Fanfic su artisti musicali > The Quireboys
Segui la storia  |       
Autore: EllieMarsRose    18/12/2013    1 recensioni
[The Quireboys]
[The Quireboys][The Quireboys]Blu; il colore profondo di quegli occhi che osservano il mondo. Che vedono la vita dispiegarsi in un modo odioso, a tratti inaccettabile.
Spike si separa dal suo grande amore e sembra non volersi più appassionare a nulla.
Ma i suoi amici gli insegneranno a rimanere a galla, nonostante la vita voglia a tutti i costi voltargli le spalle.
...
Spike guardò l'amico ravvivarsi i capelli rossi: «Leah mi diceva sempre che l'essenziale è invisibile agli occhi»
«Aveva torto» Tyla si rigirò fra le mani la bottiglia di Chardonnay «io l'essenziale l'ho sempre trovato qui dentro»
(cit. capitolo #5 "Pianto")
Genere: Malinconico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
05 Pianto

Spike era appoggiato con la spalla sinistra allo stipite della porta della camera, le braccia conserte e le caviglie incrociate; guardava Tyla, in piedi dritto davanti a lui, con gli occhi blu vuoti, demotivati. Stettero in quella posizione, immobili, per un minuto abbondante; Spike che guardava inespressivo Tyla e Tyla che studiava l'amico con occhio quasi clinico. Alla fine il cantante dei Dogs ruppe il silenzio: «Allora?».

«Allora cosa?» rispose monocorde Spike, facendo scivolare la pelle contro il legno e sedendosi a terra con le gambe incrociate.

Tyla fece due passi verso il centro della stanza, si levò la giacca rosa, la lanciò sul letto e si sedette anche lui a terra: «Mi fa paura questo silenzio. Non è da te».

Spike fece spallucce e rivolse lo sguardo alla moquette.

«Perchè non parli? Perchè non ne parli?».

Spike non rispose; mantenne lo sguardo basso, a guardare la polvere che si alzava dal pavimento.

Tyla picchiettò ritmicamente i palmi sui gambali degli stivali, poi si alzò e sparì in corridoio. Spike si trascinò all’interno della stanza e si appoggiò con la schiena al letto, prendendosi la testa fra le mani; in realtà sapeva benissimo perché non voleva parlarne. Era certo che se avesse aperto la bocca per toccare quel discorso, avrebbe reagito come una femminuccia; avrebbe fatto quello che, assolutamente, non aveva voglia di fare: sentirmi gli occhi irritati e il naso chiuso. No. Assolutamente no. In quei casi il silenzio era meglio. Poi, ciò che non uccide fortifica, no? Ecco, così facendo posso sembrare una roccia.

Una sequenza conosciuta di do, la minore, fa e sol gli fece improvvisamente alzare la testa; Tyla, con la chioma che gli copriva in parte il viso, imbracciava la sua chitarra acustica blu oltremare e stava suonando la strofa di “How Do You Fall In Love (Again)”.


Sitting with my head in my hands,

Letting the tears trickle through like sand

The times you’ve taken

And the things you’d given

And the films we watched, and the things we’d do

And the things I’d say to you…


«Tyla smettila…». Ma a quanto pareva, il nylon vibrava più vigorosamente della voce senza enfasi di Spike.


How do you fall in love again

How do you start it all over

How do you fall in love again

How do you start it all over?


Il ragazzo dagli occhi blu arricciò le labbra e respirò profondamente; mise le braccia incrociate al petto e cominciò a picchiare velocemente la punta del piede sul pavimento.

Tyla alzò un angolo della bocca in un ghigno e bloccò con la mano aperta le corde: «Ho colpito nel segno?».

Di nuovo, Spike deviò lo sguardo lontano da lui: «Credo di sì. È un singolo quella canzone, avrà pur venduto qualche centinaio di copie in Finlandia, no?».

Tyla si scostò una ciocca castana mentre si toglieva la chitarra dalla spalla: «Sai bene che non intendo questo».

L'amico volse ancor di più gli occhi verso il soffitto; si rifiutava categoricamente di interagire. Il cantante dei Dogs lo scrutò in viso, cercando di capire cosa gli stesse riempendo la mente in quel momento; non gli era chiaro se fosse arrabbiato, devastato, triste o tutte e tre le cose insieme. Doveva prendere di petto la situazione, altrimenti non avrebbe cavato fuori un ragno dal buco; Spike si sarebbe appallottolato gradualmente come un riccio e per lui sarebbe stato sempre più impossibile aprirlo. Così si sedette di fronte all'amico, appoggiandosi lo strumento in grembo, e cominciò a parlare, a raccontargli che, anche lui, una cosa simile l'aveva sperimentata. «Sai... qualche anno fa anche io mi sono ritrovato nella tua stessa situazione».

Spike mugolò con fare incurante; non aveva voglia di sentirsi fare la paternale dal suo amico.

«E...» Tyla si mordicchiò il labbro con le iridi verdi fisse sul manico della chitarra, alla ricerca delle parole giuste «ti dico, non è facile uscirne».

Il ragazzo guardò il suo interlocutore di sottecchi: ma dai? Non c'era bisogno che venivi fino a casa mia per dirmelo, ci ero già arrivato da solo. Lo sforzo di Tyla era apprezzabile, ma Spike non voleva essere confortato da frasi di circostanza: «Qualche anno fa, eh?». Si mise in ginocchio, guardando per la prima volta dritto negli occhi chi gli stava di fronte: «Senti Tim, ti ringrazio per lo sforzo» sospirò pesantemente aria carica d'alcol «ma non credo che una cotta adolescenziale sia paragonabile alla situazione in cui mi ritrovo».

«Beh, non era esattamente una cotta adolescenziale; la chiamerei più» Tyla alzò gli indici in aria per mimare delle virgolette «una “situazione a se stante”. E poi ogni situazione è a sé, Spike; questa è molto vicina alla mia».

«Senti» Spike sentiva che stava per perdere di nuovo le staffe e non capiva se era per il troppo alcol bevuto o per l'insistenza di Tyla nel volerlo aiutare «tu hai la minima idea di che cosa mi ha fatto provare Leah? NO! No che non lo sai, quindi serra la mascella».

Senza proferire parola, il cantante dei Dogs si rimise in piedi, poggiò la chitarra al letto e recuperò la giacca. Fece qualche passo verso la porta d'ingresso tenendo l'indumento sulla spalla, poi si voltò a guardare l'amico che lo fissava arrabbiato: «Se vuoi che me ne vada, problemi non ce ne sono. Io volevo solo aiutarti» girò leggermente la maniglia facendo scattare la serratura «ti dico solo una cosa però»

«Sentiamo».

Tyla fissò Spike, seduto fra le bottiglie e con i capelli che gli cadevano indisciplinati sulle spalle: «Se vai avanti così, non risolverai un cazzo; diventerai un essere» e qui spalancò le palpebre come se dovesse fulminarlo «APATICO e NOIOSO. Comunque, vedi un po' tu. Sei grande abbastanza».

Spike seguì con lo sguardo l'amico mentre metteva un piede sullo zerbino e l'altro sul pianerottolo ed accompagnava la porta verso lo stipite; se ne stava andando sul serio. E solo in quell'istante si rese conto che, davvero, la compagnia di Tyla era la cosa più preziosa che ancora possedeva. Senza contare che l'amico aveva una storia da raccontare; una storia vera. «Aspetta».

Dopo due secondi, la chioma tendente al rosso del ragazzo fece capolino; sotto la frangia ribelle, gli occhi lo fissavano interrogativi.

«Se dici che questo tuo caso è così simile al mio» Spike fece un respiro profondo passandosi una mano nei capelli castano scuro «perchè non me lo racconti?».

Tyla sorrise beffardo: «Cos'è, sei improvvisamente diventato curioso?».

«No, è che...» tanto vale essere sinceri. Di Tyla mi posso fidare «mi fa proprio schifo la situazione in cui mi ritrovo. Sembra tutto un sogno orrido, un incubo da cui voglio scappare e non ci riesco. Dover rinunciare a Leah perchè l'ha deciso lei, senza chiedere il mio parere... non mi piace».

La voce dei Dogs richiuse la porta alle sue spalle e si avventurò in quel cimitero di bottiglie vuote in direzione dell'amico; scaraventò nuovamente la giacca sul letto, non prima però di aver estratto dalla tasca il pacchetto di Marlboro. Ne sfilò due, una per lui ed una per Spike; poi prese l'accendino dalla tasca dei jeans ed aiutò l'amico ad accendersi la sua. Stettero per qualche istante in silenzio, entrambi con la schiena poggiata alla sponda laterale del letto e gli occhi levati al soffitto, a guardare il fumo grigio innalzarsi lineare; poi Tyla parlò: «Te la ricordi Katherine?».

Spike non rispose subito; socchiuse gli occhi blu mentre aspirava dal filtro e sfogliava mentalmente tutte le amiche femmine di Tyla. Non molte, in realtà. «Katherine... la tua amica quella gnocca?». Tyla lo guardò con la miglior espressione di disappunto dipinta in viso. Il geordie corresse il tiro: «Intendo quella bionda, molto bella, con gli occhi verdi come i tuoi che era venuta con noi a Camden la prima volta che ero stato a Londra. Quella che ti aveva fatto comprare la giacca indaco».

«Lei» Tyla riprese a fumare buttando lo sguardo al soffitto «noi siamo sempre stati molto amici. È stata una delle prime persone che ho conosciuto quando mi sono trasferito da Wolverhampton a Kensington. Andavo ancora alle elementari. Si è instaurato da subito un rapporto molto saldo e forte tra di noi; nonostante lei avesse tre anni in meno di me, la sentivo molto vicina. Da piccoli giocavamo insieme e poi, con il tempo, abbiamo iniziato a parlare e confidarci; il tutto senza malizia». Fece una pausa per dare un'altra boccata di tabacco: «Poi, quel giorno di Camden, sulla via del ritorno... qualcosa è cambiato. Dopo un bisticcio stupido, l'ho abbracciata per chiederle scusa e» schioccò le dita ingiallite dalla nicotina «mi è partito il cuore a mille. Così, dal nulla. Ho iniziato a sentire sempre più forte il desiderio di abbracciarla di nuovo, di tenerla attaccata a me. Alla fine l'ho baciata sotto casa, mentre la pioggia scrosciava, e ho preso la bronchite come un coglione».

«Non capisco» Spike gettò svogliato il mozzicone fuori dalla finestra aperta «dove vuoi arrivare?».

Tyla scosse la testa espirando l'ultima boccata di fumo e buttò anche lui la sigaretta finita fuori dalla stanza: «Le avevo promesso che ci saremmo rivisti il giorno dopo, soli io e lei a bere una birra; ma conciato com'ero non potevo nemmeno mettere il naso fuori casa. Avevo chiamato, mi aveva risposto sua madre ed avevo lasciato un messaggio. Pensavo fosse tutto ok» il ragazzo sentì ancora, come ogni volta, il proprio animo ridursi in polvere quando il cervello ripescava quei pensieri «invece la settimana dopo, mentre andavo da lei per farle una sorpresa, l'ho beccata su quegli stessi scalini dove l'avevo baciata io, che ficcava la lingua in bocca a un pugile di merda».

Spike annuì e mise le braccia conserte: «Sì, situazione simile; ma con una differenza sostanziale: io, con Leah, ci ho fatto l'amore. Io ho dato in mano a quella ragazza il mio cuore. Io ho avuto una relazione con lei»

«Hai ragione» Tyla lo guardò negli occhi vuoti «però anche io sono innamorato di Katherine, come tu lo sei ancora di Leah. Tutti abbiamo delle tempistiche diverse di innamoramento e soprattutto non scegliamo per chi e quando perdere la testa». Il cantante dei Dogs sentì lentamente le corde vocali annodarsi: «Adesso so che fa l'università qui a Londra... e che sta frequentando uno. Ma la cosa più assurda è che ormai, quelle poche volte che ci vediamo, ci comportiamo come se nulla fosse, come se quel pomeriggio sotto la pioggia non fosse mai trascorso. Lei non sa che l'ho vista con il pugile e lei si comporta come se quel bacio fra di noi fosse stato uno sbaglio tremendo. Stiamo zitti e andiamo avanti così».

Spike guardò l'amico protendersi verso il Famous Grouse e dare una lunga sorsata; per la prima volta, dopo giorni sorrise. Un sorriso amaro e consapevole. Tyla voleva mostrarsi al mondo come essere maschilista e brutale, una specie di Bukowski British, ma sotto sotto era forse il maschio più sensibile sulla faccia della terra: «Quindi, ci sei ancora dentro questa storia?».

Il ragazzo dai capelli rossicci annuì con la bocca piena di superalcolico che svuotò prontamente: «Diciamo che ho imparato a gestirla. Cosa che dovrai fare anche tu, come ti ho detto; non puoi andare avanti così».

Spike chiuse gli occhi ed abbassò il capo; parlò con la voce roca e bassa: «Tyla, io» sospirò, esalando apatia «in questo momento non ho proprio voglia di reagire. Magari fra un paio di mesi mi tornerà un po' di voglia di vivere. Ma ora tutto quello di cui ho bisogno è la mia Leah»

«Che però non è più tua».

Le parole di Tyla tagliavano come coltelli nuovi di zecca. Spike rabbrividì sentendole sfrecciare di lato alle orecchie; si tirò le ginocchia al petto e ci poggiò la fronte contro, come se dovesse ripararsi.

Il cantante dei Dogs scosse la testa: «Io, da amico, non riesco proprio a vederti in questo stato. Non sei mai stato così... morto».

Morto. Già, magari sarebbe meglio.

«E come se non bastasse» Tyla gli mise una mano sulla spalla «ti rendi conto della cazzata che hai detto a Guy? Il gruppo ha bisogno di te, almeno come cantante. Hai una voce invidiabile, puoi farci grandi canzoni».

«Può darsi. Però voglio un altro chitarrista, non me la sento più di suonare» il ragazzo infossò ancor di più la testa fra le gambe «e non ce la faccio nemmeno più a cantare, sinceramente».

Tyla mollò la presa dalla spalla e si alzò da terra con fare deciso: «Non ne sono così convinto». Il ragazzo preso lo strumento e glielo picchiettò sulla testa, facendogliela alzare: «Adesso TU suoni». Gli occhi blu di Spike lo guardarono; Tyla scorse una voragine così profonda che lo fece rabbrividire. Cercò di incoraggiarlo: «Io sono riuscito a gestire il mio dolore per Kat componendo».

«Stai scherzando?».

Tyla alzò un angolo della bocca, mettendogli la chitarra fra le mani: «Tu non hai idea della quantità di lacrime che ha bagnato il manico della mia prima Fender acustica».

Spike si scostò una ciocca scura dal viso: «Tu sei l'unico uomo che conosco che piange come una femminuccia».

«Piangere come una femminuccia è diverso» puntualizzò Tyla, piuttosto indispettito «io piango quando capisco che posso farlo; nel luogo e nel momento più adatto. Sembro una femminuccia solo perchè ammetto di farlo, ecco tutto. Anche per noi maschi versare qualche lacrima ogni tanto non fa male».

Il ragazzo sbuffò, appesantendosi sulla cassa blu con gli avambracci: «Non ho voglia di farlo. Lasciamo stare, ok?».

Il cantante dei Dogs si fece scuro in viso; non lo facevo così cocciuto. Gettò l'occhio al whisky e vide che anche quella bottiglia si era inesorabilmente svuotata. Serve altro alcol, altro spirito. Temporeggiò un secondo, a guardare Spike che fissava senza motivazione il legno laccato della chitarra, e poi andò in cucina, sperando di trovare qualcosa di potenzialmente utile. Dopo due minuti abbondanti, rientrò in camera con in mano una bottiglia di vino ed il cavatappi: «Ecco qui». Stappò e la porse all'amico.

Il ragazzo, tenendo le mani sulla chitarra, lesse l'etichetta: «Chardonnay... ehi, questo l'ha comprato Guy per la cena di stasera»

«Non importa, non mangeremo perchè avremo di meglio da fare. Bevi». Tyla gli avvicinò ancor di più la bottiglia.

Spike guardò la moquette: «Non credo di averne voglia...»

«Ma non raccontarmi cazzate!» l'amico cercava di spronarlo «Dopo tutto il whisky che hai bevuto, c'è sicuramente posto per un sorso di buon vino. Senza contare che, in questo momento, per comporre è essenziale».

Spike sentì tutti i suoi muscoli irrigidirsi. Essenziale... quella parola Leah gliel'aveva detta un sacco di volte; gli aveva detto che lui, per lei, era essenziale; essenziale come l'ossigeno che la teneva in vita. Essenziale per farle battere il cuore. Ma a giudicare dall'andamento delle cose, poi così essenziale non era. Era più essenziale quel dannato libro di qualsiasi altra cosa; ci aveva anche tirato fuori una citazione al riguardo. Alzò gli occhi; Tyla lo guardava con sguardo fermo e deciso, sempre con la bottiglia tesa verso di lui. Sembrava una statua, se non fosse stato per il fatto che un ciuffo ribelle gli cadde sul viso. Spike guardò l'amico ravvivarsi i capelli rossi: «Leah mi diceva sempre che l'essenziale è invisibile agli occhi».

«Aveva torto» Tyla si rigirò fra le mani la bottiglia di Chardonnay e bevve il primo sorso «io l'essenziale l'ho sempre trovato qui dentro». Mugolò in segno di soddisfazione, poi mise il fondo della bottiglia nelle mani di Spike.

Finalmente il ragazzo si decise a bere; sentiva quel succo d'uva color paglierino corrergli giù per la gola, finire nello stomaco e dargli fuoco.

«In vino veritas» Tyla si accese un'altra Marlboro «ora tutto quello che devi fare è concentrarti su te stesso e... parlare con la chitarra. Raccontale il tuo malessere. Ricordati che, per tutta la vita, la donna che tieni fra le mani in questo momento sarà l'unica che ti capirà sempre fino in fondo». Per la prima volta, dopo quella frase, Tyla vide il viso di Spike contorcersi in una specie di smorfia; era come se si stesse preparando a piangere. «Vuoi che vada via?».

Il cantante dei Quireboys scosse la testa. Seguì con lo sguardo l'amico che andava a spaparanzarsi sul letto sfatto dietro di lui e poi posò gli occhi blu sul manico di palissandro. Fece un respiro profondo e, senza rendersi conto, suonò un accordo di do maggiore; no... troppo aperto, troppo chiaro. Non ho bisogno di questo. Improvvisamente gli era venuta voglia di urlare, di prendere a pugni la parete e di strappare le sue amate bandane; Tyla aveva ragione. Scosse di nuovo le corde; accordo di mi. Gli piacque. Sentì uno strano sapore in bocca; era voglia di continuare, voglia di esternare. Le dita si mossero da sole. Un semplice accordo di la. Trovata. Sorpreso, con i polpastrelli pigiati contro il nylon, ascoltò il proprio cuore aumentare progressivamente il ritmo; barely alive... more or less conscious... agitated and then pounds like hell. Aveva anche lui qualcosa da raccontare. Cominciò a suonare a ripetizione quei due accordi e poi espanse la sequenza: si, la, mi, fa diesis minore, di nuovo la e mi a chiudere il giro. Esattamente come l'ho cominciato. Le dita camminavano sulla tastiera da sole, come se già sapessero cosa dovevano fare, per filo e per segno; suonavano quegli accordi che aggrovigliavano le viscere di Spike in un fraseggio senza fine. Dopo giorni di apatia pura, il cantante cominciava a sentire dentro di sé la tempesta che, fino a quel momento, aveva tentato di sedare. Lo agitava, lo stordiva, gli sballottava lo stomaco da una parte all'altra, facendogli venir voglia di rimettere tutto l'alcol che aveva ingurgitato fino a pochi istanti prima; la stanza girava vorticosamente, pur essendo saldamente cementata al resto dell'edificio, e questo gli provocava dolore. Chiuse gli occhi per non vedere le pareti oscillare, mentre continuava a suonare quegli accordi; Leah gli apparve di nuovo dietro le palpebre, per ribadirgli ancora una volta le ultime parole con cui l'aveva scaricato.

All the pain is with yourself... aching stomach, bleeding heart

All the blame is with yourself... it ain't true, ya liar.

La marea aumentava e lui stava affogando; stava andando a fondo con dei massi legati alle caviglie. Più andava giù e più sentiva quell'acqua salata salirgli agli occhi e l'aria che non gli colmava più i polmoni. Rivide nitidamente tutta la scena, la rosa che finiva scaraventata a terra vicino ai cocci della tazza che le era scivolata di mano per lo stupore e gli sguardi di disapprovazione che aveva ricevuto. Ma perchè Leah, perchè? Già pensavo al nostro futuro, perfino ad un ipotetico bambino... invece no, perchè? Perchè!

Aprì gli occhi blu di scatto, sentendo due gocce scivolargli lungo gli zigomi e incagliarsi nella barba incolta; aveva la bocca aperta e la gola serrata. Cercava di respirare invano, ad un ritmo frenetico, come un pesce fuori dall'acqua che si dimenava impazzito. Si sentiva sibilare, con il cuore che gli martellava nel petto incontrollato e le mani che avevano abbandonato la chitarra per infilarsi disperate fra i capelli.

Tyla si sporse dal letto, preoccupato; vide Spike rantolare, con gli occhi che lacrimavano fuori dalle orbite. «Merda». Si precipitò dall'amico e gli tolse la chitarra di mano: «È tutto ok, Spike, guardami». Gli alzò il mento e gli mise una mano sullo sterno: «Calmati adesso, sennò mi muori. Mi muori qui sul pavimento e poi io cosa faccio?». Faceva spavento: non aveva mai visto Spike bianco come un cencio e con le occhiaie nere, il viso contratto in una smorfia ed il fisico che si sforzava di sopravvivere a quel panico da mancanza. Tyla sentì i capelli rizzarsi sulla nuca: «Porca troia, Spike, respira». Gli parlava quasi sussurrando, per non trasmettergli anche la sua agitazione: «Respira, bello. Calma. Hai il cuore che sta per rimanermi in mano. Respira, per dio, respira».

Il cantante dei Quireboys emise un fischio più acuto degli altri, poi riuscì finalmente a inspirare ossigeno; chiuse gli occhi e lasciò uscire lo tsunami in cui stava annegando. La testa gli cadde sulla spalla di Tyla e cominciò a singhiozzare. Le lacrime gocciolavano dai suoi occhi copiose, bagnandogli le guance ispide. Ogni respiro era come un ruggito strozzato, annebbiato dal male che stava riuscendo ad esternare. Ringhiava a denti stretti Spike, con le palpebre strizzate e i capelli che gli nascondevano in parte il viso; fremeva, cercava sostegno. Si sentiva agitato in quella burrasca che si stava scatenando dentro di sé. Con le braccia intorpidite strinse la cintola di Tyla ed affondò ancor di più il viso nell'incavo della sua spalla.

Il ragazzo si irrigidì per un secondo, poi ricambiò l'abbraccio, avvolgendo le spalle dell'amico come un mantello. Non disse nulla, si limitò ad accarezzarlo finchè i singhiozzi non diminuirono e non lo sentì più disteso.

Lentamente Spike alzò la testa e, tenendo lo sguardo basso un po' per la vergogna e un po' per lo stordimento, si passò i palmi aperti sul viso; sospirò e tirò su con il naso, mentre fissava il muro con la mandibola contratta per evitare che tremasse. Tyla lo teneva per le spalle; lo guardava preoccupato, cercando di incrociare i suoi occhi blu. Lo chiamò per nome sottovoce. Finalmente il cantante dei Quireboys si volse verso di lui, con gli occhi lucidi, pronti a versare altre lacrime; parlò con voce roca, devastata dal panico che si era appena dissolto: «Lei non è più mia». La consapevolezza si stava facendo largo nella sua mente.

«È passato?» Tyla era ancora in ansia; aveva timore potesse arrivare un altro attacco.

Spike non rispose alla domanda: «Non potrò più riaverla, vero Tim?». Due grosse lacrime caddero dai quegli splendidi zaffiri e si schiantarono silenziose sulla moquette.

Tyla abbozzò un sorriso: «No, Jon».

Il ragazzo si passò le mani fra i capelli castani e singhiozzò ancora una volta: «Mi manca da morire».

Il cantante dei Dogs lo abbracciò fraternamente: «Passerà. Ora devi solo sfogarti». Lo sentì singhiozzare ancora, mentre con le mani Spike gli stringeva il bacino; sembrava volergli dire di non scappare, che aveva ancora disperato bisogno di lui e del suo sostegno. Tyla cercò di farlo rilassare: «Stavo ascoltando quello che stavi suonando... mi piaceva».

Spike si asciugò il viso: «Ho visto delle immagini pazzesche mentre suonavo quegli accordi... ho rivissuto tutto quello che è successo. Tutti i miei desideri infranti».

«E saresti in grado di scriverci una canzone?» ce l'hai sulla punta della lingua, si percepisce.

«Forse» Spike fece spallucce «ma non credo di esserne in grado».

Tyla gli porse un fazzoletto: «Datti una sistemata. Ti porto alla Tana. Tu hai una storia da raccontare».


* * *


Quando arrivò alla Tana, Spike fu alquanto sorpreso di trovarci dentro tutta la sua band. Guy lo guardava con occhi scuri e duri, mentre il resto dei ragazzi giocherellava con i propri strumenti. «Perchè ci sono qui anche loro?».

Tyla accese il registratore e gli diede una pacca sulla spalla: «Perchè hai bisogno di loro per sentirti meglio. Ora» gli parlò all'orecchio «dimenticati di essere maschio, duro e bruto. Hai bisogno di aprire il cuore e sfogarti. Non è affatto da froci, credimi».

«Ho paura di piangere di nuovo» Spike cercò di protestare «o che mi assalga di nuovo il panico».

«Ci sono qui io, tranquillo» il cantante dei Dogs gli sorrise e poi gli fece cenno di andare verso Guy.

Il coinquilino lo guardò avvicinarsi con il capo chino: «Vedo che ci hai ripensato».

Spike gli rivolse un sorriso amaro: «Sul cantante sì... sul chitarrista ancora non so»; poi gli spiegò il giro che doveva suonargli.

Guy annuiva mentre lo ascoltava, poi eseguì il riff esattamente come gliel'aveva spiegato l'amico; guardò Spike chiudere gli occhi e cominciare a cantare.


I went to see her just this morning


Lo vedeva immaginare una situazione in cui lui e Leah fossero più che felici.


To see how the child might be


E poi andare incontro alla distruzione.


She sat there smokin all my cigarettes
At a table set for three


Vide il viso del cantante contrarsi in una strana smorfia


I could've cried

I could've cried...


E lo stava facendo; una lacrima gli scivolò furtiva dalla palpebra chiusa sulla guancia. Guy non disse nulla e continuò a suonare.


When she said

Spike strinse i pugni intanto che gli si accapponava la pelle; non riusciva a ricacciare indietro le lacrime, a mostrarsi di marmo. Ma si stupì del fatto che nessuno si affrettò a schernirlo. La cosa lo fece sentire infinitamente più libero e leggero.


I don't love you anymore
I was slain and shown the door
Ain't no room here anymore


Una lacrima gli corse giù, fino al collo; rabbrividì, ripetendo le parole d'addio di Leah.


Please don't look to me for help
All the pain is with yourself
All the blame is with yourself

Nigel annuì in direzione di Guy ed iniziò a seguire il ritmo, seguito poco dopo da Chris e la sua tastiera.


So I went and seen my friends
I tried to turn to them for help
But all that any of them said


Gliel'avevano detto tutti di stare attento; ma io non ho voluto ascoltare nessuno.


You gotta look out for yourself
I could've cried
I could've cried...


Tyla guardò Spike da dietro il registratore; è il momento Spike... urla.


When she said


E Spike vomitò tutto il suo dolore, con la sua voce ruvida che scartavetrava i muri.

I don't love you anymore
I was slain and shown the door
Ain't no room here anymore
Please don't look to me for help
All the pain is with yourself
All the blame is with yourself

Il cantante aprì per un istante gli occhi, vedendo il mondo appannato e sdoppiato, sentendo sempre più forte la consapevolezza che Leah non era più sua. E faceva male. Un male porco.


You're all I ever wanted
All I ever needed
Every time I see your face
Reminds me baby of what we had
I get so lonely, Ooooh yeah yeah yeah yeah

All our lives I've been down
Always seemed in emptiness
I say my prayers every night
But even God don't care less, Ohhh yeah
I could've cried
I could've cried...When she said

Si interruppe; non ce la faceva più a ripetere quelle parole, si sentiva la gola stretta e le corde vocali annodate. Spike si mise con l'avambraccio al muro e ci appoggiò contro la fronte. Guy e Nigel posarono i loro strumenti sui piedistalli ed andarono verso di lui, mentre Tyla spegneva il registratore, soddisfatto del lavoro dell'amico; lo confortarono, gli diedero pacche sulle spalle, cercarono di infondergli coraggio e nessuno gli rimproverò il pianto che aveva fatto. Guy gli toccò il braccio: «Sono contento che tu ci abbia ripensato. Ricordati che noi, per te, ci saremo sempre. Sei un grande cantante e soprattutto un grande amico».

«Senza contare» Nigel gli tirò per gioco un lembo della bandana «che questa canzone che hai scritto mi piace molto».

Chris si alzò dal suo sgabello e si avvicinò: «Dobbiamo rivederla bene, secondo me può diventare un gran pezzo».

Tutti annuirono e Spike sorrise, asciugandosi l'ultima lacrima: «Grazie ragazzi».

«Non ringraziare me» la voce di Cozy arrivò dal fondo della sala, da dietro la batteria. Tutti aggrottarono le sopracciglia, increduli. Lo osservarono alzarsi dallo sgabello, scavalcare i jack che si snodavano sul pavimento ed andare verso la porta d'ingresso.

Fu Nigel a tentare di attirare la sua attenzione: «Ehi, socio...»

«Scusa bello» Cozy uscì dalla sala «ma queste ballate melense non fanno per me».

La porta si chiuse fragorosamente e, nel silenzio attonito della Tana, i ragazzi poterono ascoltare le scarpe dell'ex batterista salire le scale fino all'uscita.

Alla fine, Spike parlò con voce graffiante: «Che razza di bastardo» in un attimo diventò rabbioso «è la mia prima canzone! Non è che continuerò a scrivere canzoni d'amore per il resto della mia esistenza. Che bastardo!».

«Adesso ci sente, quello là» Guy si rimboccò le maniche e fece cenno al coinquilino di seguirlo, ma Tyla li prese per le spalle:

«Lasciate perdere. Se se n'è andato per così poco, non era un musicista adatto a voi».

«Vero» Nigel si passò una mano fra i capelli castani «il mio ex socio ritmico, obiettivamente parlando, faceva abbastanza schifo».

«E perchè non l'hai detto prima?» Guy indispettito arricciò dapprima le labbra, poi sospirò «Beh, poco male. Ora, oltre a cercare un secondo chitarrista, dobbiamo pure trovarci un batterista».

Sono presenti due canzoni nel capitolo; la prima è "How Do You Fall In Love (Again)?" dei Dogs D'Amour e la seconda è "I Don't Love You Anymore" dei Quireboys. Non possiedo i diritti di nessuna delle due canzoni.

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > The Quireboys / Vai alla pagina dell'autore: EllieMarsRose