Anime & Manga > D.Gray Man
Segui la storia  |       
Autore: Momoko The Butterfly    14/01/2014    3 recensioni
Sono ormai passati cento anni dalla quasi distruzione del genere umano. Dopo un'estenuante battaglia tra bene e male, il mondo è caduto infine preda di tenebre fatte di solitudine e sofferenza; il Conte del Millennio regna baldanzoso su una terra devastata dalla fame e dalla morte, tartassata fin nel profondo dell'animo da eserciti di Akuma voraci e famelici. Ma l'umanità non demorde, per questo si nasconde dalla loro vista, fiduciosa di poter riassemblare i tasselli di una vita in frantumi. Leda e Alan, fratelli inseparabili, hanno perso ogni cosa. Eppure sembra che la sede Nord America possa davvero diventare la loro nuova casa, grazie a benevole persone che hanno saputo ridonare speranza ai loro cuori avviziti dal dolore.
Ma nulla andrà per il verso giusto. Quando la sede verrà messa sotto assedio, sarà tempo per loro di cominciare un viaggio fatto di rischi e incertezze alla ricerca di risposte. Ad accompagnarli, i paladini dell'Innocence, gli Esorcisti, e un sempre più enigmatico Tyki Mikk...
Genere: Angst, Avventura, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bookman, Nuovo personaggio, Rabi/Lavi, Tyki Mikk, Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 12: Luci nella foresta


Era ovvio che Komui avesse volutamente omesso qualcosa, nel spiegare cosa significasse essere Esorcisti. Ed era ancora più ovvio che avesse preferito nascondere le parti più truculente del discorso al fine di dipingere quel compito ingrato come una sana e meravigliosa lotta per la giustizia, dove tutti zampettavano allegri come micetti verso un fronte dal quale forse non avrebbero mai fatto ritorno, se non morti o ridotti in polvere.
E benché Leda avesse intuito qualcosa, non ne aveva fatto parola con nessuno per evitare di porgere domande sconvenienti al Supervisore o a qualche altro membro della sezione scientifica; cosa del tutto innaturale da parte sua, doveva ammetterlo, ma si trattava di una gentilezza che gli aveva concesso unicamente per ripagarlo del supporto morale che si era offerto più volte di prestargli, sia a lei che ad Alan.
Quindi senza esitare aveva obbedito docile e mansueta a tutte le indicazioni che le erano state date, annuendo convinta alle spiegazioni di Linalee e di tutto il personale che le spiegò come funzionava quel formicaio di falsi martiri, con il sorriso sulle labbra come a voler attutire l'impatto dell'essere stata d'improvviso catapultata in un mondo nuovo e mai visto prima.
Eppure, nonostante lo sfarzo nauseante nel quale era stato avvolto ogni singolo mattone di quel postaccio al fine di renderlo migliore ai suoi occhi inesperti, su un bel po' di cose si guardò dal commentare. Non voleva certo offenderli.
Prima fra tutti, i bagni, o come a Komui piaceva chiamarle, 'terme'. La sensazione di disgusto era tale che Leda non volle nemmeno guardarle. La peculiarità di quelle vasche di roccia circondate da paraventi orientali immersi nel vapore, stava nel fatto di essere unicamente un mezzo di rilassamento, al quale si sarebbe potuto accedere solo una volta ripuliti nelle docce. Come se in quel cruciale momento ci si potesse permettere il lusso di stare a mollo in schifosi sali dall'odore stucchevole, sprecando preziosa acqua potabile che nel mondo scarseggiava a causa della sua contaminazione con la Dark Matter.
Molte falde idriche erano state avvelenate dal veleno degli Akuma, compromettendo le principali reti di ricambio dell'acqua, e di conseguenza la salute della popolazione. Non era un caso se molti villaggi erano stati svuotati, benché mai intaccati dall'esercito del Conte. Quando un fiume veniva infettato, la piaga arrivava ovunque. Senza esclusioni.
Per questo i sopravvissuti alla catastrofe si erano radunati nei pochi rifugi sicuri rimasti. O almeno, era quello che Leda credeva che fossero, fino a che la sua nuova casa non era stata devastata e i suoi abitanti trucidati senza pietà.

A una richiesta del Supervisore di 'provare sulla propria pelle la sensazione di benessere', aveva energicamente scosso la testa declinando l'invito con un sorrisetto nervoso di circostanza. Alan aveva fatto lo stesso, solo con più naturalezza. Lui era abituato a dire ciò che pensava, e infatti domandò perché ci si dovesse lavare due volte. Ma si sentì rispondere solo: "Nel nostro paese è un'usanza fondamentale!".

Decisamente Leda non volle approfondire la cultura cinese. Girò i tacchi e si dileguò.

Tra i vari luoghi visitati in seguito, solo uno fu abbastanza piacevole da attirare la sua attenzione: si trattava di un'area immensa, aperta, attraversata da grosse colonne di pietra arricchite da eleganti decorazioni dei più svariati colori. Komui la chiamò la "Sala Allenamenti".
Per la neo Esorcista fu come scoprire la mitica città di Eldorado. Questa volta però, l'immenso spazio che le veniva offerto, parzialmente immerso in una nebbia nata dalla condensazione che raggelava l'ambiente, era vero. Vero e tangibile. E per lei, molto presto, avrebbe assunto un'importanza a dir poco vitale. La sua mente immaginò una serie di ricordi che forse a breve avrebbe vissuto, potendo così grazie ad essi riempire la sua memoria logorata solo da sofferenza e lacrime.
Perché per lei quello non era altro che un nuovo inizio, una rinascita dalle ceneri del disastro; un bocciolo verde e rigoglioso che spuntava nel caos di fiamme e sangue della sua mente, pronto a sommergere con le sue future e vigorose radici quel che il dolore aveva avvizzito, per ridonargli una fresca e nuova vita. L'allenamento sarebbe stato il principio. La battaglia, lo scopo. La vittoria, la sola ed unica meta concepibile.


Alan mostrò un particolare interesse per la cucina. A dirla tutta però, non superava neanche lontanamente l'interesse che il capo cuoco nutriva per lui: un insolito attaccamento che ad ogni secondo minacciava di sfociare in scompigliate di capelli e carinerie varie portate al limite del normale. Premure dalle quali Leda tenne ben lontano il fratellino, avendo intuito in partenza quale razza di mente bacata possedesse Jeryy. E benché avesse passato la maggior parte del tempo a rispondere ai suoi ammiccanti occhiolini con truci sguardi omicidi per fargli capire che non doveva neanche avvicinarsi a lui, alla fine Komui decise comunque di consegnare il bimbo nelle mani dell'indiano.

- Sarà un brillante apprendista, ne sono certo!

Inutili furono i tentativi di Leda di dissuadere il Supervisore. Alan divenne un garzone alle dipendenze di Jeryy, grazie a cui sarebbe potuto diventare un cuoco provetto ed esaudire così il suo piccolo desiderio.
Non corrispondeva neanche un po' alle idee che la neo Esorcista si era fatta sul loro futuro alla sede europea, ma se sopportare le carinerie del cuoco avrebbe contribuito a rendere ancora più radioso il sorriso di suo fratello, avrebbe accettato qualsiasi cosa. Perché lui più di tutti si meritava di essere felice; di vivere, contrariamente a quanto aveva fatto in quei tre anni per colpa sua.
Lei, che lo aveva costretto a patire la fame, il freddo e quella sensazione di gelo tremendo che attanaglia l'animo, lasciato a vagare solo nell'arido deserto che era diventato il loro avvenire. Una landa fredda, abbandonata a se stessa, priva di orizzonti. Per quante tragedie avrebbero potuto vivere, nulla sarebbe mai stato peggiore della solitudine e della desolazione, che da quel cruciale giorno in cui avevano perso ogni cosa, li accompagnava. Era come una maledizione, un malocchio potente, distorto da un mondo piegato a metà. Impossibile da sciogliere, si era attaccato a loro come un'opprimente cappa scura sulle spalle: tutti vedendoli avrebbero capito che erano diversi; che si portavano appresso dolori che non si potevano immaginare. E perciò, se ne sarebbero guardati. Lontani dagli occhi, lontani dal cuore.
Perché la gente non aveva la voglia e il tempo di mettersi a pensare a figli che non fossero i loro. Ne aveva già abbastanza per se stessa, che aiutare due sconosciuti non rientrava nelle priorità; anche se condividevano la loro sorte e probabilmente le loro pene, perderci tempo non era nei programmi.
E forse fu questa disarmante anormalità che permise a Theodore di raccogliere di due fratelli e prendersene cura, in rappresentanza di quella minoranza che anche in periodi difficili sapeva mettere da parte la paura e l'egoismo sfrenato per dedicarsi agli altri.

E forse Leda non sbraitò come al solito perché in fondo Komui, Jeryy, la Capo Infermiera e tutti gli altri gli ricordavano un po' Ted. Anche loro andavano oltre l'apparenza e quelle stupide convenzioni dettate da un caos privo di regole, che mirava unicamente a distruggere l'animo umano per farne una bestia il cui unico desiderio era sopravvivere, scavalcando tutto il resto. Quelle persone, nonostante i giganteschi difetti, sapevano amare, come in tempi analoghi non sarebbe stato possibile da parte di gente comune. Vedevano, capivano, ascoltavano il tremolio impercettibile dei loro piccoli cuori e li riscaldavano. E allora loro smettevano di tremare per il freddo, ridevano. Comprendevano che quel che avevano sempre pensato della gente era sbagliato; per fortuna.
Già.
Per fortuna esistevano persone simili.
Per fortuna il mondo non era diventato tutto marcio, consumatosi nell'odio e ridotto a un buco nero che inghiottiva se stesso.
Per fortuna il buono persisteva, non se ne andava; qualcuno che credeva nel futuro senza immaginarselo come un campo di battaglia fatto di cadaveri ancora c'era.

Ma per quanto la Fortuna sarebbe stata ancora così cieca?




Nelle settimane che seguirono, Leda impegnò mente e corpo in un addestramento intenso, votato a temprare fin da subito un'anima debole e fin troppo malleabile. La sua Innocence venne denominata da lei stessa Bone Blade, un po' perché non possedeva una cultura adeguatamente grande, come Claire, un po' perché Komui, seguendo il proprio egoistico desiderio, la spinse a farlo. Ma per quanto il Supervisore si ostinasse a pensare che fosse come una sorta di battesimo necessario per lei, Leda continuò a riferirsi al proprio potere con 'Innocence'. Non era sua prerogativa perdersi in certe azioni inutili, e di certo quella piccolezza non le avrebbe cambiato la vita.

Tuttavia, Bone Blade divenne presto di uso comune tra i membri della scientifica, che catalogarono accuratamente i risultati di ogni allenamento effettuato per poi produrre calcoli assurdi, medie a volte imbarazzanti e persino schemi dettagliati sul rendimento generale. Leda non aveva mai visto tanto interesse nei suoi confronti, e la cosa la spaventò a dir poco. Ma trattamenti simili erano riservati ad ogni Esorcista che vivesse in quella struttura e di certo, quegli scienziati, per quanto completamente fuori di testa, ci tenevano che fosse tutto a posto e non ammettevano il minimo sgarro.

Per il tempo che fu sommersa di dati scientifici e novità assolute, il tempo per badare a Tyki si azzerò. Infatti, non ebbe occasione di vederlo neanche una volta, dopo l'episodio con Claire nelle celle e per il quale ancora rivolgeva alla bionda occhiate di fuoco ogni volta che la vedeva. Non aveva avuto una buona impressione su di lei e ogni volta non mancava di ricordarglielo.

Alan divenne un piccolo cuoco scattante e allegro. Sembrava aver ritrovato il sorriso, e persino quando si trovava immerso fino al collo nei piatti da lavare, riusciva comunque a dimostrarsi gentile e disponibile verso chiunque gli rivolgesse la parola. Leda era semplicemente orgogliosa di lui. Lo zelo con il quale il bimbo si offriva di dare una mano in cucina procedeva di pari passo con la sua volontà di eccellere nell'addestramento, condotto ai massimi livelli sin dal principio proprio per prepararla il prima possibile alle battaglie che sarebbero venute.

La loro partenza così fulminea tradiva una impaziente volontà di rimettere tutto al proprio posto. Gli affetti, la felicità, la pace... Emozioni perdute che avevano fretta di ricollocare convinti che, se fossero stati abbastanza svelti da interrare germogli di vita in quel nuovo piccolo vaso, questo non si sarebbe frantumato come i precedenti.


Ma avrebbero imparato presto, e Leda in maniera molto particolare, che non tutto era rose e fiori come credevano. Che ad opporsi alla rinnovata felicità per aver ritrovato una famiglia sarebbero comparsi presto orrori molto più grandi e terribili della guerra stessa, che altro non era se non una parola; un insieme di brutalità coperte da strati e strati di polvere, ricordi e sterpi. Un sentiero tortuoso nel quale ogni passo avrebbe rappresentato lo scoprimento di realtà sempre più agghiaccianti. Come muoversi in un campo minato di terrore? Come far fronte a situazioni mai vissute, nascoste e pronte ad esploderci sotto i piedi?
Un modo non c'è.
Semplicemente, si perde l'equilibrio; e si cade...



Un Martedì pomeriggio coperto di nuvole, Leda venne raggiunta da un giovanotto tutt'ossa che, ansimando per la fatica, la pregò molto gentilmente di recarsi nell'ufficio del Supervisore. Convinta che si trattasse di un altro allenamento, la neo Esorcista si addentrò calma nella stanza, immersa nelle cartacce al punto da non lasciar intravedere nemmeno il pavimento. Avanzò circospetta fino alla scrivania, dove Komui stava... compilando dei documenti?!

- Mi hai fatto chiamare? - domandò sporgendosi appena per far notare la propria presenza.

L'uomo dall'altra parte sorrise, mentre con un gesto plateale terminava di appuntare la propria firma su di un altro pezzetto di carta. Alzò poi lo sguardo in sua direzione, facendole cenno di sedersi sul comodo divanetto di velluto rosso.

- Ormai è un mese che ti alleni, Leda cara! Come va la tua Innocence?

- Molto bene. Riesco a controllarla - rispose Leda mostrando con una certa sicurezza i polsi, attraversati da una piccola cicatrice a forma di croce, data dalle numerose evocazioni.

Komui si lasciò andare a una risata piena d'orgoglio, ripensando ai precedenti risultati ottenuti negli allenamenti: dati in costante crescita, che mostravano un rendimento che andava migliorando giorno dopo giorno. Da quel piccolo settantotto per cento, si era infatti passato a un ottantatré pieno. Di certo, la ragazza era riuscita a trovare una via di comunicazione adeguata per entrare in confidenza con la propria Innocence. Con un passo del genere, avrebbe solo potuto migliorare.

- Sono contento, sai? - ammise il Supervisore, congiungendo le dita a piramide - Ed è per questo che, dati i magnifici progressi che hai fatto, ho deciso di assegnarti la tua prima missione.

Leda si tirò in piedi di colpo. Ci fu un attimo di esitazione, di incredulità. Poi si avvicinò in fretta e furia alla scrivania piantandoci sopra i palmi con forza. I documenti impilati nelle immediate vicinanze tremolarono appena, minacciando di crollare e trasformarsi in una valanga di fogli bianchi.

- Era ora! - esordì la ragazza, mentre un sorriso sempre più grande fioriva sulle sue labbra, liberando una miscela di emozioni pure, dall'aroma forte e acceso. Determinazione ma, soprattutto, sincerità. Era realmente felice, realmente eccitata per quella notizia perché era quello che aveva sempre voluto, quello per cui aveva lavorato tanto intensamente da indolenzirsi tutto il corpo. Finalmente anche lei avrebbe partecipato a una missione! Avrebbe consacrato una volta per tutte il suo futuro, la sua posizione. Un battesimo che attendeva con trepidazione sin da quando ne aveva memoria - Dove si va? Quando si parte??

- Quanta fretta! - la frenò Komui prendendole le mani per calmarla. Mai aveva visto qualcuno gioire tanto per una cosa simile. Un altro paio di ragazze come lei e l'Ordine non sarebbe annegato come sempre nell'ozio più totale - Non ho ancora finito!

- Che cosa significa? - l'entusiasmo si spense in un battibaleno.

- Che ti faccio accompagnare. Figurati se mando una ragazza alle prime armi tutta sola contro gli Akuma! - spiegò con calma il Supervisore, con aria ridicolmente saccente - Avrai una compagna.

Leda tornò a sedersi sul divanetto, un po' sconsolata a dirla tutta. Lei non ci sapeva fare con le persone. Non era fatta per il lavoro di gruppo e, per quanto le scocciasse al suo primo incarico, ipotizzava già che avrebbe fatto un pasticcio irrimediabile. Le conveniva sperare in una spalla comprensiva, gentile, che capisse il suo disagio. Qualcuno come...


- Mi hai chiamato, Komui? - Claire entrò nella stanza palesando un'aria di sufficienza che si spargeva a macchia d'olio dalla sua persona come se dovesse contagiare chiunque le fosse accanto. Gli eleganti tacchetti sottili delle scarpe pestarono con indifferenza la marea di carta che patinava il pavimento. Abitudine o... ?

Komui s'accese improvvisamente, accogliendo a braccia aperte la ragazza. Sembrava che le fosse capitata proprio al momento opportuno e nell'istante in cui Leda ebbe quest'impressione parve come sentire una sensazione di gelo su tutto il corpo.

- Sì, precisamente! Devi andare in missione con Leda!

E i presentimenti divennero realtà agghiaccianti. Entrambe le Esorciste esplosero di rabbia.

- COSA?!





Il treno sobbalzava leggermente, correndo rapido sulle rotaie per lasciare una scia di fumo grigiastro lungo il suo cammino. Il paesaggio fuori era indistinto, e in quei pochi secondi che aveva per ammirarlo, Leda non poté coglierne tutti i dettagli. Sapeva vedere solo montagne puntinate di neve, nebbia, foreste scure e immense. Sotto di lei si apriva uno strapiombo del quale non riusciva nemmeno a vedere la fine, tanto pareva infinito.
Tuttavia non si sentiva impaurita da quella vastità sulla quale posava gli occhi per la prima volta, anzi, ne era affascinata. Per tutta la vita non aveva fatto altro che percorrere aride pianure cui la morte aveva portato via ogni sfumatura di colore, distese di nulla, pavimenti rocciosi attraversati unicamente da spaccature che nella loro esagerata misura intendevano far capire quanto secco e sterile fosse quel posto. Non un ciuffo d'erba aveva osato crescervi dopo la guerra. E nessun'altra forma di vita probabilmente l'avrebbe mai sfiorata.

Dopo tre anni di niente, finalmente la neo Esorcista visitava luoghi nuovi, mai visti prima e che le avrebbero aperto gli occhi sul mondo e la sua situazione.
Nella sua stessa cabina presenziava anche Claire, che per tutto il viaggio non aveva fatto altro che spiare fuori dal finestrino, impugnando saldamente la propria frusta come se qualcuno a breve li avesse attaccati. Ma nessuna imminente rappresaglia la preoccupava. Era la presenza di Tyki, seduto di fronte a lei, a renderle inquieta. L'odio che nutriva per lui era sufficiente a impedirle di dormire e rilassarsi, costringendola a rimanere in posizione di guardia per tutto il viaggio.
Ancora non capiva perché diamine Komui avesse concesso a Leda di avere la sua compagnia in cambio di collaborazione. Lui non era mai stato un uomo incline ad accontentare le richieste dei dipendenti, se ciò ne avrebbe derivato uno svantaggio per la sua persona; non se ad essere in ballo erano l'Ordine e qualunque persona vi abitasse.
Lei non si era mai fidata; mai si sarebbe fidata e ne era certa: al minimo sgarro quel bastardo non l'avrebbe passata liscia.

Sin da quando era stato liberato, Tyki si era chiuso in un silenzio inviolabile che nemmeno Leda era stata capace di sciogliere. Senza render conto a Komui ed omettendo qualunque notizia sulla propria salute, logorata dalla prigionia, non aveva fatto altro che salire sul treno e posizionarsi dove ora continuava a rimanere imperterrito, bloccando con il solo sguardo qualunque tentativo da parte delle compagne di attaccar bottone per un discorso.
E di questo Leda si era sentita in colpa, salvo poi venire assalita dalla rabbia e maledire mentalmente il Noah per essere così enigmatico. Di certo non era stata lei a decidere per la sua incarcerazione, al contrario si era battuta con chiunque all'Ordine per impedire che accadesse. Ma nonostante fosse riuscita a farlo uscire incolume dalle segrete aveva il timore che volesse implicitamente punirla per quel mese in cui non si era degnata nemmeno di pensare a lui.

E questa volta, Leda dovette ammettere la propria colpa, cosa che tra l'altro stava cominciando a fare sempre più spesso. Ma se responsabilizzarsi significava soffrire in maniera così atroce, allora preferiva di gran lunga continuare a recitare la parte della sconsiderata, e offendersi permalosa per le dimenticanze che si stavano ritorcendo contro di lei.

- Siamo arrivati - decretò Claire osservando il paesaggio con una nota seriosa nella voce. Le punte di alcuni tetti rossi già cominciavano a scorgersi tra la boscaglia, che ne impediva la completa visione.

Leda si appiattì contro il vetro per osservare; Tyki rimase a dir poco impassibile. Nello stesso istante qualcuno bussò alla porta della cabina, destando l'attenzione dei tre compagni. La voce di un uomo li avvertì di prepararsi alla discesa.
Non appena il treno si fu arrestato, si mischiarono al fiume di passeggeri che scendevano con loro. Usciti dalla stazione Leda s'accorse di un dettaglio fondamentale al quale prima, stranamente, non aveva prestato attenzione. Poté così dare un volto e un nome alla voce che gentilmente li aveva avvertiti del loro arrivo in città.

- Piacere. Mi chiamo Toma - si presentò il Finder con un piccolo e silenzioso inchino. Sin da subito la neo Esorcista notò la vistosa fasciatura che copriva gran parte del volto del uomo, quasi come una maschera. Ricambiò il saluto in maniera indifferente, impossibilitata a trovare qualcosa da dire. Il suo aspetto la metteva a disagio e nonostante fosse abituata a dialogare con gente fuori dal comune, di fronte a lui perse completamente la voce.

- Benvenuti a Salisburgo - annunciò Toma, presentando modestamente la sfarzosa città che sarebbe stata teatro della prima missione della neo Esorcista - Vi porterò subito al campo. Seguitemi, per favore.


Chiamarlo campo era veramente riduttivo. Il mesto gruppo di Finder presenti aveva saputo montare in maniera a dir poco egregia tende e macchinari per difendersi da eventuali Akuma, ed allestito un piccolo centro di raccolta dal quale loro avrebbero potuto contattare l'Ordine in qualunque momento.
Leda era agitata. Sentiva i muscoli rigidi, il corpo tremolante per l'attesa. Le sue mani sottili e torturate erano strette in una morsa sempre più forte, complici l'ansia e la tensione che quel luogo tanto solenne le infondevano. E non sapeva dire se fosse una cosa bella o brutta, dato che invece di rilassarla e metterla a suo agio pareva smorzare il suo entusiasmo in muti respiri più pesanti del solito.
La sua postazione dava proprio sulla montagna, al confine con la foresta dove i rumori degli animali e della notte che avanzava si facevano sempre più concitati. Era entrata titubante, nascondendo l'imbarazzo dietro un'espressione inscalfibile che nessuno avrebbe saputo decifrare. In qualche modo era riuscita a contenersi, a dominare l'incertezza che quella situazione le portava, con una sicurezza di cui ormai poteva definirsi padrona, dopo anni di pratica per affinarla a dovere. Aveva posato distrattamente a terra i suoi effetti personali, racchiusi in una serie di tasche allacciate alla cintura che portava in vita, e si era letteralmente buttata sulla branda sospirando rumorosamente e sentendo la morbidezza del cuscino avvolgerle il viso consolatrice. Chiuse gli occhi, poi li riaprì. Ripeté più volte per poi infine rendersene conto: non era stata un'illusione. Era davvero lì, a Salisburgo, un posto che non aveva mai visto, per combattere gli Akuma come Esorcista.
Un sogno che si era avverato. Ma che sarebbe stato pronto a trasformarsi in un orribile incubo, se solo lei lo avrebbe permesso.
Ma non sarebbe accaduto, non quella volta. Ricucendo a quel modo gli strappi del suo passato, generati da errori sciocchi per i quali ogni giorno si pentiva, sentiva che avrebbe potuto ottenere il perdono di sua madre. Perché lei la stava osservando, dal cielo. Ne era sicura.
La osservava e sorrideva, come faceva sempre quando parlava di voler diventare un'Esorcista come suo padre. Le sue labbra sottili e chiare si piegavano appena, mostrando un'espressione che in quel momento avrebbe definito divertita. O forse incredula. Come se, nonostante i buoni propositi di appoggiare la figlia, non riuscisse completamente a crederle.

"Ti farò cambiare idea, mamma", pensò, rialzandosi piano e stringendo i pugni "Vedrai".

Così l'avrebbe perdonata per averla abbandonata; per averla lasciata morire nella casa della sua infanzia che crollava, divorata dal fuoco. E per non averla seppellita, lasciando che rimanesse là, sotto le macerie.
Tanti sbagli, uno dopo l'altro, recidevano la sua coscienza dal corpo, procurandole un male silenzioso e degeneratore, che non portava a una meta ma solo ad un lento e straziante percorso dove ogni cosa le veniva rinfacciata in forma di sguardi e parole taglienti più di lame di coltello. E lei si era rassegnata a proseguire da sola, in quella tempesta che le urtava i sentimenti nel profondo e la avviliva, senza però toglierle il coraggio di combattere. Perché nessun male viene per nuocere e Leda pensava che se solo non fosse stata in possesso di un dolore tanto grande, non avrebbe avuto il coraggio e la forza di opporsi al rimorso e alla desolazione d'animo che in tal caso l'avrebbero uccisa.

Osservò il piccolo orologio da comodino posto sul tavolino della sua tenda. Si meravigliò di essere stata così tanto tempo a pensare al passato, cosa che si solito odiava perché la costringeva a riaprire vecchie ferite. Ma riflettendoci attentamente s'accorse che, dal giorno in cui era arrivata all'Ordine fino a quell'istante, i ricordi riaffioravano sempre più spesso senza che lei potesse farci nulla. E non le provocavano più malinconia, bensì... Dolcezza.
I momenti di quando lei e Alan erano ancora bambini, loro padre che tornava dall'Ordine per vederli e... Tutto il resto. Anche le cose brutte. Leda non poteva fare a meno di sorridere lievemente, come rimpiangendo quei momenti. Forse, se solo fosse potuta tornare indietro, le cose non avrebbero preso la piega attuale. Papà non sarebbe scomparso nel nulla, mamma metterebbe ancora le erbe profumate nei cassetti. Alan giocherebbe ancora nella legnaia. E lei... Si godrebbe i ricordi che ora custodiva gelosamente nel cuore, come momenti eterni che mai avrebbero avuto una fine. Attimi di luce protratti verso l'infinito; una scia più luminosa della Via Lattea.

Uscì dalla tenda, trovando ad accoglierla uno stupendo tramonto. Il sole stava andando a nascondersi dietro ai tetti degli edifici di Salisburgo, così lontana dal punto in cui loro si trovavano ora da poter essere ammirata in tutta la sua bellezza. Di posti simili Leda aveva conosciuto solo la Sede Nord America, il cui confronto con la cittadina austriaca non si palesava nemmeno. Era bellissimo il contrasto che il cielo dorato aveva con le case di pietra bianca; un'infusione di luce naturale che nella sua vecchia casa era sempre mancata.

- Hey, hai intenzione di star lì ancora per molto?!

Voltò la testa. Claire batteva il piede a terra in segno di impazienza, il viso corrugato in un'espressione autoritaria e severa. Lentamente Leda si ricompose, ricambiando la gentilezza con una risposta altrettanto stizzita.

- Affatto!

Aggiustandosi la cintura alla vita, indossò la giacca della divisa sopra la tuta e seguì la compagna fino al punto di raccolta. In un primo momento aveva trovato i vestiti altamente scomodi ma ora, doveva ammetterlo, si sentiva proprio a suo agio. Quel tale con gli occhiali, Jhonny, ci sapeva fare dopotutto. In un mese era riuscito a prenderle le misure - cosa ardua per chiunque ci avesse provato - e a fabbricarle un abito su misura adatto ai combattimenti e per nulla impacciato: una tuta scura e aderente molto corta, ma elastica; stivali lunghi senza tacco; un cappotto con un ampio colletto bordato d'argento. Aveva dovuto farsi fare i buchi alle orecchie per infilarci l'orecchino per le comunicazioni, che forse era l'unica cosa che veramente trovava inutile. Quel pendolo dorato continuava ad oscillarle davanti al viso e lei non poteva fare a meno di osservarlo ogni volta, distraendosi. Che seccatura.

Arrivati fino al luogo di partenza, le due Esorciste si ricongiunsero a Tyki e a Toma, rimasti ad aspettarli. Come vide il Noah, Leda provò una strana stretta allo stomaco. In un primo momento ebbe l'impressione di essersi arrestata, salvo poi accorgersi di aver rallentato il proprio passo. Quell'uomo riusciva a metterla in soggezione anche in momenti come quello. Prendendo una buona dose di inaspettato coraggio, si fece avanti.

- Tyki - lo chiamò con un tono dolce, che mai avrebbe pensato di possedere. Il suo orgoglio aveva deciso di prendersi una pausa, in quel momento, per concentrarsi su cose più importanti per le quali sarebbe stato solo d'intralcio.

Il Noah si voltò verso di lei con aria indifferente, rivolgendole un'occhiata gelida. La neo Esorcista sentì lo stomaco contrarsi per l'ansia, mentre una serie di brividi fastidiosi le salirono lungo la schiena. Perché si sentiva così colpevole?
Claire non attese oltre per i commiati e con un invito per nulla educato esortò il gruppo a cominciare il cammino verso il luogo della missione. A quanto letto nei rapporti della Scientifica, lungo la foresta tra Salisburgo e Linz correva un sentiero usato dalle carovane per i commerci. Essendo abbastanza trafficato, non furono poche le testimonianze dei mercanti che, durante la notte, affermavano di vedere una strana luce in lontananza muoversi tra gli alberi, fluttuando nell'oscurità. Presi dalla paura, avevano pensato si trattasse di spiriti, o fuochi fatui, e si erano rifiutati di adoperare ancora quella via. Ma essendo l'unica percorribile, urgeva trovare una soluzione al problema e chi meglio dell'Ordine poteva occuparsene?

Durante il tragitto l'entusiasmo di Leda si spense gradualmente, procedendo di pari passo con il calare del sole sull'orizzonte montuoso. Quel suo tentativo fallito di rivolgere la parola a Tyki l'aveva demoralizzata a tal punto da toglierle ogni forza per affrontare la missione con zelo, come normalmente avrebbe fatto. Si trascinava nella foresta senza dare a vedere il suo disagio emotivo, sollevando i piedi quel tanto che bastava per non inciampare in radici sporgenti e sassi.
Claire e Toma si trovavano in testa al gruppo. Parlottavano tra loro, ma alle orecchie della neo Esorcista non giunsero neanche i rimasugli dei loro sussurri. Silenzio assoluto. Di qualunque cosa si fosse trattato, doveva essere parecchio importante. Decise perciò di approfittare di quel momento in cui la compagna pareva ignorarla, per portarsi al fianco di Tyki e camminargli accanto, cercando di tenere il suo passo. Aveva deciso che lo avrebbe fatto parlare, anche a costo di prenderlo a schiaffi; perché lei, a differenza di qualsiasi altra persona, avrebbe potuto.
Fece per aprir bocca, nella sua mente già immaginava il tono che avrebbe usato: spazientito e visibilmente alterato dalla rabbia.
Eppure, strano ma vero, Tyki l'anticipò e finalmente fece sentire la propria voce.

- Va bene, ti perdono, anche se mi hai trascinato in questo casino - e per Leda fu come un miscuglio di graffi su una lavagna. Sentì il viso prendere fuoco per la rabbia, ed il rimorso provato fino a qualche secondo prima incenerirsi all'stante; un foglio di carta spirato nel vento nel giro di pochi istanti. E i sensi di colpa si trasformarono in vergogna. Sì, vergogna per essersi lasciata trascinare dalle emozioni, per aver concesso a se stessa il dovere di preoccuparsi per gli altri, quando in realtà questi non facevano altro che beffarla, spregiudicati. Avrebbe dovuto capirlo. Avrebbe dovuto capire che quel bastardo la stava solo prendendo in giro!

- Tu... Maledetto! - sbraitò furiosa, indirizzando un pugno al suo viso; colpo che il Noah schivò con facilità, spostando agilmente la testa con fare indifferente - Non mi parli per giorni e alla fine te ne esci così?!

- Avresti potuto farti viva un po' prima, ma non importa... - proseguì con nonchalance Tyki, ignorando platealmente gli insulti dell'altra.

- La prossima volta ti lascio marcire in quella fogna! - esclamò con stizza Leda, aumentando esponenzialmente il passo e posando i piedi a terra con forza per distanziarlo.
Ma quando fu certa di avergli dato le spalle, ecco arrivare un breve e fugace mormorio. Un piccolo raggio di sole che, contro ogni volontà, seppe acquietare l'uragano che imperversava dentro di lei, distruttivo.

- ... Grazie...

Si voltò di colpo. Tyki le sorrideva. E forse perché lei, dopo quella semplice parola, era avvampata improvvisamente. Sentiva l'imbarazzo divorarle lo stomaco e la voce, smorzata di netto per impedirle di replicare. Ma non servirono altre parole. Semplicemente, ricambiò il sorriso in maniera sobria, semplice; sincera. E il tempo parve fermarsi, catturando quell'istante in una scatola di specchi lucidi che lo avrebbero riflettuto per sempre, tale e quale a come era ora. Non lo avrebbe dimenticato tanto facilmente, Leda. Non lo avrebbe fatto, ed anche quel breve attimo di intesa sarebbe finito nell'archivio di ricordi che era la sua memoria, catalogato secondo determinate sensazioni ed emozioni.
Quella piccola vittoria, concessa proprio dall'ultima persona che si sarebbe aspettata facesse una cosa simile, scavava più a fondo in un rapporto giovane che, a vedersi, aveva radicamenti ben più profondi dei semplici battibecchi che era solita avere con lui. L'uno stava imparando a sopportare l'altra. E benché ancora ci fossero cose non dette tra loro, Leda era conscia che non sarebbe stato necessario conoscerle. Perché non ne aveva bisogno. Le bastava guardare Tyki per fidarsi; per trovare, in quel sorriso gentile che solo raramente lo vedeva esporre, una stilla di luce pronta a fare chiarezza per lei su ogni cosa.

- Signore Esorciste!!! - Toma insorse dal silenzio indicando un punto imprecisato nella boscaglia, il viso contorto in un'espressione preoccupata.
Leda sollevò rapidamente lo sguardo, e così fecero anche Claire e Tyki: una luce fluttuava tra gli alberi, leggera e sfuggente. Era mediamente luminosa, ma decisamente non apparteneva a nessun tipo di torcia o lanterna. Svolazzava tra i tronchi con lentezza, e a vederla dava proprio l'aria di possedere un qualche tipo di coscienza, o volontà. Nessun movimento era casuale, si muoveva infatti con una calma quasi meditativa. Qualsiasi cosa fosse stata, era finalmente arrivato il momento di scoprirlo!

- Muovetevi, ci sfugge! - ordinò Claire partendo all'inseguimento del barlume, sguainando la frusta e tenendola pronta ad un eventuale uso. Toma la seguì a ruota, l'apparecchio per le comunicazioni ben saldato sulla schiena.

Leda si riprese dallo smarrimento nel quale sembrava essere precipitata. Lo stomaco le si contraeva dall'emozione. Deglutì a vuoto, sentendo la faccia andare in fiamme. Ma non ebbe paura. Le ci volle un secondo per tendere le braccia e gridare la frase che si teneva dentro da quando era approdata in quel luogo.

- Bone Blade, attivazione!

Una luce bianca e brillante le avvolse i polsi, tenue ma intensa. La pelle parve reagire a quel comando provocandole un piacevole formicolio ed arrossandosi come in risposta ad una forza che tentava di entrarvi in contatto. E poi, avvenne la manifestazione del suo reale potere, l'arma che per un mese l'aveva impegnata al fine di addomesticarla e farne una parte si lei stessa. L'altro lato della sua figura, quello onirico, che persisteva unicamente nella fantasia di una ragazzina, poté così finalmente sbocciare e diventare vero.
La pelle dei polsi si squarciò, aprendosi lungo il taglio orizzontale delle cicatrici. Ma non ne uscì nemmeno una goccia di sangue, bensì due lunghe lame bianche e opache, generate dallo scheletro stesso. Di aspetto grezzo e rude, avevano una punta a prima vista molto tagliente ed un incisione a forma di croce su tutta la loro superficie.
Leda le agitò in un paio di direzioni per abituarsi all'evocazione, dopodiché si lanciò senza un attimo di esitazione dietro la compagna, con Tyki al seguito.

La caccia poteva avere inizio.




Angolo di Momoko

Ditelo che pensavate che fossi morta, avanti! xD
Vi capisco, nemmeno io ho più potuto connettermi. Con la fine del quadrimestre i prof ci tengono sotto torchio con interrogazioni e verifiche varie... Non ce la faccio più TT^TT
Intanto vi offro il dodicesimo capitolo di Lady War, che non è stata per niente abbandonata, anzi! Ora la questione inizia veramente a farsi spinosa, e dopo questa mini missione ci saranno un sacco di stravolgimenti. Questo capitolo è molto fermo, ma ho voluto bloccare tutto apposta per permettere a Leda e Alan di ambientarsi all'Ordine. Dalla seconda parte in poi comincia la prima missione della nostra collerica Esorcista. Saprò stupirvi xD Già da qui comincio a disseminare indizi per il momento finale della storia, quindi spero vi piaccia ;P Ah, finalmente ho potuto descrivere l'Innocence di Leda, anche se solo alla fine; la vedrete in azione dal prossimo capitolo!^^
Prima di dileguarmi, vi lascio con una chicca: la colonna sonora della storia - che ha avuto un ruolo a dir poco fondamentale per la sua creazione -. Nel caso voleste sentirla, correte a digitare sul Tubo Shadows di Lindsey Stirling
A prestoooo,

Momoko <3
   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > D.Gray Man / Vai alla pagina dell'autore: Momoko The Butterfly