4.
The Truth
«Mio
padre???»
La
ragazza annuì non curandosi del rumore della sedia di Connor
che si ribaltava dietro di lui per la foga con cui il ragazzo si era
messo in piedi.
Jack,
l'uomo che aveva aperto poco prima la porta, sobbalzò alla
reazione del ragazzo. Era vero che, come amico di Aveline, quella non
era stata la prima volta in cui il dottore si era ritrovato a dover
aiutare la ragazza con le sue cure. Lei, però, lo aveva
sempre tenuto il più possibile fuori dai problemi della
confraternita, tanto che Jack non sapeva nemmeno chi fossero i templari
e ancor più né lui né la sua famiglia
avevano la minima idea che l'uomo che gli era stato chiesto di tener
nascosto fosse il Gran Maestro dei templari delle Colonie.
Proprio
per questo motivo quando Aveline si era ritrovata costretta a spiegare
tutta la faccenda cercò di non far trapelare la vera
identità di Haytham, ben sapendo che Connor avrebbe compreso
la sua linea di pensiero. La spiegazione comunque si risolse essere una
cosa piuttosto veloce in quanto Aveline era molto più
preoccupata a pensare dove il fuggiasco potesse essere sparito rispetto
a fornire un resoconto dettagliato dei ma e dei perché della
situazione. In ogni caso, ben più in subbuglio, era la mente
di Connor che, dopo il racconto, era rimasto ancora in piedi, teso come
una corda di violino, con i pugni stretti così forte da
imbiancarne le nocche.
Suo
padre era vivo. Salvato da Aveline poco dopo che lui lo aveva lasciato
con una ferita mortale al collo. Salvato, da quanto aveva fatto capire
la donna, per ottenere informazioni in primo luogo, ma non solo.
Aveline non lo aveva detto, ma il ragazzo aveva intenso che il suo
salvataggio era stato dettato anche dal poco convincente combattimento
a cui gli occhi dell'Assassina avevano assistito. Glielo aveva detto
anche l'altra sera. Haytham non sembrava aver fatto sul serio quella
notte e se ciò corrispondesse al vero Aveline non era
l’unica a voler sapere il perché di un tale
comportamento.
«è
inutile rimane qui a discutere. Dobbiamo trovarlo»
Connor
si riscosse al suono della voce della sua consorella. Aveva ragione,
Haytham andava trovato e alla svelta. Fortunatamente la sua fuga non
doveva risalire a più di qualche ora fa in quanto il padrone
di casa, che Connor aveva scoperto poco fa essere un dottore amico di
Aveline, lo aveva visitato nel primo pomeriggio notando oltretutto una
salute in netto miglioramento. E un Haytham in buona salute, gli
Assassini lo sapevano bene, era una potenziale minaccia che andava
fermata, o perlomeno arginata, al più presto.
«Ho
un'idea di dove possa essere andato, ma potrei sbagliarmi quindi
Aveline, troverai sicuramente Doby al Black Horse, fatti aiutare da lei
e insieme agli altri adepti perlustrate New York da cima a fondo. Manda
anche un gruppo a Boston anche se c'è meno
possibilità che si sia diretto li, ma è meglio
non lasciare nulla di intentato. Io mi occuperò della
frontiera. Mio padre è un ottimo spadaccino e un uomo dalle
mille risorse, ma l'inverno in avvicinamento rende la foresta un
difficile luogo di adattamento anche per gente come lui.»
«Tu
invece ti ci senti a tuo agio, giusto? D'accordo allora, lascia le
città a noi. A te la ricerca tra gli alberi.»
«Quell'uomo
è davvero così pericoloso come lo
dipingete?» Chiese all'improvviso una voce femminile che
apparteneva alla moglie di Jack seduta anch'ella nella stanza.
Connor
non rispose, si limitò ad annuire, con quanta convinzione
non lo sappe dire nemmeno lui.
«Però...»
tentò di continuare la donna.
«Smettila
Jenny, lo sai che non dobbiamo impicciarci degli affari di Aveline e
dei suoi amici»
Connor
si pietrificò al suono del nome della donna. Si volse verso
di lei e si ritrovò a domandare un'ovvietà.
«Vi
chiamate Jenny?»
La
moglie guardò il ragazzo, ignorando il marito e
annuì osservando con particolare attenzione il volto del
giovane.
«Avete
fatto la stessa espressione che Mr. Haytham mi ha riservato una volta
saputo il mio nome...» aggiunse poi a mò di
domanda implicita.
Connor
colse quella curiosità nel tono della donna e portando lo
sguardo al pavimento le rispose con voce calma e asciutta.
«Avete
lo stesso nome di sua sorella...»
«Oh!ora
capisco. Le deve essere successo qualcosa di brutto allora»
«Perchè
dite questo?» chiese Connor alzando nuovamente gli occhi
sulla signora.
«Perchè
mi guardava spesso con un'espressione molto dolce e nostalgica. Per
questo mi riesce difficile capire la preoccupazione con la quale sia
voi che Aveline avete dimostrato alla sua scomparsa. Poi se non ho
capito male, quell'uomo è vostro padre, non è
forse così?»
«In
effetti ho notato subito che vi assomigliate parecchio»
aggiunse il marito di Jenny.
«Si,
egli è mio padre» ammise Connor rivolgendo la sua
attenzione al dottore.
In
quei pochi attimi gli era sembrato di essere solo in quella piccola
stanza e per questo sussultò quando Aveline gli mise una
mano sulla spalla.
«Sarà
meglio che ci sbrighiamo» gli disse, forse anche per aiutarlo
ad uscire da un discorso che avrebbe potuto ferirlo in qualche modo. La
donna sapeva che Connor aveva finito di leggere solo la sera prima le
memorie del padre e immaginò che i suoi sentimenti in merito
fossero ancora in fase di assestamento.
«Si»
le rispose facendo un passo verso la porta. Ma ancora una volta la voce
di Jenny lo fermò a pochi passi dall'uscita.
«Avete
intenzione di ucciderlo?» chiese con un tono che malcelava
dolore e sofferenza.
Connor
non ebbe tempo di rispondere e nemmeno di pensare a cosa rispondere che
la porta finora rimasta chiusa si aprì di colpo. Entrarono
due bambini piuttosto piccoli che si avventarono contro l'Assassino.
Erano un maschio e una femmina. La bambina era più piccola,
attorno ai 5 anni, il ragazzino invece ne avrebbe potuti avere qualcuno
in più. Connor avrebbe potuto azzardare un otto anni almeno,
ma ciò che più gli saltò all'occhio
era il cappello che il bimbo portava in testa. Lo avrebbe riconosciuto
tra mille, era quello di suo padre!
«Non
uccidete Mr. Haytham!!!Non è cattivo mi ha regalato il suo
cappello» urlò il bambino sbattendo i piccoli
pugni contro una gamba di Connor.
«A
me ha regalato un cavallino fatto con il legno» gli fece eco
la sorella tirando il cappotto bianco e azzurro del ragazzo.
«Mr.
Haytham è buono. Non fargli male» finirono poi
entrambi all'unisono ripetendo quella frase più e
più volte.
Jack
si avvicinò pochi attimi dopo, anche lui preso alla
sprovvista dall'entrata dei due figli.
«Milly,
Richard che ci fate qui? Vi avevo detto di andare a dormire!»
li riproverò cercando di staccarli dai vestiti di Connor.
«Non sono cose che vi riguardano» concluse.
Connor
era impietrito, ma non abbastanza da non rendersi conto che i bambini
avevano iniziato a piangere uno abbracciando il cappello blu del padre
e l'altra stringendo forte il tessuto del suo vestitino rosso. Suo
padre stava così a cuore a due anime innocenti come quei due
bambini? Lo stesso uomo che aveva visto uccidere persone a sangue
freddo senza provare un briciolo di rimorso? Lo stesso uomo che
però, ora Connor sapeva, aveva salvato lui stesso da morte
certa sul patibolo. Lo stesso uomo che aveva passato la vita a cercare
l'assassino di suo padre. Lo stesso uomo che aveva mosso mari e monti
per salvare la sorella prima e colui che era diventato il suo miglior
amico poi. Lo stesso uomo che aveva lasciato andare due Assassini e non
aveva cercato vendetta anche se uno di questi lo aveva ferito quasi a
morte...
Haytham
Kenway, chi era davvero suo padre?
Preso
da mille dubbi Connor si sistemò il cappuccio sulla testa
per nascondere il volto, mentre ai suoi piedi vide anche Jenny che si
avvicinò nel tentativo di aiutare il marito a
tranquillizzare i figli.
«State
tranquilli bambini. Sono sicura che Connor voglia solo parlare con Mr.
Haytham. Non ho forse ragione?» chiese poi alzando gli occhi
verso il ragazzo.
Connor
la guardò da sotto il tessuto del cappuccio e si
ritrovò ad annuire con più convinzione di quanto
credesse. Quelle parole stranamente lo calmarono. Si, in fondo avrebbe
solo dovuto parlare con lui e forse tutto si sarebbe sistemato.
Si
abbassò a livello dei ragazzini e mise una mano sulla testa
di entrambi accarezzando loro i capelli dolcemente.
«Non
voglio fargli del male - disse- voglio solo fargli qualche
domanda»
I
due bimbi lo guardarono, le lacrime ancora visibili sui piccoli volti
paffuti.
«Davvero?»
chiesero pulendosi il naso con i dorso della manina.
«Certo»
rispose lui con un sorriso e i ragazzini si guardarono prima di mimare
un sorriso a loro volta.
«Hai
il suo stesso sorriso!» esclamarono entrambi indicando il
giovane Assassino.
«Ma
Mr. Haytham è più bello!» aggiunse la
bambina con cipiglio.
Aveline
sorrise mentre Jenny cercò di nascondere la risata
rimproverando la figlia con pugnetto scherzoso sulla testolina bionda.
«Milly,
non è carino da dirsi per Connor»
«Ma
è vero» si difese la ragazzina.
Aveline
si avvicino e anche lei si abbassò a livello della bimba.
«Ma
lo sai che Mr. Haytham è vecchio forse più del
tuo papà?» chiese con tono ilare.
«E
allora? anche il mio papà è bello
infatti!» decretò con soddisfazione Milly
guardando il proprio padre ancora in ginocchio vicino a loro.
«Quindi
Mr Haytham è meglio anche di me?» chiese Jack
fingendo tristezza e delusione.
La
bambina scosse violentemente la testa e si buttò tra le
braccia dell'uomo. « No No!! Il mio papà
è il più bello e il migliore del
mondo!» Urlò stringendo forte il padre tra le
piccole braccine.
Jack
sorrise contraccambiando l'abbraccio e sia Jenny che Aveline notarono
come lo sguardo di Connor si fece dolce e sofferente allo stesso tempo
mentre guardava padre e figlia abbracciati e sorridenti. Ma Aveline
sapeva che non c'era tempo per rimanere li a farsi prendere dai
sentimenti, quindi si fece forza e mise nuovamente una mano sulla
spalla di Connor per spronarlo ad andare. Il ragazzo si volse verso di
lei e annuì con prontezza, alzandosi in piedi seguito subito
dalla sua consorella. Fece un passo verso la porta ma dovette fermarsi
nuovamente quando sentì il cappotto tirare alla base. Guardo
in basso e la manina di Milly teneva forte il tessuto, sul volto
un'espressione decisa che poco sembrava quella di una bambina. Connor
le sorrise e le accarezzò nuovamente la testa,
guardò anche Richard e annuì ad entrambi.
«Non
gli farò nulla» ribadì e si sorprese di
sentire così tanta convinzione e sincerità nella
sua stessa voce.
I
bambini colsero quella sincerità e mentre Milly
lasciò il cappotto, Richard annuì con forza al
ragazzo come a dargli la sua approvazione.
Connor
uscì dalla casa poco dopo seguito da Aveline.
Saltò sul cavallo dopo aver dato alla compagna le ultime
raccomandazioni sulla ricerca da imbastire e partì al
galoppo verso la frontiera.
Si
sentiva più leggero e tranquillo di prima. Grazie a quei due
bambini ora era più sicuro dei suoi sentimenti e forse anche
più pronto ad affrontare un padre che credeva di aver ucciso
con le proprie mani. Un padre che, sperava, avrebbe ritrovato in tempo
per un nuovo inizio.
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