05 Pianto
Spike era appoggiato con la spalla sinistra allo stipite
della porta della camera, le braccia conserte e le caviglie
incrociate; guardava Tyla, in piedi dritto davanti a lui, con gli
occhi blu vuoti, demotivati. Stettero in quella posizione, immobili,
per un minuto abbondante; Spike che guardava inespressivo Tyla e Tyla
che studiava l'amico con occhio quasi clinico. Alla fine il cantante
dei Dogs ruppe il silenzio: «Allora?».
«Allora
cosa?» rispose monocorde Spike, facendo scivolare la pelle contro il
legno e sedendosi a terra con le gambe incrociate.
Tyla
fece due passi verso il centro della stanza, si levò la giacca rosa,
la lanciò sul letto e si sedette anche lui a terra: «Mi fa paura
questo silenzio. Non è da te».
Spike
fece spallucce e rivolse lo sguardo alla moquette.
«Perchè
non parli? Perchè non ne parli?».
Spike
non rispose; mantenne lo sguardo basso, a guardare la polvere che si
alzava dal pavimento.
Tyla
picchiettò ritmicamente i palmi sui gambali degli stivali, poi si
alzò e sparì in corridoio. Spike si trascinò all’interno della
stanza e si appoggiò con la schiena al letto, prendendosi la testa
fra le mani; in realtà sapeva benissimo perché non voleva parlarne.
Era certo che se avesse aperto la bocca per toccare quel discorso,
avrebbe reagito come una femminuccia; avrebbe fatto quello che,
assolutamente, non aveva voglia di fare: sentirmi
gli occhi irritati e il naso chiuso. No. Assolutamente no.
In quei casi il silenzio era meglio. Poi,
ciò che non uccide fortifica, no? Ecco, così facendo posso sembrare
una roccia.
Una
sequenza conosciuta di do, la minore, fa e sol gli fece
improvvisamente alzare la testa; Tyla, con la chioma che gli copriva
in parte il viso, imbracciava la sua chitarra acustica blu oltremare
e stava suonando la strofa di “How Do You Fall In Love (Again)”.
Sitting
with my head in my hands,
Letting
the tears trickle through like sand
The times
you’ve taken
And the
things you’d given
And the
films we watched, and the things we’d do
And the
things I’d say to you…
«Tyla
smettila…». Ma a quanto pareva, il nylon vibrava più
vigorosamente della voce senza enfasi di Spike.
How
do you fall in love again
How do
you start it all over
How do
you fall in love again
How do
you start it all over?
Il
ragazzo dagli occhi blu arricciò le labbra e respirò profondamente;
mise le braccia incrociate al petto e cominciò a picchiare
velocemente la punta del piede sul pavimento.
Tyla
alzò un angolo della bocca in un ghigno e bloccò con la mano aperta
le corde: «Ho colpito nel segno?».
Di
nuovo, Spike deviò lo sguardo lontano da lui: «Credo di sì. È un
singolo quella canzone, avrà pur venduto qualche centinaio di copie
in Finlandia, no?».
Tyla
si scostò una ciocca castana mentre si toglieva la chitarra dalla
spalla: «Sai bene che non intendo questo».
L'amico
volse ancor di più gli occhi verso il soffitto; si rifiutava
categoricamente di interagire. Il cantante dei Dogs lo scrutò in
viso, cercando di capire cosa gli stesse riempendo la mente in quel
momento; non gli era chiaro se fosse arrabbiato, devastato, triste o
tutte e tre le cose insieme. Doveva prendere di petto la situazione,
altrimenti non avrebbe cavato fuori un ragno dal buco; Spike si
sarebbe appallottolato gradualmente come un riccio e per lui sarebbe
stato sempre più impossibile aprirlo. Così si sedette di fronte
all'amico, appoggiandosi lo strumento in grembo, e cominciò a
parlare, a raccontargli che, anche lui, una cosa simile l'aveva
sperimentata. «Sai... qualche anno fa anche io mi sono ritrovato
nella tua stessa situazione».
Spike
mugolò con fare incurante; non aveva voglia di sentirsi fare la
paternale dal suo amico.
«E...»
Tyla si mordicchiò il labbro con le iridi verdi fisse sul manico
della chitarra, alla ricerca delle parole giuste «ti dico, non è
facile uscirne».
Il
ragazzo guardò il suo interlocutore di sottecchi: ma
dai? Non c'era bisogno che venivi fino a casa mia per dirmelo, ci ero
già arrivato da solo. Lo
sforzo di Tyla era apprezzabile, ma Spike non voleva essere
confortato da frasi di circostanza: «Qualche anno fa, eh?». Si mise
in ginocchio, guardando per la prima volta dritto negli occhi chi gli
stava di fronte: «Senti Tim, ti ringrazio per lo sforzo» sospirò
pesantemente aria carica d'alcol «ma non credo che una cotta
adolescenziale sia paragonabile alla situazione in cui mi ritrovo».
«Beh,
non era esattamente una cotta adolescenziale; la chiamerei più»
Tyla alzò gli indici in aria per mimare delle virgolette «una
“situazione a se stante”. E poi ogni situazione è a sé, Spike;
questa è molto vicina alla mia».
«Senti»
Spike sentiva che stava per perdere di nuovo le staffe e non capiva
se era per il troppo alcol bevuto o per l'insistenza di Tyla nel
volerlo aiutare «tu hai la minima idea di che cosa mi ha fatto
provare Leah? NO! No che non lo sai, quindi serra la mascella».
Senza
proferire parola, il cantante dei Dogs si rimise in piedi, poggiò la
chitarra al letto e recuperò la giacca. Fece qualche passo verso la
porta d'ingresso tenendo l'indumento sulla spalla, poi si voltò a
guardare l'amico che lo fissava arrabbiato: «Se vuoi che me ne vada,
problemi non ce ne sono. Io volevo solo aiutarti» girò leggermente
la maniglia facendo scattare la serratura «ti dico solo una cosa
però»
«Sentiamo».
Tyla
fissò Spike, seduto fra le bottiglie e con i capelli che gli
cadevano indisciplinati sulle spalle: «Se vai avanti così, non
risolverai un cazzo; diventerai un essere» e qui spalancò le
palpebre come se dovesse fulminarlo «APATICO e NOIOSO. Comunque,
vedi un po' tu. Sei grande abbastanza».
Spike
seguì con lo sguardo l'amico mentre metteva un piede sullo zerbino e
l'altro sul pianerottolo ed accompagnava la porta verso lo stipite;
se ne stava andando sul serio. E solo in quell'istante si rese conto
che, davvero, la compagnia di Tyla era la cosa più preziosa che
ancora possedeva. Senza contare che l'amico aveva una storia da
raccontare; una storia vera. «Aspetta».
Dopo
due secondi, la chioma tendente al rosso del ragazzo fece capolino;
sotto la frangia ribelle, gli occhi lo fissavano interrogativi.
«Se
dici che questo tuo caso è così simile al mio» Spike fece un
respiro profondo passandosi una mano nei capelli castano scuro
«perchè non me lo racconti?».
Tyla
sorrise beffardo: «Cos'è, sei improvvisamente diventato curioso?».
«No,
è che...» tanto
vale essere sinceri. Di Tyla mi posso fidare
«mi fa proprio schifo la situazione in cui mi ritrovo. Sembra tutto
un sogno orrido, un incubo da cui voglio scappare e non ci riesco.
Dover rinunciare a Leah perchè l'ha deciso lei, senza chiedere il
mio parere... non mi piace».
La
voce dei Dogs richiuse la porta alle sue spalle e si avventurò in
quel cimitero di bottiglie vuote in direzione dell'amico; scaraventò
nuovamente la giacca sul letto, non prima però di aver estratto
dalla tasca il pacchetto di Marlboro. Ne sfilò due, una per lui ed
una per Spike; poi prese l'accendino dalla tasca dei jeans ed aiutò
l'amico ad accendersi la sua. Stettero per qualche istante in
silenzio, entrambi con la schiena poggiata alla sponda laterale del
letto e gli occhi levati al soffitto, a guardare il fumo grigio
innalzarsi lineare; poi Tyla parlò: «Te la ricordi Katherine?».
Spike
non rispose subito; socchiuse gli occhi blu mentre aspirava dal
filtro e sfogliava mentalmente tutte le amiche femmine di Tyla. Non
molte, in realtà. «Katherine... la tua amica quella gnocca?». Tyla
lo guardò con la miglior espressione di disappunto dipinta in viso.
Il geordie corresse il tiro: «Intendo quella bionda, molto bella,
con gli occhi verdi come i tuoi che era venuta con noi a Camden la
prima volta che ero stato a Londra. Quella che ti aveva fatto
comprare la giacca indaco».
«Lei»
Tyla riprese a fumare buttando lo sguardo al soffitto «noi siamo
sempre stati molto amici. È stata una delle prime persone che ho
conosciuto quando mi sono trasferito da Wolverhampton a Kensington.
Andavo ancora alle elementari. Si è instaurato da subito un rapporto
molto saldo e forte tra di noi; nonostante lei avesse tre anni in
meno di me, la sentivo molto vicina. Da piccoli giocavamo insieme e
poi, con il tempo, abbiamo iniziato a parlare e confidarci; il tutto
senza malizia». Fece una pausa per dare un'altra boccata di tabacco:
«Poi, quel giorno di Camden, sulla via del ritorno... qualcosa è
cambiato. Dopo un bisticcio stupido, l'ho abbracciata per chiederle
scusa e» schioccò le dita ingiallite dalla nicotina «mi è partito
il cuore a mille. Così, dal nulla. Ho iniziato a sentire sempre più
forte il desiderio di abbracciarla di nuovo, di tenerla attaccata a
me. Alla fine l'ho baciata sotto casa, mentre la pioggia scrosciava,
e ho preso la bronchite come un coglione».
«Non
capisco» Spike gettò svogliato il mozzicone fuori dalla finestra
aperta «dove vuoi arrivare?».
Tyla
scosse la testa espirando l'ultima boccata di fumo e buttò anche lui
la sigaretta finita fuori dalla stanza: «Le avevo promesso che ci
saremmo rivisti il giorno dopo, soli io e lei a bere una birra; ma
conciato com'ero non potevo nemmeno mettere il naso fuori casa. Avevo
chiamato, mi aveva risposto sua madre ed avevo lasciato un messaggio.
Pensavo fosse tutto ok» il ragazzo sentì ancora, come ogni volta,
il proprio animo ridursi in polvere quando il cervello ripescava quei
pensieri «invece la settimana dopo, mentre andavo da lei per farle
una sorpresa, l'ho beccata su quegli stessi scalini dove l'avevo
baciata io, che ficcava la lingua in bocca a un pugile di merda».
Spike
annuì e mise le braccia conserte: «Sì, situazione simile; ma con
una differenza sostanziale: io, con Leah, ci ho fatto l'amore. Io ho
dato in mano a quella ragazza il mio cuore. Io ho avuto una relazione
con lei»
«Hai
ragione» Tyla lo guardò negli occhi vuoti «però anche io sono
innamorato di Katherine, come tu lo sei ancora di Leah. Tutti abbiamo
delle tempistiche diverse di innamoramento e soprattutto non
scegliamo per chi e quando perdere la testa». Il cantante dei Dogs
sentì lentamente le corde vocali annodarsi: «Adesso so che fa
l'università qui a Londra... e che sta frequentando uno. Ma la cosa
più assurda è che ormai, quelle poche volte che ci vediamo, ci
comportiamo come se nulla fosse, come se quel pomeriggio sotto la
pioggia non fosse mai trascorso. Lei non sa che l'ho vista con il
pugile e lei si comporta come se quel bacio fra di noi fosse stato
uno sbaglio tremendo. Stiamo zitti e andiamo avanti così».
Spike
guardò l'amico protendersi verso il Famous Grouse e dare una lunga
sorsata; per la prima volta, dopo giorni sorrise. Un sorriso amaro e
consapevole. Tyla voleva mostrarsi al mondo come essere maschilista e
brutale, una specie di Bukowski British, ma sotto sotto era forse il
maschio più sensibile sulla faccia della terra: «Quindi, ci sei
ancora dentro questa storia?».
Il
ragazzo dai capelli rossicci annuì con la bocca piena di
superalcolico che svuotò prontamente: «Diciamo che ho imparato a
gestirla. Cosa che dovrai fare anche tu, come ti ho detto; non puoi
andare avanti così».
Spike
chiuse gli occhi ed abbassò il capo; parlò con la voce roca e
bassa: «Tyla, io» sospirò, esalando apatia «in questo momento non
ho proprio voglia di reagire. Magari fra un paio di mesi mi tornerà
un po' di voglia di vivere. Ma ora tutto quello di cui ho bisogno è
la mia Leah»
«Che
però non è più tua».
Le
parole di Tyla tagliavano come coltelli nuovi di zecca. Spike
rabbrividì sentendole sfrecciare di lato alle orecchie; si tirò le
ginocchia al petto e ci poggiò la fronte contro, come se dovesse
ripararsi.
Il
cantante dei Dogs scosse la testa: «Io, da amico, non riesco proprio
a vederti in questo stato. Non sei mai stato così... morto».
Morto.
Già, magari sarebbe meglio.
«E
come se non bastasse» Tyla gli mise una mano sulla spalla «ti rendi
conto della cazzata che hai detto a Guy? Il gruppo ha bisogno di te,
almeno come cantante. Hai una voce invidiabile, puoi farci grandi
canzoni».
«Può
darsi. Però voglio un altro chitarrista, non me la sento più di
suonare» il ragazzo infossò ancor di più la testa fra le gambe «e
non ce la faccio nemmeno più a cantare, sinceramente».
Tyla
mollò la presa dalla spalla e si alzò da terra con fare deciso:
«Non ne sono così convinto». Il ragazzo preso lo strumento e
glielo picchiettò sulla testa, facendogliela alzare: «Adesso TU
suoni». Gli occhi blu di Spike lo guardarono; Tyla scorse una
voragine così profonda che lo fece rabbrividire. Cercò di
incoraggiarlo: «Io sono riuscito a gestire il mio dolore per Kat
componendo».
«Stai
scherzando?».
Tyla
alzò un angolo della bocca, mettendogli la chitarra fra le mani: «Tu
non hai idea della quantità di lacrime che ha bagnato il manico
della mia prima Fender acustica».
Spike
si scostò una ciocca scura dal viso: «Tu sei l'unico uomo che
conosco che piange come una femminuccia».
«Piangere
come una femminuccia è diverso» puntualizzò Tyla, piuttosto
indispettito «io piango quando capisco che posso farlo; nel luogo e
nel momento più adatto. Sembro una femminuccia solo perchè ammetto
di farlo, ecco tutto. Anche per noi maschi versare qualche lacrima
ogni tanto non fa male».
Il
ragazzo sbuffò, appesantendosi sulla cassa blu con gli avambracci:
«Non ho voglia di farlo. Lasciamo stare, ok?».
Il
cantante dei Dogs si fece scuro in viso; non
lo facevo così cocciuto.
Gettò l'occhio al whisky e vide che anche quella bottiglia si era
inesorabilmente svuotata. Serve
altro alcol, altro spirito.
Temporeggiò un secondo, a guardare Spike che fissava senza
motivazione il legno laccato della chitarra, e poi andò in cucina,
sperando di trovare qualcosa di potenzialmente utile. Dopo due minuti
abbondanti, rientrò in camera con in mano una bottiglia di vino ed
il cavatappi: «Ecco qui». Stappò e la porse all'amico.
Il
ragazzo, tenendo le mani sulla chitarra, lesse l'etichetta:
«Chardonnay... ehi, questo l'ha comprato Guy per la cena di stasera»
«Non
importa, non mangeremo perchè avremo di meglio da fare. Bevi». Tyla
gli avvicinò ancor di più la bottiglia.
Spike
guardò la moquette: «Non credo di averne voglia...»
«Ma
non raccontarmi cazzate!» l'amico cercava di spronarlo «Dopo tutto
il whisky che hai bevuto, c'è sicuramente posto per un sorso di buon
vino. Senza contare che, in questo momento, per comporre è
essenziale».
Spike
sentì tutti i suoi muscoli irrigidirsi. Essenziale...
quella
parola Leah gliel'aveva detta un sacco di volte; gli aveva detto che
lui, per lei, era essenziale; essenziale come l'ossigeno che la
teneva in vita. Essenziale per farle battere il cuore. Ma a giudicare
dall'andamento delle cose, poi così essenziale non era. Era
più essenziale quel dannato libro di qualsiasi altra cosa; ci aveva
anche tirato fuori una citazione al riguardo. Alzò
gli occhi; Tyla lo guardava con sguardo fermo e deciso, sempre con la
bottiglia tesa verso di lui. Sembrava una statua, se non fosse stato
per il fatto che un ciuffo ribelle gli cadde sul viso. Spike guardò
l'amico ravvivarsi i capelli rossi: «Leah mi diceva sempre che
l'essenziale è invisibile agli occhi».
«Aveva
torto» Tyla si rigirò fra le mani la bottiglia di Chardonnay e
bevve il primo sorso «io l'essenziale l'ho sempre trovato qui
dentro». Mugolò in segno di soddisfazione, poi mise il fondo della
bottiglia nelle mani di Spike.
Finalmente
il ragazzo si decise a bere; sentiva quel succo d'uva color
paglierino corrergli giù per la gola, finire nello stomaco e dargli
fuoco.
«In
vino veritas» Tyla si accese un'altra Marlboro «ora tutto quello
che devi fare è concentrarti su te stesso e... parlare con la
chitarra. Raccontale il tuo malessere. Ricordati che, per tutta la
vita, la donna che tieni fra le mani in questo momento sarà l'unica
che ti capirà sempre fino in fondo». Per la prima volta, dopo
quella frase, Tyla vide il viso di Spike contorcersi in una specie di
smorfia; era come se si stesse preparando a piangere. «Vuoi che vada
via?».
Il
cantante dei Quireboys scosse la testa. Seguì con lo sguardo l'amico
che andava a spaparanzarsi sul letto sfatto dietro di lui e poi posò
gli occhi blu sul manico di palissandro. Fece un respiro profondo e,
senza rendersi conto, suonò un accordo di do maggiore; no...
troppo aperto, troppo chiaro. Non ho bisogno di questo.
Improvvisamente gli era venuta voglia di urlare, di prendere a pugni
la parete e di strappare le sue amate bandane; Tyla
aveva ragione.
Scosse di nuovo le corde; accordo di mi. Gli piacque. Sentì uno
strano sapore in bocca; era voglia di continuare, voglia di
esternare. Le dita si mossero da sole. Un semplice accordo di la.
Trovata.
Sorpreso,
con i polpastrelli pigiati contro il nylon, ascoltò il proprio cuore
aumentare progressivamente il ritmo; barely
alive... more or less conscious... agitated and then pounds like
hell. Aveva
anche lui qualcosa da raccontare. Cominciò a suonare a ripetizione
quei due accordi e poi espanse la sequenza: si,
la, mi, fa diesis minore, di nuovo la e mi a chiudere il giro.
Esattamente come l'ho cominciato. Le
dita camminavano sulla tastiera da sole, come se già sapessero cosa
dovevano fare, per filo e per segno; suonavano quegli accordi che
aggrovigliavano le viscere di Spike in un fraseggio senza fine. Dopo
giorni di apatia pura, il cantante cominciava a sentire dentro di sé
la tempesta che, fino a quel momento, aveva tentato di sedare. Lo
agitava, lo stordiva, gli sballottava lo stomaco da una parte
all'altra, facendogli venir voglia di rimettere tutto l'alcol che
aveva ingurgitato fino a pochi istanti prima; la stanza girava
vorticosamente, pur essendo saldamente cementata al resto
dell'edificio, e questo gli provocava dolore. Chiuse gli occhi per
non vedere le pareti oscillare, mentre continuava a suonare quegli
accordi; Leah gli apparve di nuovo dietro le palpebre, per ribadirgli
ancora una volta le ultime parole con cui l'aveva scaricato.
All
the pain is with yourself... aching stomach, bleeding heart
All
the blame is with yourself... it ain't true, ya liar.
La
marea aumentava e lui stava affogando; stava andando a fondo con dei
massi legati alle caviglie. Più andava giù e più sentiva
quell'acqua salata salirgli agli occhi e l'aria che non gli colmava
più i polmoni. Rivide nitidamente tutta la scena, la rosa che finiva
scaraventata a terra vicino ai cocci della tazza che le era scivolata
di mano per lo stupore e gli sguardi di disapprovazione che aveva
ricevuto. Ma
perchè Leah, perchè? Già pensavo al nostro futuro, perfino ad un
ipotetico bambino... invece no, perchè? Perchè!
Aprì
gli occhi blu di scatto, sentendo due gocce scivolargli lungo gli
zigomi e incagliarsi nella barba incolta; aveva la bocca aperta e la
gola serrata. Cercava di respirare invano, ad un ritmo frenetico,
come un pesce fuori dall'acqua che si dimenava impazzito. Si sentiva
sibilare, con il cuore che gli martellava nel petto incontrollato e
le mani che avevano abbandonato la chitarra per infilarsi disperate
fra i capelli.
Tyla
si sporse dal letto, preoccupato; vide Spike rantolare, con gli occhi
che lacrimavano fuori dalle orbite. «Merda». Si precipitò
dall'amico e gli tolse la chitarra di mano: «È tutto ok, Spike,
guardami». Gli alzò il mento e gli mise una mano sullo sterno:
«Calmati adesso, sennò mi muori. Mi muori qui sul pavimento e poi
io cosa faccio?». Faceva spavento: non aveva mai visto Spike bianco
come un cencio e con le occhiaie nere, il viso contratto in una
smorfia ed il fisico che si sforzava di sopravvivere a quel panico da
mancanza. Tyla sentì i capelli rizzarsi sulla nuca: «Porca troia,
Spike, respira». Gli parlava quasi sussurrando, per non
trasmettergli anche la sua agitazione: «Respira, bello. Calma. Hai
il cuore che sta per rimanermi in mano. Respira, per dio, respira».
Il
cantante dei Quireboys emise un fischio più acuto degli altri, poi
riuscì finalmente a inspirare ossigeno; chiuse gli occhi e lasciò
uscire lo tsunami in cui stava annegando. La testa gli cadde sulla
spalla di Tyla e cominciò a singhiozzare. Le lacrime gocciolavano
dai suoi occhi copiose, bagnandogli le guance ispide. Ogni respiro
era come un ruggito strozzato, annebbiato dal male che stava
riuscendo ad esternare. Ringhiava a denti stretti Spike, con le
palpebre strizzate e i capelli che gli nascondevano in parte il viso;
fremeva, cercava sostegno. Si sentiva agitato in quella burrasca che
si stava scatenando dentro di sé. Con le braccia intorpidite strinse
la cintola di Tyla ed affondò ancor di più il viso nell'incavo
della sua spalla.
Il
ragazzo si irrigidì per un secondo, poi ricambiò l'abbraccio,
avvolgendo le spalle dell'amico come un mantello. Non disse nulla, si
limitò ad accarezzarlo finchè i singhiozzi non diminuirono e non lo
sentì più disteso.
Lentamente
Spike alzò la testa e, tenendo lo sguardo basso un po' per la
vergogna e un po' per lo stordimento, si passò i palmi aperti sul
viso; sospirò e tirò su con il naso, mentre fissava il muro con la
mandibola contratta per evitare che tremasse. Tyla lo teneva per le
spalle; lo guardava preoccupato, cercando di incrociare i suoi occhi
blu. Lo chiamò per nome sottovoce. Finalmente il cantante dei
Quireboys si volse verso di lui, con gli occhi lucidi, pronti a
versare altre lacrime; parlò con voce roca, devastata dal panico che
si era appena dissolto: «Lei non è più mia». La consapevolezza si
stava facendo largo nella sua mente.
«È
passato?» Tyla era ancora in ansia; aveva timore potesse arrivare un
altro attacco.
Spike
non rispose alla domanda: «Non potrò più riaverla, vero Tim?».
Due grosse lacrime caddero dai quegli splendidi zaffiri e si
schiantarono silenziose sulla moquette.
Tyla
abbozzò un sorriso: «No, Jon».
Il
ragazzo si passò le mani fra i capelli castani e singhiozzò ancora
una volta: «Mi manca da morire».
Il
cantante dei Dogs lo abbracciò fraternamente: «Passerà. Ora devi
solo sfogarti». Lo sentì singhiozzare ancora, mentre con le mani
Spike gli stringeva il bacino; sembrava volergli dire di non
scappare, che aveva ancora disperato bisogno di lui e del suo
sostegno. Tyla cercò di farlo rilassare: «Stavo ascoltando quello
che stavi suonando... mi piaceva».
Spike
si asciugò il viso: «Ho visto delle immagini pazzesche mentre
suonavo quegli accordi... ho rivissuto tutto quello che è successo.
Tutti i miei desideri infranti».
«E
saresti in grado di scriverci una canzone?» ce
l'hai sulla punta della lingua, si percepisce.
«Forse»
Spike fece spallucce «ma non credo di esserne in grado».
Tyla
gli porse un fazzoletto: «Datti una sistemata. Ti porto alla Tana.
Tu hai una storia da raccontare».
*
* *
Quando
arrivò alla Tana, Spike fu alquanto sorpreso di trovarci dentro
tutta la sua band. Guy lo guardava con occhi scuri e duri, mentre il
resto dei ragazzi giocherellava con i propri strumenti. «Perchè ci
sono qui anche loro?».
Tyla
accese il registratore e gli diede una pacca sulla spalla: «Perchè
hai bisogno di loro per sentirti meglio. Ora» gli parlò
all'orecchio «dimenticati di essere maschio, duro e bruto. Hai
bisogno di aprire il cuore e sfogarti. Non è affatto da froci,
credimi».
«Ho
paura di piangere di nuovo» Spike cercò di protestare «o che mi
assalga di nuovo il panico».
«Ci
sono qui io, tranquillo» il cantante dei Dogs gli sorrise e poi gli
fece cenno di andare verso Guy.
Il
coinquilino lo guardò avvicinarsi con il capo chino: «Vedo che ci
hai ripensato».
Spike
gli rivolse un sorriso amaro: «Sul cantante sì... sul chitarrista
ancora non so»; poi gli spiegò il giro che doveva suonargli.
Guy
annuiva mentre lo ascoltava, poi eseguì il riff esattamente come
gliel'aveva spiegato l'amico; guardò Spike chiudere gli occhi e
cominciare a cantare.
I
went to see her just this morning
Lo
vedeva immaginare una situazione in cui lui e Leah fossero più che
felici.
To
see how the child might be
E
poi andare incontro alla distruzione.
She
sat there smokin all my cigarettes
At a table set for three
Vide
il viso del cantante contrarsi in una strana smorfia
I
could've cried
I
could've cried...
E
lo stava facendo; una lacrima gli scivolò furtiva dalla palpebra
chiusa sulla guancia. Guy non disse nulla e continuò a suonare.
When she
said
Spike
strinse i pugni intanto che gli si accapponava la pelle; non riusciva
a ricacciare indietro le lacrime, a mostrarsi di marmo. Ma si stupì
del fatto che nessuno si affrettò a schernirlo. La cosa lo fece
sentire infinitamente più libero e leggero.
I
don't love you anymore
I was slain and shown the door
Ain't no
room here anymore
Una
lacrima gli corse giù, fino al collo; rabbrividì, ripetendo le
parole d'addio di Leah.
Please
don't look to me for help
All the pain is with yourself
All the
blame is with yourself
Nigel
annuì in direzione di Guy ed iniziò a seguire il ritmo, seguito
poco dopo da Chris e la sua tastiera.
So
I went and seen my friends
I tried to turn to them for help
But
all that any of them said
Gliel'avevano
detto tutti di stare attento; ma
io non ho voluto ascoltare nessuno.
You
gotta look out for yourself
I could've cried
I could've
cried...
Tyla
guardò Spike da dietro il registratore; è
il momento Spike... urla.
When
she said
E
Spike vomitò tutto il suo dolore, con la sua voce ruvida che
scartavetrava i muri.
I
don't love you anymore
I was slain and shown the door
Ain't no
room here anymore
Please don't look to me for help
All the pain
is with yourself
All the blame is with yourself
Il
cantante aprì per un istante gli occhi, vedendo il mondo appannato e
sdoppiato, sentendo sempre più forte la consapevolezza che Leah non
era più sua. E faceva male. Un
male porco.
You're
all I ever wanted
All I ever needed
Every time I see your
face
Reminds me baby of what we had
I get so lonely, Ooooh yeah
yeah yeah yeah
All our lives I've been down
Always seemed
in emptiness
I say my prayers every night
But even God don't
care less, Ohhh yeah
I could've cried
I could've cried...When
she said
Si
interruppe; non ce la faceva più a ripetere quelle parole, si
sentiva la gola stretta e le corde vocali annodate. Spike si mise con
l'avambraccio al muro e ci appoggiò contro la fronte. Guy e Nigel
posarono i loro strumenti sui piedistalli ed andarono verso di lui,
mentre Tyla spegneva il registratore, soddisfatto del lavoro
dell'amico; lo confortarono, gli diedero pacche sulle spalle,
cercarono di infondergli coraggio e nessuno gli rimproverò il pianto
che aveva fatto. Guy gli toccò il braccio: «Sono contento che tu ci
abbia ripensato. Ricordati che noi, per te, ci saremo sempre. Sei un
grande cantante e soprattutto un grande amico».
«Senza
contare» Nigel gli tirò per gioco un lembo della bandana «che
questa canzone che hai scritto mi piace molto».
Chris
si alzò dal suo sgabello e si avvicinò: «Dobbiamo rivederla bene,
secondo me può diventare un gran pezzo».
Tutti
annuirono e Spike sorrise, asciugandosi l'ultima lacrima: «Grazie
ragazzi».
«Non
ringraziare me» la voce di Cozy arrivò dal fondo della sala, da
dietro la batteria. Tutti aggrottarono le sopracciglia, increduli. Lo
osservarono alzarsi dallo sgabello, scavalcare i jack che si
snodavano sul pavimento ed andare verso la porta d'ingresso.
Fu
Nigel a tentare di attirare la sua attenzione: «Ehi, socio...»
«Scusa
bello» Cozy uscì dalla sala «ma queste ballate melense non fanno
per me».
La
porta si chiuse fragorosamente e, nel silenzio attonito della Tana, i
ragazzi poterono ascoltare le scarpe dell'ex batterista salire le
scale fino all'uscita.
Alla
fine, Spike parlò con voce graffiante: «Che razza di bastardo» in
un attimo diventò rabbioso «è la mia prima canzone! Non è che
continuerò a scrivere canzoni d'amore per il resto della mia
esistenza. Che bastardo!».
«Adesso
ci sente, quello là» Guy si rimboccò le maniche e fece cenno al
coinquilino di seguirlo, ma Tyla li prese per le spalle:
«Lasciate
perdere. Se se n'è andato per così poco, non era un musicista
adatto a voi».
«Vero»
Nigel si passò una mano fra i capelli castani «il mio ex socio
ritmico, obiettivamente parlando, faceva abbastanza schifo».
«E
perchè non l'hai detto prima?» Guy indispettito arricciò dapprima
le labbra, poi sospirò «Beh, poco male. Ora, oltre a cercare un
secondo chitarrista, dobbiamo pure trovarci un batterista».
Sono
presenti due canzoni nel capitolo; la prima è "How Do You Fall
In Love (Again)?" dei Dogs D'Amour e la seconda è "I Don't Love
You Anymore" dei Quireboys. Non possiedo i diritti di nessuna delle due
canzoni.
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