Capitolo
IV
…
Un rumore di passi
riempiva l’ampio corridoio. Un uomo stava correndo con dei
documenti sottobraccio. Incurandosi di urtare altra gente presente
nell’edificio, continuò la sua marcia anche dopo aver
avvertito un grosso fiatone. Arrivò d’avanti ad una
massiccia porta color cenere ed infilò nel codificatore la sua
tessera magnetica. Un cicalino fuoriuscì dalla strana
scatoletta metallica ed una luce verde si accese.
La stanza non
presentava finestre, c’era solo un ampio tavolo circolare in
vetro e delle sedie contrassegnate da etichette, certamente il nome
di chi obbligatoriamente sedeva. Un enorme schermo televisivo era
posto sulla parete più lontana dal tavolo, mentre altri più
piccoli fungevano da satelliti a poca distanza.
C’erano
quattro uomini nella stanza. Uno di essi smise di indicare la mappa
disegnata dalla grande sorgente luminosa e aggrottò la fronte
all’indirizzo dell’uomo appena entrato.
«Mi scusi
Signore, abbiamo un grosso problema.» annaspò l’uomo
mentre cercava di riprendere fiato. Tirò fuori dalla cartella
che aveva sotto braccio un documento con una busta gialla sigillata.
L’etichetta riportata era chiara.
«Direi che
abbiamo un’emergenza più grande di questa, signori.
Dovremmo poter preparare gli uomini al massimo entro quarantott’ore,
quindi un discreto margine di tempo. Ora, se volete scusarmi, ho una
questione più urgente di cui occuparmi.»
I tre uomini
seduti sulle rispettive sedie raccolsero i loro berretti militari e
lasciarono la stanza in silenzio. Probabilmente conoscevano già
i loro compiti vista l’assenza di domande.
La persona che li
comandava si sedette proprio dove vi era segnato il suo nome e indicò
all’uomo appena entrato di fare lo stesso.
«Spero non
sia quello che penso Robert.» riuscì a dire sistemandosi
sul naso i sottili occhiali da vista. Era un uomo robusto, vestito in
maniera elegante. Non sembrava un militare, d’altronde non
doveva esserlo ma i suoi poteri dicevano il contrario. Ormai data
l’età i suoi capelli si erano schiariti, dando l’idea
di un uomo dalla grande esperienza. I lineamenti marcati e le ciglia
folte erano un esempio dei tanti anni di servizio prestati al paese.
«Signore,
credo che nessuno si sarebbe aspettato tutto questo.» anticipò
la questione l’uomo.
Il Segretario alla
Difesa aprì con calma la busta gialla e avvicinò la
cartella per poterla leggere. All’interno della busta c’era
un disco.
L’uomo si
distese sulla sedia causando uno stridio da parte della spalliera.
Cominciò a leggere i documenti e sospirò. Di tanto in
tanto scuoteva la testa e si toccava la tempia. All’uomo,
incaricato di inviare quelle informazioni, parve che il Segretario
stesse sudando nonostante l’ambiente ben ventilato.
«Quanto sono
attendibili queste notizie Robert?» si lasciò andare ad
una domanda legittima, restando nella sua attuale posizione.
«Tanto da
cominciare a preoccuparcene Signore.» rispose con calma l’uomo,
intrecciando le dita ed appoggiando i palmi sul tavolo.
Il Segretario si
alzò e gli dette le spalle. Si levò gli occhiali e si
strofinò gli occhi.
«Metta il
video.»
L’uomo prese
il disco che era stato appoggiato accanto alla busta e lo ripose una
fessura sul tavolo. Una strana finestra televisiva apparve sulla
superficie di vetro.
Il Segretario si
voltò nuovamente per visionare il contenuto del disco,
restando questa volta in piedi.
La sua espressione
fu simile allo sconcerto mentre osservava le immagini e di tanto in
tanto lanciava delle occhiate al suo collaboratore.
Il video non durò
molto ma più che sufficiente a fargli abbassare lo sguardo e
respirare più profondamente.
«Abbiamo la
fonte di queste informazioni?»
«Sì,
Signor Segretario, il video è stato girato in maniera
amatoriale da un ragazzo col proprio cellulare ed è finito
nella rete globale. Ovviamente ho preso tutte le precauzioni
possibili, cancellando i contenuti dove presenti. Tutto il reparto è
passato al setaccio di eventuali informazioni nascoste.»
Il Segretario
sospirò ancora e arricciò le labbra. Stava pensando.
Era un gesto abitudinario che mostrava le sue azioni.
«Venga con
me Robert e preghi che i suoi uomini facciano il possibile per tenere
nascosto questo evento.»
«Prima non
dovremmo ascoltare il Colonnello Strass?»
«Strass è
un imbecille! Operazioni del genere non dovevano essere condotte in
così tale segretezza. Se solo non fosse stato così
testardo da adottare la sua folle linea, tutto questo non sarebbe
ricaduto su di noi. Questa è l’ultima volta che sono
costretto a correggere i suoi errori. Nemmeno il Presidente dovrà
essere informato di questo o rischiamo di far saltare tutto il
paese.»
L’uomo annuì
e frettolosamente recuperò tutti i documenti consegnati al
Segretario per poi uscire dalla stanza insieme a lui.
La stanza era
silenziosa e buia. Il pavimento era ancora bagnato ma non c’era
da preoccuparsene. La sensazione di nausea era finalmente sparita e
la sola cosa migliore da fare era cercare di riposare. Cosa alquanto
improbabile vista la mancanza di impegni rispettati durante il
giorno.
«Non essere
così triste. Vedrai che Papà Nonda capirà. Ormai
è tardi per andare a trovarlo e lui si sarà messo già
a dormire. Ci andremo domani, quando finirai di lavorare.»
Shawn non rispose.
Restò sdraiato sul letto, fissando il soffitto. Il braccio di
Maya gli cingeva il petto. Sentire la sua pelle liscia contro la sua
più ruvida lo rilassava.
Maya appoggiò
la sua testa sulla spalla di Shawn e sospirò visto il silenzio
del ragazzo. Cercò di dire qualcos’altro per
rassicurarlo ma decise di non aggiungere altro.
«Sai.»
la sorprese Shawn. «Non sono sempre stato così. Una
volta ero sulla spiaggia. Mi piaceva raccogliere tutto quello che il
mare lasciava con le sue onde, pezzi di corallo, conchiglie, tutto
quanto di più bello il mare rigettava tra noi. Raccolsi così
tante conchiglie che le misi nella mia stanza. Sì, avevo una
stanza.» si voltò per incrociare gli occhi di Maya. «Era
grande, con un letto, un’amaca con vista sul mare, una bella
casa. Comunque.» riprese il discorso guardano nuovamente il
soffitto. «Un giorno, al mio rientro qualcuno aveva rubato
tutto. Ero così infuriato che dalla rabbia ho morso la porta
di casa.»
Shawn sorrise
pensando a quanto fosse stata buffa la scena, con lui rimasto a
penzolare mentre cercava di ingoiare la maniglia della porta.
«Veramente
hai fatto questo?» lo schernì Maya dandogli un colpetto
sulla spalla. «Io invece ricordo quando un ragazzino mi regalò
tante conchiglie che a me piacevano tanto. Era stato gentile da parte
sua privarsi di tanti bei ricordi, ma il mio sospetto fu quello di
credere che nel suo pensiero c’era comunque sofferenza e
avrebbe fatto qualcosa di stupido pur di giustificare le sue azioni.
Perché non dici la verità a te stesso Shawn. Le
conchiglie non ti sono state rubate, le hai semplicemente date a me,
ma siccome da sempre pensavi di non interessarmi sei stato attaccato
di più alle conchiglie. Ora sono qui con te e i tuoi preziosi
ricordi ci sono ancora.»
Shawn socchiuse
gli occhi. «Scusami se ti ho mentito. E’ vero, non mi
sono state rubate, ma quale giustificazione potevo trovare per ciò
che realmente a quel tempo mi era stato rubato?»
«Solo perché
credevi che a me non importava delle tue conchiglie? Sarebbe stato
naturale se io non ti avessi più visto, ma ora è
diverso.»
Shawn toccò
i capelli della ragazza con delicatezza e sorrise.
«E’ la
mia fortuna. La tua invece è svanita quando non hai avuto
qualcuno simile a te. Tu sei troppo gentile e premurosa per me, anche
se a dire la verità non mi dispiace.»
Maya si fermò
un attimo ad ascoltare il rumore delle onde che si infrangevano sulla
spiaggia. Ricordava ancora il fondale marino e tutte le meraviglie
che il mare poteva offrire loro. Era forse meglio scappare da quella
vita? Lei riteneva ingiusto rifiutare ciò che la vita le aveva
dato.
«Non dire
così. So bene come diventi quando vedi la pinna di uno squalo
in lontananza.»
«Potrebbe
anche essere la pinna di un delfino, per questo ogni volta guardo per
vedere se sei con me. Sono sempre pronto a tuffarmi.»
Maya si sollevò
per osservarlo meglio. I suoi capelli ora non erano più
ordinati ed erano diventati così lunghi da ricoprirle il viso.
Shawn le scostò una ciocca in modo tale da poter vedere meglio
i suoi occhi e le accarezzò una guancia.
«Per quanto
mi riguarda, nessuno squalo e nessun delfino ha i tuoi occhi e io ho
bisogno di quelli ogni mattina.» confessò Shawn
tirandosela verso di sé.
Si addormentarono,
entrambi abbracciati e cercando di ricordare solo i momenti più
belli offerti dal mare.
«Cosa
significa questa visita?»
Il Colonnello
Strass era intento ad organizzare il solito addestramento per i suoi
uomini. Era un uomo di alta statura, capelli corti da militare e
fisico atletico. La sua carriera era piena di medaglie dategli dalle
più alte cariche militari nel corso della sua permanenza sul
campo nel corpo dei Navy Seals. I suoi occhi color cenere cercavano
di avere le risposte necessarie da parte del Segretario alla Difesa.
Patrick Gates
sbatté con forza i documenti, consegnategli dal responsabile
della sicurezza informatica, sul grosso tavolo utilizzato come
plancia di briefing.
«Sai
spiegare cosa diavolo è questo?» ruggì Gates
indicando le carte.
Strass mugugnò
qualcosa e sfogliò frettolosamente i fogli. Aggrottò la
fronte spaziosa e si limitò a scuote la testa.
«Queste sono
informazioni riservate. Non dovreste averle voi.» si limitò
a difendersi.
«Colonnello,
questa operazione è stata trattata anni fa direttamente con il
visto del Presidente degli Stati Uniti. Al tempo ci furono durissimi
scontri su quello che le conseguenze avrebbero portato, per non
parlare dei dispendi economici. Il fatto stesso che ora se ne sia
parlato in rete, rende il tutto molto più chiaro delle
teorie.»
«Non so di
cosa stia parlando Signore. L’operazione sarebbe dovuta
scattare solo dopo l’approvazione del progetto, cosa che non è
avvenuta, come lei stesso è a conoscenza.»
Gates estrasse
dalla tasca il disco visionato poco tempo prima nell’ufficio al
Pentagono.
«Le prove
sono in questo supporto. Ora le chiedo di dirmi tutto quello che ha
fatto e come ci è riuscito. Per il momento il Presidente deve
restare all’oscuro della faccenda e fino a quando lo sarà
dovremo risolvere la questione.»
Strass lo guardò
in cagnesco e tentò di prendere il disco per poter vedere con
i suoi occhi quello che Gates gli stava dicendo.
«Tutti
fuori!» ordinò agli uomini che c’erano nella
stanza.
Attese fino a
quando nella sala furono solo presenti lui e Gates per poter inserire
il disco nella fessura dell’elaboratore.
Le immagini
confuse, ricavate dalla fotocamera di un cellulare, mostravano una
situazione complessa e affascinate allo stesso tempo.
«Non mi dica
che crede ad una ripresa del genere. Chiunque abbia un computer
acquistato dal vicino può modificare filmati. Servirebbe un
po’ di tempo per verificare la reale attendibilità del
video, ma fino a quel momento mi asterrei dal fare simili accuse.»
Gates sembrava
spazientito e spintonò di poco il Colonnello.
«Strass,
nessuno conosce le direttive del suo progetto e questo video è
il risultato di ciò che era ritenuto top secret.»
Il Colonnello
cercò di fronteggiare Gates cercando un duello di sguardi.
«Signore,
quando presentai il progetto avevo le migliori intenzioni di
rifondare i Navy Seals ma mi fu negata la possibilità. Ora,
per quanto mi riguarda, se tutto ciò fosse vero, ne deduco che
qualcuno all’interno dei nostri reparti abbia agito da solo.
Questo lo si potrà scoprire solo analizzando il video. Se per
assurdo la sua teoria sia esatta allora dovremo concentrarci sui
responsabili ed allora la cosa non sarà in mano mia.»
Gates lo toccò
con l’indice sulla spalla in modo insistente. Strass poté
avvertire la pressione esercitata dal dito sui suoi muscoli.
«Se per
qualche ragione la causa è lei Colonnello, sarò
costretto a sollevarla dall’incarico e a farla arrestare, come
giusto che sia.»
Strass sorrise ed
inclinò la testa da un lato come alternativa ad un inchino
plateale.
«Ovviamente
non ho il minimo sospetto che il tutto sia riconducibile ad una
colossale bufala.»
Gates sfilò
il disco dal lettore e lo sbatté sul petto di Strass con
forza.
«Ovviamente
ha settantadue ore di tempo per provarlo.» concluse dandogli le
spalle.
Strass trattenne
il disco sul petto ed aspettò che Gates uscì dalla
stanza. Con passo moderato si avvicinò al tavolo e si sedette
con calma. Ripose il supporto magnetico accanto ai documenti e si
allungò sulla sedia, incrociando le mani sulla testa. Si
dondolò di poco sulla sedia e pensò alla sua prossima
azione.
Afferrò il
telefono e compose un numero. La persona a cui aveva telefonato ci
mise un po’ di tempo per rispondere e nel frattempo ticchettò
le dita sul tavolo per alleviare lo stress.
Finalmente
l’impulso del segnale libero terminò e qualcuno rispose.
«Garner, mi
serve una squadra operativa tra un’ora. Quando è tutto
pronto riceverete ulteriori dettagli. Il mio numero privato non è
cambiato.»
Dopo queste poche
parole, Strass chiuse la comunicazione e si affrettò a
lasciare la stanza portando con sé tutta la documentazione.
Il sole stava per
sorgere. Le onde del mare tracciavano una linea regolare sulla
sabbia. Ormai la notte era quasi lontana e Shawn era seduto accanto
alla riva ad osservare l’orizzonte. Tracciava sulla sabbia la
forma di un sole con dei raggi che si dirigevano in acqua. Maya
dormiva ancora per cui era sgattaiolato senza fare rumore per poter
ammirare, come di consuetudine, la bellezza dell’alba.
Ormai era
un’abitudine iniziare la giornata con qualcosa che rendesse
tutto meno oscuro e più gratificante. Sarebbe stato il
classico giorno da lavoro con relativo lieto fine a fine serata, ma
questa volta sarebbe dovuto andare da Papà Nonda per
raccontargli tutto l’evolversi della giornata, come faceva
tutte le sere.
«Sei ancora
qui?»
La voce di Maya
era ancora più calda del sole. Sapeva che si sarebbe destata
ma non così presto. Avrebbe voluto ritornare in camera per
evitare che lei sentisse la sua mancanza.
«Sai che non
riesco a dormire per troppo tempo, e poi mi rilassa guardare la vista
di questo paradiso ogni volta che nasce.»
Maya annuì
sedendosi accanto al ragazzo. Lo abbracciò e si strinse forte
a lui. Shawn rimase immobile a fissare il mare.
«Immagina
vederlo tutta la vita. C’è gente che lo giudicherebbe
monotono.»
«Forse
perché lo si crede superfluo. Molti preferiscono la compagnia
eterna del denaro piuttosto che un breve momento di serenità.»
«Gli aspetti
economici non mi interessano, ciò non toglie che diano
felicità.»
«Quella non
è felicità. E’ solo morbosità.»
«Senti chi
parla. Proprio ieri mi assillavi con una porta di casa per cena a
causa di conchiglie e ora parli di attaccamento agli oggetti.»
Shawn rise e
questa volta l’abbracciò.
«Solo tu mi
fai essere così sereno. Se non ci fossi immagina che animale
feroce sarei.»
«Forse è
per questo che siamo destinati a stare insieme. Immagina io quanto
sarei stata fragile e sottomessa se tu non mi proteggessi.»
«Tu non hai
bisogno di protezione. In certi momenti sei anche più
aggressiva di me, basta guardare certi miei lividi.»
Maya gli
schiaffeggiò il braccio e rise di gusto.
«Dai,
preparati. Cody ti starà aspettando vicino la barca. Non
dovresti farla aspettare.»
I due si
rialzarono e si diressero verso il bungalow, la loro dolce casa.
L’ascensore
emise un lieve sussulto mentre scendeva. Un ronzio fastidioso
accompagnava il bagliore delle spie luminose che si accendevano
intermittenti sul pannello dei comandi.
Il Colonnello
Strass si sistemò la divisa e il berretto da ufficiale prima
che le porte potessero aprirsi. Alle sue spalle c’era un enorme
specchio e ne approfittò per controllare il suo aspetto.
Avvicinò il viso per potersi osservare meglio le borse sotto
gli occhi a causa di un mancato riposo. Con le dita si strofinò
la parte inferiore degli occhi per limitare al minimo quell’aria
da dopo sbornia.
Le porte
dell’ascensore si aprirono mostrando un ampio corridoio
illuminato pieno di personale in camice bianco.
Prese il primo
corridoio a destra e proseguì in linea retta, costeggiando un
fascio di tubi che servivano per alimentare l’impianto di
respirazione.
Le stanze che
attraversava in linea di massima erano composte da vasche di media
dimensione utilizzate per l’allevamento naturale di fauna
marina, mentre il vetro rinforzato che fungeva da parete mostrava il
mondo sottomarino in tutta la sua bellezza.
Strass si trovava
a cinquanta metri sotto il livello del mare nel laboratorio di
ricerca biomarina più grande che fosse mai stato costruito: il
Sealife.
Il laboratorio era
sovvenzionato dal Governo degli Stati Uniti in minima parte, o almeno
quello richiesto in via ufficiale dal centro ricerca, mentre la
restante parte, ben più cospicua, dalla gestione privata.
Questo rendeva il centro di ricerca biomarina poco gestito dal
Governo e più manovrabile dall’esterno.
Gli studi
effettuati sulla flora marina erano comunque legali ed il ciclo di
studio comprendeva la nascita delle specie in estinzione fino al
monitoraggio delle abitudini di tutto l’ecosistema marino.
Eccezion fatta per le ricerche private, dove nessuno, nemmeno i
militari, conoscevano.
Strass stava
percorrendo tutto l’intero corridoio osservando i lavori dei
vari studiosi all’interno delle stanze. Roba irrilevante e di
poco conto, fino a quando arrivò nei pressi di una grande
porta di vetro. Sulla destra era presente una pulsantiera a codice
numerico e uno scanner di impronte digitali. Il Colonnello fornì
tutte le credenziali di accesso e la porta si aprì.
L’ambiente
interno era spazioso. Una sola camera circolare con le pareti in
vetro. Si trovava nella parte terminale del laboratorio di ricerca.
Si fece avanti uno
scienziato tutto vestito di bianco. Strass verificò il suo
tesserino di riconoscimento posto al lato destro del camice: Dottor
James Wittman.
Ovviamente il nome
era abbinato alla relativa foto, così come richiedeva il
protocollo del Sealife.
«Colonnello
Strass, non sono stato informato della sua visita.»
Il dottor Wittman
indossava anche una cuffia protettiva, mettendo in luce solo una
parte del viso. Quegli occhi neri incassati nelle orbite e quella
voce stridula avevano sempre dato un certo senso di disagio in Strass
che distogliendo lo sguardo, si concentrò sulle varie teche
dislocate nel laboratorio.
«C’era
bisogno di farmi annunciare dottore?» puntualizzò Strass
ritornando su di lui, con uno scatto così fulmineo da farlo
indietreggiare di qualche passo.
«Certo che
no.» sorrise preoccupato. «Ma se vuole dei risultati le
avevo già chiarito i tempi di sviluppo.»
Strass scosse la
testa. «Non sono qui per avere risultati, ma per riavere ciò
che è andato perduto.»
Wittman socchiuse
gli occhi e tentò di dire qualcosa ma Strass lo anticipò.
«Dottore lo
sa chi è che paga qui e sa anche che il mio appoggio è
essenziale. La mia vecchia garanzia che fine ha fatto?»
Il dottore
indietreggiò ancora cercando il conforto di qualche sguardo
tra i suoi collaboratori ma non riuscì a trovarne.
«Credevo di
essere stato chiaro. Non c’è nulla per il momento, ci
serve ancora tempo e può guardarlo lei stesso. Le teche sono
vuote proprio perché non c’è nulla.»
Strass si strofinò
gli occhi con una mano e parlò molto lentamente.
«Dottore,
non sono venuto qui per sapere cosa non c’è ma cosa non
ho. Credo sia chiara la differenza. Se i finanziatori scoprissero
quello che è successo, le nostre vite cesserebbero in questo
istante e la mia linea di operato non avrà più ragione
di esistere. Per questo motivo non glielo chiederò due volte,
l’ho già fatto prima.»
Wittman cominciò
a sudare e dovette usare la manica del suo camice per eliminare il
senso di disagio dal suo viso.
«E’
chiaro che possono esserci dei disguidi.»
Strass si
allontanò dal dottore per avvicinarsi alle teche. Si trattava
di quattro cilindri pieni d’acqua alti un paio di metri e
fissate ad una basetta di metallo. Dei tubi in fibra di carbonio
erano collegati alla basetta immettendo ossigeno all’interno
delle teche. In questo modo l’acqua poteva sempre essere
pulita.
Il Colonnello
toccò la superficie cilindrica delle teche. Il vetro era
freddo e piccole bolle d’aria si innalzavano verso la sommità.
Wittman lo seguì
tenendo le mani nel camice e spiegando la situazione.
«Come
dicevo, l’esito è stato negativo per via del…»
Strass colpì
con uno schiaffo la guancia del dottore. Tutti i ricercatori presenti
in sala smisero di lavorare fissando il diverbio tra i due.
«Dove sono i
soggetti!« urlò Strass ormai fuori controllo emotivo.
Il dottore,
arretrato a causa del contraccolpo, restò sbalordito e non
proferì parola.
Con una smorfia,
Strass afferrò Wittman dal camice e lo trascinò verso
la console principale. Inserì il disco dati che portava nella
giacca nel lettore ottico e fece partire la riproduzione.
«Questo
cos’è! Cosa è questo!» continuò ad
urlare.
Wittman scosse la
testa e balbettò qualcosa di incomprensibile.
«Come?»
chiese a voce alta Strass avvicinando l’orecchio alla bocca del
dottore.
«Sono loro
vero?»
Questa volta il
dottore annuì. Strass gli diede un forte spintone che ne causò
la collisione con altro ricercatore e quasi finirono a ridosso di una
delle teche.
Il Colonnello
afferrò immediatamente il suo cellulare e compose un numero.
«Garner hai
trentasei ore per riportarli qui. Agisci come meglio credi ma
portameli qui vivi!»
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