine, lui...
Sospirò
esasperato il batterista, gli occhi in gloria, per poi annuire.
L'espressione
assolutamente persa di Tom, con tanto di bocca aperta e Redbull in
mano, lo
incitò ad andare avanti con la spiegazione.
-Beh,
il video l'abbiamo visto per decidere di premiarlo o no, quel gruppo.
L'espressione
Tom era sempre più incredula.
-
Sì,
ok, bella musica. Ma loro con noi che c'entrano, scusa?
Gustav
sospirò, affranto, mentre Georg aspettava placidamente che
qualcuno
continuasse.
Bill
si riscosse in quel preciso momento, scuotendo la testa come se avesse
ricevuto
una mazzata. O una scossa elettrica, tanto la capigliatura
elettromagnetizzata
l'aveva già.
-C'entra
che loro saranno il nostro gruppo spalla!
Il
tono era assolutamene tragico, cosa che provocò un'alzata di
sopracciglio da
parte di tutti.
-Ma
noi non abbiamo bisogno di un gruppo spalla!
Tom
era stupito dall'assurdità detta da Bill. La lattina ballava
temeraria nella
mano di Tom, ed il suo gesticolio minacciava di gavettonare Georg, il
quale si
riparò prontamente dietro alla sua rivista pensando
all'effetto che avrebbe
fatto il contenuto ai suoi capelli.
Per
distrare Tom, e fermare il suo pericoloso gesticolio, decise
d'intervenire.
-Casini
interni della Universal, hanno bisogno di nuovo carburante, un gruppo
giovane
che possa esserci degno compagno. E Tom, per Diana, fermo con quella
roba!
Il
chitarrista l'osservò, stupito, per poi collegare che oh-oh era sua la mano che reggeva quella
lattina ballerina! La
bevve in tre sorsate, per poi lanciarla, con una mira che avrebbe fatto
l'invidia di qualcuno di nostra conoscenza, in un cestino della
spazzatura lì
vicino con gran felicità del bassista.
Osservò
sconsolato la faccia preoccupata di bill.
-Gran
bella cazzata.
Sospirò,
aggiustandosi distrattamente la visiera dell'onnipresente cappellino.
Bill
si prese la testa tra le mani.
-Si
chiamavano... The Skylight, no?
Chiese Georg curioso,
girando pagina.
-Che
nome idiota.
Confermò
con voce sepolcrale Bill.
-Mai
quanto Tokio Hotel con "I" latina, ma sorvoliamo.
Una
voce sconosciuta era intervenuta, facendoli tutti e quattro sobbalzare
dallo
spavento. Presi dalla discussione com'erano non si erano resi conto che
nella
stanza confrenze era entrata un'altra persona.
-Scusate
il disturbo ragazzi, ma sto cercando il vostro manager, David Jost.
L'intonazione
era seria e fredda, mentre la voce bassa e roca.
E
apparteneva ad un corpo non meno sensuale della voce.
Una
donna di aprossimativamente trent'anni, dalla pelle color cioccolato,
freddi
occhi color ambra e mossi capelli neri tagliati corti.
La
mano sinistra era appoggiata con noncuranza sulla spalliera della
poltrona di
Tom, che la guardava dal basso verso l'alto come se avesse visto la
madonna.
O
Pamela Anderson in costume da bagno, dipende dai punti di vista.
Georg
aveva lasciato perdere le bellezze cartacee del Playboy per una
bellezza molto
più arrapante e, soprattutto, presente.
Gustav
la guardava con un sopracciglio doverosamente inarcato, dubbioso per
l'ironia
di prima riguardo al loro nome.
Bill
era la scetticità in persona.
-E
lei chi sarebbe, scusi?
La
donna, non facendo una piega, inclinò appena il capo verso
il cantante.
-Donna
Urielson, manager dei Metheora. No, non sono un paparazzi, non vi
voglio
ricattare, e sono riuscita a passare essendo almeno dieci centimetri
più bassa
della vostra guardia del corpo più smilza. Chiarito che non
sono un pericolo in
gonnella per i Tokio Hotel, potrei sapere dove posso trovare il
Mr.Jost,
informazione che sto aspettando da cinque minuti buoni?
I
quattro deglutirono rumorosamente.
Quella
donna avrebbe potuto contendere tranquillamente a Bill il primato per
la
parlantina più rapida del West.
E
se
qualcuno poteva contendere qualcosa a Bill, beh, allora avrebbe potuto
creare
la sua stessa dose di guai.
Tutta
la situazione puzzava di cambiamento, se di cambiamento si
può parlare per
quattro ragazzi che non dormivano nella stessa stanza d'albergo per
più di tre
giorni di seguito e che non vestivano più di tre volte la
stessa maglietta.
Quella
manager troppo seria che si stava ora dirigendo versa la porta indicata
da
Georg preannunciava guai.
Quel
gruppo nuovo con cui avrebbero dovuto suonare, preannunciava guai.
E poi, che altro?
Era
la tacita domanda che i quattro si posero osservandosi preoccupati, nel
silenzio di quella stanza troppo grande.
...
-No,
no, e no!
-Milo,
non rompere e staccati da quella porta.
-Nooo!
Ok,
è
defitivo. Più definitivo del definitivissimo definitesimale.
Odio
i Tokio Hotel.
Mi
stanno profondamente antipatici.
Sono
i guastafeste della mia vita, oltre che i rompiballe della mia
esistenza.
E
tutto perchè, per colpa loro, non ho potuto vedere quello
speciale degli
Yellowcard su Mtv.
È
per
questo che ho deciso di far incazzare tutti non staccandomi dalla porta
della
mia stanza d'albergo.
Una
delle tante che, da adesso in poi, dovrò chiamare casa.
Le
manine di Carmen mi afferrano per i piedi, iniziando a tirare. Chiudo
gli occhi
e mi aaggrappo più saldamente alla porta. Sono pronta a dare
battaglia, non
cederò tanto facilmente.
Un
sospiro stanco viene da dietro le mie spalle, vicino a Carmen.
-È
in
piena fase di rigetto, eh?
-Jules,
non rompere anche tu!
Gridai
io. No, non avrei ceduto. Dio, dammi la forza...
-Più
infantile di così, e si mette a picchiare i pugni per terra.
Ammutolii.
Non c'erano risposte per il tono scazzato di Eddie.
Le
manine di Carmen smisero di tirare. Mi preparai al peggio.
Sì, perchè quando
uno molla, significa che stanno per attaccare in due. O più.
Aiuto!
-Capitano
Carmen, piano B in azione, prego. Colonnello Jules, ai posti di
combattimento.
-Ehi,
non è giusto! Lui ha un grado più alto di me!
-Non
rompere, puffetta!
-Ehm...
-Ma
se sei basso quanto me!
-Non
è vero, ci sono dodici centimetri tra me e te, funghetta!
-Ehm!
Eduardo
avrebbe potuto continuare a schiarsisi la gola fino alla fine dei tempi.
Niente,
menefreghismo completo da parte di quei due. Ed io in tanto aspettavo,
trepidante.
-Senti,
tu...
A
quel punto, la voce pacata e saputella di Ed intervenne, ritenendo
inutile
chiamare l'attenzione per l'ennesima volta.
-Ragazzi,
un colonnello ha il potere decisionale, il capitano quello effettivo.
Silenzio.
-Ah.
-Tu
ci hai capito qualcosa?- Tono curioso di Jules.
-No,
ma suona bene. - Tono convinto di Carmen.
Ma che gabbia di matti...
-Comunque...
uno, due e... tre!
Con
un attacco congiunto, Carmen iniziò a farmi il solletico
sotto le ascelle. Io,
ridendo come una gallina ed implorando pietà, mollai la
porta. Eduardo e Jules
ne approfittarono per prendermi per mani e piedi, trascinandomi in
forma coatta
alla sala conferenze dell'albergo dove avevano appuntamento con le loro
Cruccosità.
...
Come
una regina in portantina, salutai ospiti, camerieri e facchini
dell'albergo,
oltre che uno stupefatto Saki sulla soglia della sala conferenze.
Bello
farsi portare da 'sti due.
Ne
devo fare più spesso, di scenate così.
Comunque,
non so per che cosa sia rimasta più stupita tutta questa
gente.
Per
lo stile grungeghotic, la sua voluminosa acconciatura di rasta bianchi,
il
passo saltellante ed il sorriso da gattomatto di Carmen?
Per
i
tatuaggi di jules, la sua maglietta nera e rosa e la sua espressione
trasognata?
Per
la camicia a rombi con tanto di panciotto e panama nero, il tutto
condito da
una faccia di assoluta indifferenza di Ed?
O
per
il fatto che io, batterista apparentemente in grado di camminare, con
un'espressione da "io sono Dio e voi no" sia sfacchinata in giro da
'sti ultimi due?
Ma
il
non-plus-ultra sono stati loro.
Quando
entrammo, con tanto di finta fanfara da parte di Carmen, ad ognuno di
quei
quattro gli si dipinse in viso un'espressione differente.
Tom,
il cosidetto Sex Gott (cosa che fino a
che non avessi visto, non avrei creduto) si stava
sganasciando con tanto di
mani sulla pancia.
Georg,
l'allegro compagno di merende del primo (non
vi dico cosa tutto si mangino 'sti due, in senso letterale e metaforico)
stava affogando nelle sue stesse risate, producendo un suono
assurdamente acuto
e singhiozzante.
Gustav,
il grezzly del gruppo, era impassibile ed inalterabile, ma si vedeva
che stava
a stento trattenendosi dal chiamare un buon psichiatra.
E
Bill, semplicemente, ci guardava come se dovessimo tirare da un momento
all'altro un paio di forbici e tagliargli tutti i capelli.
Che, detto fra noi, un buon taglio ci
sarebbe andato bene. Non è che se li tocco per sbaglio
m'infilzo le dita, vero?
Eddie
e Jules, con una delicatezza impressionante, e vorrei sottolineare
l'ironia
implicita nella frase, mi sganciarono sul pavimento, procurandomi una
botta al
fondoschiena e procurandosi sette anni di sfiga, morte e peste.
Emersi
da sotto il tavolo ringhiando un sfilza di maledizioni per quei due
scriteriati
che ridevano dietro di me.
Ero
giusto arrivata a maledire la terza generazione dei due pirla, quando
mi
ritrovai faccia a faccia con il favoloso quartetto, che mi osservava
con
interesse.
Mi
ricordai che quel giorno non portavo niente di scollato, di
conseguenza, quella
galleria di sguardi che spaziava dall'incredulo all'ilare, me
l’ero guadagnata
per meriti personali.
La scena aveva dell'incredibile.
sembrava il primo incontro tra due specie: mancava il ditino alla E.T.,
una
lente d'ingrandimento, annusate varie e gorgoglii di riconoscimento per
poterci
definire due gruppi di amebe
sviluppati in due terreni acquosi differenti.
Mi
acquietai, guardandoli scettica per un minuto buono.
Poi
sempre inghinocchiata sul pavimento ma appoggiata al tavolo, con voce
sarcastica, sputai la perla del giorno.
-Cos'è?
mostrate un'emozione a testa? Ma le decidete prima di andare in scena?
Prima
che quei quattro potessero riprendersi dall shock di avermi sentito
parlare un
fluente tedesco, Carmen s'impossessò della scena,
rifilandomi uno scapellotto,
per poi sedersi a gambe incrociate non sulla sedia, come una qualsiasi
persona
sana di mente farebbe, no, lei si sedette sul tavolo porgendo
entusiasta la
mano al gruppo.
Non
per niente era loro sfegatata fan dal lontano duemilaesei, anno in cui
spopolarono in patria.
Dopo
le strette di mano e le presentazioni di rito, ci ritrovammo a fissarci
ammutoliti, senza trovare un caspio da dirci.
Ed
e
Tom si squadravano, tra il guardingo ed il sospettoso.
Jules
e Gustav si osservavano, incuriositi.
Bill
passava da carmen a me e da me a Carmen.
E
Georg,
che dentro di me avevo già soprannominato "Rapunzel",
fissava me.
{ Interessante discorso. Profondamente
istruttivo, soprattutto. }
Al
che io, geniA, decisi di intervenire a movimentare la serata.
Con una battuta stupida.
Ma,
ehi, è il pensero che
conta, no?
-Scusate,
ma in Germania che vi danno da piccoli?
Occhiata
interrogativa da parte di pertica Kaulitz numero uno, ovvero Tom.
Continuai
imperterrita, gesticolando e guardandoli crucciata.
-No,
dico, nei vostri omogeneizzati ci dovevano essere carne e
fertilizzante,
perchè, oh sì, trovo profondamente ingiusto che
...
Carmen
schioccò la lingua, sotto lo sguardo attento di Bill. Fece
il gesto di tagliare
la mia fiumana di parole, per poi rivolgersi direttamente agli altri.
-Ha
il complesso della statura bassa e voi, pe... perticoni
da un metro e ottanta, la state mandando nel pallone.
Strabuzzai
gli occhi, scambia un'occhiata complice con Ed, per poi guardare Carmen
sogghignando maligna. Jules si aggiunse, ridacchiando. E, per la gioia
di Cà,
parlò in spagnolo, lingua ignorata da quei crucchi.
-E
ammettilo, che stavi per chiamarli "pezzi di manzo"...
Carmen
arrossì, per poi fingere un'espressione scandalizzata ed
offesa.
-Assolutamente
no. Fan sì, groupie no!
Eduardo
rise sarcasticamente, indicando con il dito il gruppo.
-Frena
il carro, chi è quella che si è passata ore ed
ore a discernire dei fisicacci
di 'sti quattro?
I
poveri
" 'Sti Quattro" vedendosi chiamati in causa pur non capendoci un
piffero, non poterono che osservarci, chi smarrito, chi scettico.
-Beh,
non è una cosa importante, adesso.
Chiuse
il discorso Carmen, tornando al tedesco con gran gioia delle loro
maestà.
Quand'ecco,
all'improvviso, mi ricordai della meravigliosa batteria che avevo
utilizzato
per la prova.
-TU!
Indicai
Yoghi, in una posa assolutamente plateale.
-Io.
Mi
rispose lui, con un mezzo sorriso.
-Per
caso la tua batteria è ad immagine e somiglianza di quella
utilizzata per il
concorso?
I
miei occhi luccicavano dall'entusiasmo.
Improvvisamente,
tutti avevano trovato un argomento comune, la musica.
Rimanevamo
sulle nostre, ma era già un passo avanti.
...
-Beh
sì, qualcosa di più di una Les Paul potrei anche
permettermela ma... Dio, una
Cadillac lo vale tutto, no?
-Ah,
l'hai battezzata alla fin fine?
-Vedi,
da piccolo suonavo talmente tanto che mi vennero i crampi alle
braccia... un
dolore! Per un'eterna settimana non potei toccare la batteria, e
schiumavo di
rabbia repressa.
-No,
a me non è mai successo, ma guarda le mie dita, tutta colpa
dei cerotti!
-No,
non è possibile... è allora tu che hai fatto dopo
quell'acuto che non c'entrava
niente con "Moonson"?
-Tiri
avanti e te ne freghi! E poi era il ritornello, c'erano centinaia di
fan! Si
sentivano più loro di me!
-Senti,
i Sandberg sono uno dei migliori, ma non dimenticarti degli Ibanez!
Solo che
sono cari, li vendono a peso d'oro!
-No,
no, i Sandberg sono il meglio e, modestamente parlando, il tutto
perchè sono
tedeschi!
Cos'è,
un ritrovo di comari?
Incredibile
ma vero, da un'ora a questa parte, si sta facendo conoscenza con i
Tokio Hotel.
E no, prima che me lo chiediate, non
ho ancora avuto modo d'azzannare nessuno.
***
Ovviamente i Tokio
Hotel
non sono di mia proprietà, e con il mio scritto non intendo
far passare in
alcun modo voci supposte per verità assolute.
Ragazzi/e
scusatemi tantissimo, ma non avevo molta ispirazione per questo chap.
A
dir
la verità, non sono neppure convinta d'aver scritto qualcosa
d'accettabile, ma
mi sentivo in dovere di disilludervi presto: non sono poi tutto
‘sto fenomeno.
Per chi è interessato, la
sndtrk’s
list: Ocean
Avenue/Yellowcard; Songbird/Oasis; Ich Bin Da/TH; I’m
Sorry/Flyleaf.
Mi raccomando:
voglio critiche e commenti, tutto è ben’accetto,
l’importante è che sia
costruttivo. *.*
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