Erano passati tre mesi dal matrimonio di Bellatrix e la minore dei Black
si trovava sotto il salice tanto amato da bambina a leggere
Erano passati tre mesi dal
matrimonio di Bellatrix e la minore dei Black si trovava sotto il salice tanto
amato da bambina a leggere il suo libro preferito
Wuthering
Heights*,
il libro lasciatole da Andromeda quasi tre anni prima, ormai logoro e pieno di
pieghe ai bordi delle pagine per segnare le parti migliori. Alzò lo sguardo
color tempesta verso il cielo limpido e sospirò mestamente, mentre si mandava
dietro l’orecchio sinistro delle ciocche ribelli dei suoi capelli lunari.
“Narcissa!
Vieni in casa, per favore, ci sono ospiti…” disse la madre della ragazza,
apparendole davanti, spaventandola.
“Madre! Mi
avete spaventata!” affermò la ragazza premendosi una mano sul petto, per cercare
di regolarizzare il battito cardiaco.
“Sciocchezze, muoviti, e comportati bene, mi raccomando… Devi fare buona
figura!” rispose Durella dando le spalle alla figlia, incominciando a
incamminandosi verso l’austera villa.
Narcissa
alzò gli occhi al cielo, rassegnata e seguì la madre, con passo elegante.
Entrarono
nell’immenso salotto, finemente arredato; i mobili antichi, risalenti a secoli
prima, alcuni quadri di natura morta e ritratti di famiglia erano appesi ai muri
verde scuro, inquietante mentre alcune armature medievali erano poste agli
angoli della stanza. Sopra l’imponente camino di marmo scuro vi era un enorme
ritratto di famiglia dove tre bambine, una diversa dall’altra erano sedute
elegantemente vicino alla madre e al padre posto dietro la poltrona rosso sangue
della moglie. Su uno dei due divani erano seduti i due ospiti.
L’uomo aveva
dei lunghi capelli biondo chiaro, che erano tenuti fermi in una coda bassa aveva
dei lineamenti freddi e spigolosi, molto in contrasto con i suoi occhi castano
scuro, molto caldi e profondi. Mentre la moglie aveva i capelli molto scuri,
quasi come la pece, e degli occhi grigi, sgargianti e espressivi che sembravano
monitorare ogni minimo movimento del padrone di casa, seduto dinanzi alla
coppia. Cygnus Black era regalmente seduto nella sua poltrona bordeaux studiava
gli ospiti con aria di superiorità sorrise nel vedere entrare la moglie e la
figlia minore con passo deciso e raffinato, come solo un Black poteva avere.
Narcissa
sorrise amabilmente al padre, chinando la testa in segno di rispetto.
“Padre”
disse con voce dolce mentre il signor Black faceva segno alla moglie e alla
figlia di sedersi sull’altro divano, vicino alla coppia.
La ragazza
fissò i due cognugi, confusa, le sembravano famigliari, alcuni tratti del loro
volti li aveva già visti… Ma non si ricordava dove…
“Vostro
figlio quando pensa di arrivare?” domandò acido Cygnus ghignando cattivo nella
direzione dei due ospiti.
“Presto…”
replicò con nonchalance l’uomo mentre la moglie continuava a fissarlo con il suo
sguardo freddo e calcolatore.
Il padrone
di casa fece per replicare con una delle sue battute acide, quando la porta del
salotto si aprì rivelando la figura di un ragazzo alto e dinoccolato, dai lunghi
capelli biondi e gli occhi color dell’acciaio. Narcissa sobbalzò sorpresa nel
vederlo in casa sua… Un brutto presentimento le attraversò la mente, come un
fulmine a ciel sereno.
“Buona sera…
Scusate il ritardo…” disse il ragazzo con la sua voce melliflua.
“Siediti,
Lucius…” disse il signor Malfoy al figlio, il quale annuì e si diresse verso il
divano, sedendosi.
“Bene… Ho
ascoltato tutte le proposte rivolte a mia figlia e la vostra, Abraxas, è forse
la migliore… Quindi, possiamo dire che molto presto saremo parenti…” disse il
padrone di casa sorridendo apertamente ai cognugi Malfoy.
Narcissa
sbiancò nell’istante stesso che quelle parole furono pronunciate. Forse non
aveva capito bene… Lei e Lucius Malfoy? No, era impossibile…
“Padre… Non
penso di aver sentito bene…” affermò la ragazza con voce flebile.
“Narcissa,
non essere sciocca, certo che hai capito; Entro due anni sposerai Lucius Malfoy,
che diamine, ti credevo intelligente!” disse arrogante Cygnus.
Ecco quando
il mondo ti crolla a dosso…
Narcissa
strinse i pugni conficcandosi le unghie nel palmo della mano, mentre si mordeva
le labbra per non replicare, il cuore le si era fermato; si era sentita morire,
come poteva lei, fiera, orgogliosa…. Una Black sposare un mostro come quel
ragazzo dalla pelle diafana e gli occhi color tempesta? Un angelo tentatore che
aveva trascinato fra le sue grinfie tutte le sue amiche e le aveva fatto
soffrire… E lei, l’unica che non aveva avuto, sarebbe stata costretta a
sposarlo?
La ragazza
chiuse gli occhi rimanendo immobile e impassibile, le parole dei suoi genitori e
dei cognugi Malfoy le scivolavano a dosso come fosse protetta da un muro
invisibile che non le faceva udire niente… Non voleva ascoltare… non voleva
essere lì… Non voleva quell’uomo come marito… Non voleva…. Voleva Andromeda…
“Narcissa,
cara, non ti senti bene?” domandò Durella prendendo una mando della figlia,
facendola tornare alla dura realtà: lei avrebbe sposato Lucius Malfoy…
“No, madre…
Ho bisogno di un po’ d’aria…” disse quasi in un sussurro, aprendo gli occhi
argentei.
“Vai,
tesoro, esci un po’, tanto qua parleremo d’affari…” disse la donna accarezzando
dolcemente la testa della figlia.
“Con
permesso, signori Malfoy…” affermò la ragazza alzandosi con grazia divina dal
divano.
“Lucius,
accompagnala!” replicò freddo Abraxas, il ragazzo annuì silenziosamente
avvicinandosi alla giovane appoggiandole una mano sulla schiena facendo una
lieve pressione per farla camminare.
“So
camminare da sola!” sibilò lei allontanandosi con un gesto stizzito.
“Narcissa!”
la rimproverò suo padre.
“Scusi…”
disse lei a denti stretti per la rabbia, mentre cercava di rallentare il battito
del suo cuore; perché quando la sfiorava le succedeva sempre così?
Con eleganza
i due ragazzi uscirono dal salotto andando verso il giardino.
Raggiunsero
il salice dell’infanzia di Narcissa in completo silenzio.
La ragazza
appoggiò una mano sul tronco secolare dell’albero mentre il giovane la studiava
rapito.
Amava il suo
modo di muoversi, elegante e aggraziato, come una gazzella, delicata e
determinata al tempo stesso. Una regina, ecco cosa era quella ragazzina. Anche
da bambina era davvero bella, ma crescendo era diventata stupenda, un fiore raro
e prezioso, da custodire con gelosia, un fiore che tutti gli avrebbero
invidiato…
L’uomo
ghignò, sì tutti l’avrebbero invidiato… Lei adesso era sua… Sua e soltanto sua,
e lei non avrebbe potuto ribellarsi…
Narcissa si
voltò stizzita, odiava sentirsi osservata… Odiava lui e il suo stupido ego…
Odiava il suo essere prepotente e sospettoso… Odiava o amava? Non lo capiva
più… Perché era così terribilmente difficile capirlo? Eppure aveva sempre detto
che non ci sarebbe caduta… Ma allora perché tremava quando incontrava i suoi
occhi adamantini? Perché si sentiva ancora una bambina ingenua e indifesa quando
la sfiorava? Perché quel maledetto giorno aveva risposto con tanta passione al
suo bacio tentatore? Perché lui ormai popolava i suoi sogni più romantici?
Perché desiderava immergere le sue mani fra i suoi serici capelli? Perché tutte
quelle domande e così poche risposte?
“Cosa hai da
guardare?!” sibilò cattiva la ragazza fulminandolo con lo sguardo.
“Guardo te…
Narcissa sai che stai diventando stupenda?” sussurrò con fare tentatore
il ragazzo, avvicinandosi a lei.
“Non mi
incanti!”
“Non ti
incanto cosa? Non ti voglio incantare… Ti voglio amare…”
“Scordatelo!” disse a denti stretti per la rabbia, la ragazza.
“Tanto prima
o poi cadrai ai miei piedi, principessina…” sibilò fra il malizioso e
l’arrogante.
“Ma come ti
permetti!” disse stizzita la ragazza alzando una mano per tirare un ceffone al
ragazzo il quale la bloccò prendendola per il polso, facendole abbassare la mano
con rabbia.
“Non ci
provare mai più… Una volta può andare, ma adesso sei la mia fidanzata e non
tollero un simile comportamento!” concluse lui lasciandole andare il braccio
arrossato dalla forza della mano del ragazzo.
“Mi hai
fatto male!” urlò lei tirandogli uno spintone, facendolo spostare per tornare in
casa.
*****
“Casa dolce
casa!” disse un uomo dai capelli castano scuro e gli occhi color miele, con il
viso dai lineamenti dolci e buoni e un sorriso raggiante mentre appoggiava una
grande valigia rosso scuro nell’ingesso della casa, inciampando su di essa,
cadendo quasi a terra.
“Ted! Per
l’amor del cielo, sta attento!” disse la moglie entrando dalla porta con in
braccio la figlia nata da pochi giorni.
“Scusa,
Andy…” rispose lui alzandosi in piedi, dandole un bacio sulla fronte.
Lei sospirò
rassegnata; era inutile, imbranato era e imbranato sarebbe rimasto… Ma era anche
per quello che lo adorava. Sorrise andando in salotto; era felice, aveva la sua
famiglia… Famiglia… Chi sa cosa stava succedendo al Manor dove era cresciuta…
Sapeva tanto poco.
Bella si era
sposata da tre mesi e della sorellina minore non sapeva più niente… Chi sa se il
destino era stato gentile con quella creaturina dolce e sensibile che era sua
sorella. Un senso di vuoto la pervase facendola rabbrividire impercettibilmente.
“Andromenda…
Che succede?!” domandò Ted abbracciando la mogli e accarezzando la testolina dai
capelli viola della figlia.
“Niente, è
solo…”
“E’ solo
cosa?”
“Chi sa che
succede nella mia famiglia… Non so più niente… Oh, Ted, mi mancano così tanto le
mie sorelle!” disse lei iniziando a singhiozzare.
“Ehi… Io…
Tesoro, ti prego… Non fare così! Tutto si risolverà! Promesso!” affermò lui
prendendole di braccio la figlia, mettendola nel suo lettino vicino al divano,
per poi stringere a sé la donna, la quale affondò il viso nel petto del marito
in cerca di conforto.
La bimba nel
lettino iniziò a piangere, contrariata di così poca attenzione, facendo
sorridere i genitori.
“Ah,
Ninfadora, come sei egocentrica!” disse Ted ridendo, prendendo in braccio la sua
stella.
Andromeda
sorrise fra le lacrime andando a sedersi sul divano, reclinando indietro la
testa, sospirando mestamente, in fondo poteva benissimo andare avanti senza di
loro… Aveva passato quasi tre anni senza la sua famiglia e era sempre stata
felice… Perché ricominciare a piangere proprio adesso? Chiuse gli occhi
ascoltando il marito che diceva tante parole dolci alla figlia che teneva fra le
possenti braccia.
Il
ticchettio di un gufo alla finestra le fece aprire di nuovo gli occhi; rimase
interdetta per qualche secondo riconoscendo il candido gufo della sorella
minore. Si alzò di scatto dal divano e in pochissimi attimi fu alla finestra,
facendo entrare il gufo nel piccolo salotto, quale fece un piccolo giro attorno
alla stanza andando a posarsi con grazia sulla spalliera del divano, porgendole
la zampetta con aria solenne, scrutandola con i suoi occhi d’ambrosia colata. La
donna rimase immobile per alcuni secondi, fino a che non decise di muoversi e
prendere la lettera con sopra lo stemma dei Black e scritto a chiare lettere il
motto della sua nobile e potente casata: Toujours Pur… Sorrise di scherno
nel leggere quelle parole, per lei erano ormai senza senso… Prese la lettera e
se la rigirò fra le mani affusolate e aristocratiche, guardò il marito che la
stava studiando con aria interrogativa, le sorrise e, con la figlia fra le
braccia la lasciò sola con i fantasmi del suo passato…
Con
insicurezza aprì la lettera e prese un bel respiro e iniziò a leggere nella
scrittura ordinata e delicata della sorellina.
Cara
Andromeda,
Sono passati
ormai tre anni da quel orrendo giorno in cui ci hai lasciate…
Mi manchi,
nostra madre e nostro padre sono cambiati da quando te ne sei andata…
Ma non ti
voglio parlare di loro… E’ anche per colpa dei nostri genitori che te ne sei
andata…
Sicuramente
ti stai chiedendo perché adesso e non prima… Orgoglio? No, solo una stupida e
infondata paura che qualcuno potesse scoprirmi, ma ormai non mi interessa più…
Andromeda mi potrai mai perdonare?
Ti ho
lasciato andare senza combattere… Senza di te tutto è strano, diverso… Piatto,
mi manca la tua schiettezza e la tua determinazione, mi manchi tu, mia sorella,
quella ragazza meravigliosa che mi faceva sognare e innamorare dei suoi libri…
Andromeda,
tu sai amare…
Sei l’unica
in questa famiglia che ha avuto il coraggio di prendere una decisione dolorosa
quanto sensata… Ti prego, insegnami a essere forte come te, perché non so quanto
posso resistere… Nostro padre mi ha combinato un matrimonio, come per Bellatrix…
Con Lucius Malfoy… Lo sai anche tu quanto non lo sopporto, usa tutte le persone,
le inaridisce della vita e le getta via come una pezza da scarpe usata…
Allora
perché mi fa questo effetto? Perché quando mi è vicino mi gira la testa, perché
quanto mi sfiora anche per sbaglio mi sento tremare e il cuore va a mille?
Perché lui, mi fa questo? Perché popola i miei sogni più proibiti? Andromeda, ho
paura… Che strana magia mi ha scagliato contro? Cosa mi succede? Perché mi sento
volare quando è con me e perché mi sento morire quando è lontano?
Quando né ho
parlato con Bellatrix, lei mi ha preso in giro, dicendomi che sono ancora una
bambina che sogna e che potrebbe rimanere scottata, ma scottata da cosa? Sono
confusa, spero che, almeno tu non ti prendo gioco di me e che mi puoi dare le
risposte che cerco…
Mi manchi, e
spero che mi risponderai, anche se ti capirò se non mi rivolgerai più parola…
Sappi, però,
che io non ti ho mai dimenticato, hai un posto speciale nel mio cuore, da dove
nessuno potrà strapparti via…
Con affetto,
Tua sorella,
Narcissa
Black
Con le
lacrime agli occhi la donna si strinse al petto la lettera, come poteva non
perdonarla? Era sempre sua sorella, la sua bambina, la sua Narcissa… Prese carta
e penna e iniziò a risponderle, sapeva benissimo cosa le stava succedendo e
sapeva che anche lei l’aveva intuito, sorrise fra le lacrime, iniziando, con
mano tramante dall’emozione a scrivere.
Cara
Narcissa,
Già, sono
passati tre anni…
Ho saputo di
Bellatrix, povero Rodolphus, in che guai si è andato a cacciare! Se sono
cambiati, i nostri genitori, spero per te in meglio…
Ho tanto
sperato, che almeno tu mi scrivessi…
Anch’io sono
cambiata, mi sono tinta i capelli, non sono più rossi, adesso sono castani, non
scuri come quelli di Bellatrix o di nostra madre, ne biondo ramati come quelli
di nostro padre, unici, diversi…
Volevo
tagliare i ponti con la mia vita passata… Ma è stato tutto inutile, mi manchi
anche tu, sorellina, vorrei tanto poterti riabbracciare…
La mia
piccola, chi sa quanto sei cresciuta…
Narcissa,
non sono forte, sono una ragazza, una donna, ormai una madre, piena di
insicurezze e paure… Ma ho fatto solo ciò in cui credevo, io credo nell’amore…
Credo in mio marito, e in mia figlia… La speranza è la mia forza…
Ti dovrai
sposare con Lucius? Ma penso che non ti dispiaccia, in fondo sai anche tu perché
ti succede a quel modo quando lo vedi… Narcissa, guarda nel profondo del tuo
cuore, sorellina, sei innamorata di lui e non lo vuoi ammettere… Non ti ha
incantato con nessuna magia… E’ solo la magia dell’amore…
Non rammenti
proprio niente dei miei libri, che tanto amavi? So benissimo, come è Lucius, ma
al cuore non si comanda… Forse tu, con la tua determinazione e furbizia lo
potrai cambiare… Bellatrix non capisce queste cose, lasciala perdere, la sciocca
è lei, non noi che crediamo in qualcosa di così puro e perfetto…
Non potrei
mai starti lontano, continuerò a parlarti per sempre, sei mia sorella…
Spero di
esserti stata utile… Scrivimi presto…
Con affetto,
Tua sorella,
Andromeda
Black Tonks.
La donna
rilesse la lettera per scrupolo e la legò alla zampetta del candido gufo di
Narcissa, aprì la finestra e osservò l’animale volare sicuro verso il tramonto;
appoggiò la testa al vetro gelato della finestra e sospirò, più felice di prima,
ormai le lacrime erano asciutte sul suo volto e su di esso era ricomparso il
sorriso dolce e giovanile che aveva da ragazzina quando giocava con le sorelle
nell’immenso giardino di Black’s Manor.
* cime
tempestose.
My Space
Ehm... Beh grazie a quelle poche persone che hanno
letto la mia Ff e a chi l'ha commentata... Comunque, sta volta mi lasciate
qualche commentino?XD me si sente scema a continuare una Ff che non legge quasi
nex...XD xò per quei pochi continuo sempre se voleteXD LOOL Kiss a presto
Debby^_^
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