QUESTO CAPITOLO E' A RATING ROSSO!!!!!
CAPITOLO
SEDICI: PARIGI
Il
viaggio durò un giorni intero. Se fossi stata umana sarei arrivata a Parigi
sfinita, invece ero fresca come una rosa.
Edward
era con me e sorrideva. “Ti porterò in giro” gli avevo detto.
Ero
stranamente entusiasta di tornare in Francia; mi era mancata più di quanto
pensassi. In Inghilterra mi ero trovata molto più che bene e Edward mi faceva
dimenticare tutte le cose brutte e fastidiose che c’erano. Non mi ero proprio
accorta di quanto mi mancasse casa.
Non
vedevo i miei genitori da qualche mese e i miei pensieri erano fissi su di
loro, sulla mia amica Angela che aveva avuto un bambino; il castello dove
abitavo, la mia camera, erano forse cambiati? E Jack mi odiava ancora?
“A cosa
pensi di così importante che ti fa corrucciare tesoro mio?”
La voce
di Edward mi riportò alla realtà e alla nostra camera di albergo.
“Ai miei
genitori… è un po’ che non li vedo, ma sembra passato così poco tempo” risposi.
Annuì.
“Avrai occasione di rivederli tranquilla” assicurò.
Uscimmo
dall’albergo dove alloggiavamo e ci dirigemmo in città a piedi. Avevo rifiutato
la carrozza, avevo così tanto da vedere che attraverso un vetro non sarebbe
stata la stessa cosa. Edward ovviamente mi seguì; assecondava sempre i miei
desideri.
Le
strade, i palazzi, le persone erano come le ricordavo. Sembrava che non fosse
cambiato niente.
“Amore,
dobbiamo andare al Palazzo Centrale o faremo tardi” annunciò Edward.
“D’accordo”
ci incamminammo tenendoci a braccetto.
Quel
pomeriggio, al Palazzo Centrale, c’era una sfilata di abiti della nuova
collezione di un nuovo stilista. A me sinceramente non importava molto, non ero
mai stata una fanatica della moda, ma Rose ed Alice avevano minacciato di
disconoscermi come cognata se non ci fossimo andati.
“Perché
non può decidere Edward?” avevo protestato.
“Perché
sai perfettamente che lui ti accontenterebbe in tutto e per tutto” aveva
risposto Alice e non potei ribattere visto che era ampiamente verificato.
Perciò,
non c’era altra soluzione che andare, anche perché se non fossimo andati Alice
avrebbe visto.
Il
Palazzo Centrale era antico e gigantesco; il giardino era curato e vi erano
fiori colorati che lo rendevano molto più vivace.
All’entrata
stavano due guardie che controllavano gli invitati. Ci avvicinammo.
“Siete
nella lista?” chiese svogliatamente una delle due.
Edward
annuì. “Si, Cullen” rispose.
La
guardia scorse la lista con il dito e si fermò in un punto. Ci osservò. “Si, ci
siete” rispose.
Edward
fece un mezzo inchino e io lo imitai, poi ci dirigemmo all’interno.
Il
Palazzo Centrale era famoso per la sua bellezza e antichità. All’interno era
freddo perché i muri di pietra non trattenevano il calore; per terra c’era, per
l’occasione ovviamente, un tappeto rosso che percorreva tutta la navata
centrale fino al palco dove si sarebbe svolta la sfilata.
Tende
rosse di velluto erano legate ai lati delle porte e numerose sedie di legno
erano sistemate davanti al palco.
“Dimmi
che non siamo in prima fila” brontolai.
Edward
ridacchiò. “Non lo so, faremo in modo di non esserci”
Gli
sorrisi e vidi in lontananza la contessina Jessica Stanley che parlava con la
sua amica. Sperai che non ci vedesse o non si sarebbe più staccata da noi.
Andò a
finire che ci sedemmo in terza fila mentre Jessica era in prima con la sua
amica Lauren. Per fortuna non ci videro.
Quando
le luci si spensero tirai un sospiro di sollievo; odiavo essere sotto gli occhi
di tutti ed era inevitabile facendo parte della famiglia reale.
Mi
attaccai al braccio di Edward e appoggiai la testa sulla sua spalla, guardando
la passerella dove sfilavano ragazze giovani e carine. Cercai di guardare
almeno un po’ gli abiti, in modo che una volta a casa, avrei saputo rispondere
alle domande di Alice.
Osservai
bene la ragazza che stava passando proprio davanti a noi: giovane e carina,
indossava un abito lungo con gale e pizzi viola su uno sfondo verde. Voto
all’accozzamento di colori: zero.
La cosa
mi interessava ben poco e infatti distolsi subito l’attenzione, pensando a
tutt’ altro. Il giorno dopo saremmo andati a trovare i miei genitori, non
vedevo l’ora.
“A che
pensi?” chiese Edward.
Alzai
gli occhi e li fissai nei suoi. “A
domani” ammisi.
Sorrise.
“Non vedi l’ora di rivedere i tuoi genitori eh?”
Annuii.
A volte sapeva capirmi davvero bene.
“Senti,
che ne dici se ce ne andiamo di qui?” propose.
“E la
sfilata?”
“T’interessa
quanto interessa a me” cioè molto poco.
“Dove
vorresti andare?” chiesi interessata.
“A fare
un giro, ho visto un bel parco da queste parti” mi fece l’occhiolino.
Accettai
senza pensarci troppo. Tutto era meglio che stare lì non solo per la sfilata di
per sé, ma anche per Jessica Stanley e tutti gli occhi puntati addosso.
Ci
alzammo e uscimmo silenziosamente dalla sala, in modo che nessuno potesse
sentirci.
“La
sfilata non è di vostro gradimento?” ci chiese la guardia che ci aveva fatto
entrare.
“La mia
signora non si sente molto bene, ha bisogno di una boccata d’aria” rispose
Edward prontamente.
La
guardia annuì e ci lasciò uscire.
Facemmo una
passeggiata lungo la Senna
e poi rientrammo all’Hotel.
Era tutto
calmo e tranquillo, tornammo in camera e ci restammo per tutta la notte.
“Vado in
bagno a rinfrescarmi” annunciai.
Edward
stava guardando fuori dalla finestra. “D’accordo”
Andai in
bagno e mi liberai del vestito ingombrante. Mi rinfrescai il collo con l’acqua
fresca e limpida.
Non ero
sudata, essendo una vampira, non avevo proprio bisogno di rinfrescarmi, ma
l’acqua fresca che scorreva sulla mia pelle diafana era un piacere vero e
proprio.
Presi il
vestito e lo portai in camera, lo posai ai piedi del letto.
“Ti eri
stancata di quella specie di tenda eh” ridacchiò.
Sorrisi.
“Sto molto meglio così” ammisi. La sottoveste di seta bianca era molto meno
ingombrante e molto più comoda.
Mi
avvicinai alla finestra e guardai fuori.
La città
sotto di noi era illuminata e bellissima, viva.
“La notte
che vive” sentii Edward mormorare.
Appoggiai
la testa sulla sua spalla. “Si… è bellissima la città… ma mi manca Londra”
ammisi.
Mi guardò.
“Ti manca? Ma Bella, sei a casa qui tesoro”
Scossi la
testa. “La mia casa ormai è con Alice e tutti voi… si, qui mi piace, mi è
mancata questa casa, ma non la sento più come mia”
Le sue
braccia circondarono la mia vita. “Sai che mi rende felice questo? Mi sono
spesso domandato se fosse giusto strapparti a questo posto, alla tua famiglia”
Appoggiai
il mento sul suo petto. “Non chiedertelo, non mi hai strappata a niente. Ti amo
e voglio stare con te”
Avvicinò le
sue labbra alle mie in un bacio dolce e lieve. Non mi bastava, volevo di più.
Mi alzai
sulla punta dei piedi e lo bacia con trasporto, assaporando le sue labbra
dolci; il suo alito afrodisiaco.
Sentivo il
suo respiro nella bocca e un brivido risalire lungo la schiena.
La sua mano
si posò sul mio fianco, leggera, mentre le sue labbra morbide si muovevano
sopra le mie, con le mie. Gli passai una mano tra i capelli; prima li
intrecciai alle dita, poi spinsi la sua testa verso la mia, lo volevo più
vicino.
Le sue
braccia mi cinsero i fianchi e le sue labbra divennero urgenti, più sicure.
Sentii la sua lingua umida sfiorarmi e la mia risposta fu pronta. Mi lascia
andare contro di lui e intrecciai la lingua alla sua, assaporandolo, invadente.
Le mie mani
percorsero il suo collo, le sue spalle. Vagavano senza controllo in quel corpo
perfetto, in quella statua.
Lo presi
per la giacca e lo tirai sul letto, sopra di me. Con le labbra percorsi il suo
mento, la mascella e il collo.
“Bella”
sospirò “Mi stai provocando”
Un senso di
soddisfazione montò dentro di me e non potei non sorridere. Era quello che
stavo provando a fare e sembrava che ci riuscissi bene.
Gli
mordicchiai piano l’orecchio e con la punta della lingua percorsi il lobo.
“Edward” alitai.
Lo sentii
sospirare sul mio collo e le sue labbra si dischiusero magicamente, leccando
ogni centimetro in cui posava un bacio. La sua lingua umida lasciava una scia
rovente dove passava.
Gli tolsi
la giacca e la gettai a terra. Sospirò di nuovo. Ad ogni mio gesto sospirava o
gemeva.
Da quanto
aspettava che mi facessi avanti?
Presi la
sua mano e la portai sul mio seno. Lo strinse gentilmente e con il pollice
stuzzicò il capezzolo ormai turgido.
Sospirai.
Le sue mani sul mio corpo erano un brivido continuo. Ogni gesto faceva crescere
un desiderio smodato di sentirlo vicino, su di me, dentro di me.
Le sue
labbra percorsero più volte il mio collo e, arrivate alla gola, presero a
scendere piano.
Infilai le
mani sotto la sua camicia e percorsi la sua spina dorsale con un dito: su e
giù. Sentii i suoi muscoli tremare sotto al mio tocco lieve.
Con una
mano percorse il mio fianco, la mia gamba e arrivò al lembo della sottoveste.
Lo afferrò e tirò su la veste, fino a toglierla. Con un fruscio cadde a terra.
Se fossi
stata umana le mie guance sarebbero state rosse, infuocate, invece in quel
momento la mia mente era piena di lui, dei suoi baci, del sentimento che ci
univa, di noi. E non m’importava se per la prima volta mi vedeva nuda, dei miei
difetti, della sua perfezione. C’eravamo solo io e lui, nella nostra bolla privata.
La sua
bocca nel frattempo era scesa fino al mio seno, baciava la mia pelle come fosse
la più preziosa. Ogni centimetro assaporato come stesse assaggiando miele.
E quando le
sue labbra si chiusero intorno al mio capezzolo affondai le dita sulla sua
schiena, quasi graffiandolo. Ora più che mai stuzzicava quell’onda vogliosa che
dentro di me aspettava di esplodere.
Mi
stuzzicava con la lingua, con i denti. Gli strappai la camicia.
Toccare il
suo petto, passare le mani sui suoi addominali era diventato urgente e a
sbottonare la camicia per toglierla mi sembrava di impiegare un’eternità. La
ridussi a brandelli.
La sua
pelle profumata e liscia era assolutamente stupefacente, tutto il suo corpo lo
era.
Le nostre
mani vagavano sui nostri corpi libere e istintive. Non sapevo niente
sull’argomento e anche Edward non aveva certo più esperienza di me, eppure i
nostri movimenti erano istintivi, gesti naturali.
Lo bacia
sul collo, assaporandolo e scesi giù, verso il suo petto che tante volte mi
aveva stretta e protetta. Lo adoravo così tanto.
Accarezzai
ogni centimetro di quella pelle setosa, stringendolo a me spasmodicamente, come
se potesse scappare da un momento all’altro.
Incrocia il
suo sguardo e fui sorpresa: vi leggevo passione, lussuria e voglia.
Ovunque mi
sfiorasse il mio corpo si accendeva di un calore nuovo e sempre maggiore. Mi
accarezzava con una delicatezza infinita.
Le sue mani
vagavano senza sosta, sentii il suo tocco leggero sulla pancia; mi accarezzava
l’interno coscia, lieve.
Mi sembrava
di stare per impazzire; le sue labbra, le sue mani, la sua lingua… ogni parte
del suo corpo mi chiamava, gridava il mio nome.
“A-ah…”
aprii bocca per dire qualcosa ma ne uscii un gemito che sembrava un ulteriore
invito, se mai ne avesse avuto bisogno.
Le sue
labbra lasciarono il mio seno per catturare di nuovo le mie in un bacio pieno
di passione.
Con mani
tremanti gli slacciai i pantaloni e con il suo aiuto li tolsi. Ero emozionata,
agitata eppure tremendamente felice. Una delle sue mani scivolò tra le mie
gambe; mi stuzzicava con voluttuose carezze. Sul suo viso c’era stampato un
sorriso di compiacimento.
Ci
baciavamo come se fosse la prima volta; sentii la sua erezione premere sul mi
interno coscia e ne fui eccitata.
Lo strinsi
per le spalle, tirandolo a me e le sue labbra all’orecchia mi sussurravano
parole dolci, d’amore.
Entrò in me
piano, cercando di essere il più delicato possibile e quando mi sfuggì un
debole lamento si fermò per qualche secondo, nel tentativo di lenire il dolore.
Fu come
fondersi in una cosa sola, un solo corpo, una sola anima. Eravamo uniti fin nel
profondo e in quel momento sembrava che niente e nessuno potesse mai dividerci.
Le nostre anime si appartenevano.
Lo sentivo
gemere sommessamente, sospirare contro la mia pelle; il suo sguardo colmo di
piacere e lussuria era per me un’immensa gioia. Ed ero sicura di avere lo
stesso sguardo. I nostri gemiti si confondevano e divenivano una dolce melodia
intorno a noi.
Era così
bello sentirlo mio, dentro di me; così giusto. Potevo esprimergli finalmente
tutto il mio amore, ogni singolo centimetro di me era per lui, cantava il suo
nome.
E l’onda di
piacere dentro di noi cresceva e cresceva, fino a inondarci e trascinarci
all’orgasmo.
Mi
avvinghiai a lui, nel tentativo di mantenere vive quelle sensazioni e di
prolungarle. Lui fece lo stesso.
Rimanemmo
sfiniti, sul letto, abbracciati e uniti per sempre.
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