Capitolo
12: Luci nella foresta
Era
ovvio che Komui avesse volutamente omesso qualcosa, nel spiegare cosa
significasse essere Esorcisti. Ed era ancora più ovvio che
avesse preferito nascondere le parti più truculente del
discorso
al fine di dipingere quel compito ingrato come una sana e meravigliosa
lotta per la giustizia, dove tutti zampettavano allegri come micetti
verso un fronte dal quale forse non avrebbero mai fatto ritorno, se non
morti o ridotti in polvere.
E
benché Leda avesse intuito qualcosa, non ne aveva fatto
parola
con nessuno per evitare di porgere domande sconvenienti al Supervisore
o a qualche altro membro della sezione scientifica; cosa del tutto
innaturale da parte sua, doveva ammetterlo, ma si trattava di una
gentilezza che gli aveva concesso unicamente per ripagarlo del supporto
morale che si era offerto più volte di prestargli, sia a lei
che
ad Alan.
Quindi
senza esitare aveva obbedito docile e mansueta a tutte le indicazioni
che le erano state date, annuendo convinta alle spiegazioni di Linalee
e di tutto il personale che le spiegò come funzionava quel
formicaio di falsi martiri, con il sorriso sulle labbra come a voler
attutire l'impatto dell'essere stata d'improvviso catapultata in un
mondo nuovo e mai visto prima.
Eppure,
nonostante lo sfarzo nauseante nel quale era stato avvolto ogni singolo
mattone di quel postaccio al fine di renderlo migliore ai suoi occhi
inesperti, su un bel po' di cose si guardò dal commentare.
Non
voleva certo offenderli.
Prima
fra tutti, i bagni, o come a Komui piaceva chiamarle, 'terme'. La
sensazione di disgusto era tale che Leda non volle nemmeno guardarle.
La peculiarità di quelle vasche di roccia circondate da
paraventi orientali immersi nel vapore, stava nel fatto di essere
unicamente un mezzo di rilassamento, al quale si sarebbe potuto
accedere solo una volta ripuliti nelle docce. Come se in quel cruciale
momento ci
si potesse permettere il lusso di stare a mollo in schifosi sali
dall'odore stucchevole, sprecando preziosa acqua potabile che nel mondo
scarseggiava a causa della sua contaminazione con la Dark Matter.
Molte falde idriche erano state avvelenate dal veleno degli
Akuma, compromettendo le principali reti di ricambio dell'acqua, e di
conseguenza la salute della popolazione. Non era un caso se molti
villaggi erano stati svuotati, benché mai intaccati
dall'esercito del Conte. Quando un fiume veniva infettato, la piaga
arrivava ovunque. Senza esclusioni.
Per questo i sopravvissuti alla catastrofe si erano radunati nei pochi
rifugi sicuri rimasti. O almeno, era quello che Leda credeva che
fossero, fino a che la sua nuova casa non era stata devastata e i suoi
abitanti trucidati senza pietà.
A una richiesta del Supervisore di 'provare
sulla propria pelle la sensazione di benessere', aveva energicamente
scosso la testa declinando l'invito con un sorrisetto nervoso di
circostanza. Alan aveva fatto lo stesso, solo con più
naturalezza. Lui era abituato a dire ciò che pensava, e
infatti
domandò perché ci si dovesse lavare due volte. Ma
si
sentì rispondere solo: "Nel nostro paese è
un'usanza
fondamentale!".
Decisamente
Leda non volle approfondire la cultura cinese. Girò i tacchi
e si dileguò.
Tra i vari luoghi visitati in seguito, solo uno fu abbastanza piacevole
da attirare la sua attenzione: si trattava di un'area immensa, aperta,
attraversata da
grosse colonne di pietra arricchite da eleganti decorazioni dei
più svariati colori. Komui la chiamò la "Sala
Allenamenti".
Per la neo
Esorcista fu come scoprire la mitica città di Eldorado.
Questa volta però, l'immenso spazio che le veniva offerto,
parzialmente immerso in una nebbia nata dalla
condensazione che
raggelava l'ambiente, era vero. Vero e tangibile. E per lei, molto
presto, avrebbe assunto un'importanza a dir poco vitale. La sua mente
immaginò una serie di ricordi che forse a breve avrebbe
vissuto, potendo così grazie ad essi riempire la sua memoria
logorata solo
da sofferenza e lacrime.
Perché per lei quello non era altro che un nuovo inizio, una
rinascita dalle ceneri del disastro; un bocciolo verde e rigoglioso che
spuntava nel caos di fiamme e sangue della sua mente, pronto a
sommergere con le sue future e vigorose radici quel che il dolore aveva
avvizzito, per ridonargli una fresca e nuova vita. L'allenamento
sarebbe
stato il principio. La battaglia, lo scopo. La vittoria, la sola ed
unica meta concepibile.
Alan mostrò un particolare interesse per la cucina. A dirla
tutta però, non superava neanche lontanamente l'interesse
che
il capo cuoco nutriva per lui: un insolito attaccamento che ad
ogni secondo minacciava di sfociare in scompigliate di capelli e
carinerie varie portate al limite del normale. Premure dalle quali Leda
tenne ben lontano il
fratellino, avendo intuito in partenza quale razza di mente bacata
possedesse Jeryy. E benché avesse passato la maggior parte
del tempo a rispondere ai suoi
ammiccanti occhiolini
con truci sguardi omicidi per fargli capire che non doveva neanche
avvicinarsi a lui, alla fine Komui decise comunque di consegnare il
bimbo nelle mani dell'indiano.
- Sarà un brillante apprendista, ne sono certo!
Inutili furono i tentativi di Leda di dissuadere il Supervisore. Alan
divenne un garzone alle dipendenze di Jeryy, grazie a cui sarebbe
potuto diventare un cuoco provetto ed esaudire così il suo
piccolo desiderio.
Non
corrispondeva neanche un po' alle idee che la neo Esorcista si era
fatta sul loro futuro alla sede europea, ma se sopportare le
carinerie del cuoco avrebbe contribuito a rendere ancora più
radioso il sorriso di suo fratello, avrebbe accettato
qualsiasi cosa.
Perché lui più di tutti si meritava di essere
felice; di
vivere,
contrariamente a quanto aveva fatto in quei tre anni per colpa
sua.
Lei, che lo aveva costretto a patire la fame, il freddo e quella
sensazione di gelo tremendo che attanaglia l'animo, lasciato a vagare
solo nell'arido deserto che era diventato il loro avvenire. Una landa
fredda, abbandonata a se stessa, priva di orizzonti. Per quante
tragedie avrebbero potuto vivere, nulla sarebbe mai stato peggiore
della solitudine e della desolazione, che da quel cruciale giorno in
cui avevano perso ogni cosa, li accompagnava. Era come una maledizione,
un malocchio potente, distorto da un mondo piegato a metà.
Impossibile da sciogliere, si era attaccato a loro come un'opprimente
cappa scura sulle spalle: tutti vedendoli avrebbero capito che erano
diversi; che si portavano appresso dolori che non si potevano
immaginare. E perciò, se ne sarebbero guardati. Lontani
dagli
occhi, lontani dal cuore.
Perché la gente non aveva la voglia e il tempo di mettersi a
pensare a figli
che non fossero i loro. Ne aveva già abbastanza per
se stessa, che aiutare due sconosciuti non rientrava nelle
priorità; anche se condividevano la loro sorte e
probabilmente
le loro pene, perderci tempo non era nei programmi.
E forse fu questa disarmante anormalità che permise a
Theodore
di raccogliere di due fratelli e prendersene cura, in rappresentanza di
quella minoranza che anche in periodi difficili sapeva mettere da parte
la paura e l'egoismo sfrenato per dedicarsi agli altri.
E forse Leda non sbraitò come al solito perché in
fondo
Komui, Jeryy, la Capo Infermiera e tutti gli altri gli ricordavano un
po' Ted. Anche loro andavano oltre l'apparenza e quelle stupide
convenzioni dettate da un caos privo di regole, che mirava unicamente a
distruggere l'animo umano per farne una bestia il cui unico desiderio
era sopravvivere, scavalcando tutto il resto. Quelle persone,
nonostante i giganteschi difetti, sapevano amare, come
in tempi analoghi non sarebbe stato possibile da parte di gente comune.
Vedevano, capivano, ascoltavano il tremolio impercettibile dei loro
piccoli cuori e li riscaldavano. E allora loro smettevano di tremare
per il freddo, ridevano. Comprendevano che quel che avevano sempre
pensato della gente era sbagliato; per fortuna.
Già.
Per fortuna esistevano persone simili.
Per fortuna il mondo non era diventato tutto marcio, consumatosi
nell'odio e ridotto a un buco nero che inghiottiva se stesso.
Per fortuna il buono persisteva, non se ne andava; qualcuno che credeva
nel futuro senza immaginarselo come un campo di battaglia fatto di
cadaveri ancora c'era.
Ma per quanto la Fortuna
sarebbe stata ancora così cieca?
Nelle settimane che seguirono, Leda impegnò
mente e corpo
in un addestramento intenso, votato a temprare fin da subito un'anima
debole e fin troppo malleabile. La sua Innocence venne denominata da
lei stessa Bone Blade,
un po'
perché non possedeva una cultura adeguatamente grande, come
Claire, un po' perché Komui, seguendo il proprio egoistico
desiderio, la spinse a farlo. Ma per quanto il Supervisore si ostinasse
a pensare che fosse come una sorta di battesimo necessario per lei,
Leda continuò a riferirsi al proprio potere con 'Innocence'.
Non
era sua prerogativa perdersi in certe azioni inutili, e di certo quella
piccolezza non le avrebbe cambiato la vita.
Tuttavia, Bone Blade divenne presto di uso comune tra i membri
della scientifica, che catalogarono accuratamente i risultati di ogni
allenamento effettuato per poi produrre calcoli assurdi, medie a volte
imbarazzanti e persino schemi dettagliati sul rendimento generale. Leda
non aveva mai visto tanto interesse nei suoi confronti, e la cosa la
spaventò a dir poco. Ma trattamenti
simili erano riservati ad ogni Esorcista che vivesse in quella
struttura e di certo, quegli scienziati, per quanto completamente fuori
di testa, ci tenevano che fosse tutto a posto e non ammettevano il
minimo sgarro.
Per il tempo che fu sommersa di dati scientifici e novità
assolute, il tempo per badare a Tyki si azzerò. Infatti, non
ebbe occasione di vederlo neanche una volta, dopo l'episodio con Claire
nelle celle e per il quale ancora rivolgeva alla bionda occhiate di
fuoco ogni
volta che la vedeva. Non aveva avuto una buona impressione su di lei e
ogni volta non mancava di ricordarglielo.
Alan divenne un piccolo cuoco scattante e allegro. Sembrava aver
ritrovato il sorriso, e persino quando si trovava immerso fino al collo
nei piatti da lavare, riusciva comunque a dimostrarsi gentile e
disponibile verso chiunque gli rivolgesse la parola. Leda era
semplicemente orgogliosa di lui. Lo zelo con il quale il bimbo si
offriva di dare una mano in cucina procedeva di pari passo con la sua
volontà di eccellere nell'addestramento, condotto ai massimi
livelli sin dal principio proprio per prepararla il prima possibile
alle battaglie che sarebbero venute.
La loro partenza così fulminea tradiva una impaziente
volontà di rimettere tutto al proprio posto. Gli affetti, la
felicità, la pace... Emozioni perdute che avevano fretta di
ricollocare convinti che, se fossero stati abbastanza svelti da
interrare germogli di vita in quel nuovo piccolo vaso, questo non si
sarebbe frantumato come i precedenti.
Ma avrebbero imparato presto, e Leda in maniera molto particolare, che
non tutto era rose e fiori come credevano. Che ad opporsi alla
rinnovata felicità per aver ritrovato una famiglia sarebbero
comparsi presto orrori molto più grandi e terribili della
guerra
stessa, che altro non era se non una parola; un insieme di
brutalità coperte da strati e strati di polvere, ricordi e
sterpi. Un sentiero tortuoso nel quale ogni passo avrebbe
rappresentato lo scoprimento di realtà sempre
più
agghiaccianti. Come muoversi in un campo minato di terrore? Come far
fronte a situazioni mai vissute, nascoste e pronte ad esploderci sotto
i piedi?
Un modo non c'è.
Semplicemente, si perde l'equilibrio; e si cade...
Un Martedì pomeriggio coperto di nuvole, Leda venne
raggiunta da
un giovanotto tutt'ossa che, ansimando per la fatica, la
pregò
molto gentilmente di recarsi nell'ufficio del Supervisore. Convinta che
si trattasse di un altro allenamento, la neo Esorcista si
addentrò calma nella stanza, immersa nelle cartacce al punto
da
non lasciar intravedere nemmeno il pavimento. Avanzò
circospetta
fino alla scrivania, dove Komui stava... compilando dei documenti?!
- Mi hai fatto chiamare? - domandò sporgendosi appena per
far notare la propria presenza.
L'uomo dall'altra parte sorrise, mentre con un gesto plateale terminava
di appuntare la propria firma su di un altro pezzetto di carta.
Alzò poi lo sguardo in sua direzione, facendole cenno di
sedersi
sul comodo divanetto di velluto rosso.
- Ormai è un mese che ti alleni, Leda cara! Come va la tua
Innocence?
- Molto bene. Riesco a controllarla - rispose Leda mostrando con una
certa sicurezza i polsi, attraversati da una piccola cicatrice a forma
di croce, data dalle numerose evocazioni.
Komui si lasciò andare a una risata piena d'orgoglio,
ripensando
ai precedenti risultati ottenuti negli allenamenti: dati in costante
crescita, che mostravano un rendimento che andava migliorando giorno
dopo giorno. Da quel piccolo settantotto per cento, si era infatti
passato a un ottantatré pieno. Di certo, la ragazza era
riuscita
a trovare una via di comunicazione adeguata per entrare in confidenza
con la propria Innocence. Con un passo del genere, avrebbe solo potuto
migliorare.
- Sono contento, sai? - ammise il Supervisore, congiungendo le dita a
piramide - Ed è per questo che, dati i magnifici progressi
che
hai fatto, ho deciso di assegnarti la tua prima missione.
Leda si tirò in piedi di colpo. Ci fu un attimo di
esitazione,
di incredulità. Poi si avvicinò in fretta e furia
alla
scrivania piantandoci sopra i palmi con forza. I documenti impilati
nelle immediate vicinanze tremolarono appena, minacciando di crollare e
trasformarsi in una valanga di fogli bianchi.
- Era ora! - esordì la ragazza, mentre un sorriso sempre
più grande fioriva sulle sue labbra, liberando una miscela
di
emozioni pure, dall'aroma forte e acceso. Determinazione ma,
soprattutto, sincerità.
Era realmente felice, realmente eccitata per quella notizia
perché era quello che aveva sempre voluto, quello per cui
aveva
lavorato tanto intensamente da indolenzirsi tutto il corpo. Finalmente
anche lei avrebbe partecipato a una missione! Avrebbe consacrato una
volta per tutte il suo futuro, la sua posizione. Un battesimo che
attendeva con trepidazione sin da quando ne aveva memoria - Dove si va?
Quando si parte??
- Quanta fretta! - la frenò Komui prendendole le mani per
calmarla. Mai aveva visto qualcuno gioire tanto per una cosa simile. Un
altro paio di ragazze come lei e l'Ordine non sarebbe annegato come
sempre nell'ozio più totale - Non ho ancora finito!
- Che cosa significa? - l'entusiasmo si spense in un battibaleno.
- Che ti faccio accompagnare. Figurati se mando una ragazza alle prime
armi tutta sola contro gli Akuma! - spiegò con calma il
Supervisore, con aria ridicolmente saccente - Avrai una compagna.
Leda tornò a sedersi sul divanetto, un po' sconsolata a
dirla
tutta. Lei non ci sapeva fare con le persone. Non era fatta per il
lavoro di gruppo e, per quanto le scocciasse al suo primo incarico,
ipotizzava già che avrebbe fatto un pasticcio irrimediabile.
Le
conveniva sperare in una spalla comprensiva, gentile, che capisse il
suo disagio. Qualcuno come...
- Mi hai chiamato, Komui? - Claire entrò nella stanza
palesando
un'aria di sufficienza che si spargeva a macchia d'olio dalla sua
persona come se dovesse contagiare chiunque le fosse accanto. Gli
eleganti tacchetti sottili delle scarpe pestarono con indifferenza la
marea di carta che patinava il pavimento. Abitudine o... ?
Komui s'accese improvvisamente, accogliendo a braccia aperte la
ragazza. Sembrava che le fosse capitata proprio al momento opportuno e
nell'istante in cui Leda ebbe quest'impressione parve come sentire una
sensazione di gelo su tutto il corpo.
- Sì, precisamente! Devi andare in missione con Leda!
E i presentimenti divennero realtà agghiaccianti. Entrambe
le Esorciste esplosero di rabbia.
- COSA?!
†
Il treno sobbalzava leggermente, correndo rapido sulle rotaie per
lasciare una scia di fumo grigiastro lungo il suo cammino. Il paesaggio
fuori era indistinto, e in quei pochi secondi che aveva per ammirarlo,
Leda non poté coglierne tutti i dettagli. Sapeva vedere solo
montagne puntinate di neve, nebbia, foreste scure e immense. Sotto di
lei si apriva uno strapiombo del quale non riusciva nemmeno a vedere la
fine, tanto pareva infinito.
Tuttavia non si sentiva impaurita da quella vastità sulla
quale
posava gli occhi per la prima volta, anzi, ne era affascinata. Per
tutta la vita non aveva fatto altro che percorrere aride pianure cui la
morte aveva portato via ogni sfumatura di colore, distese di nulla,
pavimenti rocciosi attraversati unicamente da spaccature che nella loro
esagerata misura intendevano far capire quanto secco e sterile fosse
quel posto. Non un ciuffo d'erba aveva osato crescervi dopo la guerra.
E nessun'altra forma di vita probabilmente l'avrebbe mai sfiorata.
Dopo tre anni di niente, finalmente la neo Esorcista visitava luoghi
nuovi, mai visti prima e che le avrebbero aperto gli occhi sul mondo e
la sua situazione.
Nella sua stessa cabina presenziava anche Claire, che per tutto il
viaggio non aveva fatto altro che spiare fuori dal finestrino,
impugnando saldamente la propria frusta come se qualcuno a breve li
avesse attaccati. Ma nessuna imminente rappresaglia la preoccupava. Era
la presenza di Tyki, seduto di fronte a lei, a renderle inquieta.
L'odio che
nutriva per lui era sufficiente a impedirle di dormire e rilassarsi,
costringendola a rimanere in posizione di guardia per tutto il viaggio.
Ancora non capiva perché diamine Komui avesse concesso a
Leda di
avere la sua compagnia in cambio di collaborazione. Lui non era mai
stato un uomo incline ad accontentare le richieste dei dipendenti, se
ciò ne avrebbe derivato uno svantaggio per la sua persona;
non
se ad essere in ballo erano l'Ordine e qualunque persona vi abitasse.
Lei non si era mai fidata; mai si sarebbe fidata e ne era certa: al
minimo sgarro quel bastardo non l'avrebbe passata liscia.
Sin da quando era stato liberato, Tyki si era chiuso in un silenzio
inviolabile che nemmeno Leda era stata capace di sciogliere. Senza
render conto a Komui ed omettendo qualunque notizia sulla propria
salute, logorata dalla prigionia, non aveva fatto altro che salire sul
treno e posizionarsi dove ora continuava a rimanere imperterrito,
bloccando con il solo sguardo qualunque tentativo da parte delle
compagne di attaccar bottone per un discorso.
E di questo Leda si era sentita in colpa, salvo poi venire assalita
dalla rabbia e maledire mentalmente il Noah per essere così
enigmatico. Di certo non era stata lei a decidere per la sua
incarcerazione, al contrario si era battuta con chiunque all'Ordine per
impedire che accadesse. Ma nonostante fosse riuscita a farlo uscire
incolume dalle segrete aveva il timore che volesse implicitamente
punirla per quel mese in cui non si era degnata nemmeno di pensare a
lui.
E questa volta, Leda dovette ammettere la propria colpa, cosa che tra
l'altro stava cominciando a fare sempre più spesso. Ma se
responsabilizzarsi significava soffrire in maniera così
atroce,
allora preferiva di gran lunga continuare a recitare la parte della
sconsiderata, e offendersi permalosa per le dimenticanze
che si
stavano ritorcendo contro di lei.
- Siamo arrivati - decretò Claire osservando il paesaggio
con
una nota seriosa nella voce. Le punte di alcuni tetti rossi
già
cominciavano a scorgersi tra la boscaglia, che ne impediva la completa
visione.
Leda si appiattì contro il vetro per osservare; Tyki rimase
a
dir poco impassibile. Nello stesso istante qualcuno bussò
alla
porta della cabina, destando l'attenzione dei tre compagni. La voce di
un uomo li avvertì di prepararsi alla discesa.
Non appena il treno si fu arrestato, si mischiarono al fiume di
passeggeri che scendevano con loro. Usciti dalla stazione Leda
s'accorse di un dettaglio fondamentale al quale prima, stranamente, non
aveva prestato attenzione. Poté così dare un
volto e un
nome alla voce che gentilmente li aveva avvertiti del loro arrivo in
città.
- Piacere. Mi chiamo Toma - si presentò il Finder con un
piccolo
e silenzioso inchino. Sin da subito la neo Esorcista notò la
vistosa fasciatura che copriva gran parte del volto del uomo,
quasi come una maschera. Ricambiò il saluto in maniera
indifferente, impossibilitata a trovare qualcosa da dire. Il suo
aspetto la metteva a disagio e nonostante fosse abituata a dialogare
con gente fuori dal comune, di fronte a lui perse completamente la voce.
- Benvenuti a Salisburgo - annunciò Toma, presentando
modestamente la sfarzosa città che sarebbe stata teatro
della
prima missione della neo Esorcista - Vi porterò subito al
campo. Seguitemi, per favore.
Chiamarlo campo era veramente riduttivo. Il mesto gruppo di Finder
presenti aveva saputo montare in maniera a dir poco egregia tende e
macchinari per difendersi da eventuali Akuma, ed allestito un piccolo
centro di raccolta dal quale loro avrebbero potuto contattare l'Ordine
in qualunque momento.
Leda era agitata. Sentiva i muscoli rigidi, il corpo tremolante per
l'attesa. Le sue mani sottili e torturate erano strette in una morsa
sempre più forte, complici l'ansia e la tensione che quel
luogo
tanto solenne le infondevano. E non sapeva dire se fosse una cosa bella
o brutta, dato che invece di rilassarla e metterla a suo agio pareva
smorzare il suo entusiasmo in muti respiri più pesanti del
solito.
La sua postazione dava proprio sulla montagna, al confine con la
foresta dove i rumori degli animali e della notte che avanzava si
facevano sempre più concitati. Era entrata titubante,
nascondendo l'imbarazzo dietro un'espressione inscalfibile che nessuno
avrebbe saputo decifrare. In qualche modo era riuscita a contenersi, a
dominare l'incertezza che quella situazione le portava, con una
sicurezza di cui ormai poteva definirsi padrona, dopo anni di pratica
per affinarla a dovere. Aveva posato distrattamente a terra i suoi
effetti personali, racchiusi in una serie di tasche allacciate alla
cintura che portava in vita, e si era letteralmente buttata sulla
branda sospirando rumorosamente e sentendo la morbidezza del cuscino
avvolgerle il viso consolatrice. Chiuse gli occhi, poi li
riaprì. Ripeté più volte per poi
infine rendersene
conto: non era stata un'illusione. Era davvero lì, a
Salisburgo,
un posto che non aveva mai visto, per combattere gli Akuma come
Esorcista.
Un sogno che si era avverato. Ma che sarebbe stato pronto a
trasformarsi in un orribile incubo, se solo lei lo avrebbe permesso.
Ma non sarebbe accaduto, non quella volta. Ricucendo a quel modo gli
strappi del suo
passato, generati da errori sciocchi per i quali ogni giorno si
pentiva, sentiva che avrebbe potuto ottenere il perdono di sua madre.
Perché lei la stava osservando, dal cielo. Ne era sicura.
La osservava e sorrideva, come faceva sempre quando parlava di voler
diventare un'Esorcista come suo padre. Le sue labbra sottili e chiare
si piegavano appena, mostrando un'espressione che in quel momento
avrebbe definito divertita.
O forse incredula. Come se, nonostante i buoni propositi di appoggiare
la figlia, non riuscisse completamente a crederle.
"Ti farò cambiare idea, mamma",
pensò,
rialzandosi piano e stringendo i pugni "Vedrai".
Così l'avrebbe perdonata per averla abbandonata; per
averla lasciata morire nella casa della sua infanzia che crollava,
divorata dal fuoco. E per non averla seppellita, lasciando che
rimanesse là, sotto le macerie.
Tanti sbagli, uno dopo l'altro, recidevano la sua coscienza dal corpo,
procurandole un male silenzioso e degeneratore, che non portava a una
meta ma solo ad un lento e straziante percorso dove ogni cosa le veniva
rinfacciata in forma di sguardi e parole taglienti più di
lame di coltello. E lei si era rassegnata a proseguire da sola, in
quella tempesta che le urtava i sentimenti nel profondo e la avviliva,
senza però toglierle il coraggio di combattere.
Perché nessun male viene per nuocere e Leda pensava che se
solo non fosse stata in possesso di un dolore tanto grande, non avrebbe
avuto il coraggio e la forza di opporsi al rimorso e alla desolazione
d'animo che in tal caso l'avrebbero uccisa.
Osservò il piccolo orologio da comodino posto sul tavolino
della sua tenda. Si meravigliò di essere stata
così tanto tempo a pensare al passato, cosa che si solito
odiava perché la costringeva a riaprire vecchie ferite.
Ma riflettendoci attentamente s'accorse che, dal giorno in cui era
arrivata all'Ordine fino a quell'istante, i ricordi riaffioravano
sempre più spesso senza che lei potesse farci nulla. E non
le provocavano più malinconia, bensì... Dolcezza.
I momenti di quando lei e Alan erano ancora bambini, loro
padre che
tornava dall'Ordine per vederli e... Tutto il resto. Anche le cose
brutte. Leda non poteva fare a meno di sorridere lievemente,
come
rimpiangendo quei momenti. Forse, se solo fosse potuta tornare
indietro, le cose non avrebbero preso la piega attuale. Papà
non
sarebbe scomparso nel nulla, mamma metterebbe ancora le erbe profumate
nei cassetti. Alan giocherebbe ancora nella legnaia. E lei... Si
godrebbe i ricordi che ora custodiva gelosamente nel cuore, come
momenti eterni che mai avrebbero avuto una fine. Attimi di luce
protratti verso l'infinito; una scia più luminosa della Via
Lattea.
Uscì dalla tenda, trovando ad accoglierla uno stupendo
tramonto.
Il sole stava andando a nascondersi dietro ai tetti degli edifici di
Salisburgo, così lontana dal punto in cui loro si trovavano
ora
da poter essere ammirata in tutta la sua bellezza. Di posti simili Leda
aveva conosciuto solo la Sede Nord America, il cui confronto con la
cittadina austriaca non si palesava nemmeno. Era bellissimo il
contrasto
che il cielo dorato aveva con le case di pietra bianca; un'infusione di
luce naturale che nella sua vecchia casa era sempre mancata.
- Hey, hai intenzione di star lì ancora per molto?!
Voltò la testa. Claire batteva il piede a terra in segno di
impazienza, il viso corrugato in un'espressione autoritaria e severa.
Lentamente Leda si ricompose, ricambiando la gentilezza con una
risposta altrettanto stizzita.
- Affatto!
Aggiustandosi la cintura alla vita, indossò la giacca della
divisa sopra la tuta e seguì la compagna fino al punto di
raccolta. In un primo momento aveva trovato i vestiti altamente scomodi
ma ora, doveva ammetterlo, si sentiva proprio a suo agio. Quel tale con
gli occhiali, Jhonny, ci sapeva fare dopotutto. In un mese era riuscito
a prenderle le misure - cosa ardua per chiunque ci avesse provato - e a
fabbricarle un abito su misura adatto ai combattimenti e per nulla
impacciato: una tuta scura e aderente molto corta, ma elastica; stivali
lunghi senza tacco; un cappotto con un ampio colletto bordato
d'argento. Aveva dovuto farsi fare i buchi alle orecchie per infilarci
l'orecchino per le comunicazioni, che forse era l'unica cosa che
veramente trovava inutile. Quel pendolo dorato continuava ad oscillarle
davanti al viso e lei non poteva fare a meno di osservarlo ogni volta,
distraendosi. Che seccatura.
Arrivati fino al luogo di partenza, le due Esorciste si ricongiunsero a
Tyki e a Toma, rimasti ad aspettarli. Come vide il Noah, Leda
provò una strana stretta allo stomaco. In un primo momento
ebbe
l'impressione di essersi arrestata, salvo poi accorgersi di aver
rallentato il proprio passo. Quell'uomo riusciva a metterla in
soggezione anche in momenti come quello. Prendendo una buona dose di
inaspettato coraggio, si fece avanti.
- Tyki - lo chiamò con un tono dolce, che mai avrebbe
pensato di
possedere. Il suo orgoglio aveva deciso di prendersi una pausa, in quel
momento, per concentrarsi su cose più importanti per le
quali
sarebbe stato solo d'intralcio.
Il Noah si voltò verso di lei con aria indifferente,
rivolgendole un'occhiata gelida. La neo Esorcista sentì lo
stomaco contrarsi per l'ansia, mentre una serie di brividi fastidiosi
le salirono lungo la schiena. Perché si sentiva
così
colpevole?
Claire non attese oltre per i commiati e con un invito per nulla
educato esortò il gruppo a cominciare il cammino verso il
luogo
della missione. A quanto letto nei rapporti della Scientifica, lungo la
foresta tra Salisburgo e Linz correva un sentiero usato dalle carovane
per i commerci. Essendo abbastanza trafficato, non furono poche le
testimonianze dei mercanti che, durante la notte, affermavano di vedere
una strana luce in lontananza muoversi tra gli alberi,
fluttuando
nell'oscurità. Presi dalla paura, avevano pensato si
trattasse
di spiriti, o fuochi fatui, e si erano rifiutati di adoperare ancora
quella via. Ma essendo l'unica percorribile, urgeva trovare una
soluzione al problema e chi meglio dell'Ordine poteva occuparsene?
Durante il tragitto l'entusiasmo di Leda si spense gradualmente,
procedendo di pari passo con il calare del sole sull'orizzonte
montuoso. Quel suo tentativo fallito di rivolgere la parola a Tyki
l'aveva demoralizzata a tal punto da toglierle ogni forza per
affrontare la missione con zelo, come normalmente avrebbe fatto. Si
trascinava nella foresta senza dare a vedere il suo disagio emotivo,
sollevando i piedi quel tanto che bastava per non inciampare in radici
sporgenti e sassi.
Claire e Toma si trovavano in testa al gruppo. Parlottavano tra loro,
ma alle orecchie della neo Esorcista non giunsero neanche i rimasugli
dei loro sussurri. Silenzio assoluto. Di qualunque cosa si fosse
trattato, doveva essere parecchio importante. Decise perciò
di
approfittare di quel momento in cui la compagna pareva ignorarla, per
portarsi al fianco di Tyki e camminargli accanto, cercando di tenere il
suo passo. Aveva deciso che lo avrebbe fatto parlare, anche a costo di
prenderlo a schiaffi; perché lei, a differenza di qualsiasi
altra persona, avrebbe potuto.
Fece per aprir bocca, nella sua mente già immaginava il tono
che
avrebbe usato: spazientito e visibilmente alterato dalla rabbia.
Eppure, strano ma vero, Tyki l'anticipò e finalmente fece
sentire la propria voce.
- Va bene, ti perdono, anche se mi hai trascinato in questo casino - e
per Leda fu come un miscuglio di graffi su una lavagna.
Sentì il
viso prendere fuoco per la rabbia, ed il rimorso provato fino a qualche
secondo prima incenerirsi all'stante; un foglio di carta spirato nel
vento nel giro di pochi istanti. E i sensi di colpa si trasformarono in
vergogna. Sì, vergogna per essersi lasciata trascinare dalle
emozioni, per aver concesso a se stessa il dovere di preoccuparsi per
gli altri, quando in realtà questi non facevano altro che
beffarla, spregiudicati. Avrebbe dovuto capirlo. Avrebbe dovuto capire
che quel bastardo la stava solo prendendo in giro!
- Tu... Maledetto! - sbraitò furiosa, indirizzando un pugno
al
suo viso; colpo che il Noah schivò con facilità,
spostando agilmente la testa con fare indifferente - Non mi parli per
giorni e alla fine te ne esci così?!
- Avresti potuto farti viva un po' prima, ma non importa... -
proseguì con nonchalance Tyki, ignorando platealmente gli
insulti dell'altra.
- La prossima volta ti lascio marcire in quella fogna! -
esclamò
con stizza Leda, aumentando esponenzialmente il passo e posando i piedi
a terra con forza per distanziarlo.
Ma quando fu certa di avergli dato le spalle, ecco arrivare un
breve e fugace
mormorio. Un piccolo raggio di sole che, contro ogni
volontà,
seppe acquietare l'uragano che imperversava dentro di lei, distruttivo.
- ... Grazie...
Si voltò di colpo. Tyki le sorrideva. E forse
perché
lei, dopo quella semplice parola, era avvampata improvvisamente.
Sentiva l'imbarazzo divorarle lo stomaco e la voce, smorzata di netto
per impedirle di replicare. Ma non servirono altre parole.
Semplicemente, ricambiò il sorriso in maniera sobria,
semplice; sincera.
E il tempo parve fermarsi, catturando quell'istante in una scatola di
specchi lucidi che lo avrebbero riflettuto per sempre, tale e quale a
come era ora. Non lo avrebbe dimenticato tanto facilmente, Leda. Non lo
avrebbe fatto, ed anche quel breve attimo di intesa sarebbe finito
nell'archivio di ricordi che era la sua memoria, catalogato secondo
determinate sensazioni ed emozioni.
Quella piccola vittoria, concessa proprio dall'ultima persona che si
sarebbe aspettata facesse una cosa simile, scavava più a
fondo in un rapporto giovane che, a vedersi, aveva radicamenti ben
più profondi dei semplici battibecchi che era solita avere
con lui. L'uno stava imparando a sopportare l'altra. E
benché ancora ci fossero cose non dette tra loro, Leda era
conscia che non sarebbe stato necessario conoscerle. Perché
non ne aveva bisogno. Le bastava guardare Tyki per fidarsi; per
trovare, in quel sorriso gentile che solo raramente lo vedeva esporre,
una stilla di luce pronta a fare chiarezza per lei su ogni cosa.
- Signore Esorciste!!! - Toma insorse dal silenzio indicando un punto
imprecisato nella boscaglia, il viso contorto in un'espressione
preoccupata.
Leda sollevò rapidamente lo sguardo, e così
fecero anche Claire e Tyki: una luce fluttuava tra gli alberi, leggera
e sfuggente. Era mediamente luminosa, ma decisamente non apparteneva a
nessun tipo di torcia o lanterna. Svolazzava tra i tronchi con
lentezza, e a vederla dava proprio l'aria di possedere un qualche tipo
di coscienza, o volontà. Nessun movimento era casuale, si
muoveva infatti con una calma quasi meditativa. Qualsiasi cosa fosse
stata, era finalmente arrivato il momento di scoprirlo!
- Muovetevi, ci sfugge! - ordinò Claire partendo
all'inseguimento del barlume, sguainando la frusta e tenendola pronta
ad un eventuale uso. Toma la seguì a ruota, l'apparecchio
per le comunicazioni ben saldato sulla schiena.
Leda si riprese dallo smarrimento nel quale sembrava essere
precipitata. Lo stomaco le si contraeva dall'emozione.
Deglutì a vuoto, sentendo la faccia andare in fiamme. Ma non
ebbe paura. Le ci volle un secondo per tendere le braccia e gridare la
frase che si teneva dentro da quando era approdata in quel luogo.
- Bone Blade, attivazione!
Una luce bianca e brillante le avvolse i polsi, tenue ma intensa. La
pelle parve reagire a quel comando provocandole un piacevole formicolio
ed arrossandosi come in risposta ad una forza che tentava di entrarvi
in contatto. E poi, avvenne la manifestazione del suo reale potere,
l'arma che per un mese l'aveva impegnata al fine di addomesticarla e
farne una
parte si lei stessa. L'altro lato della sua figura, quello onirico, che
persisteva unicamente nella fantasia di una ragazzina, poté
così finalmente sbocciare e diventare vero.
La pelle dei polsi si squarciò, aprendosi lungo il taglio
orizzontale delle cicatrici. Ma non ne uscì nemmeno una
goccia di sangue, bensì due lunghe lame bianche e opache,
generate dallo scheletro stesso. Di aspetto grezzo e rude, avevano una
punta a prima vista molto tagliente ed un incisione a forma di croce su
tutta la loro superficie.
Leda le agitò in un paio di direzioni per abituarsi
all'evocazione, dopodiché si lanciò senza un
attimo di esitazione dietro la compagna, con Tyki al seguito.
La caccia poteva avere
inizio.
Angolo di Momoko
Ditelo che pensavate che fossi morta, avanti! xD
Vi capisco, nemmeno io ho più potuto connettermi. Con la
fine
del quadrimestre i prof ci tengono sotto torchio con interrogazioni e
verifiche varie... Non ce la faccio più TT^TT
Intanto vi offro il dodicesimo capitolo di Lady War, che non
è
stata per niente abbandonata, anzi! Ora la questione inizia veramente a
farsi spinosa, e dopo questa mini missione ci saranno un sacco di
stravolgimenti. Questo capitolo è molto fermo, ma ho voluto
bloccare tutto apposta per permettere a Leda e Alan di ambientarsi
all'Ordine. Dalla seconda parte in poi comincia la prima missione della
nostra collerica Esorcista. Saprò stupirvi xD Già
da qui
comincio a disseminare indizi per il momento finale della storia,
quindi spero vi piaccia ;P Ah, finalmente ho potuto descrivere
l'Innocence di Leda, anche se solo alla fine; la vedrete in azione dal
prossimo capitolo!^^
Prima di dileguarmi, vi lascio con una chicca: la colonna sonora della
storia - che ha avuto un ruolo a dir poco fondamentale per la sua
creazione -. Nel caso voleste sentirla, correte a digitare sul Tubo Shadows
di Lindsey Stirling!
A prestoooo,
Momoko <3
|