Capitolo V
Diafane
Il ticchettio dell'acqua che
gocciolava nel lavandino della cucina era l'unico suono che spezzava
il silenzio che regnava in casa di Ophelia.
“Quando tornerà
Artes secondo te?” chiese debolmente Sharon con voce e occhi
assonnati.
Daniel ebbe un guizzo e
senza rispondere si avviò verso la camera della madre,
ignorando completamente la ragazza che lo guardava.
“Sto parlando con te!”
gridò Sharon raggiungendo il ragazzo e strattonandolo per la
maglietta.
“Smettila”
sussurrò piano lui.
“Che hai? Di botto ti
sei completamente depresso...” chiese titubante Sharon che
teneva ancora stretta nel pugno la maglietta.
Daniel fece un rapido
movimento con il quale si liberò dalla presa della ragazza e
con uno spintone la fece finire in una delle due camere arancioni,
esattamente davanti alla camera di Ophelia.
“Ma sei impazzito?!
Sei schizzato!” protestò Sharon cercando di uscire.
“L'hai voluto tu,
resterai qui chiusa a chiave finché non cambi atteggiamento”
disse in tono freddo e tagliente il ragazzo richiudendo la porta.
“Ma non ci pensare
nemmeno!” ribatté Sharon afferrando la maniglia e
tirando con tutta la forza che aveva per contrastare quella di
Daniel.
“Non provocarmi, so
che mi vorresti avere tutto per te in quella stanza ma non posso”
disse ridacchiando lui.
“Ma chi ti vuole!”.
“Se insisti vengo”
mormorò Daniel prima di lasciare andare la presa sulla porta
facendola aprire di scatto, buttando Sharon a terra.
“Basta ci rinuncio,
sei impossibile” sbottò Sharon massaggiandosi la
schiena.
“Sei abbastanza
tranquilla e allegra dopo tutto quello che è successo,
complimenti” disse lui avvicinandosi alla ragazza a terra e
aggiungendo “Dai alzati, non vorrei avere più problemi
con il pavimento...che ne dici se questa volta usiamo il letto?”.
“Sei un maniaco
pervertito! Mai incontrato un Nephilim come te”.
“Lo so, sono unico”.
Sharon dovette trattenersi
dall'insultarlo e nonostante fosse riluttante accettò l'aiuto
del compagno ad alzarsi, finendo così nel suo abbraccio.
“Ci avrei giurato”
sussurrò debolmente lei mentre i morbidi capelli di lui le
solleticavano il volto.
“Cosa avresti
giurato?” bisbigliò lui con voce suadente e dolce
all'orecchio della ragazza che era diventata rigida come un palo.
La porta alle loro spalle si
era richiusa a causa del vento e adesso si ritrovavano soli in una
stanza a un soffio di distanza, lei ne poteva sentire l'odore della
pelle e dei capelli, un odore che la faceva viaggiare con la mente,
vaniglia.
“Niente...”.
Un flash attraverso la mente
di Sharon, anche al Paradisium erano finiti in una situazione simile
e un tonfo al cuore la fece trasalire.
“Profumi di
cioccolata...” mormorò Daniel appoggiando le labbra sul
collo di lei a facendole camminare lentamente verso la bocca.
“Fermati...per favore
fermo...”.
Sharon cercava di
allontanare Daniel in tutti i modi possibili, ma la forza con cui la
teneva lui abbracciata era impossibile da contrastare.
“Perché dovrei
fermarmi?” bisbigliò lui sempre più vicino alle
labbra della ragazza.
Le loro labbra ormai si
stavano sfiorando debolmente e la presa su di lei aumentava, era una
presa forte e delicata, le mani di Daniel si spostarono dalle spalle
alla schiena e un brivido percosse Sharon che la fece trasalire e di
istinto spostò le mani sulla nuca del ragazzo finendo nei
capelli.
La ragazza per un momento si
sentì svenire e perse l'equilibrio quando le sue labbra si
schiusero sotto la pressione di quelle del ragazzo e quel bacio
divenne più passionale, cadendo così sul letto e
portandosi dietro Daniel.
“No, aspetta...fermo”
sussurrò Sharon scostandosi leggermente.
Ci fu un leggero minuto di
silenzio e poi un rumore sordo di vetri mandati in frantumi nella
camera difronte, Sharon e Daniel uscirono subito dalla stanza e
corsero in quella di Ophelia, la donna era sdraiata per terra
agonizzante e una specie di bambina le aleggiava intorno.
“Mindus, cosa fai
qui?!” gridò Daniel evidentemente sorpreso e alterato.
“Oh, Nephilim. Ma che
piacere vederti di nuovo” disse la bambina con voce inquietante
e sottile.
Era alta più o meno
un metro e venti e i piedi non toccavano terra, i suoi capelli erano
di un verde sbiadito ripresi in due treccine che le arrivavano fino
alla vita, gli occhi completamente neri, la pelle che le tendeva sul
rossiccio la faceva sembrare molto accaldata ed era coperta solo da
una specie di body verde. Sharon aveva visto solo una volta una
creatura del genere, quando era piccola e si trovava nei boschi che
separavano Blueville da Peck, quella strana bambina in realtà
era una fata.
“Cosa ci fa una fata
come te qui?” disse il ragazzo avvicinandosi al corpo della
madre e prendendolo in braccio.
“La Contea è
sotto attacco, tutti i portali e le vie di comunicazione con essa
sono state interrotte. Hanno evacuato tutti, tranne Nephilim
guerrieri e guaritori presenti al momento dell'attacco” disse
in tono divertito la creatura che si spostò vicino ai piedi
del letto.
“Sotto attacco?”
ripeté incredulo Daniel.
“Si, alle prime luci
della sera cinque legioni di demoni hanno invaso le città
della Contea creando il caos più totale” spiegò
con voce fredda e noncurante la fata.
Daniel lanciò una
veloce occhiata a Sharon che era rimasta immobile sulla porta,
incredula.
“Quindi Artes adesso
sta combattendo...” sussurrò piano Sharon che si dovette
appoggiare allo stipite della porta per non cadere, si sentiva le
gambe molli come gelatina.
“Non c'è
proprio nessun modo per arrivare alla Contea?” chiese Daniel
adagiando la madre nel letto.
“No, siamo tutti
bloccati qui. Credo che ci sarà presto un invasione anche su
questo mondo.”.
“Cosa te lo fa
pensare, Mindus?” disse Daniel calcando il tono sul nome della
fata.
“Oh beh, i portali si
stanno aprendo e nessuno sa chi sia a farlo, i demoni sono liberi di
entrare e uscire a loro piacimento...” ridacchiò Mindus
lasciandosi cadere su una sedia all'angolo della stanza.
“Il guardiano che è
morto mi ha detto che è stata una donna, chi potrebbe essere?”
chiese Sharon avanzando un po' nella stanza.
“Donne?” ripeté
la fata alzando un sopracciglio “Non ci sono donne capaci di
aprire portali potenti come quelli, nessuno avrebbe una tale forza. E
poi le uniche donne che possono avvicinarsi ai portali sono le
guardiane e ne esistono solo due, Ophelia e Tonac gli altri sono
tutti uomini.
“Ma quel guardiano...”
cercò di dire Sharon ma subito fu interrotta dalla fata.
“Ma niente, devi aver
sentito male. E' impossibile e basta” sbottò Mindus.
“Voi fate dovete
sempre aver ragione!” aggiunse Daniel.
“Piuttosto chi è
questa tizia? Non l'ho mai vista in vita mia”.
“E' una Nephilim
guerriera” disse il ragazzo con tono strafottente.
La fata lo guardò per
un momento a bocca aperta poi scoppiò in una fragorosa risata,
e alzandosi dalla sedia si avvicinò a Sharon osservandola come
se fosse un alieno.
“Che presa in giro è
questa, Daniel?” ridacchiò Mindus guardandolo
intensamente.
“Nessuna presa in
giro, fata” sbottò Sharon guardandola ostile.
Mindus si girò
leggermente verso la ragazza e dopo aver sorriso debolmente cominciò
a creare delle saette tra le mani, che lanciò su Sharon a
tutta velocità. Prima che queste potessero raggiungerla,
Daniel si mise davanti alla ragazza respingendole con un'arma
completamente bianca e sfavillante, sembrava una spada con due ali di
angelo chiuse ai lati che formavano la lama.
“Uh la la, che bella
diafana” sussurrò Mindus incantata dall'arma che Daniel
stava maneggiando.
“Smettila di usare i
tuoi poteri senza motivo o ti anniento” minacciò il
ragazzo con tono freddo e inquietante.
“A quanto pare siamo
parecchio alterati oggi, va bene sparisco. Ma ricorda che mi rivedrai
presto” disse la fata prima di sparire nel nulla.
“Diafana? Mindus?
Cos'è successo, non ho capito molto...” chiese Sharon
avvicinandosi al ragazzo che era diventato abbastanza pallido.
“Mindus è una
delle principesse delle fate, una creatura che ama prendersi gioco
degli altri e che si crede superiore a tutto e tutti. La conosco
grazie ad un allenamento nei boschi della Contea, dove voleva
raggirarmi. Ma ovviamente io sono più furbo e più forte
di lei” spiego il ragazzo sedendosi a terra e lasciando quella
specie di spada sul pavimento.
“Ah...e cosa intendeva
per ''diafana''?”.
“Non sai cosa sono le
diafane?” chiese il ragazzo sollevando un sopracciglio e
guardandola stupito.
“No, mai sentite
nominare...” ammise Sharon sedendosi affianco al ragazzo.
“Le diafane sono le
armi dei Nephilim, qui nel mondo degli umani verrebbero chiamate armi
bianche...da noi invece si chiamano diafane. Sono armi speciali
create apposta per i Nephilim guerrieri e ognuno ha la propria sempre
con se, anche tu c'è l'hai probabilmente, dovresti solo
scoprire come evocarla. Nessuna diafana è uguale ad un altra e
hanno tutte poteri diversi, per esempio ecco la mia” Daniel
sollevò la spada da terra e tenendola tra le mani la mostrò
a Sharon che era rimasta incantata dal suo splendore.
“E' bellissima...”
sussurrò la ragazza rapita.
Daniel non riuscì a
nascondere un sorriso e un improvvisa tenerezza nei confronti di
Sharon, sembrava una bambina difronte le giostre del Luna Park.
“Come si evocano?”
chiese Sharon euforica.
“Non posso saperlo,
devi scoprirlo tu come evocarla. Te l'ho già detto sono tutte
diverse, la evocherai quando sarà il momento”.
“Appena Mindus è
andata via eri pallido...come mai?”.
“Le diafane assorbono
tanta energia, ma il loro potere è semplicemente fantastico”.
“Va bene, ho capito.
Posso farti un altra domanda?”.
“No, basta. Non vedi
che sono esausto? Portami a letto, donna” sbottò in tono
ironico Daniel che si era sporto verso Sharon con l'aria da cucciolo.
“Ma...ma non ci penso
nemmeno per sogno!”.
“Ssh, lo senti questo
rumore?” sussurrò piano il ragazzo alzandosi
silenziosamente e afferrando la diafana.
“Cos'è secondo
te?”.
“Non ne ho idea, viene
della cucina...credo ci sia qualcuno in casa, aspetta qui vado a
controllare” bisbigliò il ragazzo prima di avviarsi
verso il corridoio.
Sharon si guardò
attorno e poi notando che Ophelia si stava lamentando le corse
a fianco, i suoi occhi erano rossi ed era agitata.
“Ophelia che ti
succede?” chiese nel panico Sharon che afferrò veloce la
mano della donna.
“Scappate tu...e
Daniel...stanno arrivando” balbettò Ophelia stringendo
la mano della ragazza il più forte possibile.
Un rumore di piatti rotti
arrivò dalla cucina e Sharon corse subito alla porta per
cercare di scorgere cosa stesse succedendo, si avvicinò
silenziosamente all'angolo e sporse un po' la testa e vide Daniel
eliminare una specie di gelatina gigante rossa. La sua diafana
splendeva più di prima nonostante fosse ricoperta di un
liquido verdastro.
“Cos'era?”
chiese la ragazza uscendo dall'angolo e avvicinandosi al ragazzo.
“Un atarox, un demone
spia sotto il comando di Abaddon...” spiegò Daniel.
“Abaddon? Il demone
della distruzione...” sussurrò Sharon prima di essere
presa alle spalle da qualcosa di viscido e appiccicoso.
Una lunga lama affilata le
sfiorava il collo e una mano squamosa e putrefatta la reggeva, Sharon
ebbe dei conati di vomito e vide la faccia di Daniel diventare una
maschera di paura.
Con un veloce movimento del
busto la ragazza riuscì a sottrarsi dalla presa della creatura
e a disarmarla e quando raggiunse Daniel capì perché
era sbiancato, dietro quella creatura viscida e putrefatta c'era
Ophelia completamente fuori di sé, aveva gli occhi rossi e la pelle
violacea.
“Ophelia, che
succede?!” gridò la ragazza cercando di avvicinarsi alla
donna senza farsi riprendere dalla creatura.
“Ferma Sharon! Quella
non è mia madre, è posseduta!” gridò
Daniel muovendo alcuni passi in avanti.
La donna fece un breve
sorriso e poi con velocità sovrumana raggiunse Sharon.
“Assalto di luce!”.
Un'improvvisa ondata di luce
illuminò la cucina accecando tutti e quando tornò tutta
alla normalità Ophelia non c'era più, al suo posto
c'erano delle bruciature sulle pareti e chiazze di sangue sul
pavimento.
“Dannazione, sono
scappati!” sbottò Mindus che stava fluttuando a
mezz'aria.
“Mindus...mi hai
salvata grazie...” sussurrò abbassando lo sguardo
Sharon.
“Non pensare che l'ho
fatto per te, piuttosto Ophelia dov'è?” chiese con voce
stizzita la fata che guardava dritto in direzione di Daniel.
“Se la sono presa
ovviamente, vogliono che li cerchiamo”.
“Mi...mi dispiace...”
sussurrò Sharon con improvvisi sensi di colpa.
“Fai bene a
dispiacerti! E' tutta colpa tua se ci troviamo in questo guaio, se ti
fossi fatta gli affaracci tuoi tutto questo non sarebbe successo!
Adesso Daniel e Ophelia sono in pericolo come tutto il mondo, è
tutto per un inutile ragazzina del...” gridò Mindus
infuriata, ma prima che potesse finire la frase Daniel le puntò
la diafana contro.
“Non mi importa se ci
hai salvato, se non la finisci immediatamente giuro che ti infilzo”
intimò il ragazzo.
Il suo sguardo era diverso,
era sempre stato freddo e noncurante ma questa volta c'era qualcosa
in più che lo rendeva agghiacciante, il verde in quel momento
sembrava grigio.
“Daniel ma cosa ti
prende? Hai ricevuto per caso una botta in testa?” balbettò
preoccupata Mindus.
“Sei tu che mi irriti,
sei pregata di sparire se devi stare qui solo per accusare”.
Per quanto Daniel stesse
cercando di non far sentire Sharon colpevole era la verità,
era lei la causa di tutti quei problemi che non sapeva risolvere.
Silenziosamente la ragazza si avvicinò alla porta, e
approfittando di quel momento di distrazione dei ragazzi uscì
in fretta.
La pioggia fredda le bagnava
il viso e i vestiti, non sapeva dove andare né cosa fare,
sapeva solo che si doveva allontanare il più possibile da
Daniel e gli altri.
Mentre correva tra la folla
vide un ragazzo, era identico ad Artes il cuore le volò il
gola, cosa ci faceva lì?
“Artes!” gridò
Sharon cercando di farsi sentire dal ragazzo.
Aspetta cosa sto facendo?
Non può essere Artes lui si trova alla Contea...e se anche
fosse lui non posso andare lo metterei nei guai come ho fatto con
Ophelia e Daniel.
La ragazza si girò
lentamente e ricominciò a camminare tra la gente, cercando di
essere il più possibile invisibile. La pioggia che la bagnava
sembrava ghiaccio sulla sua pelle, ad un certo punto una mano calda e
gentile ma allo stesso tempo forte la prese per un braccio facendola
girare su se stessa.
“Daniel...”
sussurrò piano Sharon incredula, gli occhi del ragazzo erano
preoccupati ma allo stesso tempo terrorizzati.
“Non farlo mai più”
mormorò il ragazzo prendendola e stringendola in un abbraccio
mozzafiato.
“Scusa, ho dovuto...”.
“Zitta!” gridò
lui attirando gli sguardi dei passanti “Tu non devi niente, tu
devi solo restarmi vicina, non dar conto a Mindus!”.
Sharon sentì ancora
quella sensazione di svenimento e il suo cuore ebbe un balzo, le sue
braccia si allacciarono dietro la schiena del ragazzo mentre la
pioggia li bagnava, i passanti che prima li guardavano incuriositi
ora erano fermi a contemplare la scena.
“Non lo faccio più,
promesso” bisbigliò Sharon affondando la testa del petto
di lui.
Daniel non rispose, si
limitò a stringerla ancora più forte, un abbraccio che
non aveva mai dato a nessun'altra e che non si sapeva spiegare
nemmeno lui.
“Stiamo attirando
parecchi sguardi” ridacchiò lui abbassando la testa
verso quella della ragazza, “Perché non gli diamo un bel
spettacolino?”.
“Non ci posso credere!
Maniaco come sempre!” ribatté Sharon cercando di
soffocare una risata.
Daniel si scostò
lentamente dalla ragazza e le fece cenno di seguirlo, passando in
mezzo alla folla che li guardava ancora.
“Che succede?”
chiese Sharon.
“Sento qualcosa
provenire da qui”.
I due ragazzi erano arrivati
in un vicolo davanti una porta in legno consumato e putrefatto,
serrata da lucchetti e catene di ferro, Daniel evitando le
pozzanghere formatesi si avvicinò e cercò di abbattere
le catene della porta per poter entrare.
“Sono catene magiche”
sussurrò tra i denti il ragazzo.
“Catene magiche?”
ripeté Sharon.
“Si, è un
incantesimo...da quanto riesco a vedere è stato fatto da un
folletto”.
“Folletti? Allora è
un incantesimo banale!”.
“Scherzi vero?”
chiese Daniel girandosi verso la ragazza con uno sguardo stupefatto.
“Mi vuoi forse dire
che non è così?”.
“I folletti possono
essere all'apparenza piccoli, innocui e burloni, ma non sono niente
di tutto questo. La loro magia dopo quella delle fate è la più
forte ed è quasi impossibile rompere un incantesimo fatto da
loro se non hai le conoscenze e la pratica” spiegò
Daniel avvicinando la mano alle catene.
“Non lo sapevo, e tu
le hai queste conoscenze?” chiese la ragazza avvicinandosi alla
porta e guardandola più da vicino.
“Si, ma non sarà
comunque facile. E' un incantesimo molto forte, chiunque l'abbia
fatto doveva nascondere qualcosa di grosso”.
“Giusta intuizione
ragazzo, è per questo che vi impedirò di entrare”.
Un uomo piccolo e minuto,
dalla lunga barba bianca e i capelli altrettanto colorati, dagli
occhi come ghiaccio li guardava e sorrideva, mostrando i denti
bianchissimi.
“Etroit, cosa...cosa
ci fai qui?” bisbigliò piano Sharon, che con occhi
increduli guardava il piccolo uomo.
Il folletto ebbe un attimo
di esitazione e la sua bocca si curvò in una smorfia di
dispiacere poi come se niente fosse rispose ''Potrei farti la stessa
domanda io”.
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