Quando
Harry uscì dalla doccia vide che Ginny si era
addormentata.
Nuda,
il lenzuolo che le copriva appena i fianchi, sul letto dove poco prima avevano
fatto l’amore. Sorridendo, Harry le accarezzò il seno, piano, per non
svegliarla. Cinquant’anni e ancora così bella.
C’era
un modo di dire babbano, “la vita comincia a
quarant’anni”, e anche se da giovane aveva vissuto più di molti altri maghi
messi insieme, Harry pensava che ci fosse del vero in quella frase. Ginny probabilmente non lo avrebbe mai ammesso, ma da
quando anche la più giovane dei loro figli, Lily, aveva lasciato casa, prima
per andare a Hogwarts e poi per lavorare come medico
al San Mungo, la vita dei Potter era diventata più leggera, forse addirittura
più piacevole. Non che si trovassero male con i figli in casa, questo no, ma
passate alcune settimane di malinconia per l’improvvisa solitudine Harry e Ginny avevano iniziato a riprendere una vita sociale che
avevano abbandonato facendo i genitori: uscire con amici, andare a teatro,
invitare persone a casa, tutto senza doversi preoccupare del comportamento dei
ragazzi. Anche la loro intimità era tornata quasi quella degli anni del loro
fidanzamento: avevano persino ripreso a passare certe serate estivi nudi sulla
veranda di casa, una pratica abbandonata da quando James Sirius
aveva compiuto quattro anni. Insomma, avevano imboccato la strada della
vecchiaia (ma quale vecchiaia, poi, che sembrava ancora così lontana) con
serenità, anzi, proprio con felicità… e ora tornavano
dei guai a turbare quella vita.
Infilatosi
un accappatoio, Harry si sedette al tavolino della stanza, e iniziò a leggere
la copia de The Mudblood
Voice che aveva preso a Hogwarts. In prima pagina
faceva bella mostra di sé un editoriale firmato da Rose Weasley,
la primogenita di Ron e Hermione.
Ci temono. Ci perseguitano. Ma è proprio
questo che ci rende più forti. Sì, perché paura e persecuzione sono i migliori
argomenti a sostegno delle nostre tesi, e non passa giorno senza che altri
mezzosangue e sanguesporco si uniscano al nostro
movimento.
I purosangue lo sanno, e hanno paura.
Dopo aver tentato di eliminare gli odiati “impuri” con la violenza di Voldemort e dei mangia morte, hanno cambiato strategia.
Riconciliazione, convivenza sono le loro parole d’ordine. Ma dietro questi
termini così attraenti si nasconde uno scopo evidente a chiunque non abbia i
paraocchi: dividere i sanguesporco, minare la loro
coscienza di gruppo, e sfruttare queste divisioni per mantenere intatto il
proprio potere. Non è strano che, nonostante tutta la prosopopea sull’uguaglianza,
i presidi di tutte le principali scuole di magia del mondo siano purosangue?
Così come sono purosangue i principali leader politici, primo fra tutto il
ministro Shacklebolt, ma anche Estezar,
il presidente del consiglio magico del Mediterraneo, o il presidente
dell’Unione magica africana, Odjumba.
Dovrebbe essere strano; ma non lo è. Non
lo è perché i purosangue sono oggi quelli che erano trent’anni fa, che sono
sempre stati e che sempre saranno. E allora come ci si può stupire se sempre
più sanguesporco si chiedono con quale titolo quelli
che, a tutti gli effetti, costituiscono una minoranza del mondo magico devono
concentrare nelle proprie mani tanto potere?
Il tempo di reagire è arrivato. Oggi è
compito di ogni sanguesporco e mezzosangue agire con
tutti i mezzi per spezzare il dominio dei purosangue…
Harry
smise di leggere. Quell’articolo era un’accozzaglia di fandonie, raccontate con
efficacia – a Rose non mancava il talento giornalistico, nulla da dire su
questo – ma senza alcun fondamento. Avrebbe dovuto parlare con altrettanta
bravura, quella sera, per avere qualche effetto. Peccato non fosse mai stato un
grande oratore…
Un
tonfo secco lo fece sussultare. Quel rumore, seguito da mugolii
incomprensibili, proveniva dal bagno.
Harry
scattò in piedi, e afferrò la sua bacchetta. Lanciò uno sguardo a Ginny, ancora addormentata, e con cautela si avvicinò alla
porta del bagno. Avvicinò l’orecchio, per cercare di cogliere i movimenti di
quel che c’era lì dentro, ma continuavano a provenire solo suoni inarticolati. Così
decise di prendere l’iniziativa, e aprì di botto la porta.
“Chiunque
tu sia, non ti muov… Chico!?”
C’era
un giovane in bagno, sdraiato scompostamente con una gamba sul water, l’altra
nel lavello, e il torace nel vano doccia. Quando vide Harry provò ad alzare una
mano in segno di saluto, ma la posizione in cui si trovava glie lo impedì.
“Ciao,
capo!”
“Ma
che ci fai qui?”
“In
questo momento non faccio nulla perché sono un po’ incastrato. Mi aiuteresti a decastrarmi?”
Harry
lo rimise in piedi. Il nuovo arrivato si scrocchiò la schiena e si sistemò
sulla testa un cappello triangolare.
“Ah,
ora va meglio!” esclamò.
“Ora
potresti cortesemente dirmi perché sei qua?” chiese Harry.
“Be’,
il ministro mi ha detto che avresti soggiornato al Drago Antico, e siccome
sapevo che hanno una sola stanza matrimoniale mi sono smaterializzato a colpo
sicuro, ma devo aver sbagliato di un soffio le coordinate perché sono finito in
bagno invece che in camera…”
“E
meno male! Ma ti sembra normale smaterializzarsi nelle stanze d’albergo? Di là
c’è Ginny che dorme!”
“Eh,
capo, non puoi pretendere che sappia se la gente dorme o è sveglia quando mi
smaterializzo, se no non si parte più.”
Harry
si passò una mano sulla fronte: “Non ci arrivi proprio, eh, Chico?”
“Come
no? Sono arrivato proprio adesso.”
“Smaterializzarsi
negli edifici privati è vietato, porca Morgana!”
“Ok,
ma se leggi il depliant pubblicitario del Drago Antico c’è scritto che le
camere hanno tutti i comfort.”
“...
e quindi?”
“E
quindi se hanno tutto non sono private di nulla. Quindi non sono entrato in una
casa privata.”
Harry
ci rinunciò. Da due anni gli avevano affibbiato Chico
come segretario personale, e ormai si era abituato alle sue stramberie. Chico era un mago italiano, uno dei molti che, dopo aver
completato gli studi al Polimagico di Noasca, si era trasferito in Inghilterra a cercare un’occupazione
soddisfacente. Il Ministero della Magia aveva aperto le proprie porte a
stagisti stranieri, ma dato l’alto numero di aspiranti solo i migliori venivano
presi. Chico era stato preso, e dopo lo stage era
rimasto, ma ciò, più che dimostrare il suo talento, faceva pensare a Harry che
i criteri di selezione del Ministero avessero bisogno di una discreta
revisione.
“Lasciamo
perdere” disse “Come mai sei qui?”
“Ho
un messaggio da parte del ministro. Il signor Shacklebolt
vuole che, appena ritorni a lavoro da Hogwarts, vada
da lui per un colloquio privato.”
Un
colloquio privato con Kingsley? Cosa poteva essere di
così importante?
“Perché
ha mandato te invece di un gufo?”
“Boh,
forse gli hanno detto che sono molto bravo a gufare.”
“Chico…”
“Ok,
ok, in realtà stavo per mandarti un gufo, ma siccome oggi volevo venire
comunque qui a Hogsmeade mi sono offerto di portarti
il messaggio di persona.”
“Non
ti dovevi disturbare” disse Harry a denti stretti “Comunque, ora che hai
riferito, puoi anche andartene.”
“Ok,
capo” disse Chico, e si mosse verso la porta del
bagno. Harry lo bloccò con una mano sulla spalla.”
“Non
dalla porta. Smaterializzati.”
“Ma
da qui ci metto meno a piedi che con la magia.”
“Ti
ho già detto che di là c’è…”
“Ma
insomma, Harry, cos’è tutto questo rumore?!” esclamò Ginny
aprendo di botto la porta. E restando paralizzata – e nuda – alla vista di Chico. Poi con un grido si coprì seno e pube e corse via.
Harry
inspirò profondamente.
“Naso
chiuso, capo?”
“Chico. Sparisci. Ora.”