«Chelsea»
continuò più fermamente.
Non aprii bocca, rimasi muta, con i
polmoni che erano
diventati pesanti e lo stomaco ingarbugliato. Deglutii parecchie volte,
arrivai
a non contarle più.
“Aiuto” pensai,
supplicando con gli occhi i presenti.
“Portatelo via, fatelo
girare, via, via, via!” i bulbi
oculari iniziavano ad inumidirsi, le palpebre non dovevano chiudersi,
no, non
dovevano cacciare fuori le lacrime, spingerle a constatare che
là fuori non era
poi così buio, per poi trascinare le compagne.
«Oliver? LASCIATEMI PASSARE!
OLIVER?!» gridò qualcuno.
Ringraziai quella voce stridula e
stizzosa, perché il ragazzo
distolse l’attenzione dalla sottoscritta e la mia
concentrazione tornò ai
clienti.
«Vogliate scusarmi,
non…non so cosa mi sia preso. Io mi
chiamo Chelsea e sarò la vostra cameriera, quando avete
bisogno, anche in
stanza, chiamate pure e in meno di un secondo sarò a vostra
disposizione»
sorrisi appena, pallida come fossi malata, ma fecero finta di non
accorgersene.
Mi avevano riconosciuto subito, lo
sapevo, ne ero pienamente consapevole.
«Amanda, finalmente sei
arrivata!» esclamò Oliver rivolto
alla voce, più precisamente alla proprietaria di quella
sottospecie di voce da
cornacchia.
Mi voltai ed ebbi una di quelle
visioni da ‘una volta nella
vita’ e “Sì, cazzo”, pensai,
“è proprio una cornacchia”.
Piume nerissime, voce gracchiante
più un pizzico di sindrome-della-prima-donna.
«Oh, amore mio, non mi
volevano far passare» esclamò lei
addolcendosi istantaneamente.
Oh.
Amore.
Mio.
Amore mio.
Amore mio.
Era veramente troppo, era uno scherzo
da parte di qualcuno di
poco sentimentale?
«Chi è
lei?» domandò indicando verso di me, non la vidi,
ma
sentii il suo sguardo che mi perforava la schiena.
«Chelsea, la nostra
personale cameriera» rispose uno dei
componenti del gruppo di cui assolutamente non ricordavo il nome, non
ero
nemmeno sicura di averlo mai visto.
«Sembra un po’
palliduccia, sta bene?» domandò con falso
dispiacere nella voce e mi venne da voltarmi e spaccarle il suo bel
nasino
dritto.
«Non ho nulla»
risposi al posto di chissà chi altro.
«Ehm, ordiniamo tra un
istante, torni tra due minuti?»
domandò Oliver titubante; mi rincuorò tantissimo
che si sentisse spaesato.
«Non posso
farcela» ribattei tornando in cucina, tremavo
veramente molto e mi dovetti sedere.
«Cosa succede?»
domandò subito Ann preoccupata, sedendosi
davanti a me.
«Non posso
farcela» ripetei in trance con le mani tra i
capelli strabuzzando gli occhi.
«No, no, devi
riprenderti» disse scuotendomi con forza.
Dondolai un paio di volte afferrandomi
le ginocchia e
respirando a fatica, iniziai ad ansimare.
«Dimmi, dimmi, cosa
succede» chiese di nuovo la donna, ormai
nel panico.
«Oliver…»
singhiozzai a bassa voce «Oliver… poi
l’anoressia…
Andato…» provai a formulare una frase.
«Oliver se ne è
andato per l’anoressia?» provò ad
indovinare
lei, ma io scossi la testa.
Dopo circa venti minuti, un cameriere
momentaneo in
sostituzione e tante lacrime riuscii a spiegare quasi tutto e mi sentii
istantaneamente più libera.
Avrei potuto perdere il posto di
lavoro, ma Ann sapeva tutto
e non poteva permetterlo, mi avrebbe aiutato e io gliene ero
dannatamente
grata. Promisi di non lasciarmi più andare e decisi di tener
duro, non dovevo
mollare.
***
«Cosa devo fare?»
guardai Ann per la millesima volta con gli
occhi colmi di speranza e gratitudine.
«Sali fino al quindicesimo
piano, suoni alla stanza 235 e
dici che sei la cameriera, consegni la Vodka e te ne vai, non
è difficile» mi
spiegò ancora, con una pazienza infinita.
«Ci sono, vado» mi
incamminai verso l’ascensore.
«Chelsea?» mi
richiamò la donna.
«La Vodka, giusto, la
Vodka…» tornai indietro ed afferrai la
bottiglia ghiacciata per poi rincamminarmi nell’altra
direzione.
1…2…3…
“Questi piani salgono troppo
lentamente, cavolo” imprecai
diventando nervosa, dovevo pensare ad altro se non volevo che
iniziassero i
flashback.
7…8…9…
“Oh, mi sono risparmiata
qualche numero, speriamo che nessuno
schiacci il pulsantino della prenotazione” pensai un
po’ isterica, iniziando a
ticchettare sull’oggetto in metallo in cui era racchiusa la
bottiglia come un
qualcosa di prezioso.
Avrei voluto dimettermi con tutto il
cuore, ma mia madre
aveva speso fior di quattrini per la mia riabilitazione ed avevo
giurato a me
stessa che le avrei restituito tutto.
“Ecco, brava, motivati, vai
alla grande, continua così!” mi
incoraggiai mentalmente, mentre osservavo la lucina che indicava il
numero dei
piani spostarsi verso destra.
13…14…15…
Un suono lieve e l’ascensore
si fermò, le porte si spalancarono
e fui investita da una ventata d’aria fresca.
Guarda caso la stanza che mi occorreva
era esattamente di
fronte a me, imprecai in tutte le lingue che conoscevo (non erano
molte, ma “è
il pensiero che conta”, no?), mi serviva un minimo di tempo
per prepararmi.
E comunque era solo questione di
qualche secondo, avrei
dovuto consegnare la bottiglia ed andarmene, tra l’altro non
era neanche detto
che aprisse lui la porta, avrebbe benissimo potuto esserci
l’elegante e
raffinata donna dai capelli corvini.
Toc-toc
Non fu difficile, fu come strappare un
cerotto, tutto in un
colpo. Rapido ed indolore.
Indolore.
Come se bussare ad una porta potesse
far male, che cosa
divertente.
«Sì?»
rispose una voce proveniente dall’interno della stanza.
«La cameriera»
risposi atona, alzando giusto un po’ la voce
per farmi sentire meglio.
Ci fu un rapido movimento
all’interno della stanza, udii il
rumore di qualcosa spostato e mormorii, una rapida corsa ed il pomello
della
porta girò.
«Oh, scusa, sai
com’è, un po’ di trambusto»
non era stato
Oliver ad aprirmi, che coincidenza.
Speravo che non mi parlasse mai
più, ma volevo che lo
facesse, ne sentivo il bisogno.
Guardai il ragazzo sulla soglia della
porta che sorrideva
come un ebete, sbatté qualche istante le palpebre,
disorientato e poi cercò di
formulare una frase quantomeno decente:«Cerchi?».
Non proprio una frase.
Il problema più grave fu
che io capii che stesse parlando di
qualcosa di circolare, e non che fosse il verbo cercare, quindi rimasi
perplessa per qualche istante.
«Ah, forse ti ha chiamato
Oliver, ha detto di dirti che puoi
affidarla a me la Vodka» affermò grattandosi la
testa.
«Mi devo fidare?»
scherzai incerta.
«Oh, certo, oltre ad essere
bello sono anche un bravo
ragazzo!» ribatté.
“Oh, sì, anche
modesto” pensai irritata.
Non ero pratica di interazioni umane e
soprattutto non volevo
diventarlo.
Una volta suonavo la chitarra nei pub,
ero anche abbastanza
brava, mi voleva bene tantissima gente e non ero mai sola.
“Ho temuto che soffrissi di
ecmnesia”
aveva detto una volta la psichiatra, Carol; “Lo ho temuto
davvero, invece è
solo che non hai voglia di vivere nel presente” non che mi
fossi sentita
istantaneamente meglio.
Non avevo voglia di vivere, fine. Solo
che il passato
sembrava migliore e la mia mente non era masochista.
«Sono Jordan,
piacere!» mi porse una mano, nella quale
accomodai la bottiglia di Vodka, con molta grazia.
«Chelsea» risposi
con cortesia, sorridendo.
Beh, se non altro era davvero carino.
«Mi farebbe piacere offrirti
qualcosa da bere un giorno di questi»
aggiunse sbilanciandosi un po’ troppo, per i miei gusti. Ci
pensai su
seriamente; erano passati secoli da quando, l’ultima volta,
un ragazzo mi avesse
invitato da qualche parte a fare qualunque cosa ed io avessi accettato:
la
depressione aveva preso il sopravvento.
Che debole ero stata, da sempre, era
un tratto principale del
mio carattere, forse il tratto caratteristico, addirittura.
Ciò che si poteva
benissimo affrontare, per me diventava un problema insormontabile, mi
richiudevo in un guscio di eterna angoscia ed apatia e semplicemente
smettevo
di respirare.
Uno stato di passività
inarrestabile si iniziava a diffondere
nello sguardo, per poi diramarsi in tutto il corpo.
«Qualcosa da
bere?» domandai per essere sicura di non aver
sentito male.
Poi mi ritornò in mente
qualcosa.
Oliver.
Oliver.
No, cavolo, non potevo, non potevo
accettare.
«Sì, certo,
quando vuoi!» annuì amichevole, ticchettando
sulla porta di legno con le dita.
«Ci penserò su,
ora devo tornare a lavorare, ciao ciao
Jordan» conclusi salutandolo con la mano e non lasciandogli
nemmeno il tempo di
spiccicare una parola.
Non avrei di certo accettato.
***
«Mamma, sono a
casa!» volevo solo rotolarmi per terra e
piangere disperatamente, la cosa grave era che non fosse una
novità.
“Sigarette” pensai
nervosa “dove cazzo sono le mie sigarette”
imprecai correndo nella mia camera alla ricerca di pacchetti
sopravvissuti al
nervosismo.
«Chelsea!»
riconobbi all’istante la voce di Matt, mio
fratello, che mi corse incontro saltandomi letteralmente addosso e
facendomi
cadere in modo decisamente impacciato sul letto.
«Matt, sei venuto a
trovarmi!» strillai emozionata, quasi con
le lacrime agli occhi.
«Mamma non te lo ha
detto?» storse la bocca ed allentò la
presa strangolatrice.
«Sì, ma
è stata una giornata estremamente pesante, ero
sovrappensiero» ribattei continuando la mia ricerca disperata
di nicotina per
la stanza.
«Hai voglia di
parlarne?» scossi la testa ed agguantai un
pacchetto semipieno.
“Diana”
commentai
tra me e me “Che merda”.
Dovevo accontentarmi.
«Niente, ho visto
Oliver» aggiunsi con nonchalance.
«OLIVER-OLIVER?»
urlò come in preda ad un attacco di panico.
«Lui».
Non aggiunsi nient’altro,
finii la sigaretta sotto il suo
sguardo premuroso e, dopo aver constatato che mamma era andata a
dormire già da
un po’, mi infilai sotto le coperte, insultando la sveglia a
caso anche se,
poverina, la colpa non era sua.
***
«Chelsea, sai mica se sei tu
la ragazza della canzone?» disse
Jordan appena misi piede nell’hotel, il giorno seguente.
«Mi fai gli attentati? Sei
mica un gatto?» domandai dubbiosa
ed un po’ pensierosa.
«No, passavo per
caso» protestò poco credibile.
«Sì,
certo» camminai spedita verso lo spogliatoio, ma il bel
ragazzo mi seguì imperterrito.
«Allora, sei tu?»
chiese un’altra volta.
«Cosa?» non avevo
ascoltato una parola di ciò che aveva detto
in precedenza.
«La ragazza della
canzone» ripeté, armatosi di pazienza.
«Che canzone,
scusa?» ero seriamente incuriosita, perciò mi
fermai ad osservarlo.
«Non ascolti i Bring Me The
Horizon?» la sua voce dava per
scontato che fosse quasi un sacrilegio, un eresia o
quant’altro.
«No, non mi
piacciono» ribattei spietata.
«Beh, Oliver mi ha fatto
intendere che vi conoscete,
conoscevate… e… comunque,
c’è una canzone che si chiama Chelsea
smile, ti ricorda qualcosa?»
Il prato era
decisamente troppo umido per rimanerci coricata a lungo, ma a me non
importava.
Ero felice e
a me non
importava di nulla.
Avevo un
cuore
funzionante.
Le sigarette
appresso.
La lettera
scarlatta
tra le mani.
Il sole sul
viso.
Non importava
cosa
stesse succedendo intorno, dietro, davanti a me, non era di mia
competenza.
«Chelsea,
sorridi!»
scattò qualcosa come duemila fotografie quel giorno e
“Per immortalare come
sei, come sono, come saremo”, dicevi; “Basta che
non ti tagli i capelli corti, sembreresti
un coglione”, rispondevo chiudendo il discorso.
«Oliver,
dov’è Matt?»
chiesi preoccupata, lui indicò un posto troppo lontano dalla
parte del sole
accecante.
«Mh,
bene. Facci un
album con quelle foto, ci scrivi qualche cazzata poetica delle tue e lo
metti
nel cassetto delle mutande» biascicai assorta nella lettura
del mio libro.
«Oh,
mi sembra
un’ottima idea! Lo chiamerò “Chelsea
smile”» saltellò eccitato.
«Il
motivo?» domandai
curiosa.
«Non
sorridi mai, è
rara come cosa» mi sfotté.
«Vaffanculo»
fu
l’ultima cosa che dissi prima che lui si addormentasse
accanto a me, su un
asciugamano a righe blu.
«No, non mi ricorda nulla.
Proprio nulla, mi spiace» corsi
verso lo spogliatoio e mi svestii quasi con rabbia.
Com’era
possibile?
*-*-*-*
HEILA’!
E’
da un po’ che non ci si vede,
ne son consapevole.
Cioè,
se non arriva l’ispirazione
non arriva, non ci sono santi.
Spero
voi stiate Bennet :’D*
*Ahah,
come sono simpatica,
cavolo, proprio divertente!
Io
sto male. Penso di essermi
ammalata di depressione.
Come
avete passato il capodanno?
Con
amici? Parenti? Amanti? Amati?
Io
con amici e amati non ricambianti
xD (SONO UN CASO DISPERATO, GENTEEE!)
p.s.
Non sono informata sulle
vicende dei BRIMMEDEORAISON, ma ho letto di un certo Jordan Fish, del
quale non
sapevo l’esistenza xD babè :D
Concludo
augurandovi un buon 2014,
sperando che vi sia piaciuto il capitolo, ci vediamo alla prossima,
ciaociao :*
Ciao.
Fiocco.
http://www.youtube.com/watch?v=Wz9XHRBehoc
Judy.
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