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Autore: ArashiStorm    14/01/2014    2 recensioni
[SPOILER per la fine di ACIII]
...Lo aveva perso, anzi lo aveva ucciso lui stesso, poco più di un mese fa. Le sue mani potevano dirsi ancora bagnate del suo sangue, anche se non solo del suo, perché insieme a quello di Haytham Kenway, dalla lama celata che teneva al braccio, colava anche il sangue, ben più odiato, di Charles Lee. E se non provava nessun pentimento per quell'ultimo omicidio, lo stesso non poteva dirsi del macigno che sentiva nel cuore per l'uccisione del padre. Soprattutto ora che, dopo la lettura del suo diario, era riuscito, forse, a capirlo anche se ancora non sapeva se sarebbe riuscito a perdonarlo...
Genere: Angst, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Aveline de Grandpré, Connor Kenway, Haytham Kenway, Kaniehtì:io (Ziio)
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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4. The Truth

«Mio padre???»
La ragazza annuì non curandosi del rumore della sedia di Connor che si ribaltava dietro di lui per la foga con cui il ragazzo si era messo in piedi. 
Jack, l'uomo che aveva aperto poco prima la porta, sobbalzò alla reazione del ragazzo. Era vero che, come amico di Aveline, quella non era stata la prima volta in cui il dottore si era ritrovato a dover aiutare la ragazza con le sue cure. Lei, però, lo aveva sempre tenuto il più possibile fuori dai problemi della confraternita, tanto che Jack non sapeva nemmeno chi fossero i templari e ancor più né lui né la sua famiglia avevano la minima idea che l'uomo che gli era stato chiesto di tener nascosto fosse il Gran Maestro dei templari delle Colonie.
Proprio per questo motivo quando Aveline si era ritrovata costretta a spiegare tutta la faccenda cercò di non far trapelare la vera identità di Haytham, ben sapendo che Connor avrebbe compreso la sua linea di pensiero. La spiegazione comunque si risolse essere una cosa piuttosto veloce in quanto Aveline era molto più preoccupata a pensare dove il fuggiasco potesse essere sparito rispetto a fornire un resoconto dettagliato dei ma e dei perché della situazione. In ogni caso, ben più in subbuglio, era la mente di Connor che, dopo il racconto, era rimasto ancora in piedi, teso come una corda di violino, con i pugni stretti così forte da imbiancarne le nocche. 

Suo padre era vivo. Salvato da Aveline poco dopo che lui lo aveva lasciato con una ferita mortale al collo. Salvato, da quanto aveva fatto capire la donna, per ottenere informazioni in primo luogo, ma non solo. Aveline non lo aveva detto, ma il ragazzo aveva intenso che il suo salvataggio era stato dettato anche dal poco convincente combattimento a cui gli occhi dell'Assassina avevano assistito. Glielo aveva detto anche l'altra sera. Haytham non sembrava aver fatto sul serio quella notte e se ciò corrispondesse al vero Aveline non era l’unica a voler sapere il perché di un tale comportamento.
«è inutile rimane qui a discutere. Dobbiamo trovarlo»

Connor si riscosse al suono della voce della sua consorella. Aveva ragione, Haytham andava trovato e alla svelta. Fortunatamente la sua fuga non doveva risalire a più di qualche ora fa in quanto il padrone di casa, che Connor aveva scoperto poco fa essere un dottore amico di Aveline, lo aveva visitato nel primo pomeriggio notando oltretutto una salute in netto miglioramento. E un Haytham in buona salute, gli Assassini lo sapevano bene, era una potenziale minaccia che andava fermata, o perlomeno arginata, al più presto.

«Ho un'idea di dove possa essere andato, ma potrei sbagliarmi quindi Aveline, troverai sicuramente Doby al Black Horse, fatti aiutare da lei e insieme agli altri adepti perlustrate New York da cima a fondo. Manda anche un gruppo a Boston anche se c'è meno possibilità che si sia diretto li, ma è meglio non lasciare nulla di intentato. Io mi occuperò della frontiera. Mio padre è un ottimo spadaccino e un uomo dalle mille risorse, ma l'inverno in avvicinamento rende la foresta un difficile luogo di adattamento anche per gente come lui.»

«Tu invece ti ci senti a tuo agio, giusto? D'accordo allora, lascia le città a noi. A te la ricerca tra gli alberi.»

«Quell'uomo è davvero così pericoloso come lo dipingete?» Chiese all'improvviso una voce femminile che apparteneva alla moglie di Jack seduta anch'ella nella stanza.

Connor non rispose, si limitò ad annuire, con quanta convinzione non lo sappe dire nemmeno lui.

«Però...» tentò di continuare la donna.

«Smettila Jenny, lo sai che non dobbiamo impicciarci degli affari di Aveline e dei suoi amici»

Connor si pietrificò al suono del nome della donna. Si volse verso di lei e si ritrovò a domandare un'ovvietà.

«Vi chiamate Jenny?»

La moglie guardò il ragazzo, ignorando il marito e annuì osservando con particolare attenzione il volto del giovane.

«Avete fatto la stessa espressione che Mr. Haytham mi ha riservato una volta saputo il mio nome...» aggiunse poi a mò di domanda implicita.

Connor colse quella curiosità nel tono della donna e portando lo sguardo al pavimento le rispose con voce calma e asciutta.

«Avete lo stesso nome di sua sorella...»

«Oh!ora capisco. Le deve essere successo qualcosa di brutto allora»

«Perchè dite questo?» chiese Connor alzando nuovamente gli occhi sulla signora.

«Perchè mi guardava spesso con un'espressione molto dolce e nostalgica. Per questo mi riesce difficile capire la preoccupazione con la quale sia voi che Aveline avete dimostrato alla sua scomparsa. Poi se non ho capito male, quell'uomo è vostro padre, non è forse così?»

«In effetti ho notato subito che vi assomigliate parecchio» aggiunse il marito di Jenny.

«Si, egli è mio padre» ammise Connor rivolgendo la sua attenzione al dottore.
In quei pochi attimi gli era sembrato di essere solo in quella piccola stanza e per questo sussultò quando Aveline gli mise una mano sulla spalla.

«Sarà meglio che ci sbrighiamo» gli disse, forse anche per aiutarlo ad uscire da un discorso che avrebbe potuto ferirlo in qualche modo. La donna sapeva che Connor aveva finito di leggere solo la sera prima le memorie del padre e immaginò che i suoi sentimenti in merito fossero ancora in fase di assestamento.

«Si» le rispose facendo un passo verso la porta. Ma ancora una volta la voce di Jenny lo fermò a pochi passi dall'uscita.

«Avete intenzione di ucciderlo?» chiese con un tono che malcelava dolore e sofferenza.

Connor non ebbe tempo di rispondere e nemmeno di pensare a cosa rispondere che la porta finora rimasta chiusa si aprì di colpo. Entrarono due bambini piuttosto piccoli che si avventarono contro l'Assassino. Erano un maschio e una femmina. La bambina era più piccola, attorno ai 5 anni, il ragazzino invece ne avrebbe potuti avere qualcuno in più. Connor avrebbe potuto azzardare un otto anni almeno, ma ciò che più gli saltò all'occhio era il cappello che il bimbo portava in testa. Lo avrebbe riconosciuto tra mille, era quello di suo padre!

«Non uccidete Mr. Haytham!!!Non è cattivo mi ha regalato il suo cappello» urlò il bambino sbattendo i piccoli pugni contro una gamba di Connor.

«A me ha regalato un cavallino fatto con il legno» gli fece eco la sorella tirando il cappotto bianco e azzurro del ragazzo.

«Mr. Haytham è buono. Non fargli male» finirono poi entrambi all'unisono ripetendo quella frase più e più volte.

Jack si avvicinò pochi attimi dopo, anche lui preso alla sprovvista dall'entrata dei due figli.

«Milly, Richard che ci fate qui? Vi avevo detto di andare a dormire!» li riproverò cercando di staccarli dai vestiti di Connor. «Non sono cose che vi riguardano» concluse.

Connor era impietrito, ma non abbastanza da non rendersi conto che i bambini avevano iniziato a piangere uno abbracciando il cappello blu del padre e l'altra stringendo forte il tessuto del suo vestitino rosso. Suo padre stava così a cuore a due anime innocenti come quei due bambini? Lo stesso uomo che aveva visto uccidere persone a sangue freddo senza provare un briciolo di rimorso? Lo stesso uomo che però, ora Connor sapeva, aveva salvato lui stesso da morte certa sul patibolo. Lo stesso uomo che aveva passato la vita a cercare l'assassino di suo padre. Lo stesso uomo che aveva mosso mari e monti per salvare la sorella prima e colui che era diventato il suo miglior amico poi. Lo stesso uomo che aveva lasciato andare due Assassini e non aveva cercato vendetta anche se uno di questi lo aveva ferito quasi a morte...

Haytham Kenway, chi era davvero suo padre?

Preso da mille dubbi Connor si sistemò il cappuccio sulla testa per nascondere il volto, mentre ai suoi piedi vide anche Jenny che si avvicinò nel tentativo di aiutare il marito a tranquillizzare i figli.
«State tranquilli bambini. Sono sicura che Connor voglia solo parlare con Mr. Haytham. Non ho forse ragione?» chiese poi alzando gli occhi verso il ragazzo.

Connor la guardò da sotto il tessuto del cappuccio e si ritrovò ad annuire con più convinzione di quanto credesse. Quelle parole stranamente lo calmarono. Si, in fondo avrebbe solo dovuto parlare con lui e forse tutto si sarebbe sistemato.

Si abbassò a livello dei ragazzini e mise una mano sulla testa di entrambi accarezzando loro i capelli dolcemente.

«Non voglio fargli del male - disse- voglio solo fargli qualche domanda»

I due bimbi lo guardarono, le lacrime ancora visibili sui piccoli volti paffuti. 

«Davvero?» chiesero pulendosi il naso con i dorso della manina.

«Certo» rispose lui con un sorriso e i ragazzini si guardarono prima di mimare un sorriso a loro volta.

«Hai il suo stesso sorriso!» esclamarono entrambi indicando il giovane Assassino.

«Ma Mr. Haytham è più bello!» aggiunse la bambina con cipiglio.

Aveline sorrise mentre Jenny cercò di nascondere la risata rimproverando la figlia con pugnetto scherzoso sulla testolina bionda.

«Milly, non è carino da dirsi per Connor»

«Ma è vero» si difese la ragazzina.

Aveline si avvicino e anche lei si abbassò a livello della bimba.

«Ma lo sai che Mr. Haytham è vecchio forse più del tuo papà?» chiese con tono ilare.

«E allora? anche il mio papà è bello infatti!» decretò con soddisfazione Milly guardando il proprio padre ancora in ginocchio vicino a loro.

«Quindi Mr Haytham è meglio anche di me?» chiese Jack fingendo tristezza e delusione.

La bambina scosse violentemente la testa e si buttò tra le braccia dell'uomo. « No No!! Il mio papà è il più bello e il migliore del mondo!» Urlò stringendo forte il padre tra le piccole braccine.

Jack sorrise contraccambiando l'abbraccio e sia Jenny che Aveline notarono come lo sguardo di Connor si fece dolce e sofferente allo stesso tempo mentre guardava padre e figlia abbracciati e sorridenti. Ma Aveline sapeva che non c'era tempo per rimanere li a farsi prendere dai sentimenti, quindi si fece forza e mise nuovamente una mano sulla spalla di Connor per spronarlo ad andare. Il ragazzo si volse verso di lei e annuì con prontezza, alzandosi in piedi seguito subito dalla sua consorella. Fece un passo verso la porta ma dovette fermarsi nuovamente quando sentì il cappotto tirare alla base. Guardo in basso e la manina di Milly teneva forte il tessuto, sul volto un'espressione decisa che poco sembrava quella di una bambina. Connor le sorrise e le accarezzò nuovamente la testa, guardò anche Richard e annuì ad entrambi.

«Non gli farò nulla» ribadì e si sorprese di sentire così tanta convinzione e sincerità nella sua stessa voce.

I bambini colsero quella sincerità e mentre Milly lasciò il cappotto, Richard annuì con forza al ragazzo come a dargli la sua approvazione.

Connor uscì dalla casa poco dopo seguito da Aveline. Saltò sul cavallo dopo aver dato alla compagna le ultime raccomandazioni sulla ricerca da imbastire e partì al galoppo verso la frontiera.

Si sentiva più leggero e tranquillo di prima. Grazie a quei due bambini ora era più sicuro dei suoi sentimenti e forse anche più pronto ad affrontare un padre che credeva di aver ucciso con le proprie mani. Un padre che, sperava, avrebbe ritrovato in tempo per un nuovo inizio.
  
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