XVII
XVII
Tom era disteso a pancia in giù sul suo letto, completamente
assorto nella melodia che il suo stereo stava diffondendo
nell’intimità della sua camera.
Due voci che conosceva fin troppo bene disegnavano parole e note
nell’aria con una precisione netta e professionale, come gli
sembrava non avessero mai fatto prima.
Due voci incattivite e disperate, irriconoscibili.
Non aveva mai captato nel timbro di Bill una rabbia simile, quel tono così rancoroso e cupo.
Era assolutamente sbalordito dalle capacità interpretative del
suo gemello, e mentre la canzone si esauriva in un ultimo accordo
soffuso e il rasta si era già pigramente allungato verso il
lettore CD per selezionare di nuovo la canzone e riascoltarla, Bill
entrò nella stanza, aprendo la porta con sguardo severo.
- Insomma, hai finito con questa dannata canzone ? E’ la quarta volta di fila che la ascolti! –
Tom gli rivolse un’occhiata contrariata, esclamando irritato : -
Ehi, dovresti essere contento del fatto che il brano mi piaccia
così tanto, no? –
Il moro sbuffò, roteando con effetto involontariamente comico
gli occhi per manifestare la propria insofferenza nei confronti del
fratello. Poi gli concesse, magnanimamente : - Va bene. Però
almeno tieni il volume un po’ più basso, mi hai davvero
ucciso con questa canzone, da una settimana a questa parte.-
- Lo sai che quando perdo la testa per qualcosa divento un po’
ossessivo…- sogghignò Tom, riavviando la canzone con un
breve gesto e tornando sdraiato sul suo letto, nella più totale
e rapita concentrazione nei confronti di ogni singolo vocalizzo ed
acuto vagante fra i ristretti confini dell’ambiente circostante.
Bill non potè fare a meno di sorridere, mentre chiudeva la porta
uscendo dalla camera di Tom, mormorando fra sé e sé : -
Questo lo avevo capito, Tom…-
Il ragazzo tornò davanti allo specchio del bagno, riprendendo a truccarsi con attenzione.
Quella sera non avrebbe potuto approfittare dei servigi di Michelle,
visto che la ragazza era scappata nel pomeriggio lasciandolo solo,
affermando misteriosamente di “avere in serbo una sorpresa per
lui”.
Ogni tentativo di scoprire in cosa consistesse la
“sorpresa” era stato vano ; la ragazza sapeva essere
assolutamente impermeabile a qualunque tipo di moina ed astuzia, e
aveva riso della sua irrefrenabile curiosità fino a quando Bill
non si era arreso di fronte al suo silenzio imperscrutabile.
Doveva essere comunque una serata da soli a tu per tu, visto che Georg
e Gustav erano fuori città per tutto il week – end e Tom
si accingeva ad uscire un’ultima volta con Brian.
Già, perché Brian il giorno seguente sarebbe partito per
tornare a casa, e il gemello aveva insistito per passare
un’ultima serata insieme, loro e i Placebo al completo…
Ma poi Michelle aveva parlato di quella misteriosa sorpresa, e Bill aveva rinunciato all’incontro.
Senza fra l’altro sentirsi davvero dispiaciuto per questo.
Avrebbe salutato tutti quanti la mattina dell’indomani, chiudendo
finalmente quella parentesi aperta da fin troppi mesi, ormai.
… finalmente?
Era davvero sollievo, quel sentimento che stava provando? O meglio, era solo sollievo?
Rifugiandosi nel solito schema di dissimulazione che tanto gli era
divenuto familiare, durante tutto quel tempo passato a relazionarsi con
Brian, il ragazzo decise di non indagare a fondo le proprie emozioni,
per il momento, e continuò a prepararsi di gran lena.
Il citofono suonò aspramente verso l’ora stabilita da
Michelle per il loro appuntamento, e Bill rispose dando per scontato
che fosse la sua ragazza a chiamare : - Sali, Michelle. –
Una risatina civettuola precedette la replica della biondina : - No, devi scendere tu. –
Quando il giovane uscì dallo stabile rimase a bocca aperta di
fronte allo spettacolo che gli si parò davanti agli occhi.
Certo, non che non avesse mai visto né usufruito di una
limousine prima di allora, ma di certo non si aspettava di trovarsene
una davanti proprio quella sera.
Un finestrino nero si abbassò lentamente, rivelando il volto
sorridente di Michelle, incorniciato dal bianco luccicante della
carrozzeria della vettura.
- Andiamo… Perché quella faccia ? Dovresti essere
abituato a tutto questo lusso! – scherzò la ragazza,
notando l’espressione confusa che albergava sul volto del
compagno.
Il moro si avvicinò al finestrino aperto, gettando
un’occhiata all’interno dell’abitacolo che la
ospitava e poi soffermandosi a lungo sugli occhi scintillanti di lei.
Sentì il senso di colpa solleticare la sua coscienza, involontariamente.
Stava facendo tutto ciò per lui, per lui che in quelle
pochissime ore che avevano trascorso ultimamente assieme era stato
distante, pensieroso e freddo.
Si era sentito morire quando, nel riaccompagnare Michelle alla stazione
la scorsa settimana, non era riuscito a trovare in sé un
sentimento più caldo e più consono di un timido affetto
nei suoi confronti.
Dov’era finito l’amore? E la passione?
… c’erano mai stati, poi ?
Aveva mai provato qualcosa di ardente, di accecante nei suoi confronti?
Si era mai sentito in preda alle vertigini, nel pensare a lei?
Per una volta, non era riuscito a nascondere a sé stesso anche quella inconfutabile verità.
No, non la amava.
Era affezionato a lei, a quella deliziosa abitudine che era diventata
nel corso del tempo, ma la passione era un’altra cosa.
Era una minaccia che lo soffocava e lo terrorizzava, era quella cosa
che si rifiutava di ammettere senza riuscire ad ucciderla
definitivamente.
E fu proprio in quel momento che Bill Kaulitz smise di lottare contro di essa.
Fu un cambiamento repentino, fulmineo ma appena percettibile all’esterno.
Infatti Michelle sembrava non aver notato come le spalle di Bill si
fossero afflosciate improvvisamente mentre lo invitava a salire
sull’automobile, alla volta di chissà quale destinazione.
La limousine accostò di fronte ad un hotel che
dall’insegna agli infissi sembrava trasudare un’aura di
soldi e lusso sfrenato.
Un portiere dall’aria impeccabilmente annoiata salutò
cerimoniosamente Bill e Michelle quando fecero ingresso nella hall, i
loro passi considerevolmente attutiti dallo spessore dell’enorme
e sgargiante tappeto persiano che riposava sul pavimento in granito
dell’ambiente.
Senza scambiare una parola con Bill la bionda si avvicinò alla
reception, bisbigliando qualcosa in gran segreto alla sorridente
impiegata dietro al bancone di legno scuro, che le passò subito
una chiave ancorata ad un pesante ninnolo di ottone.
Michelle si voltò verso il suo ragazzo, facendogli segno di seguirla nell’ascensore.
- Santo Dio…- mormorò Bill, appena si furono bloccati
davanti ad una porta del lungo corridoi nel quale si era infilato,
seguendo Michelle fedelmente come un cagnolino.
La ragazza sorrise del più largo dei suoi sorrisi.
- Un numero familiare, eh ? – chiese ironicamente, mentre Bill
sillabava a fior di labbra un basito : - Stanza 483…-
- Io non lascio mai nulla al caso, Kaulitz!- esclamò
allegramente Michelle, infilando la chiave nel buco della serratura ed
aprendola con uno scatto appena udibile.
Per la seconda volta Bill si trovò di fronte qualcosa di inaspettato.
La stanza era illuminata dal soffice e discreto chiarore di tante
candele disseminate in punti diversi di essa, di modo che
l’effetto fosse intimo ma allo stesso tempo l’illuminazione
fosse abbastanza intensa da permettere di notare i particolari che
agghindavano la suite.
Una scia di petali rosso scuro tracciava un sentiero dalla soglia fino al letto a baldacchino.
Il raso del copriletto appariva cangiante nel bagliore fuggevole e
tremolante che lo illuminava : la stoffa era macchiata dai tocchi di
colore dei petali di rose presenti anche sul materasso, e quella
visione sembrava un’invitante e dolcissima promessa di una notte
d’amore.
- Deve esserti costato un casino…- fu tutto ciò che Bill
riuscì a commentare, mentre ancora si guardava attorno e
respirava il profumo delicato che sembrava spirare direttamente dalle
pareti della camera.
Michelle gli si avvicinò, prendendogli il volto fra le mani e
sussurrando con un lieve sorriso : - E’ tutto quello che sai
dire, Kaulitz ? –
Lo baciò teneramente, gettandogli languidamente le braccia al
collo e permettendo che i loro corpi aderissero perfettamente
l’uno all’altro.
Si staccò da lui solo per bisbigliargli ad un orecchio : - Da
qualche tempo ti ho visto giù di corda, e ho pensato di poter
fare qualcosa al riguardo… Una serata tutta per noi, da soli, in
questo posto meraviglioso… E pensa, stavolta non dovremo nemmeno
fare attenzione a Tom dall’altra parte del muro… Potremo
urlare, far cigolare il letto, essere liberi di fare ciò che
vogliamo…-
Bill arrossì violentemente a quelle parole, e provò
l’impulso di fuggire da quell’alcova ovattata per tornare
nel proprio appartamento, seduto sul divano davanti alla TV .
Respinse con garbo la ragazza, guardandola appena negli occhi, prima di
voltarle le spalle ed allontanarsi di qualche metro da lei.
Ma Michelle non era tipo da arrendersi tanto facilmente di fronte ad un ostacolo.
- Amore… Ma cos’hai?- domandò premurosamente la
bionda, avvicinandosi alla schiena di Bill quel tanto che bastava da
poterla sfiorare affettuosamente.
Bill si morse il labbro inferiore, combattuto fra la voglia di essere
finalmente sincero con lei e la paura di ferirla e deluderla.
Valutò per un attimo la possibilità assurda di correre
verso la porta e svignarsela in tutta fretta, ma naturalmente
l’ipotesi venne scartata immediatamente.
Purtroppo l’unica maniera giusta e razionale di affrontare la
situazione era anche quella più ardua da mettere in atto.
Bill si sedette pesantemente sul ciglio del letto, schiacciando sotto il suo peso alcuni petali rossi.
- Dobbiamo parlare, Michelle. –
Il ragazzo non riuscì ad interpretare il guizzo di luce che
animò gli occhi della biondina per un secondo : preferì
credere che si trattasse del riflesso di una candela.
Michelle seguì l’esempio di Bill, sedendosi accanto a lui.
- Ok… Allora, parliamo.- rispose lei aggrottando le
sopracciglia, palesando in quella smorfia la sua confusione per
l’atteggiamento tenuto dal suo ragazzo.
Nonostante l’invito di Michelle, Bill rimase in silenzio per un
po’ torcendosi le mani, flettendo e distendendo le dita come se
con quel gesto avesse voluto afferrare le parole giuste da pronunciare
in quella circostanza.
- Non… Non sono stato sincero con te, Michelle. E’ molto
tempo che io… Io…- balbettò il ragazzo, sospirando
pesantemente nel fermarsi a metà del discorso.
Era orribilmente difficile parlare con quel groppo in gola che
paralizzava la propria voce, rendendola un verso strozzato ed
incomprensibile.
- Sincero? Bill, che cosa stai cercando di dirmi? – si
allarmò Michelle, afferrando una mano di Bill strettamente, per
poi lasciarla andare bruscamente, come fosse incandescente.
- Oddio… Tu… Tu sei…-
Il moro la fissò negli occhi, sentendosi quasi galleggiare in
aria di fronte al peso della rivelazione che recava lo sguardo di
Michelle.
- … tu sei innamorato di un’altra…-
Con enorme sorpresa della biondina, Bill gracchiò una risata sterile ma sonora, priva di alcuna traccia di gioia.
- Santo cielo, perché cazzo staresti ridendo, ora ?? –
urlò la ragazza, scattando in piedi con occhi fiammeggianti di
ira.
Bill smise all’istante di ridere, e abbassò lo sguardo sul
pavimento, mormorando : - Perdonami, non volevo prenderti in giro. Solo
che, bè, hai ragione… Ma solo in parte.-
Il ragazzo raccolse un minimo di coraggio per tornare ad affrontare il
viso affranto e sconvolto di Michelle, e con voce più chiara e
squillante del solito pronunciò una frase che sembrò
frustare l’aria con la sua graffiante semplicità : -
… io sono innamorato di Brian. –
Tom era impaziente.
Brian e i suoi compagni erano in ritardo di qualche minuto, e
più l’attesa cresceva più il ragazzo si sentiva
oppresso da un incontrollato nervosismo.
Fu tentato di chiedere una sigaretta ai ragazzi che ciondolavano fuori
dal solito pub, chiedendosi se avesse potuto avere un effetto benefico
sui suoi nervi tesi, ma rinunciò all’idea quando vide
trotterellare all’orizzonte una figura inconfondibile.
- Ehi, sei in ritardo, ragazzo! – scherzò Tom quando Brian
gli si avvicinò abbastanza per salutarlo con un breve abbraccio
: il rasta allungò poi il collo per guardare dietro
l’uomo, come aspettandosi di vedere sbucare Stefan e Steve da un
momento all’altro.
- No, non credo di essere abbastanza grosso da nascondere dietro di me
Stef e Steve, Tom…- commentò ironicamente Brian, notando
le manovre del tedesco e ridacchiando sotto i baffi.
- Ma non dovevano venire anche loro? – chiese Tom, confuso dall’assenza dei due uomini.
Brian si strinse fra le spalle, replicando : - Mi hanno detto che
preferivano restare in albergo a fare i bagagli e andare a dormire ad
un’ora decente, perché domattina dovremo comunque
svegliarci presto, quindi…-
Poi l’uomo sorrise all’indirizzo del rasta, mormorando : - Ma, come vedi, io non ti ho tradito…-
Quelle parole si trasformarono in un lungo brivido caldo lungo la
schiena di Tom, che sorrise di rimando, mentre si avviavano verso le
porte del locale.
Così, erano soli, si disse Tom appena ebbero preso posto al
solito tavolo… L’unico terzo non troppo incomodo era
l’esaltazione che lo rendeva elettrico e loquace più del
solito, alimentata dalla consapevolezza che finalmente, quella sera, si
sarebbe dichiarato.
Avrebbe rivelato a Brian i suoi sentimenti prima che fosse troppo
tardi, prima che partisse per tornare da lei, e forse… Forse
sarebbe cambiato tutto…
Come sempre i due amici bevvero e chiacchierarono animatamente per
buona parte della serata, mentre i bicchieri vuoti accanto a Tom
cominciavano ad aumentare di numero, come di pari passo stava
aumentando la sua euforia.
Le luci e le voci attorno al rasta apparivano sfuggenti ed
indistinte… L’unica certezza che ad un certo punto il
ragazzo incontrò dinanzi a sé era un Brian che
ridacchiava malizioso : - Sai, a vederci così, sempre in giro
insieme, la gente potrebbe equivocare…- , riappropriandosi poi
della cannuccia del suo bicchiere con le labbra.
Tom drizzò il capo di scatto a quell’affermazione, e il
gesto fece oscillare ancora di più la sua vista annebbiata
dall’alcool.
L’uomo non si era accorto del movimento del suo compagno, e continuò a sorseggiare lentamente il suo cocktail.
Forse erano il tasso alcolico nel suo sangue ad obnubilare i suoi
sensi, ma a Tom Brian non era mai sembrato tanto bello, tanto
provocante come in quell’istante.
Si accigliò, e mandando al diavolo la prudenza decise che quello era il momento in cui tentare la sorte .
Si avvicinò a Brian, lasciando che il suo sguardo scivolasse su
quel collo pallido e tentatore che gli si offriva emergendo dallo
scollo della maglia nera, e gli sussurrò ad un orecchio :
-… e a te darebbe fastidio, se la gente equivocasse?-
Brian si girò, allontanando il volto di qualche centimetro per
guardare il rasta dritto negli occhi lucidi, e mormorò piano,
giocherellando con aria indifferente con la cannuccia del suo bicchiere
semipieno : - Cosa vuoi che ti risponda, Tom? –
Tom cedette alla voglia di toccare quella pelle così morbida,
così vicina, così disponibile e sfiorò il viso di
Brian con le labbra, nel biascicare : - Voglio che tu dica che non ti
darebbe fastidio…-
L’uomo assottigliò le palpebre sulle iridi verdi, scuotendo il capo e tentando di allontanarsi dal ragazzo.
- Sei ubriaco, Tom.-
- Sì, di te…- sogghignò il rasta, praticamente cadendo su Brian nel tentativo di baciarlo.
Evitando con scioltezza l’abbraccio di Tom, Brian cercò di
sdrammatizzare la situazione imbarazzante, sorridendo nel dire : - No,
sei ubriaco perché hai in circolo nel sangue circa due Sex on
the Beach, un Manhattan e due birre! Non credi di aver un po’
esagerato stasera? –
In effetti Tom non prendeva una sbornia simile da molto tempo ormai ; Brian non lo aveva mai visto in quello stato.
- Non è colpa… Dei cocktail… Io… Io…-
- Tu devi andare a casa, non riesci nemmeno a parlare.- lo interruppe
il compagno, alzandosi dal tavolo e costringendolo a seguire il suo
esempio.
- Ma… Brian…- sillabò a fatica Tom, sentendosi le
ginocchia molli e la testa stranamente leggera, invasa solo dalla
sensazione delle braccia di Brian che lo sostenevano nel camminare
infiltrandosi fra la folla del locale, fino a quando non lo
adagiò sul sedile anteriore della sua auto.
Non reagì quando l’uomo circondò il suo corpo con
la cintura di sicurezza e accese il motore con un rombo che
echeggiò a lungo fra le pieghe della sua mente alterata.
- Bill è a casa?- gli domandò Brian sommessamente ; il
tedesco cercò di rispondere in maniera sensata, ma l’unico
suono che le sue corde vocali produssero fu un gorgoglio sordo e privo
di significato.
Brian sospirò, dedicandogli un’occhiata fugace, e
continuò imperterrito a guidare, arrivando
all’appartamento dei Kaulitz in pochi minuti.
Il rasta si sentiva a pezzi, ma non era semplicemente la sbornia a renderlo inerte e frastornato.
Ripensava a ciò che aveva biascicato confusamente nel locale,
mentre le luci cittadine scorrevano rapidamente al di fuori della
barriera trasparente e fredda del finestrino dell’auto.
Stupido. Stupido, stupido e ancora stupido.
Come gli era venuto in mente di assalire Brian a quel modo?
Che diavolo avrebbe pensato – o meglio, che diavolo stava pensando – di lui?
Oh, lo sapeva… Sapeva che idea si sarebbe fatto della sua persona.
Un mocciosetto arrapato come tanti altri, un coglioncello da respingere
con una risata di scherno, un idiota che non sapeva autogestirsi
nemmeno quando si trattava di scolarsi un paio di cocktail, figuriamoci
se era in grado di dominare le proprie pulsioni.
Aveva rovinato tutto, tutto quanto.
Il contatto con l’aria fresca della notte sembrò ridonare
un barlume di lucidità al cervello annebbiato di Tom.
Rifiutò gentilmente l’aiuto di Brian nell’uscire
dall’abitacolo della vettura, nonostante non si sentisse ancora
molto saldo sulle gambe tremolanti come budino.
Prese una lunga boccata d’ossigeno, chiudendo gli occhi per un
istante prima di avviarsi verso il portone dello stabile nel quale
abitava, incespicando leggermente.
Brian camminava al suo fianco, scoccandogli di tanto in tanto uno
sguardo attento per individuare segni di cedimento improvvisi sul volto
del giovane.
Tom raggiunse la porta del suo appartamento, senza aprirla.
Sostò davanti alla barriera di legno chiaro per qualche istante,
spiando il proprio viso cereo riflesso sull’ottone lucido del
pomello. Poi si voltò stancamente verso Brian.
- Senti… Mi dispiace per prima…-
- Non importa…- tagliò corto l’uomo, sorridendogli
con una comprensione che stritolò letteralmente il cuore del
tedesco.
- E invece sì, importa… Noi due siamo amici, e vorrei che
questa storia non influisse sul nostro rapporto…- quasi
singhiozzò Tom, in tono neanche troppo velatamente supplichevole.
Il pensiero di perdere l’amicizia di Brian gli sembrava
intollerabile… Dopo tutte le risate, le parole, gli incontri, la
musica che avevano colorato la sua vita negli ultimi mesi si sentiva
atterrito nell’ipotizzare la fine di quel rapporto che lo aveva
fatto cambiare nel bene e nel male, donandogli e togliendogli
così tanto.
Brian avvertì quella tensione, quel timore nascosto dietro le
sue parole, e provò un’ondata di tenerezza quasi
fastidiosa nei confronti di quel ragazzino colpevole solo di essersi
innamorato della persona sbagliata.
- Non succederà niente al nostro rapporto, Tom. Puoi stare tranquillo.- lo rassicurò l’uomo.
Non era solo una frase buttata a caso per rassicurare il giovane.
Nemmeno Brian era disposto a rinunciare a tutto ciò che li
legava, nonostante sapesse che probabilmente sarebbe stato un po’
difficile mantenere la stessa naturalezza di sempre, perlomeno i primi
tempi.
Tom lasciò andare un lungo sospiro, sentendosi sollevato, e
cercò le chiavi della porta in una delle tasche dei suoi ampi
jeans.
La serratura scattò rumorosamente, e il ragazzo si voltò
verso Brian, invitandolo ad entrare con un timido : - Vuoi…-
- Non credo sia il caso, Tom.-
- Oh…- mormorò Tom deluso, per poi sogghignare : -
Peccato… Avresti potuto, chessò, cantarmi una ninna nanna
o qualcosa del genere…-
Brian rise nel rispondere : - Sei troppo grande per queste cose!-
- Bè…- cominciò il rasta con un sorrisino
innocente. - …allora potresti darmi il bacino della buona notte!-
- Mhm… Per quello potrei fare qualcosa…- mormorò Brian pensosamente.
Tom si illuminò in volto, chiudendo poi gli occhi in attesa del
bacio promesso, ma senza i riferimenti della vista il suo senso
dell’equilibrio ancora non perfettamente tornato a funzionare lo
tradì, facendolo quasi crollare a terra.
Brian lo sorresse appena in tempo per evitargli una dolorosa caduta, e
disse : - Ok, sarà il caso che ti porti a dormire, non vorrei ti
facessi male.-
- Oh, come sei premuroso…- lo sbeffeggiò bonariamente
Tom, addossandosi a lui docilmente, mentre lo portava in casa
sostenendolo fra le sue braccia.
Arrivarono in camera del ragazzo, dove Brian lo fece stendere sul letto
dolcemente dopo aver sfilato il copriletto, senza spogliarlo degli
abiti che aveva indosso.
Gli rimboccò le coperte, e gli venne quasi da ridere per quel gesto da paparino affettuoso.
Ci mancava solo che prendesse un libro di fiabe e cominciasse a raccontargli qualcosa.
Anche Tom stava sorridendo, mentre giocherellava con una ciocca di capelli biondi.
Brian lo interrogò, sedendosi sulla sponda del letto accanto a lui : - Perché ridi?-
Tom scosse il capo, e alcuni dreads gli frustarono la fronte delicatamente. – Non vorresti saperlo.-
Brian aggrottò le sopracciglia, perplesso : - E perché? –
Il ragazzo lo fissò maliziosamente, mormorando : - Vuoi che te
lo dica davvero?- e Brian annuì lievemente, chinandosi verso il
suo volto per captare il flebile sussurro che rappresentava il massimo
che potesse emettere il rasta in quel momento.
- Stavo pensando… Che i tuoi vestiti adesso sono dannatamente
superflui…- confessò candidamente il tedesco, le parole
strascicate dal sonno incombente, e Brian non rispose, emettendo
semplicemente un lieve sospiro rassegnato e rimanendo ad aspettare che
Tom scivolasse nel sonno prima di abbandonarlo.
Il ragazzo riaprì gli occhi quando avvertì il materasso
cigolare nel liberarsi del peso di Brian, che camminava con passo
felpato verso la porta per andarsene.
- Brian? – lo chiamò piano, facendolo girare di scatto.
- Dimmi.-
- Ma tu… Tu lo hai capito che ti amo,vero?-
Brian gli apparve tremendamente affascinante, nel sonno che lo stava
ghermendo senza pietà e nel chiarore soffuso
dell’abat-jour che si rifletteva nei suoi occhi brillanti, nel
loro inintellegibile verde chiaro.
Affascinante, e lontano. Lontanissimo.
Mentre il ragazzo lo contemplava in silenzio, l’uomo rispose
sommessamente : - L’ho capito, piccolo.- e subito dopo
uscì dalla penombra della camera.
Note dell’autrice : penultimo capitolo, e si vede. Finalmente si
scoprono gli altarini, e la cosa non può che farmi godere da
pazzi *_____* ….Ma ammetto che il capitolo in cui mi sono
cimentata con più entusiasmo è l’ultimo,
perché ci ho messo quel tocco di dramma che mi piace tanto
*ghigna*… Vabbè, ma mica vorrete degli spoiler, eh XD ?
Per scongiurare questa eventualità, veniamo a noi….
Muny_4Ever : eh, in effetti devo ammettere che in una situazione del
genere anch’io mi lascerei andare a pensieri molto simili a
quelli di Bill… Però è arrivato il momento di
sbarazzarsi di ogni dubbio e prendere il coraggio a due mani, visto XD?
Sono fiera del mio bambino *_____* *commossa* !
babygirlLucy : non preoccuparti, non tutte possono avere il pallino
dello yaoi…Ti perdono senza problemi XD! Anzi, sono
assolutamente felice di essere riuscita a farti gradire una tematica
simile, anche se forse qui non si può parlare di yaoi vero e
proprio… Ho davvero cercato di rendere il tutto il più
tenue possibile, perché il mio intento alla fine era raccontare
la storia di due ragazzini alle prese con la Cotta del Secolo, solo
che, essendo io una slasher praticante, ho dovuto per forza cedere ai
miei istinti e rendere il tutto un triangolo fra soli maschietti
XD…
revy_kau : … cavolo, ti ho rubato parecchie ore di sonno,
insomma XD! Non immaginavo che Wicked potesse avere effetti simili
sulle persone *ridacchia*… Comunque, solo una cosa : io credo
che nella rete di Brian mi ci getterei allegramente, infischiandomene
delle conseguenze e di altre cosette trascurabili tipo….
Ehm… La mia dignità e il mio equilibrio emotivo XD?
Nainai : tesoro, sai perfettamente che il destino delle donne nello
slash non può che essere quello di essere abbandonate, è
la legge del fangirling che lo impone *annuisce come se tutto
ciò fosse incontrovertibilmente provato… E lo è,
in effetti.* ! Consolerò Michelle da parte tua…
Comunque solo il “mio” Bill può essere talmente
idiota da cadere in una rete che non sia stata precedentemente gettata
XD ( vedi? Brian non è poi così diabolico come lo si
dipinge, no?! ) !
valux91 : bè, ma se la tua scrittura è efficace e va
subito al punto dov’è il problema XD? Insomma, è
anche questione di stile, non è detto che debba essere per forza
un difetto =)… Tornando alla fic, comunque… Il
“fumo” comincia un attimino a dileguarsi da questo
capitolo, finalmente… Spero non ti dispiaccia XD! Uh, anche se
il bello deve ancora venire *…ma vuoi stare un po’ zitta,
diamine?!* …
ginnyred : credimi, non è la proposta ad essere improbabile, ma
l’intera storia, direi XD! Mi fa piacere che ti sia piaciuto il
momento del duetto… Sì, l’idea era quella di far
sì che Bill per una volta potesse essere sè stesso, ma
senza “scoprirsi” troppo nei confronti di Brian… E
invece, per quanto riguarda Tom… Visto che ritorno alla grande?
Direi che ha recuperato in pieno il tempo perduto XD!
Grazie anche ai lettori “silenziosi” e a chi ha messo la
storia fra i preferiti… Al prossimo, e ultimo ( gasp O_O! )
capitolo… Baci :*****!
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