Capitolo 6
Cole
Dannazione!
L’ultimo colpo era stato forte. Sputai un cumolo di saliva, sibilando contro il
mio aguzzino, mentre altri due in ombra ridevano sfacciati.
Quel
figlio di buona donna di Kingley non si era accontentato di bruciare tutti i
miei campi e di aver ucciso tutti i miei soldati, ma si divertiva – ovunque
fosse – a farmi torturare ogni due ore.
Se
solo l’avessi stretto fra le mani … Ahi, un altro gancio destro! Strattonai le
catene con cui m’avevano legato. Erano di una lega speciale che il bastardo si
era fatto confezionare apposta per pregustare quest’unico scopo.
Che
mi odiasse a morte, ormai, era palese. Eppure, non era disposto ad uccidermi.
Chissà perché … non potevo credere che fosse per un rimorso di coscienza.
Ridacchiai. Ma quale coscienza? Quello lì era buono solo ad uccidere e a
scopare.
Alti
due colpi, uno allo stomaco e un altro in faccia. La crepa, che si era formata
sulla guancia destra, la sentii aprirsi di altri tre centimetri.
Altre
risate, altri grugniti da parte del bestione di fronte a me.
Dio
… ero senza forze. Se solo avessi bevuto un solo litro di sangue … mi sarebbe
andato bene perfino un lama. Allora sì che avrebbero avuto poco da ridere
quegli …
Non
potei formulare l’epiteto più appropriato a definirli che udii, da lontano, un
fruscio di passi leggeri e veloci.
C’era
movimento fuori dal rifugio. Che stava succedendo? Un altro scontro, con i
trafficanti vicini? Il solo pensiero che quei bastardi avrebbero perfino avuto
la possibilità di banchettare con dei poveri malcapitati mercanti d’armi, mi
dava semplicemente il voltastomaco.
Dopo
un forte trambusto, che fece tendere sulla difensiva anche quel gruppo
d’idioti, intorno a me, seguì un silenzio pacificatore.
Era
già finita? Mi sembrava strano.
Poi,
all’improvviso, un odore familiare.
Spalancai
gli occhi per la sorpresa. Cosa, cosa ci faceva qui?
Non
era Fèlice. Non era nemmeno Carlisle. Conoscevo benissimo il suo odore, pulito
e delicato. Quel profumo era diverso. Era forte, intenso … mi bruciava le
narici.
Perfino
i miei carcerieri lo assaporarono a pieni polmoni. Uno di loro ringhiò
sommesso, a denti scoperti. Era eccitato.
Quando
si voltò verso l’ingresso, contemporaneamente la porta, sulle scale, si
spalancò. L’anta pesante, di ferro lavorato, fu scardinata con un possente
colpo, cadendo rovinosamente addosso al più magro del gruppo dei tre, cinque
vampiri, disposto in semicerchio, a schermarmi l’immagine scura che
s’intravedeva sulla soglia. Riuscivo a vederli e a contarli tutti, finalmente,
grazie all’aiuto della luce solare, che, per un istante, mi accecò, dato che
erano mesi che mi tenevano imprigionato sotto terra.
Lo
sconosciuto era alto e dal corpo possente. Indossava una tuta mimetica, con una
targhetta di metallo pendente dal collo perfettamente squadrato. Faceva paura a
vedersi, nonostante il corpo scultoreo, d’atleta greco. Il suo viso aveva tratti
ben definiti, ma cupi.
Aveva
gli occhi luccicanti di un profondo rosso. Aveva mangiato da poco.
“
E tu chi sei? Un sondato del fronte ovest?”
Sputò
il primo vampiro, di fronte a me, verso di lui.
Il
vampiro sconosciuto non rispose.
L’odore
di prima si fece più intenso.
Finalmente,
lei comparve.
“
No, è solamente il mio maggiordomo.”
Disse
semplicemente, con voce quasi divertita.
Julia
era più bella che mai. Aveva raccolto i capelli – rimasti sempre lunghi – in
una treccia, che poi aveva avvolto in un elegante chignon sulla testa.
Indossava
occhiali dalle lenti verde scuro, per richiamare il verde militare della tuta
aderente e mimetica che indossava, praticamente identica a quella del suo … maggiordomo?
Mi
venne da sorridere, ma mi avevano pestato così di brutto, che non ne avevo
nemmeno la forza.
Mi
rimase solo la lucidità necessaria per sentire il bisbiglio di Julia
all’orecchio del bestione alla sua destra.
“
Uccidili. Non risparmiare nessuno.”
Il
tono tagliente con cui aveva pronunciato quell’ordine di morte, mi fece
rabbrividire e fu in quell’istante che le mie speranze caddero come un fragile
castello di carta, così come la mia mente l’aveva velocemente costruito, non appena
avevo captato la sua scia.
Non
era cambiata.
Bellissima
… e letale.
L’omone
uccise tutti, senza lasciargli il tempo nemmeno di reagire ai suoi attacchi.
Uno di loro ci provò – quello che provava più piacere degli altri a picchiarmi
– ma, al confronto con quelli del bestione, i suoi sembravano i pugni di un
bambino.
Era
grosso e per niente veloce. I suoi resti bruciarono dopo, ma molto più
velocemente delle altre carcasse inerti.
Quell’odore
nauseabondo d’incenso mi stordì e m’indebolì del tutto.
Nei
fumi torridi, vidi avanzare verso di me l’omone.
Aveva
una canotta bianca, sotto la tuta sbottonata sul petto. Mi piacevano i suoi
stivali in pelle. Molto sportivi. Julia aveva gusto, nel vestire i suoi adepti.
Per
un attimo, credei che volesse finire il lavoro dei miei precedenti torturatori.
Ma dovetti ricredermi quando, con una mano, ruppe entrambe le catene, che mi
avvolgevano come due morse entrambi i polsi.
Sarei
caduto a terra, privo di forze, se Julia non mi avesse sorretto fra le braccia.
Il
profumo della sua pelle mi schiaffeggiò in pieno viso. Chiusi gli occhi,
abbandonandomi del tutto al suo abbraccio.
Ero
così debole … per la prima volta, da quando ero immortale, provai il desiderio
di riposare.
“
Avanti, Cole. Fatti forza.”
Mi
strinse a sé, premendo le labbra sul mio orecchio destro, le mani fra i miei
capelli.
“
Ti porto via da qui.”
Mi
mormorò, baciandomi piano il lobo.
Fece
un cenno al suo servitore, dato che, subito dopo, mi sentii strattonato, con
molta meno delicatezza, dalle mani forti del maggiordomo e trasportato sulla
sua spalla destra, come un sacco di patate.
Provai
una voglia matta di scendere. Tentai di divincolarmi, protestando con mugolii
di disapprovazione per quella posizione ridicola.
Per
tutta risposta, quella specie di gigante mi strinse più forte le gambe,
tenendomi fermo del tutto.
Ah,
se solo avessi bevuto un po’ di sangue …
Uscimmo
fuori da quel braciere improvvisato. Julia
non si era bruciata i vestiti, grazie all’omone, che aveva protetto
entrambi.
Julia
gli strappò via la giacca della tuta, che era quasi completamente in fiamme.
“
Tranquillo, Florence. Te la ricompro appena possibile.”
Eravamo
fuori. Guardai il cielo sereno e le lande polverose, dai cespugli secchi ed
aridi.
Il
campo era gremito di focolai identici a quelli che avevamo lasciato.
Un
neonato superstite sbucò fuori dai cespugli di rovi, urlando come un ossesso.
Sentii
i muscoli di Frorence tendersi sotto l’addome.
Julia
gli mise una mano sul braccio.
“
Non scomodarti.”
Sussurrò.
Con
un balzo trinciò di netto la testa del neonato, che rotolò lontano. Dette fuoco
al corpo ancora in contorsione. Recuperò la testa e la calciò fino al resto del
falò.
Però,
era migliorata molto, nel combattimento!
Proseguì
il suo cammino come nulla fosse, ancheggiando sensualmente davanti a noi. Mi
trasportarono a pochi metri dal campo, ormai deserto, fino ad una jeep da base
militare.
Florence
mi depositò meno bruscamente sui sedili posteriori e Julia mi coprì con una
coperta scura.
Non
avevo neppure la forza di respirare e la guardai aggiustarmi la coperta sulle
spalle con sguardo vacuo.
Julia
incrociò i miei occhi assetati e la vidi accigliarsi.
“
Lo so. Aspetta solo un altro po’.”
Mi
disse, con tono rassicurante. Allungò una mano, accarezzandomi col dorso delle
dita la guancia destra.
Rabbrividii
a quel tocco, maledicendo me stesso per essere così debole, da non riuscire a
respingere il suo tocco gentile.
Julia,
comunque, si ritirò subito. Passò qualcosa a Florence, mentre lei si sedeva sul
sedile davanti del passeggero.
Florence
sfilò qualcosa con i denti e gettò quella che doveva essere una bomba verso il
campo, compiendo la stessa manovra di un lanciatore di baseball.
Quando
saltò in macchina, mettendo in moto e sfrecciando a tutto gas verso la savana,
il rombo assordante di uno scoppio previsto, mi arrivò alle orecchie come il
suono piacevole di qualcosa di gradito.
Sorrisi,
mentre, dentro di me, i corpi di quegli assassini bruciavano, insieme alle
tende, i rifugi improvvisati e le stoviglie sbatacchianti.
Mi
avvolsi nella coperta, chiudendo gli occhi, finalmente sereno.
Mi
godetti il vento afoso della tundra sferzarmi il viso, ripulendolo dall’umidità
di quella prigionia.
L’odore
del sangue di un leone dormiente, a pochi miglia da nord, destò la mia fame
ribollente e acuì il bruciore che m’arroventava la gola.
Julia
mi fermò, prima che potessi balzare via dall’auto.
Mi
lanciò una borraccia. La soppesai, confuso. Era pesante e decisamente piena.
Svitai
il tappo. Subito un odore dissetante e rinfrescante di sangue fresco mi deliziò.
Avrei
voluto berlo immediatamente, tuttavia, un odore sconosciuto, quasi come di
qualcosa andato a male, m’impedì d’assaporarlo a pieno.
Me
ne bagnai appena le labbra, come un gustatore esperto di vini pregiati. Leccai
le gocce con la punta della lingua. Corrugai la fronte. Non era sangue umano,
ma neppure di un erbivoro.
Julia
rise della mia aria confusa.
“
Cosa credi, che sia veleno?”
Mi
beffeggiò, osservandomi da dietro le lenti scure.
Mi
sorrise, incoraggiante.
“
Tranquillo. E’ solo sangue di puma.”
Puma?
Da quanto tempo non gustavo sangue di puma?
Lo
sapevo benissimo, da quanto tempo. Da quando io e Carlisle ce ne andavamo a
spasso per le foreste del sud, giocando a chi cacciava più puma possibili.
Lo
bevvi con gusto e l’imbarazzo di ricordi lontani e divertenti m’investì, senza
che io lo volessi davvero. Non li avevo da tanto, forse troppo tempo.
Julia
rise e guardò davanti a sé, mentre io bevevo con avidità quel liquido tanto
agoniato.
Mi
asciugai le labbra col dorso di una mano, leggermente più temprato. Almeno,
riuscivo a sedere composto, in mezzo a quei due pazzi. Non potevo che definirli
così. Sembravano due escursionisti in viaggio per esplorare luoghi sconosciuti,
non due che avevano appena ucciso cinquanta vampiri ed oltre.
Li
guardai, di nuovo accigliato.
“
Dove andiamo?”
Julia
si voltò per pochi secondi a guardarmi con serenità.
Mi
sorrise, per poi voltarsi nuovamente, con un sospiro lieve.
“
Te l’ho detto.”
Mi
rispose, con tono più forte, quasi
giuliva.
“
A casa.”
Bella
La porta d’ingresso si spalancò e prima
che potessi sollevare lo sguardo verso l’entrata, Julia Hamilton era già
entrata nella stanza, sorridendo contenta, come se fosse appena tornata da un
pomeriggio di shopping.
“ Siamo a casa!”
Esclamò, abbracciando Carlisle, in uno slancio
affettuoso.
Lo baciò su entrambe le guance, mentre lui si mostrava ancora sorpreso.
Sorrise, scostandola dolcemente da sé.
Julia rise spensierata.
Indicò la porta con un gesto plateale.
“ Te l’ho riportato.”
Mormorò, sorridendo maliziosa.
“ Ta-dan!”
Esclamò, quasi cantando. Osservai il
nuovo arrivato. Cole Bishop aveva l’aria di uno appena uscito da una guerra
lunga e sanguinosa.
La sua espressione era cupa e
desolata. Il suo viso era nascosto da
una barba incolta e trascurata e i capelli castano chiaro gli ricoprivano metà
occhio sinistro. Aveva lo sguardo basso e non sembrava per niente contento di
trovarsi lì.
Florence lo affiancava, ricolmo di
valige e borse da viaggio. Accanto a Cole, sembrava un aristocratico appena
tornato da una battuta di caccia, con i pesanti pantaloni di fustagno, dal
taglio sportivo, gli stivali neri in pelle scamosciata e il dolcevita anch’esso
nero, da cui s’intravedevano gli addominali scolpiti e un fascio di muscoli
minacciosi che, fino ad ora, con indosso l’abito professionale del classico
maggiordomo, non avevo mai notato.
Florence fece cadere le valigie
all’ingresso, osservando con la coda nell’occhio i movimenti impercettibili di
Cole.
Carlisle non smetteva di guardarlo da
quando era comparso da dietro il paravento ornamentale, che divideva il salone
dall’anticamera.
Il suo viso tradiva tutta la sua
preoccupazione.
“ Si sente male?”
Chiesi ad Edward, curiosa e un po’
preoccupata da tutta quella strana apatia ed immobilità. Lui m’abbracciò e mi
baciò la tempia, mentre mi sussurrava fra i capelli.
“ No, ma è sicuramente molto provato.”
“ Cosa gli hanno fatto?”
“ Non mi va di dirtelo.”
Mi rispose Edward, corrugando la fronte,
segno che quello che stava leggendo nella mente di Cole, non gli piaceva
affatto.
“ Sappi solo che la sua permanenza in
Africa, non è stata per niente piacevole.”
Annuii.
“ Eppure, Julia non mi sembra turbata
dal suo stato.”
Edward sogghignò, senza allegria.
“ Cosa potrebbe mai turbare questa
donna, davvero non credo che lo scoprirò tanto facilmente.”
Entrambi, la vedemmo procedere verso
Cole, appoggiandosi alla sua spalla destra col gomito ed osservandolo con un
sorriso felice, come se si stesse godendo la vista di una bella trota appena
pescata e pronta per essere arrostita.
“ Allora?”
Sollecitò Carlisle.
“ Non sei contento? Te l’ho riportato
sano e salvo.”
Carlisle non sapeva cosa risponderle.
Sembrava visivamente turbato dallo stato di Cole e, allo stesso tempo, rimaneva
stralunato di fronte l’entusiasmo esplicito di Julia, completamente in dissonanza
con l’assenza di partecipazione del vampiro.
“ Sì, ma… Julia, lui…”
“ Cosa? Sta bene.”
Disse lei, continuando a sorridere in
una maniera smagliante. Arcuai un sopracciglio. Ere evidente che facesse finta
di non vedere.
“ Cole.”
Lo richiamò Carlisle, avvicinandosi a
lui di pochi passi. Il vampiro non si premurò neppure di alzare lo sguardo
verso di lui.
Carlisle gli sfiorò appena una spalla e,
sorprendentemente, lui non si mosse di un millimetro.
Carlisle e Julia si guardarono. Il primo
era preoccupato, la seconda impassibile. Infine, sorrise di nuovo, prendendo
Cole per mano.
Lo
trascino fino al divano, continuando a ridere a fior di labbra e a sorridere.
Sembrava davvero felice, come se lo stesse invitando a bere un caffè con lui,
dopo averlo ritrovato dopo tanto tempo.
“
E’ tutto apposto.”
Disse,
in direzione di Carlisle, mentre si sedeva sul divano.
“
Siediti caro.”
Invitò,
con tono gentile, accompagnandolo con un gesto delle mani, mentre lui si sedeva
accanto a lei.
“
Florence, potresti… oh, grazie mille.”
Florence
aveva servito un calice d’argento alla sua padrona, la quale, con un gesto
morbido, lo aveva passato al suo vicino. Cole afferrò il bicchiere colmo di
sangue rosso vivo senza battere ciglio, in un gesto del tutto meccanico.
“
Bevi, caro. Ti farà bene.”
Gli
sussurrò, sorridendo ed accarezzandogli la guancia sinistra col dorso delle
dita.
Percorse
la barba ispida con le unghie, senza graffiarlo, dolcemente. Poi, la vidi
arricciare le labbra ed aggrottare la fronte.
“
No, ti ringrazio, Florence, non ora.”
Disse
a Florence, mentre lui gli porgeva un calice identico a quello di Cole, che
guardava inespressivo davanti a sé, gli occhi bui immersi nel vuoto.
Assomigliava
tanto ad Alice, in uno dei suoi attimi improvvisi di veggenza. Solo che Cole, a
differenza sua, era del tutto svuotato. Era come se fosse entrato in uno stato
catatonico, un naufrago perduto nella nebbia spessa, senza possibilità di
ritornare alla riva.
“
Florence.”
Lo
richiamò di nuovo, Julia, con voce più forte.
Florence
si voltò e rimase immobile, aspettando un suo comando.
“
Ti sarei grata se preparasti un bagno, per me e il Signor Bishop.”
Lo
guardò di nuovo, crucciandosi e sfiorandogli il mento barbuto con l’indice e il
medio.
“
Ha davvero bisogno di darsi una ripulita.”
Disse,
quasi rivolta a se stessa. In seguito, si voltò verso Carlisle che, intanto, si
era avvicinato a Cole. S’inginocchiò e lo guardò clinicamente, quasi
esaminandolo. Lentamente, gli tolse il calice colmo di mano, posandolo sul
tavolinetto. Cole non reagì. Si limitò a guardare e rimirare il viso
preoccupato di Carlisle, senza vederlo davvero.
Cominciava
a farmi paura ad ogni minuto che passava.
“
Ha solo bisogno di rilassarsi, tutto qui. Vedrai, tornerà come nuovo.”
Disse
Julia a Carlisle, mentre Florence si allontanava dalla stanza, quasi
riluttante. Sembrava, dal suo sguardo insistentemente puntato su Cole, che
temesse una sua reazione. Questa volta, non gli diedi torto. In fondo, anch’io
cominciai a preoccuparmi seriamente di tutto quell’insistente mutismo. Strinsi più forte la mano di Edward. Lui non
si lamentò e mi accarezzò la schiena con la punta delle dita.
Carlisle
esaminò Cole, come se stesse esaminando uno dei suoi pazienti. Gli sollevò le
palpebre, gli tastò la gola e gli pizzicò appena una guancia, per avere una
reazione. Fallimento totale.
“
Sembra come piombato in una specie di trance.”
Disse
Alice, avvicinandosi anche lei, chinandosi per vederlo meglio.
“
Oh, sciocchezze!”
Esclamò
accigliata Julia, facendolo sussultare appena accanto a lei.
Lo
prese di nuovo per mano, costringendolo a scattare in piedi come lei. Alice e
Carlisle li seguirono con lo sguardo, mentre si accingeva ad andare in un’altra
stanza.
“
Niente che un bagno non possa guarire, vero Cole? Oh, su, tesoro, fammi almeno
un cenno! E va bene, non importa. Chiacchiereremo più tardi. Ora, andiamo a
rinfrescarci un po’ insieme.”
Julia
era già fuori dalla stanza, quando vidi Cole bloccarsi e la sua mano scivolare
lontano da quella di lei.
“
No.”
Lo
sentii parlare, per la prima volta. La voce di Cole era terribilmente bella.
Sembrava la voce roca di un fantasma incredibilmente bello e profondamente
adirato, seppur simulasse la sua ira dietro un’apparente calma.
Julia
si voltò a guardarlo, a bocca aperta. Perfino Edward, accanto a me, sembrò
sorpreso da quella sua reazione inaspettata, come del resto tutti i presenti.
“
Cosa?”
Mormorò,
ancora incredula.
Cole
scosse il capo, indietreggiando lentamente all’indietro, senza mai distogliere
lo sguardo da quello di Julia.
“
No”, ripeté . “ Non farò il bagno con te. Non mi va.”
Disse,
risedendosi sul divanetto, nella stessa posizione di prima.
“
E poi, tu sei una traditrice. Perché dovrei fare il bagno con una serpe come
te?”
Continuò
con lo stesso tono profondo e distaccato, afferrando il calice e bevendone un
sorso, corrugando la fronte.
“
No, sarebbe ridicolo.”
Sussurrò
fra sé, bevendo ancora.
“
E scandalosamente controproducente.”
Disse,
con timbro elegante, bevendo tutto il calice in un sorso. Guardai Julia e
sussultai. La sua espressione ottimista di poco prima si era tramutata in una
smorfia contrariata. Il suo sguardo era freddo e duro. Era palesemente
arrabbiata.
“
Cosa mi tocca sentire…”
Mormorò,
con tono glaciale.
Si
avvicinò a Cole e gli strappò il calice vuoto dalle mani, gettandolo lontano,
con un gesto brusco.
“
Ti ho appena salvato la vita. Ed è questo il modo di ringraziarmi?
Offendendomi? Chiamandomi serpe?”
Gli
disse, con tono concitato.
“
Oh, andiamo, Julia. Ti sei offesa solo perché ho rifiutato di fare il bagno con
te.”
Replicò
Cole, con molta flemma.
Julia
sussultò impercettibilmente quando si sentì chiamare per nome da Cole. Forse,
pensai, era da tempo che non si sentiva chiamare da lui. E la cosa, sembrava
averla turbata molto. Tuttavia, come suo solito, non lo diede a vedere, reagendo
con indignazione e mascherando il suo vero turbamento.
“
Ti sembra poco?!”
Esclamò,
accigliandosi ed reggendosi eretta, in tutta la sua statura.
“
Nessun uomo avrebbe mai rifiutato un’offerta simile.”
Mormorò,
offesa.
“
Quali uomini? Gli scimmioni ammaestrati con cui ti diverti ad accerchiarti? E
quelli me li chiami uomini? Sono solo l’ombra di ciò che erano e di quello che
sarebbero potuti essere.”
“
Oh, ora fai il filosofo umorista?”
“
Sono solo obbiettivo.”
“
Oh, ma per favore!”
Julia
ebbe un gesto di stizza. Gli dette le spalle, incrociando le braccia
strettamente al petto, voltando il viso, indispettito.
Cole
la guardò appena. Le sembrava del tutto indifferente. Julia lo guardò con la
coda nell’occhio, mentre allungava una mano sullo schienale del divano ed
incrociava le gambe, respirando profondamente. Chiuse gli occhi, reclinando il
capo all’indietro.
Julia
si avvicinò, si accostò dietro di lui, chinandosi per guardarlo da vicino. Non
mi accorsi che gli aveva percorso con le mani il petto, solo quando vidi le sue
braccia serrargli il collo con delicatezza, in una stretta morbida.
Accostò
il viso al suo, sussurrandogli con tono che giudicai languido sulla sua pelle:
“
Ti sono mancata?”
Cole
si voltò per guardarla negli occhi. Per poco non la baciò, in quel gesto
repentino. Ma riuscì a spostarsi di appena pochi millimetri, poco prima che le
sue labbra sfiorassero quelle di lei, non poi così restie a riceverle.
Cole
sospirò, digrignando i denti e ribellandosi al suo abbraccio. Si alzò,
camminando per un po’, guardando a terra, con le mani ai fianchi. Lo vidi
scuotersi, agitato, quasi come un iperattivo.
Si
voltò bruscamente, guardandola con le sopracciglia e lo sguardo aggrottati.
Julia
lo guardava come una donna che aspetta un gesto di gentilezza dall’uomo che
desiderava. Il suo sguardo non era più duro, né freddo, solo caldo ed
avvolgente, mentre aspettava una sua parola, la bocca leggermente dischiusa,
come in attesa di quel bacio negato.
Cole
si morse il labbro inferiore, tremando da capo a piedi. Mi ricordò molto Jacob,
quando, poco prima di trasformarsi, veniva scosso da violenti tremori. Non
sapevo quale sarebbe stata quella di Cole; tuttavia, sperai in qualcosa di
positivo.
Venni
delusa ancora una volta.
Cole
non abboccò all’amo di Julia. Scosse il capo energicamente, puntandole un dito
contro.
“
No, no, no…”
Lo
sentii ripetere velocemente, tanto che se un umano sarebbe stato presente, si sarebbe
tappato le orecchie per il fastidio di quel melodioso ed insistente sibilo.
Gli
puntò un dito contro.
“
Tu… tu... sei pericolosa.”
Cole
si agitò ancora.
Si
passò una mano fra i capelli scomposti.
Incrociò
lo sguardo di Carlisle. Dilatò le pupille, quasi come se solo in quel momento
lo avesse messo a fuoco.
Carlisle
alzò una mano, come per calmarlo. Cole sbottò prima che lui potesse digli
qualsiasi cosa.
“
E’ pericolosa, Carlisle. E’ solo per lei che… non giudicarmi. Ti prego, non
giudicarmi.”
Gli
disse, confusamente.
“
Per cosa dovrei giudicarti? Cole, per l’amor di Dio, calmati. Sei troppo
agitato.”
Tentò
di persuaderlo Carlisle.
“
No…”
Scosse
ancora il capo Cole, serrando gli occhi, afferrandosi la testa.
Ringhiò
feroce, facendomi tendere il difesa. Edward, di riflesso, mi si accostò di più.
“
E’ tutto sbagliato. Io… io non dovrei essere qui! Io…”
Guardò
di nuovo Julia, che l‘osservava speranzosa.
Cole,
per un attimo, sembrò addolcire lo sguardo, socchiudendo appena le labbra,
forse per sussurrarle qualcosa di romantico.
Poi,
fu come se qualcosa dentro di lui scattasse ferocemente. Ebbi solo il tempo di seguirlo
accostarle vicino, quasi come se volesse afferrarla e scuoterla con violenza.
Invece, fu con delicatezza inaspettata che
la prese per i, fianchi, solo per avvicinarla al suo petto. Julia lo
guardò confusa, mentre lui si chinava per annusarle il collo. Sì, la stava
proprio annusando. E lo faceva rumorosamente, come un animale selvatico.
Julia
si mise a ridere, alzando le mani per scompigliargli i capelli lunghi, come per
dispetto. Sembrava aver ritrovato il buonumore e la voglia di scherzare.
Ma
Cole sorprese tutti di nuovo, con le sue reazioni imprevedibili. Si tolse con
poco garbo le mani di Julia di dosso, indietreggiando di molti metri da lei. Il
suo sguardo era acceso da una luce nuova, furente.
“
Lo hai fatto ancora… a quanto pare non ti è bastato!”
Julia
lo guardò senza capire. Tuttavia, sorrideva ancora.
“
Cosa? Ma che dici? Oh, Cole, tesoro, ti trovo davvero strano, lo sai?”
Ridacchiò
divertita, senza riguardo per il suo stato.
“
Mi fai ridere.”
Gli
confessò. Tuttavia, lo disse con un tono che mi costrinse a voltarmi per
guardarla ancora una volta. La vidi diversa, quasi felice. Non era più
controllata e forzatamente seducente. Il suo sguardo era pacifico e quasi… sì,
quasi dolce. La trovai ancora più bella del solito.
“
Ah, ma davvero?! Cristo, ma… come puoi essere così… ah, Cristo!”
Imprecò
Cole, dimenandosi ed agitandosi come un leone in gabbia. Carlisle tentò ancora
inutilmente di calmarlo, ma Cole sembrava non trovare pace.
“
Ma, per favore, Carlisle! Guardala!”
Gliela
indicò, con entrambe le mani.
“
E’ piena, piena del suo odore.”
Sputò,
più che risentito.
“
Odore?”
Gli
chiese Julia, guardando lui e Carlisle senza capire.
“
Ah, finiscila, non fare l‘ingenua! Non ti si addice proprio, Julia.”
“
L’ingenua? Ma di cosa parli? Di cosa sta parlando?”
Domandò
prima a lui e poi a Carlisle, che scosse il capo e la guardò con rimprovero.
Cole
ruggì feroce, tanto che riapparve improvvisamente Florence nella stanza, pronto
a bloccarlo.
“
No, no, Florence. Lascialo fare. Non è pericoloso.”
“
Oh, davvero? E tu che ne sai? Dovrei ucciderti con le mie mani, razza di… oh,
Dio!”
Imprecò
ancora, mordendosi il pugno e guardandola con astio.
Julia
non poté reprimere un sorriso.
“
Che ridi, sotto i baffi, eh?”
Julia
si morse il labro inferiore.
“
Non so come dirtelo, Cole, ma in questo momento…”
Si
accostò allo schienale della poltrona, afferrandone i lati con le mani e
stiracchiando le spalle tese.
“
Ti trovo incredibilmente sexy.”
Cole
rimase spiazzato, tanto che rilassò le spalle, osservandola sbigottito, con la
bocca leggermente schiusa.
“
Mio Dio, ma che razza di donna sei?”
“
Scusami?”
Cole
assottigliò lo sguardo e diminuì il tono di voce, che divenne tagliente.
“
Sei appena uscita dal letto di un altro, fra l’altro, un soggetto che io odio
mortalmente…”
“
Mortalmente? Uhm… un avverbio interessante, date le nostre attuali condizioni.
Si potrebbe parlare di odio eterno?”
Disse
Julia, con tono sarcastico. Cole perse la pazienza e scaraventò una lampada a
muro contro la finestra di fronte, spaccandola in un fracasso assordante.
Fuori, iniziò a piovere, fuori stagione. Fitte gocce entrarono dentro, bagnando
il davanzale e il pavimento. Nessuno se ne curò, incluso l’efficiente Florence.
“
Non prendermi in giro, Julia!”
Urlò
Cole, tendendosi verso di lei, come se volesse aggredirlo. Florence si affiancò
alla sua padrona, ma non osò schermarla col suo corpo. Non voleva mascherarle
la visuale completa di Cole, che ora sembrava più rabbioso e pronto ad
esplodere che mai.
Pensai
d’intervenire, ma Carlisle mi prevenne, facendo un cenno a Jasper. Lui annuì,
capendo immediatamente. Percepii il suo potere fare effetto non appena mi
sfiorò appena, tranquillizzandomi, anche se non era diretto a me. Cole sembrava
non subirlo, come se il mio potere lo proteggesse.
Jasper
riprovò, ma senza successo.
Scosse
la testa, senza capire.
“
E’ troppo concentrato su Julia per subire un nostro attacco esterno.”
“
O forse…” mi balenò all’improvviso un’idea folle. La comunicai incredula
perfino io ad Edward.
“
E se fosse uno scudo, come me?”
Edward
mi guardò accigliato.
“
No, lo escludo. Se così fosse, non dovrei riuscire nemmeno i suoi pensieri.
Eppure riesco a leggerli perfettamente.”
“
E come ti sembrano?”
“
Non pacifici, di sicuro.”
“
Ce l’ha con Julia?”
Edward
fece spallucce.
“
Be’, la reputa la responsabile principale di tutti i suoi tormenti. Ma… non la
odia, no.”
“
No?”
Edward
mi sorrise, scostandomi una ciocca di capelli dalla fronte.
“
No. Vorrebbe, ma… per quanto faccia o dica, non ci riesce.”
“
A cosa sta pensando, adesso?”
Edward
sospirò.
“
E’ combattuto. Sta valutando varie opportunità. Sta pensando se andarsene,
senza nemmeno guardarla, attaccarla, per darle una lezione o…”, sorrise, mentre
lo guardava comprensivo, quasi come se lo capisse.
“
O?”
Lo
incalzai, curiosa.
“
Fantasia non disponibile.”
Disse,
scherzoso. Sorrisi, comprendendo solo velatamente quale fosse l’effettiva
fantasia di Cole. Ma rispettai Edward per il suo tatto. In fondo, erano
pensieri riservati di Cole.
Intanto,
la conversazione fra lui e Julia era continuata senza alcun miglioramento in
meglio, a quanto pare, dato le riserve di lui e il sarcasmo di lei.
“
Oh, ti prego, Cole… non voglio prenderti in giro. Dico solo che non è
consigliabile agitarsi così Non dopo quello che hai passato…”
“
Ah, e di chi è la colpa, se non del tuo… del tuo… amante, compagno? Ah,
chiamalo come vuoi!”
Sbottò,
affannandosi ad ogni parola. Sembrava che il pensiero di Julia e Bob – perché
non poteva riferirsi a nessun altro che a lui - lo tormentasse fino a fargli
perdere il normale raziocinio.
Julia
portò gli occhi al cielo.
“
Bob non è il mio amante, né il mio compagno.”
Precisò,
con pazienza.
“
E allora come spieghi la sua puzza addosso a te?”
Le
chiese, con tono accusatorio.
“
Siamo andati in Francia insieme e…”
“
In Francia?!”
“
Sì, e abbiamo ballato un po’, quindi è probabile che…”
“
Ballato? Ballato?! Oh, ma certo, balla pure con Bob Kingley, il Signor
Mi-scopo-chi-voglio-e-quando-voglio, mentre i suoi mastini m’intrattenevano da
mesi sotto un ammasso di terra, a farmi sputare anche l’anima che non ho.
Complimenti, Julia, brava, bravissima! Ottima condotta!”
Julia
cominciò a perdere le staffe.
“
Senti… adesso basta, con questo narcisismo. Mi hai stufata.”
“
Oh, io ti ho stufata?”
“
Sì, esatto. E gradirei che la smettessi di agitarti per fatti e trascorsi
inesistenti.”
Disse
lei, con una calma invidiabile. Cole, invece, era una belva indomabile. E
continuò, imperterrito, la sua arringa infinita. Sembrava offeso, ma in realtà,
lo credei solo un uomo ferito, nell’orgoglio, nella dignità da Bob e da Julia,
pensai, solo nel cuore.
“
Inesistenti… “, si passò una mano fra i capelli:” Ma certo, ora sono un
visionario! Siete bravi, maledettamente bravi a rigirare le carte in tavola, a
fare apparire tutto a meraviglia, quando poi la realtà è ben diversa. Tu dici
di essere stufa? E io, allora? Cosa dovrei dire, io, Julia?”
“
Hai tutto il diritto di arrabbiarti, Cole. Ma non con me.”
Cole
la guardò, astioso.
“
No… no, Julia. Soprattutto con te.”
Julia
sospirò, distogliendo lo sguardo dal suo.
“
Non ricominciare.”
Gli
mormorò, quasi pregandolo.
Cole
scosse la testa, sogghignando.
“
No, sarebbe troppo semplice per te. Troppo semplice…”
“
Cole…”, Carlisle intervenne. Cole lo guardò di traverso, come se non volesse
davvero incontrare il suo sguardo, ma ne fosse costretto dal caso. “ Non
prendertela con Julia. Lei sta cercando di chiederti perdono, a suo modo,
certo, ma… lo sta facendo.”
Cole
incrociò il suo sguardo, sconfortato.
“
Valle incontro. Servirà a te, più che a lei, credimi.”
Continuò
Carlisle, fiducioso in una sua ripresa. Cole guardò Julia e si accigliò di
nuovo.
“
No, Carlisle. Le sono andato incontro troppe volte. Adesso basta.”
Gli
disse, duro ma non rabbioso. Si voltò verso la finestra. Saltò sul davanzale,
sporgendosi per guardare fuori. La pioggia gli imperlò i capelli di gocce
grandi come chicchi d’uva, bagnandogli il viso e colandogli lungo il mento
ispido.
“
Dove vai?”
Gli
chiese, Julia, senza una particolare inflessione nella voce. Tuttavia, si
staccò dalla poltrona, compiendo tre passi, fermandosi.
“
Non lo so. E non ti riguarda.”
Le
rispose, Cole, pronto a saltare.
“
Cole…”
Lo
richiamò Julia. Cole si fermò.
“
Resta.”
Gli
sussurrò. C’era un timbro diverso nella sua voce. Una preghiera, forse. Cole la
guardò, le ciglia socchiuse e bagnate di pioggia. Negli occhi, uno sguardo
diverso, combattuto, indeciso, poi ardente e passionale.
“
Addio, Julia.”
Dise
fra i denti stretti, dandosi slancio con la punta dei piedi per saltare giù.
Julia lo fermò di nuovo, con un tono più forte, deciso.
“
Mi avevi detto che mi amavi. Era tutta una bugia?”
Cole
non la guardò questa volta, forse per non cedere al suo incantesimo.
“
No… non lo era.”
Disse,
quasi a malincuore, come se non volesse rivelarlo.
“
Ma tu lo hai ucciso il mio amore.”
Julia
socchiuse le labbra, turbata. Abbassò lo sguardo. Quando lo risollevò, Cole era
sparito.
Carlisle
era alla finestra. Si era sporto per richiamarlo. La sua voce risuonò nella
tempesta come il fragore di un tuono. Ma tutto risultò invano. Cole non ritornò
indietro. Era scomparso.
Tornai
a guardare Julia. Sembrava irritata, più che triste.
Vidi
le sue labbra muoversi senza un suono. Stava ripetendo fra sé e sé l’ultima
frase che Cole le aveva rivolto.
Subito
dopo, il suo sguardo incontrò involontariamente il mio, senza guardarmi
davvero.
La
vidi storcere le labbra e guardare l’espressione dispiaciuta di Carlisle
covando una rabbia non rivolta a lui.
“
Lo hai sentito, no? Tu lo hai ucciso il
mio amore!”
Lo
scimmiottò perfettamente, imitando il suo tono scontento, con l’aggiunta di un
timbro irrisorio.
Digrignò
i denti, dandoci le spalle.
“
Ridicolo… non voglio più saperne niente.”
Disse
velocemente, quasi mangiandosi le parole. Ogni sillaba tradiva il suo
nervosismo.
“
Julia…”
Tentò
Carlisle.
“
No, Carlisle! Per quanto mi riguarda, ho già fatto fin troppo.”
Replicò,
infuriata.
Di
fronte allo sguardo desolato di Carlisle, Julia sospirò, tentando di
sorridergli. Gli accarezzò una guancia.
“
Non preoccuparti. Gli passerà.”
Lo
baciò sulla guancia, dirigendosi verso la porta.
“
Vedrai che ritornerà!”
Esclamò,
di nuovo incredibilmente serena.
“
Come fai a dirlo?”
Le
chiese Carlisle, scettico e col tono deluso.
Julia
si voltò per sorridergli sorniona.
“
Per il semplice fatto, che non può stare senza di me.”
La
sua risata che s’infrangeva dietro il battente della porta chiuso da Florence,
mi arrivò alle orecchie come qualcosa di sinistro.
“
Cos’era quella? Una minaccia?”
Edward
rise divertito. Mi baciò sulle labbra.
“
Con Julia? Tutto è possibile.”
Angolo
dell’autrice.
Eccoci qua! J
Spero che il capitolo vi sia piaciuto.
Accetto qualsiasi commento! J
Ringrazio di cuore tutti coloro che mi
seguono con entusiasmo. Vi adoro! J
Un bacio ad ognuno di voi, lettori e
lettrici,
A presto,
Vostra,
Fuffy.
<3
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