Buon giovedì, little black stars!
Ringrazio
chi ha messo questa ff tra:
- i
preferiti:- AliceKeepHoldingOn - avrilismylittleangel
- Beliectioner_FE_love_FE - Curly_Boy14 - Glaphyra - Look_at_the_sky - Mirianalol -nunueroby
- Solluxy
- i
ricordati:- Look_at_the_sky
- avrilismylittleangel-
nunueroby
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seguiti:- AliceKeepHoldingOn - avrilismylittleangel
- Brazza - Hakkj - icon of the darkness - itwasworthallthewhile
- Look_at_the_sky – Mary_Malik –Mirianalol–nunueroby– RamonaLBS – SaraHappenin
Alluora,
per il nuovo album… mi sono
innamorata anche di Falling Fast, non so se l’avete sentita
anche voi.
E’
bellissima *-*
Poi,
passando al capitolo.
Scusatemi,
ma è venuto uno schifo, e
in più è più corto rispetto agli
altri, causa compito di filosofia T.T
(Glaphyra, mi dici in cosa consiste la filosofia eraclitea? xD)
Non
sono riuscita a fare di meglio.
La
canzone sarà When You’re Gone (pianti tra
3…2…1…), ed è
importantissimo che la
ascoltiate!
Questa,
però, non sarà la versione
normale, ma una versione maschile *-*
Fate
finta che sia Evan, così sarà
ancora più commovente ç.ç
Il
cantante ve lo dirò alla fine,
così non vi rovinerò la sorpresa.
Buona
lettura!
Due
mesi dopo...
Pov
Evan
La
solita fredda e dura sedia
di plastica accoglieva il mio corpo, vuoto da più di due
mesi ormai.
Le
tenevo la mano, come
sempre, accarezzandone dolcemente il dorso con il pollice.
La
sua pelle era ancora
liscia e profumata, ma, adesso, completamente priva di una qualsiasi
forma di
vita.
Quella
vita che mi aveva
permesso di conoscerla, quella vita che mi aveva permesso di ammirarne
pregi e
difetti, portandomi ad aprirle tutto il mio cuore e a confessare i
sentimenti
che provavo per lei.
Quella
stessa vita che,
adesso, era appesa ad un filo.
Un
filo sottile, invisibile,
quasi lacerato, come la mia anima, che non trovava pace tra le fiamme
insuperabili
che il destino aveva posto sul nostro cammino.
Era
bastato un minuto, uno
solo, per rovinare tutto.
In
fondo, cosa rappresentava,
per me, un minuto?
Era
solo una stupida unità di
misura, inventata da chissà chi, chissà quando e
chissà dove, in cui l'essere
umano non poteva svolgere una determinata attività,
perché il lasso di tempo era
troppo breve.
Avrebbe
potuto essere una
buona risposta, se non fosse stato per il fatto che fosse completamente
sbagliata.
In quella stupida unità
di misura,
tutto era cambiato.
In quel lasso di tempo troppo breve, il mondo mi era crollato addosso,
senza che me ne
accorgessi.
Fissai,
ma solo per un
attimo, il piccolo monitor che segnava le funzioni di Avril, e che
scandiva
ogni pulsazione del suo piccolo cuore con un "bip".
Ricordavo
ancora quel dannatissimo
giorno in cui successe tutto.
Era
scolpito nella mia
memoria.
Ogni
volta che quei secondi mi
ritornavano in mente, cercavo di scandirli, immagine per immagine,
fotogramma
per fotogramma, affinché la vista di ogni maledettissimo
frammento mi perforasse
la pelle del petto come un coltello e mi facesse male.
Perché,
dopotutto, la colpa
era solo mia.
Perché,
nel più stupido dei
modi, non ero riuscito nell'unico compito che mi ero ripromesso di
adempiere.
Quello
di renderla felice.
La
caduta dal corrimano all'asfalto
era stata breve, ma era il modo in cui aveva subìto
l'impatto, che rendeva la
situazione critica.
Il
verdetto dei medici era stato
uno solo: trauma cranico dovuto ad un danno celebrale grave.
Tempo
previsto per la
guarigione: indefinito.
Esito
finale: dal recupero
completo di tutte le funzioni, fino alla disabilità
permanente oppure... alla
morte .
Deglutii
a vuoto, stringendo forte
il lenzuolo verde scuro che contrastava con il bianco pallido e
marmoreo della
sua pelle.
No,
non dovevo neanche pensarla
una cosa del genere.
Non
sapevo se credere alla
speranza, che mi diceva che tutto sarebbe andato per il meglio.
Non
sapevo se credere a tutte
le persone che mi stavano vicine, che mi dicevano che non dovevo mai
smettere
di avere fiducia in un possibile miglioramento.
Oppure,
non sapevo se credere
a quell'entità malvagia e crudele che era la
realtà, che mi ricordava di secondo
in secondo, di minuto in minuto, di giorno in giorno, che la mia
piccola e
dolce stella, nonostante tutto, stesse ancora in quello stato di coma.
Incrociai
le braccia sul lettino,
continuando a tenerle la mano con la sinistra e appoggiando
placidamente la
testa sulla destra.
Chiusi
per un attimo gli
occhi, nella speranza che la mia mente si liberasse da tutti i pensieri
e mi
lasciasse un po' riposare.
Negli
ultimi mesi, l’insonnia
era diventata la mia unica compagna di viaggio.
Un
viaggio che speravo
potesse concludersi il più presto possibile...o che poteva
durare per tutta la
vita.
Quando te ne sei andata, i pezzi
del mio cuore hanno
sentito la tua mancanza.
Quando te ne sei andata, mi
è mancato il volto che
conoscevo ed amavo.
Quando te ne sei andata, mi sono
mancate le parole che
avevo bisogno di sentire per farmi andare sempre avanti fino alla fine
della
giornata.
Mi manchi, Avril.
***
Tutto
a un tratto spalancai
gli occhi, poiché avevo sentito di un forte rumore dietro di
me. Sembrava come
se una porta fosse stata chiusa.
Mi
resi conto di essermi
addormentato, e alzai di scatto la testa.
Mi
guardai intorno, e vidi mia
sorella Annie che, alle mie spalle, mi fissava addolorata,
più alcuni medici,
dall'aria comprensiva, ma allo stesso tempo molto distaccata.
"Signor
Taubenfeld, io e
la mia squadra dovremmo effettuare dei controlli sulla signorina
Lavigne."
Feci
un profondo respiro ed espirai
lentamente, lasciando che il mio sguardo percorresse il corpo di Avril.
Strinsi
forte la sua mano
nella mia, sperando che, all'ultimo secondo, potesse ricambiare la mia
stretta.
Speranza
che, naturalmente, non
si avverò.
Mi
alzai lentamente dalla
sedia, con le gambe che mi formicolavano, per il molto tempo ero
rimasto lì
seduto nella stessa posizione.
Abbassai
la testa, e,
avviandomi verso l'uscita, sussurrai con la poca voce che mi era
rimasta:"Bene. Vi lascio soli."
Uscii
da quella stanza
infernale, con gli occhi che incominciarono a pizzicare, mentre mi
aggrappavo
alla mano che mia sorella mi stava tendendo.
Pov
Annie
Evan,
negli ultimi mesi, era
stato travolto da una molteplicità di emozioni e sentimenti
totalmente contrastanti,
che lo avevano portato a passare varie fasi.
All’inizio,
fu la negazione a
sovrastarlo. Tentava di negare l'accaduto.
Si
chiedeva spesso se la
causa del mancato risveglio di Avril fosse l'intervento sbagliato dei
medici, o
di farmaci non idonei, o ancora del modo, secondo lui "sgarbato e privo
di
tatto", con cui i medici la trattavano.
Poi
era comparsa la rabbia e
la paura. Si condannava per quello che aveva fatto.
A
volte se la prendeva con me,
con Matt o con chiunque gli capitasse a tiro, e non sapevamo come
calmarlo.
Spesso
si era chiesto perché
era toccato proprio a lui, perché il destino si fosse
accanito così
tanto contro di loro.
Finita
la fase della rabbia e
della negazione, comparve un forte senso di sconfitta, di rifiuto e la
chiusura
in sé stesso. Aveva preso consapevolezza del corpo di Avril
e del suo stato di
salute, e si rendeva conto che, contro quel male, non aveva nessun
potere
decisionale.
Aveva
capito che la ribellione
era inutile, e che niente dipendeva da lui.
Per
questo, tutta la rabbia che
aveva dentro, venne sostituita dal senso di abbattimento e dalla
depressione.
Ora,
era nella fase di
accettazione. Era consapevole di ciò che le stava accadendo,
e alternava spesso
momenti di silenzio e riflessione con se stesso, a momenti di
comunicazione con
me e Matt, che eravamo le persone più vicine a lui.
Con
questi suoi continui
sbalzi di umore, era impossibile capire in pieno quello che stava
pensando,
malgrado vivessi tutto il suo dolore direttamente con lui.
Volevo
iniziare un discorso,
ma mandò all'aria tutto, poggiandosi sulla mia spalla, e
cominciando a
singhiozzare pesantemente per un paio di minuti.
"Ehi,
Evan, basta
piangere." sussurrai.
Pov
Evan
"Evan,
basta piangere. Non
ti devi arrendere, trova la forza in te stesso per andare avanti. Fallo
per te.
Fallo per lei." disse, facendomi sollevare la testa dalla sua spalla.
"Asciuga
quelle lacrime,
lei non avrebbe mai voluto vederti così.
Devi
essere forte.
Devi
lottare per tutti e due
e superare quest'ostacolo grazie all'amore che vi ha unito e che vi
unisce
tutt'ora.
Continua
a tenere duro, perché
sai che ce la farà, e che ce la farai anche tu.
Non
sei solo, e non lo sarai
mai.
Siamo
insieme, ed io sarò al
tuo fianco. Sempre."
All'improvviso,
nella stanza,
vidi i medici farsi sempre più irrequieti, più
agitati, più frenetici nei loro
movimenti...
Non
sapevo il perché, ma continuavano
a fissare il monitor che segnava le funzioni vitali di Avril
Poi,
lo capii, il motivo.
Tutto...era
diventato così
semplicemente surreale. Solo in quel momento, mi resi conto di cosa
fosse davvero
la vita.
Un bip...più lungo degli
altri.
La vita era un dono.
"Dottore,
presto! È in
arresto cardiaco!"
La vita era un regalo inaspettato e
non richiesto.
"Datemi
un
defibrillatore, ora!"
Era una farfalla che, se non
l'acchiappavi in tempo,
ti sfuggiva tra le dita.
"Libera!"
Era un'esperienza meravigliosa, che
si meritava
soltanto giorno dopo giorno.
"Ancora,
libera!"
Azione dopo azione.
"Dottore,
la stiamo
perdendo…Faccia qualcosa!"
Lacrima dopo lacrima.
Allora,
se siete ancora vivi dopo
questa fine, vi dico chi è il cantante.
Il
cantante…è…Avril!
La
versione era l’originale di WYG,
ma l’audio è stato modificato e abbassato di
qualche ottava, per rendere la
voce maschile ^_^
Ok,
ci vediamo al prossimo capitolo, perché
la ff non è ancora finita!
Preparatevi
psicologicamente, la
canzone del prossimo sarà Slipped Away.
Non
mi scannate!
Cruel
Heart.
P.s.
Anna, viva le cime di rapa! (?)
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