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Quando mi svegliai, il mattino
successivo a quella notte, Ray pisolava al mio fianco con l’espressione più
candida ed innocente che le avessi mai visto in volto. Fu il suono ripetuto ed insistente
del mio cellulare a strapparmi dal sonno profondo e sereno in cui ero
sprofondato assieme alla mia compagna; lanciando un’occhiata allo schermo,
istintivamente, sospirai.
Avrei dovuto aspettarmi l’arrivo di
Will, parte di me era rimasta sorpresa nel non vederlo irrompere in casa mia
già la sera prima.
Ray non aveva voluto spiegarmi nulla
di ciò che era successo fra loro ma, quando avevo aperto la porta e me l’ero
trovata davanti, avevo scorto nei suoi occhi l’inequivocabile traccia del
pianto che doveva averla scossa prima di arrivare da me: non avrei permesso a
William di farla star male un’altra volta, e fu proprio quel desiderio a farmi
alzare – lasciando a malincuore la dolcezza del corpo morbido e caldo di Ray –
e a spingermi a raggiungere la porta d’ingresso.
-Devo parlare con Ray.- fu la frase
con cui esordì William, senza nemmeno degnarsi di rivolgermi un saluto; non mi
guardava in faccia, troppo impegnato a cercare di scorgere alle mie spalle
l’eventuale presenza della mia bionda – mi sorprese, quel gesto, perché William
avrebbe dovuto sapere che Ray non si sarebbe mai lasciata proteggere da
nessuno.
-Scordatelo.- replicai io,
incrociando le braccia e scoccandogli un’occhiataccia.
L'espressione di Will, se non fossi
stato tanto irritato, mi avrebbe fatto scoppiare a ridere: aveva visto il mio
collo pieno dei succhiotti che Ray vi aveva lasciato, si era sicuramente reso
conto della luce estatica che mi brillava negli occhi e aveva visto quanto il
mio corpo, affaticato ma completamente rilassato, mostrasse i chiarissimi segni
di una notte passata in dolce compagnia. Si era rabbuiato nell'osservarmi, ma
io non avevo la minima intenzione di esprimermi in qualsivoglia segno di scuse.
In un altro momento, sicuramente,
Will avrebbe desiderato (e tentato) di strangolarmi per difendere l'onore e la
virtù della sua amica; ma, abbattuto ed angosciato com'era, si limitò a
sospirare e ad annuire appena in un muto gesto di resa.
-Tu non sai perché ho
reagito così, Ben.- mormorò, passandosi una mano fra i capelli arruffati e
scoccandomi un'occhiata impaziente dei suoi chiari occhi azzurri. -Per favore.
Voglio solo parlare con mia sorella.- aggiunse e, nonostante tutto, non mi
sfuggì il "sorella" che, con una naturalezza stupefacente, gli era
sfuggito per definire il suo rapporto con Ray.
Stavo per replicare, pronto a
consigliargli di andarsene al diavolo di gran carriera, ma una voce dolce ed
assonnata bloccò sul nascere la mia risposta pungente.
-Ben.-
Mi voltai di scatto, sorpreso: Ray
era sulla soglia dell’ingresso, avvolta nella mia camicia ed in un paio di
pantaloncini di tuta, e si sfregava gli occhi ancora pieni di sonno con la
manica mentre cercava inutilmente di ravviarsi i capelli arruffati dietro le
orecchie. -Va bene.- mormorò, lanciando uno sguardo indecifrabile a Will.
Sospirai, sapendo che
sarebbe stato inutile suggerirle di rimandare quella conversazione, facendomi
da parte per permettere al biondastro di entrare; Ray si voltò, muovendosi con
una sicurezza impressionante in casa mia e precedendoci in salotto.
Will, grato della sua accortezza, si
lasciò cadere sulla sua poltrona preferita non appena Ray gli fece cenno di
sedersi; io invece la trassi a me, strappandole un mezzo sorriso quando la
sollevai quasi di peso per stringerla fra le braccia, accomodandomi sul sofà.
Il biondo mi scoccò un’occhiata
storta, senza però dire nulla – aveva probabilmente capito quanto deleterio
sarebbe stato, per lui, commentare in qualsiasi modo il mio atteggiamento nei
confronti di Ray.
-Sarebbe troppo volere__- commentò
invece, rivolgendosi alla mia bionda.
-Sì.- lo interruppe
subito, bloccando la sua domanda – quale che fosse – sul nascere. -Ti ascolto.-
aggiunse, rivolgendogli un brusco cenno della mano e voltandosi a guardarlo con
quell’espressione indecifrabile che nemmeno io riuscii a comprendere.
Will tirò fiato, prendendosi la
testa fra le mani: sembrava preda di un violento conflitto interiore, come se
parlare ed esprimersi gli risultasse troppo penoso per permettergli altro che
quei respiri veloci ed irregolari.
-Ray, io…- cominciò,
senza guardarla in faccia e tenendo gli occhi inchiodati sul pavimento.
Inarcai un sopracciglio, lanciando
un’occhiata di sottecchi a Ray; lei però continuò ad ignorarmi, limitandosi ad
un cenno per intimarmi di stare zitto.
-Mi dispiace.-
Sentii il corpo della mia adorata
bionda irrigidirsi in risposta alle parole dell’amico, intravvidi il suo
sguardo raggelare: non invidiai William, in quel momento, perché l’occhiata che
lei gli rivolse avrebbe potuto rendere a più miti consigli persino un animale
feroce.
William si strinse nelle spalle,
azzardando una brevissima occhiata verso di noi prima di tornare ad osservare
con smodato interesse il parquet del salotto.
-Ho litigato con Angel, ieri sera…
per una cosa così stupida…- sussurrò, e non potei impedirmi di rovesciare gli
occhi al cielo: le discussioni fra quei due, da che avevo memoria, avevano
sempre causato catastrofi e calamità a loro e a chi era loro accanto.
-Angel vuole andare dai suoi parenti
per qualche tempo. Quando me l’ha detto ho dato di matto, mi sono sentito
morire, ho pensato di aver sbagliato tutto…-
Angel aveva dei parenti in un’altra
regione dell’Inghilterra e, dai suoi racconti entusiastici, avevo compreso quanto
si sentisse legata al resto della sua famiglia: fissai William, sorpreso ed un
poco confuso, perché Angie era andata spesso a trovarli e non riuscivo proprio
a comprendere cosa avesse potuto scatenare la reazione del biondo.
Ray, però, annuì; aveva in volto
l’espressione mesta e comprensiva di chi aveva capito più di quanto le parole
potessero esprimere, e mi lanciò un’occhiata per intimarmi di non esprimere ad
alta voce le mie perplessità.
Si alzò, andando a sedersi sul
bracciolo della poltrona su cui si era rannicchiato Will; gli sfiorò i capelli
con la punta delle dita ma, nonostante quel gesto affettuoso, mi accorsi di
quanto il suo corpo fosse ancora teso e chiuso in se stesso.
Ray
era fatta così,
pensai, ammirandola nonostante non fossi d’accordo con l’atteggiamento che
aveva assunto nei confronti di Will: non era in grado di rimanere insensibile
davanti a qualcuno che soffriva, specialmente se quel qualcuno era una persona
che lei adorava – e lei lo adorava davvero, quel suo fratello putativo: chiunque
avrebbe potuto scorgere lo sguardo pieno d’affetto e d’ammirazione con cui Ray
guardava William.
Sorrisi, mio malgrado, quando
distinsi i lineamenti del suo bel volto distendersi in un sorriso malinconico e
paziente; passò un braccio attorno alle spalle di Will, tirandoselo vicino e
permettendogli di abbandonare il volto nell’incavo buio e sicuro della sua
spalla.
Erano talmente belli, insieme, da
far quasi male agli occhi; non per la prima volta, da quando avevo incontrato
Ray, mi accorsi di quanto non fosse lui – più
alto, più massiccio, più solido – la persona più forte e concreta fra loro;
era lei quella in grado di sostenere
entrambi, lei, quella ragazzina
appena maggiorenne che si era dimostrata in grado di affrontare il mondo
intero.
-Io non posso perdere Angel.- lo
sentii sussurrare stringendo i pugni in quello che mi parve un gesto di
notevole autocontrollo: forse avrebbe voluto abbracciarla, ma qualcosa doveva
avergli suggerito quanto quella non sarebbe stata proprio una buona idea.
-Sei un imbecille.- sbottai
all’improvviso, incapace di rimanere in silenzio davanti a quel melodrammatico
imbecille preda delle più oscene seghe mentali della storia: Will alzò lo
sguardo su di me, confuso, ma scorsi Ray trattenere una risata. -Angel ti ama,
Will. Nemmeno la tua dannata testaccia riuscirà a cambiare quello che lei prova
per te.- aggiunsi, irritato dalla stupidità patologica di cui il mio amico era
evidentemente fornito.
Il biondo rimase in
silenzio per qualche istante, forse cercando di assorbire le brusche parole che
gli avevo rivolto; poi annuì, sospirando prima di alzare lo sguardo su Ray.
-Quando sono tornato a
casa e vi ho visti insieme… Ray, non ci ho visto più, ero arrabbiato e
frustrato e non__-
Ray alzò una mano, zittendo quel
fiume di parole sul nascere.
-Hai rivisto lui.-
mormorò soltanto, chiudendo gli occhi per qualche attimo e serrando le labbra
in una inequivocabile espressione di disprezzo.
Mi accigliai, improvvisamente
disorientato: di cosa stavano parlando, adesso?
Will spostò gli occhi
su di me, mordendosi un labbro e passandosi ancora una volta le mani fra i
capelli. -Ben… io mi fido di te, ti voglio bene, sei il mio migliore amico e
non avrei mai potuto volere di meglio per Ray.- cominciò, senza accorgersi di
quanto quelle parole mi avessero colpito: Will non si era mai esposto tanto,
con me, da affermare con tanta naturalezza una frase come quella.
Capii all’istante il motivo per cui
la rabbia di Ray nei suoi confronti era svanita quando lui l’aveva guardata:
era impossibile arrabbiarsi con William, soprattutto quando adottava la slealissima tecnica
degli “occhioni da cucciolo abbandonato”.
Il biondo si rivolse di nuovo a Ray,
angosciato.
-Solo che… Ray, ti ho vista soffrire
troppo, ho visto come lui ti aveva ridotta e…- la voce gli morì sulle labbra
davanti alle iridi indecifrabili di quella ragazza piena di sorprese, che lo
stava guardando con un cipiglio talmente serio da risultare quasi comico.
Lui sospirò, tormentandosi ancora la
folta chioma dorata.
-Voglio soltanto saperti al sicuro…-
mugugnò, e non potei trattenere un mezzo sorriso quando vidi le sue orecchie
arrossire furiosamente ed il suo sguardo riempirsi d’imbarazzo: è sempre stato
incapace di esprimere le proprie emozioni in maniera decente, William Moseley.
Ray, che era rimasta immobile ed in
silenzio mentre lui parlava, scosse la testa. -Sei un idiota.- commentò
soltanto, prima di tirarselo bruscamente addosso per un orecchio, lasciandosi
finalmente abbracciare e stringendolo forte a sua volta.
Vidi chiaramente il corpo di Will
cedere, rilassarsi di botto al contatto con quello di Ray; conoscevo l’effetto
calmante che quella piccola furia poteva avere sugli altri, quasi come se tutta
la tranquillità e la pacatezza che lei sembrava non possedere si orientasse
sulle persone che aveva accanto, salubri e delicate come l’abbraccio della
brezza estiva.
Disorientato
dalla piega repentina presa dagli eventi, mi limitai a rivolgere
ad entrambi un'occhiata interrogativa e spiazzata. Di
chi stavano parlando? Chi era che aveva fatto tanto male a Ray da
causare quella reazione spropositata di Will nei miei confronti?
Ray,
accorgendosi del mio sconcerto, sospirò. -Ti ricordi quel
ragazzo che abbiamo incontrato in
Piccadilly qualche mese fa?- mi domandò, guardandomi solamente
per qualche attimo prima di distogliere lo sguardo, nel tentativo di
impedirmi di vedere la malinconia e la tristezza riempirne quel blu
stupefacente. -Non è mai andato molto d’accordo
con Will.- aggiunse, ma subito il biondo alzò la testa dalla sua
spalla per rivolgerle un'occhiata malevola –
a dir la verità fu quello a preoccuparmi, perché non
avevo mai visto una tale espressione di disprezzo e di disgusto nello
sguardo del mio amico.
Ray, trovandosi presa in contropiede dalla reazione di William, gli
pizzicò con forza una spalla e sbottò un: -Oh, insomma!-
decisamente esasperato, rovesciando la testa verso l'alto per sfuggire,
probabilmente, all'intensa disapprovazione del biondo.
Però
sapeva, credo, che non sarebbe riuscita a sfuggire alle mie domande;
perciò sospirò, scoccando un'occhiataccia all'amico prima
di rivolgersi nuovamente a me.
-Lui… Simon…-
cominciò, esitando su quel nome che pronunciò con un
disgusto tale da farmi rabbrividire. Scosse la testa, rassegnata,
torcendosi le mani e spostando nuovamente gli occhi altrove prima di
tornare a guardarmi –
sembrava che si sentisse in colpa per ciò che si trovava
costretta a dire, che la disgustasse a tal punto quel ricordo da
renderle faticoso persino il parlare di quella cosa.
Ricambiai
il suo sguardo incerto, rivolgendole un lieve cenno per incoraggiarla a
parlare: non avrei mai potuto cambiare l'opinione che avevo di lei,
qualunque cosa mi avesse detto o mi avesse rivelato di aver fatto.
Sembrò
carpire quel mio pensiero, quella mia consapevolezza: e sospirò,
esasperata da se stessa, masticando un'imprecazione prima di riempirsi
i polmoni d'aria.
-Simon
è stato il peggior errore della mia vita, e l’apoteosi
della mia
tendenza all’autosacrificio e all’autoflagellazione.-
buttò fuori tutto d'un fiato, arrossendo per la vergogna e
l'imbarazzo che l'aver dovuto ammettere una cosa del genere,
evidentemente, le provocava.
Lì per lì non capii
a cosa si stesse riferendo, ma ebbi il lampo d'intelligenza necessario
per capire che non sarebbe stato saggio indagare in quel momento, non
con Will stravolto e Ray tanto nervosa. Solo diverso tempo dopo avrei
capito quanto, esattamente, quel tale le avesse fatto del male; ma, questa, è un'altra storia.
-Ti ha quasi
distrutta.- rincarò Will, guadagnandosi un altro pizzicotto e l'ennesima occhiataccia.
-Eppure
sono ancora in piedi.- replicò dolcemente Ray, rivolgendomi uno
sguardo che, forse, voleva essere di scuse. Avrei voluto abbracciarla e
dirle che andava tutto bene, che capivo, ma Will era ancora sconvolto e
lei se ne accorse, premurosa come sempre nei confronti di quel bizzarro
fratello maggiore che si era scelta; rimandai mentalmente a più
tardi le spiegazioni e i chiarimenti, perché sapevo che lei
aveva bisogno di occuparsi del suo amico. -Will, è tutto okay.
Va tutto bene, non sono arrabbiata
con te.- lo rassicurò infatti, accarezzandogli i capelli con un
atteggiamento sorprendentemente affettuoso, quasi materno.
-Dovresti.- mugugnò lui in risposta, imbronciato. Lei rise.
-Non
sono capace di
tenerti il broncio, dovresti averlo imparato da molto tempo.- gli fece
notare e, ancora una volta, mi ritrovai a rammentare a me stesso che
Will e Ray si conoscevano da diversi anni, e che il legame che si era
instaurato fra loro andava al di là della semplice fiducia o
amicizia. -Adesso, però, tu
devi parlare con Angel.- aggiunse lei dopo un istante, continuando a
coccolarlo e rimanendo in silenzio per qualche minuto: mi permisi di
osservarla, affascinato dal modo in cui il suo sguardo si faceva
assente quando rifletteva e dalla delicatezza con cui sfiorava la
chioma arruffata di William, che le si era nuovamente rifugiato addosso
come un bambino troppo cresciuto.
Era bella, mi dissi. Era bella in un modo tutto suo, e quella bellezza era solamente mia.
-Dovrò
trovare un altro posto dove stare.- affermò all'improvviso,
spezzando il silenzio finalmente quieto che era venuto a crearsi in
quella manciata d'istanti. Trasalii all'unisono con Will, perché
entrambi avevamo colto il tono stranamente definitivo della sua voce,
la malinconia che ne aveva velato le sillabe solitamente energiche e
preponderanti.
-Non
voglio che tu te ne vada.- esclamò subito lui, mentre io mi
costrinsi a rimanere in silenzio: qualcosa, dentro di me, mi stava
suggerendo di ascoltare prima d'intervenire.
Ray sorrise al suo migliore amico, arruffandogli la frangia con un gesto tenero ma, contemporaneamente, dannatamente triste.
-Will,
non siamo più a
New York. Abbiamo vissuto assieme per tanto tempo… è
arrivato il momento di
voltare pagina.- gli spiegò ma, quando lo vide sbiancare, si
affrettò a dargli un buffetto e a sorridere. -Ehi, va tutto
bene! Non ho intenzione di lasciarti solo!-
lo rassicurò subito, costringendosi – lo vedevo chiaramente – a mostrarsi allegra e serena nonostante non si sentisse minimamente così. -Perdiana, sei più insicuro di una ragazzina al primo amore.- aggiunse, sarcastica – sfuggendo, però, al mio sguardo indagatore.
-Mi
piace vivere con
te.- protestò lui, ma mi accorsi anch’io di quanto stesse
cercando di
impuntarsi su qualcosa che, alla fin fine, forse avrebbe anche potuto
andargli a
genio. Dopotutto, oggettivamente parlando, Ray poteva anche aver
ragione: Will ed Angel stavano insieme da tanto, forse era arrivato
davvero il tempo di cominciare a pensare ad un futuro insieme.
Ray gli arruffò i capelli, continuando a sorridere con quello che mi sembrò uno sforzo quasi titanico; capii in
quell’istante quanto stesse cercando di reprimere la propria angoscia, la
propria tristezza, pur di riuscire a tranquillizzare il suo amico… innervosito,
non potei fare a meno di tamburellare con le dita sul cuscino del divano,
guadagnandomi una sua occhiata ammonitrice.
Era stupefacente, per me, vedere
quanta intesa e complicità fossero sbocciate fra me e lei in quei pochi mesi di
relazione – era quasi come se, in tutta la mia vita, non avessi aspettato altro
che lei per sentirmi finalmente completo…
-Avanti, in fondo lo sai da molto
tempo che questa cosa doveva cambiare.- sorrise, Ray, rivolgendosi di nuovo a
Will. -Tu ed Angel siete pronti da tanto tempo.- aggiunse con tenerezza, ma la
vidi inghiottire quello che, probabilmente, doveva essere l’inizio di un pianto
che stava cercando di reprimere dentro se stessa.
-E
tu dove andrai?- le domandò lui col solito tatto elefantiaco,
infierendo inconsapevolmente su quell'autocontrollo mostruoso che,
tuttavia, stava cominciando a vacillare. Lei chiuse per un istante gli
occhi, prendendo fiato prima di rispondere.
-Ho qualche soldo da
parte. Mi troverò un posto vicino al lavoro, così__-
E
la soluzione, in quel
momento, si presentò nella mia mente con una consapevolezza
talmente chiara e cristallina da sorprendere me stesso per non averla
riconosciuta prima.
-Vieni
qui.- la interruppi, sollevandomi dallo schienale della poltrona e
osservandola da sopra le dita intrecciate; Ray, alla mia
esclamazione, si voltò di scatto verso di me –
ma Will, alle sue spalle, si aprì in un sorriso talmente
entusiasta da farmi intuire che la stessa idea fosse balenata in mente
anche a lui.
-Cosa?-
mi domandò lei, esterrefatta, fissandomi con quei due splendidi
occhi blu che erano riusciti a stregarmi molto tempo prima di quel
giorno. Annuii.
-Vieni
a stare qui. Con
me.- ripetei, convinto e serio come non ero mai stato prima di quel
momento: solamente ora mi rendo conto di quanto mi sentissi
determinato, di quanto desiderassi con tutte le mie forze che Ray fosse abbastanza coraggiosa da fare quel passo verso di me.
Ci
conoscevamo da poco, stavamo insieme da ancor meno, c'erano dieci anni
di differenza fra noi, ma io sapevo già che lei era tutto
ciò che avrei potuto desiderare.
-Ben…-
cominciò, incerta e deliziosamente confusa, passandosi le dita
fra i capelli biondi per tirarseli indietro, scostandoli dal volto.
-...stai
scherzando, vero?- mormorò, rivolgendomi un'occhiata così
insicura ed implorante da strapparmi uno sbuffo divertito.
-Evidentemente,
Will
non è l’unico insicuro patologico in questa stanza.-
commentai, ed entrambi i biondi tirati in causa arrossirono fino alla
radice della capigliatura del medesimo colore.
Mi allungai verso di lei, prendendole una mano ed avvicinandola a me; Ray, docile come non era mai stata nei miei confronti – né con nessun altro, d'altronde –, si lasciò sottrarre da Will e mi permise di prenderla di nuovo in braccio, di riempirmi lo sguardo di lei e dei suoi occhi meravigliosi.
Le
accarezzai lievemente una guancia col dorso della mano, sorridendo
appena quando la vidi socchiudere gli occhi per abbandonarsi,
fiduciosa, al mio tocco.
-Ti
voglio per me dal
momento stesso in cui mi hai rifilato quel due di picche, quando ci
siamo
conosciuti.- le rivelai a bassa voce, strappandole un piccolo sussulto
divertito quando quel ricordo riemerse nelle memorie di entrambi.
L'avevo trovata così sensuale, quella sera, così
meravigliosamente enigmatica... -Sono un uomo possessivo, Ray, ed
estremamente ansioso. Non
sopporterei l’idea di saperti lontana da me.- aggiunsi, inarcando
un sopracciglio e rivolgendole quell'occhiata sardonica che, come avevo
imparato, era in grado di farle saltare i nervi in un istante.
Per
una volta, però, lei non volle cogliere la mia provocazione e
sospirò, tormentandosi nuovamente le ciocche dorate che le
continuavano a ricadere sulle guance.
-Ho
vissuto sola per
molto tempo, non è un problema, non sentirti costretto ad
aiutarmi…- cominciò, ma alzai immediatamente una mano per
interromperla, scuotendo appena la testa.
-Costretto?- sottolineai, inarcando un
sopracciglio con scetticismo. “No, non ci siamo proprio.”
Sospirai,
abbassando lo sguardo per un istante prima di alzarlo nuovamente su di
lei, non riuscendo a trattenere un sorriso sarcastico dal disegnarsi
sul mio volto quando la vidi tanto insicura, triste ed estremamente
fragile. -Perdonami, ma forse non
hai colto il senso di ciò che ho detto.- le feci notare,
annuendo in risposta alla sua espressione accigliata.
Non voleva capire… per lei sarebbe
stato molto più semplice accettare un rifiuto od un dolore, invece delle parole
semplici che le stavo rivolgendo in quel momento. Avevo compreso da tempo
quanto fosse totalmente incapace di credere che qualcuno si preoccupasse per
lei o la desiderasse nella propria vita; l’unico modo per valicare la sua
insicurezza, dietro cui si trincerava come un guerriero al di là dei merli di un
castello, era essere chiari.
La guardai, inchiodando le iridi in
quelle tempestose della donna che amavo: sapevo che sarebbe stata
in grado di scorgere, nel mio sguardo, quella verità che lei si stava
testardamente ostinando a non voler accettare.
-Ti voglio con me, Ray. Adesso, fra
un anno, per tutto il resto della mia vita.-
La osservai trasalire, rabbrividire,
sgranare gli occhi quando pronunciai quelle parole che, probabilmente, lei non
avrebbe mai nemmeno sperato di sentirsi rivolgere; eppure quella era l’unica
realtà che sentivo ardere dentro di me, tanto immensa e cristallina da
annientare le paure ed i timori di entrambi.
Volevo bearmi di lei, della sua
presenza, volevo godere di ogni sua vittoria ed esserle accanto dinanzi a
qualsiasi difficoltà; volevo svegliarmi e trovarla accanto a me, volevo fare
l’amore con lei fino a spossare entrambi di piacere ed appagamento, volevo
vederla strillare contro la televisione e suonare la batteria con quella
determinazione assoluta con cui Ray affrontava la vita – una vita che volevo
mia, che volevo condividere con lei, che non mi sarei lasciato sfuggire per
nulla al mondo.
Io
volevo lei.
Allungai
una mano per racchiuderla
intorno alla sua, che lei aveva tenuto stretta a pugno in grembo sino a
quel momento, passandole l'altro braccio attorno alla vita per
trattenerla lì, nell’unico posto da cui non l’avrei
mai fatta scappare: fra le mie braccia. Con me.
Le accarezzai le guance soffici con
i pollici, riempiendomi lo sguardo e la mente dello splendore del suo volto,
dei suoi occhi increduli, del sorriso incerto che le increspava le labbra
morbide; le soffiai un bacio sulla bocca, sfiorandole con le dita i boccoli
disordinati e sorridendo a mia volta.
-Io sono un gran egoista, Ray. Tu
sei mia, e io non ho intenzione di lasciarti andare tanto facilmente.-
._
.
.
Una cosa che ho imparato ad
apprezzare di Ray, nel corso degli anni, è la sua ostinata caparbietà e
la sua (un poco patologica, lo ammetto) incapacità di procrastinare: una volta
presa la decisione di trasferirsi da me, quel piccolo vulcano impiegò appena
quindici giorni per spostare tutto ciò che possedeva dall’appartamento di Will
a casa mia.
William insistette per
non smantellare completamente la camera che Ray stava abbandonando; la
costrinse – quasi con la forza, a dire il vero – a lasciare un cambio d’abiti e
qualche effetto personale nell’armadio, “casomai avesse avuto bisogno di
trascorrere del tempo assieme a lui e ad Angel”: mi trovai d’accordo con la sua
richiesta, perché sapere che Ray avrebbe sempre avuto un posto dove andare se
mi fosse successo qualcosa è sempre stata una sicurezza non indifferente.
Nel giro di pochi mesi,
da quando avevo rimesso piede in Inghilterra, la mia vita era stata
completamente stravolta dall’arrivo di quella biondina esagitata che mi era
entrata dentro come mai nessuno aveva fatto prima d’allora.
Imparare a vivere
insieme fu facile e spontaneo per entrambi. Ray aveva vissuto a lungo sola ed
in seguito assieme a William, ed era abituata a gestire casa e lavoro senza
alcuna difficoltà; io avevo convissuto per molti anni con mio fratello Jack e
non mi preoccupava l’idea di dividere casa mia con qualcun altro, ma nessuno
dei due avrebbe mai potuto immaginare quanto semplice fu abituarsi l’uno
all’altra.
In breve tempo, come
già aveva fatto una volta, la sua presenza diventò, per me, essenziale.
_
Viviamo insieme da più di
quattro anni, ormai. Abbiamo superato tante avversità e tanti problemi, ma
niente è mai riuscito a convincermi di aver sbagliato, in quella lontana sera
di inizio estate, nel tentare di abbordare una giovane biondina che non potevo
immaginare avrebbe cambiato per sempre la mia vita.
Dicono
che la notte porti consiglio, che il buio sia riposo per la mente e per il
corpo; dicono che la notte sia pigra e fragrante, sempre identica, quasi
monotona e priva di luce; dicono che sia utile solo per dormire, per far
passare in fretta quelle inutili ore di buio.
È evidente quanto il
mondo non abbia ancora avuto l’occasione di conoscere la mia piccola Ray.
Lei, la notte, ce l’ha negli
occhi: ce l’ha dentro quelle iridi chiare, in ogni millimetro di quel viso di
bambola. Ho imparato ad amarla perché lei è e sarà sempre una che cambia, muta
ed esplode in una miriade di fuochi d’artificio ogni volta più belli, ogni
volta irripetibili; era ed è tante persone diverse, Ray, proprio come la notte:
mai uguale a se stessa, ma più bella ad ogni sguardo.
È del suo modo di
essere quella meravigliosa, magica notte di cui io non riesco più a fare a
meno: della notte che si riflette sulla sua pelle chiara, sulla linea morbida
della schiena illuminata dalla luce dorata dei lampioni che sfiora i suoi
corti, arruffati capelli biondi; della notte che sa delle sue labbra, delle sue
carezze, della sua pelle; della notte che mi ha riempito la vita di risate, di
gioia e della luce dolce e delicata della Luna.
Sorrido, guardandola
mentre dorme appallottolata contro di me, il suo respiro mi sfiora il petto e le sue dita stringono con forza le mie.
A pensare che è
iniziato tutto con un due di picche, sinceramente, ora mi viene quasi da
ridere.
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My Space:
Ebbene sì,
sono riuscita a trovare una conclusione anche per Seize The Day! Non ci
speravate più, lo so; sinceramente… nemmeno io ^^'
Evidentemente
questo è il periodo in cui riesco a portare a termine molte
delle cose che ho
lasciato in sospeso per tanto tempo… dev'essere l'arrivo
dell'autunno e dell'inverno, mi fa
sempre un buon effetto e mi fa lavorare di più sui miei scritti,
con maggior
passione. Ben e Ray mi hanno accompagnata per un lungo pezzo della mia
vita e non hanno ancora finito con me, a dirla tutta: come ho detto
all'inizio, questa fanfiction è per tutti coloro che li hanno
amati e li amano quanto me, è un dono per le persone che,
nonostante le avversità, non rinunciano ai sogni.
Vorrei ringraziare
tutte le persone che hanno recensito e atteso pazientemente il finale di STD;
siete stati tutti meravigliosi, è soprattutto grazie ai vostri commenti e al
vostro entusiasmo che mi sono decisa a riprendere in mano questa fanfiction per
darle il finale che meritava. Ben e Ray, lo capisco solamente ora, non sono
soltanto il mio rifugio: sono anche un po' il vostro, e mi dispiace di avervi
fatto aspettare così tanto.
Magari
è un po' un cliché, ma a volte non mi dispiace inserirne
qualcuno ^^' spero che vi sia piaciuto questo capitoletto conclusivo!
Devo dire che non mi dispiace, non è stucchevole e Will è
un pacioccone estremamente coccolabile xD
Peter: :D
NON
TU, Peter. Tu sei insopportabile, è il tuo interprete ad essermi
simpatico. Ricordati sempre che io ti aborro dal profondo del mio cuore.
Peter: ...mai una gioia nella vita -.-
Ben
invece è mostruosamente perfetto, almeno secondo i miei canoni:
datemene uno così, per piacere. Dove li vendono? Ne ho un gran bisogno ç_ç
§
APPUNTI
TEMPORALI
-
Ray e Ben
si sono conosciuti dopo la registrazione di Dorian Gray ma prima
dell'uscita nei cinema, ossia
quando lei aveva compiuto da poco 18 anni (e lui 28, ci sono dieci anni
di
differenza fra loro). Will, al tempo, viveva con lei in un appartamento
di Londra. In seguito a "Seize The Day", però, Ray va a vivere
con Ben ed Angel si trasferisce da William.
- Will ed
Angel lasciano l'Inghilterra un anno dopo, ai 19 anni di Ray (29 di Ben), pochi
mesi dopo l'incidente di Ray (che trovate raccontato nella fanfiction "Phoenix").
Dopo questa partenza sono ambientate le fanfiction “Something was
broken” e “Stop.
Breathe. Cry if you must.”
- Angel e Ray
hanno uno screzio, circa un anno dopo il trasferimento di Will ed Angie negli
USA, che porta le due coppie ad allentare i rapporti e ad allontanarsi, pur
mantenendo intatte le amicizie Will/Ben, Angel/Ben e Will/Ray.
- Ora, ossia
nel momento in cui Ben parla di Ray al termine di questo capitolo, Ben e Ray
sono sposati e hanno una figlia, Sinéad, e convivono a Londra da più di quattro
anni. Ray quindi ha più di 22 anni e Ben 32, Sinéad invece ha compiuto un anno
(essendo nata ad agosto dell'anno prima). Un piccolo scorcio di questa
nuova vita lo trovate nella storia “Full Hearts”, ambientata durante le riprese del film The Words.
Tutto questo
lo troverete descritto nelle mie prossime fanfiction; sì, non ho finito con
loro! Ci rivedremo, quindi, è una promessa solenne. :)
Love you
all,
B.