Nota dell’autrice: One Shot.
Ebbene si. In queste settimane che
sono stata senza pc mi sono presa un po’ di tempo per me, ho
scritto
pochissimo, ma ho sentito il bisogno di allontanarmi almeno per un
pochino di
tempo da Convivenza Forzata.
Questa
shot mi è venuta in mente
mentre ero influenzata e mi guardavo un vecchio episodio di House;
è molto
concisa, molto corta, ma l’ho pensata così, avevo
semplicemente voglia di
scriverla così. Magari in maniera non molto chiara, ma non
so. L’ho scritta in
poche ore, e questo è quasi un miracolo, chi mi conosce lo
sa. Forse sto scendo
dal mio trip mentale della long xDD
E
ora: Disclaimer.
I
personaggi non mi appartengono,
non ho nessun potere su di loro e questo mi rende molto molto triste, e
certamente non sono gay (altra cosa per cui essere tristi? BAH.).
Un saluto e un grande abbraccio in
anticipo a chi
leggerà/preferirà/seguirà/ricorderà/commenterà/quellocheviparerà.
Buona
lettura.
Col
cuore,
ladyElric
BAD
REPUTATION
La
situazione stava cominciando
ad essere imbarazzante, non poteva credere che in tutta la
città non ci fosse
un medico capace degno di questo nome desideroso di lavorare per lui.
Jude
Law ha quarantaquattro anni
e dirige il reparto di neurologia di una delle più famose
cliniche private di
Londra, ed è inutile dire che le malelingue si sprecano su
di lui: troppo bello
per essere anche davvero capace e competente nel suo lavoro, cinico
oltre ogni
misura, bastardo e manipolatore. Per di più gay dichiarato.
A volte si chiede
gli altri medici cosa facessero prima di poter parlare male di lui alle
sue
spalle.
Certo,
ha anche tre
specialistiche che troneggiano fieramente incorniciate sulla parete del
suo
studio, è stato il migliore del suo corso al college,
conteso dalle migliori
strutture ospedaliere del paese, ma
le
persone sono sempre solite dimenticarsene. E lui certo non fa niente
per limare
il suo carattere difficile e farsi ben volere dagli altri.
Semplicemente, non
gli interessa.
Forse
è per
questo che ai colloqui di lavoro si sono
presentati solo medici mediocri: curriculum
mediocri, nessuno particolarmente brillante o che spicchi
tra gli altri,
perfino di aspetto mediocre.
Sbuffa
per l’ennesima volta,
facendo finta di ascoltare il ragazzino appena uscito dal college
davanti a se,
e quindi privo di ogni minima esperienza pratica ad eccezione del
tirocinio
universitario, maledicendo
mentalmente
la Dott.ssa Paltrow che ha egoisticamente deciso di rimanere incinta e
lo ha
costretto a questo strazio.
“Guardi,
la fermo subito”
interrompe il fiume di parole del più giovane,
iniziando a massaggiarsi una tempia. Questo ragazzino è
riuscito a fargli entrare il mal
di testa. “Non siamo interessati ad assumerla, mi
dispiace” finge un sorriso di
circostanza.
“Ma-
Ma Dott. Law, se lei
potesse…” prova ancora l’altro e
– Dio, è fastidioso!
“Grazie”
chiude definitivamente
la conversazione, spostando il suo curriculum nella pila delle domande
respinte, che al momento comprende tutti i candidati che ha visionato
fino ad
ora. Undici, per la cronaca.
Si
passa una mano tra i capelli
appena il candidato esce dallo studio, senza salutarlo e sbattendo la
porta.
Che
fine hanno fatto i medici
competenti? E le buone maniere?
Apre
la porta del suo ufficio con
espressione rassegnata , pronto a perdere l’ennesimo tempo
con qualcuno che già
a prima vista non gli ispira fiducia, nella fattispecie una ragazza
bionda
molto bassa,scheletrica
nel suo
vestitino più adatto ad un cocktail party che ad un
colloquio di lavoro e molto
truccata, quando sente una voce provenire dalla sua sinistra, vicino
all’ascensore.
“
Spero che sia davvero
importante come dici, Law”.
La
voce profonda e con un accento
americano ormai non troppo marcato è come un suono angelico
per le sue
orecchie.
“Si
può sapere cosa c’è di tanto
urgente che non puoi dirmi per telefono?”.
Robert Downey Jr. entra nel
suo campo visivo.
Trentuno
anni, quasi trentadue,
figlio di un famoso neurologo di fama internazionale, caratterino
difficile,
arrogante, ironico, pungente e tanto tanto sexy. Il tutto in un metro e
tanta
voglia di crescere, come è solito prenderlo in giro lui.
Jude
lo conosce da quando era
solo un ragazzino, da quando appena uscito dal college lavorava come
assistente
del Dott. Downey ed
era spesso a casa
loro. Si può certamente affermare che lo ha visto crescere,
sia in campo
personale che professionale e, beh, diciamo che non sempre si
è limitato a
guardare, negli anni.
“Anche
io sono felice di vederti”
commenta ironico il biondo, facendogli cenno di entrare nel suo studio,
cogliendo l’occasione per squadrarlo da capo a piedi con un
certo compiacimento,
soffermandosi forse un po’ troppo sul suo fondoschiena.
Giacca
di pelle nera, cardigan
scuro su camicia bianca, pantaloni scuri, tracolla col portatile in
spalla.
Ha
cambiato taglio di capelli, lo
ha notato subit;, li ha tagliati ai lati, lasciando un ciuffo che
più che ad un
medico lo fa assomigliare ad un ribelle, ma gli dona molto
perché Robert in
fondo è entrambe le cose, e lui lo sa, lo sa bene.
“Devo
parlarti”
“Si,
qualcosa me lo ha fatto
intuire…” si finge pensieroso, portandosi una mano
alla fronte con fare
pensieroso. “Per esempio tutti gli sms che mi hai inviato
nelle ultime due ore,
le telefonate a cui non ho risposto, i messaggi sul cercapersone e
–c he cazzo,
hai perfino chiamato in ospedale!” sbotta.
Odia
chi gli sta col fiato sul
collo, Robert, probabilmente una reazione di rigetto a tutte le
pressioni che
gli ha sempre fatto suo padre durante l’adolescenza
affinché intraprendesse la
carriera di medico.
“Ok,
forse ho esagerato” ammette Jude
vedendolo accomodarsi sulla sua poltrona dietro la scrivania, quella
girevole
in pelle che adora. Doveva aspettarselo, lo fa sempre, e lui non fa mai
niente
per impedirglielo. “Ma come avrai visto la situazione
è piuttosto disperata”
accenna con la mano alla sala d’aspetto in cui ancora lo
stanno attendendo
altri candidati mediocri, facendolo sorridere mentre si mette comodo
contro lo
schienale, le mani poggiate sui braccioli, le gambe appena aperte.
“Si,
ho sentito della Paltrow.
Pessimo momento per rimanere incita, proprio sotto
Natale…” sospira lasciando
cadere il noioso argomento che non trova di alcun interesse, prendendo
una
delle foto incorniciate sulla scrivania di Jude, quella che lo ritrae
con Ewan,
il suo attuale compagno. Sono seduti, abbracciati e sorridenti su
quello che
riconosce essere il divano di Law.
La
osserva per qualche secondo,
poi inizia a giocarci rigirandosela tra le mani.
Jude
gli arriva praticamente di
fronte, poggiandosi alla scrivania con i fianchi ed entrambe le mani,
accavallando le gambe.
“Sarò
breve” inizia il suo discorso
con tono grave, guardandolo negli occhi, “Ti
voglio”.
La
frase è altamente
fraintendibile ma Robert non fa una piega; si limita a sbattere le
palpebre un
paio di volte prima di rispondergli con naturalezza disarmante un
“Lo so. Più o
meno da quando avevo diciassette anni”
“Diciotto…”
“No,
ti sbagli, sono sicuro”
scuote la testa con una smorfia, chiudendo gli occhi per aiutarsi a
ricordare.
“Avevo compiuto diciassette anni da qualche settimana,
finalmente mio padre era
a casa e stavamo festeggiando il compleanno in famiglia e
c’eri anche tu perché
eri il suo schiavetto-barra-assistente-barra-porta
caffè” . Fa una breve pausa,
poi ghigna divertito. “Te l’ho fatto venire duro
mentre facevamo il bagno in
piscina”.
Maledetto
bastardo.
Nonostante
siano passati tanti
anni è ancora un ricordo imbarazzante, e sperava che lo
avesse dimenticato.
“Ah
Jude, ho incontrato la tua
dolce metà in ascensore” continua poi, cambiando
completamente argomento,
posando la foto che immortala il suddetto ragazzo al suo posto. Robert
è fatto
così: serissimo, diligente e pignolo nel proprio lavoro e
lunatico per tutto il
resto. “Mi ha guardato malissimo, chissà
perchè…” ironizza, accavallando le
gambe.
“Io
un’idea ce l’avrei…”
Un’idea
che assomiglia molto ad
una precedente
relazione finita da non così tanto tempo
e non per volere di
Jude.
Non
una di quelle separazioni che
comprendono pianti e crisi isteriche, sia chiaro, ma essere privati di
una
persona a cui, nonostante tutte le frecciatine ed i battibecchi, si
è molto
legati non fa mai piacere; Anche perché
Robert non gli ha mai dato una vera e propria spiegazione.
Non
avevano una vera storia,
niente sentimenti, o almeno così erano i patti, ma Law a
volte ancora ci pensa
a quel “Dobbiamo smettere di vederci” che ha
spezzato il silenzio nella sua
camera, appena sussurrato con un filo di voce dopo un appagante
amplesso, ma
così forte da fare male.
Ci
pensa e basta, così, quasi per
caso come adesso o volontariamente, magari dopo un litigio con Ewan per
un
qualche motivo stupido.
E
lo sguardo che Robert gli
rivolge a sentire quelle parole sembra volergli chiedere tacitamente
scusa.
“Vieni
a lavorare per me”
“No”
“So
che hai litigato con tuo
padre e che momentaneamente non eserciti più nel suo
studio” prova a
convincerlo, di nuovo.
“Perché
sei così informato?”
chiede a bruciapelo, con sguardo malizioso.
Jude
fa finta di niente, non
vuole dirgli che nonostante tutto è ancora interessato alla
sua vita e alla sua
carriera. Ha un orgoglio da difendere, e inoltre sa che ammettendolo
non
farebbe altro che ingigantire l’ego già
ipertrofico di Robert. O almeno, questo
è quello che pensa.
“Non
hai risposto” svia abilmente
l’argomento, ritornando sul punto cruciale della situazione.
Lo vuole come
collega, e non è disposto a scendere a patti, o a
rinunciare. Robert è un
giovane brillante e di talento, lo sa bene, sarebbe da stupidi
lasciarsi
sfuggire questa occasione.
“Hai
detto bene, momentaneamente”
ribadisce Downey
inclinando la testa indietro con fare annoiato, “E poi ho
sempre il mio lavoro
in ospedale. Ti dirò, avere più tempo libero non
mi dispiace, almeno finchè il
mio vecchio non sbollisce la rabbia”.
“Conoscendo
tuo padre ci vorrà un
bel po’…”
“No,
ti sbagli. Sono suo figlio,
lo conosco meglio di te e so perfettamente su cosa fare leva per avere
quello
che voglio. Basta che gli mostri i miei occhioni
dispiaciuti…” si cimenta in
una ottima imitazione di un cucciolo bastonato, facendo sospirare Jude
che
ormai si è quasi arreso
all’idea di
dover continuare i colloqui.
No.
No,
questo non succederà, ha
proprio un rifiuto a livello inconscio. Deve convincerlo, sa che nessun
altro
dei candidati è al suo livello, e poi lo conosce
praticamente da sempre, sa di
potersi fidare. Almeno in campo lavorativo.
“Vieni
a lavorare per me.
Possiamo trattare su stipendio e ore lavorative” insiste.
“Noo-oo”
cantilena il moro in
risposta, “Non starò sotto di te, Jude”.
Servita
su un piatto d’argento,
proprio.
Law
sorride provocante ed
ironico.
“Peccato.
Ricordo che ti piaceva
parecchio…” si diverte a provocarlo, facendolo
ridere.
E
non solo sotto…
Si
morde il labbro inferiore con
fare nervoso, sospirando mentre ascolta la sua risposta.
“Dottor
Law un uomo impegnato
come lei non
dovrebbe dire queste cose”
si finge offeso il più giovane, stando al gioco mentre si
alza in piedi e gli
arriva di fronte, forse un po’ troppo vicino. “E
per la cronaca: ho già altre
proposte di lavoro da parte di persone che si ricordano che oltre ad un
bel
faccino, ho anche una laurea e due specializzazioni”.
“Si,
ma tu mi ami” gli sorride
sensuale, avvicinandosi al suo viso.
Scoppia
a ridere, Robert, di una
risata imbarazzata, mentre gli da un leggero pugno sulla spalla
appellandolo
con un “Che stupido!” che riesce a farlo sorridere.
“E
comunque lo so bene che sei
anche intelligente in fondo… molto in fondo”
“Ah,
davvero?! Ricordami di
svelare a tutti i particolari scabrosi della tua vita”
risponde offeso, e Jude
ha davvero il dubbio che non stia fingendo.
Permaloso
come sempre.
Questo
pensiero lo fa sorridere.
“Sinceramente…
almeno prenderai
in considerazione la mia proposta?”
Ci
pensa solo un attimo Downey,
poi scuote la testa, le labbra increspate in una adorabile smorfia di
scuse.
“No,
Jude”
“Perché
no?”
“Non
insistere, dai…”
“Siamo
una delle migliori cliniche
del paese, abbiamo una struttura nuovissima e all’avanguardia
per quanto
riguarda tecnologie e cure sperimentali, un fatturato molto
alt-“
Non
riesce a finire la frase
perché Robert lo interrompe con un “Non possiamo
lavorare insieme” che riesce a
farlo ammutolire.
“Non
ci riuscirei, io…” continua,
sentendosi il suo sguardo addosso, per poi stemperare subito il tono
della
conversazione con una battuta. Come sempre. Robert non riesce ad
aprirsi con
lui. “E poi diciamoci la verità, Law: con una
distrazione come me in giro per
il reparto non riusciresti a pensare ai pazienti”.
Jude
sorride mentre non combatte
più l’istinto di toccarlo, portando una mano sulla
sua nuca; è un sorriso
strano però, un sorriso a metà perché
sente che manca qualcosa.
Gli
manca qualcosa. Gli manca
qualcuno.
Un
sorriso che si spegne appena
l’altro si sottrae al suo tocco, dandogli le spalle e
camminando velocemente
fino alla porta.
A
quanto pare qualcuno che non
potrà più avere.
“Salutami
il tuo ragazzo, Law”
cerca di ostentare sicurezza anche adesso il moro, con una frecciatina
che gli
fa male, che lo fa sentire in colpa perché Ewan sembra
sempre sparire a suo
confronto.
Robert
ha già una mano sulla
maniglia della porta quando è costretto a fermarsi.
Il
cuore perde un battito.
“Se
potessi tornare indietro non
ti lascerei andare…”
Abbassa
la testa chiudendo gli
occhi, lo stomaco sotto sopra, poi prende un bel respiro e apre la
porta,
creandosi una via d’uscita, l’ennesima.
Non
ha mai voluto mettere la vita
privata davanti al lavoro, ma Jude sembra sempre voler sgretolare ogni
sua
convinzione. Non ha mai voluto una storia seria, non ha mai voluto una
vera
relazione, e quando i sentimenti hanno iniziato a farsi sentire,
opprimenti
all’altezza del petto, ha deciso di allontanarsi da lui.
Non
si sentiva ancora pronto.
Non
lo è neanche adesso.
E
Jude lo sa, adesso lo ha
capito.
Ma
non si arrende.
Sospira,
nuovamente solo nel suo
studio.
Sorride.
Probabilmente
non lo farà mai.
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