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Autore: Stregatta    20/06/2008    4 recensioni
Bill richiuse la porta della camera con un calcio,innervosito. Quando non capiva qualcosa diventava furioso. E in quel momento non capiva nulla del comportamento del fratello,del mutamento avvenuto in lui da qualche giorno…
Eh, se solo sapessi a cosa stai per andare incontro, Bill Kaulitz... [ultimo capitolo + epilogo ]
Genere: Romantico, Commedia, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Placebo, Tokio Hotel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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XVII

XVII




Tom era disteso a pancia in giù sul suo letto, completamente assorto nella melodia che il suo stereo stava diffondendo nell’intimità della sua camera.
Due voci che conosceva fin troppo bene disegnavano parole e note nell’aria con una precisione netta e professionale, come gli sembrava non avessero mai fatto prima.
Due voci incattivite e disperate, irriconoscibili.
Non aveva mai captato nel timbro di Bill una rabbia simile, quel tono così rancoroso e cupo.
Era assolutamente sbalordito dalle capacità interpretative del suo gemello, e mentre la canzone si esauriva in un ultimo accordo soffuso e il rasta si era già pigramente allungato verso il lettore CD per selezionare di nuovo la canzone e riascoltarla, Bill entrò nella stanza, aprendo la porta con sguardo severo.
- Insomma, hai finito con questa dannata canzone ? E’ la quarta volta di fila che la ascolti! –
Tom gli rivolse un’occhiata contrariata, esclamando irritato : - Ehi, dovresti essere contento del fatto che il brano mi piaccia così tanto, no? –
Il moro sbuffò, roteando con effetto involontariamente comico gli occhi per manifestare la propria insofferenza nei confronti del fratello. Poi gli concesse, magnanimamente : - Va bene. Però almeno tieni il volume un po’ più basso, mi hai davvero ucciso con questa canzone, da una settimana a questa parte.-
- Lo sai che quando perdo la testa per qualcosa divento un po’ ossessivo…- sogghignò Tom, riavviando la canzone con un breve gesto e tornando sdraiato sul suo letto, nella più totale e rapita concentrazione nei confronti di ogni singolo vocalizzo ed acuto vagante fra i ristretti confini dell’ambiente circostante.
Bill non potè fare a meno di sorridere, mentre chiudeva la porta uscendo dalla camera di Tom, mormorando fra sé e sé : - Questo lo avevo capito, Tom…-


Il ragazzo tornò davanti allo specchio del bagno, riprendendo a truccarsi con attenzione.
Quella sera non avrebbe potuto approfittare dei servigi di Michelle, visto che la ragazza era scappata nel pomeriggio lasciandolo solo, affermando misteriosamente di “avere in serbo una sorpresa per lui”.
Ogni tentativo di scoprire in cosa consistesse la “sorpresa” era stato vano ; la ragazza sapeva essere assolutamente impermeabile a qualunque tipo di moina ed astuzia, e aveva riso della sua irrefrenabile curiosità fino a quando Bill non si era arreso di fronte al suo silenzio imperscrutabile.
Doveva essere comunque una serata da soli a tu per tu, visto che Georg e Gustav erano fuori città per tutto il week – end e Tom si accingeva ad uscire un’ultima volta con Brian.
Già, perché Brian il giorno seguente sarebbe partito per tornare a casa, e il gemello aveva insistito per passare un’ultima serata insieme, loro e i Placebo al completo…
Ma poi Michelle aveva parlato di quella misteriosa sorpresa, e Bill aveva rinunciato all’incontro.
Senza fra l’altro sentirsi davvero dispiaciuto per questo.
Avrebbe salutato tutti quanti la mattina dell’indomani, chiudendo finalmente quella parentesi aperta da fin troppi mesi, ormai.

… finalmente?

Era davvero sollievo, quel sentimento che stava provando? O meglio, era solo sollievo?
Rifugiandosi nel solito schema di dissimulazione che tanto gli era divenuto familiare, durante tutto quel tempo passato a relazionarsi con Brian, il ragazzo decise di non indagare a fondo le proprie emozioni, per il momento, e continuò a prepararsi di gran lena.

Il citofono suonò aspramente verso l’ora stabilita da Michelle per il loro appuntamento, e Bill rispose dando per scontato che fosse la sua ragazza a chiamare : - Sali, Michelle. –
Una risatina civettuola precedette la replica della biondina : - No, devi scendere tu. –


Quando il giovane uscì dallo stabile rimase a bocca aperta di fronte allo spettacolo che gli si parò davanti agli occhi.
Certo, non che non avesse mai visto né usufruito di una limousine prima di allora, ma di certo non si aspettava di trovarsene una davanti proprio quella sera.
Un finestrino nero si abbassò lentamente, rivelando il volto sorridente di Michelle, incorniciato dal bianco luccicante della carrozzeria della vettura.
- Andiamo… Perché quella faccia ? Dovresti essere abituato a tutto questo lusso! – scherzò la ragazza, notando l’espressione confusa che albergava sul volto del compagno.
Il moro si avvicinò al finestrino aperto, gettando un’occhiata all’interno dell’abitacolo che la ospitava e poi soffermandosi a lungo sugli occhi scintillanti di lei.
Sentì il senso di colpa solleticare la sua coscienza, involontariamente.
Stava facendo tutto ciò per lui, per lui che in quelle pochissime ore che avevano trascorso ultimamente assieme era stato distante, pensieroso e freddo.
Si era sentito morire quando, nel riaccompagnare Michelle alla stazione la scorsa settimana, non era riuscito a trovare in sé un sentimento più caldo e più consono di un timido affetto nei suoi confronti.
Dov’era finito l’amore? E la passione?

… c’erano mai stati, poi ?

Aveva mai provato qualcosa di ardente, di accecante nei suoi confronti?
Si era mai sentito in preda alle vertigini, nel pensare a lei?
Per una volta, non era riuscito a nascondere a sé stesso anche quella inconfutabile verità.
No, non la amava.
Era affezionato a lei, a quella deliziosa abitudine che era diventata nel corso del tempo, ma la passione era un’altra cosa.
Era una minaccia che lo soffocava e lo terrorizzava, era quella cosa che si rifiutava di ammettere senza riuscire ad ucciderla definitivamente.
E fu proprio in quel momento che Bill Kaulitz smise di lottare contro di essa.
Fu un cambiamento repentino, fulmineo ma appena percettibile all’esterno.
Infatti Michelle sembrava non aver notato come le spalle di Bill si fossero afflosciate improvvisamente mentre lo invitava a salire sull’automobile, alla volta di chissà quale destinazione.


La limousine accostò di fronte ad un hotel che dall’insegna agli infissi sembrava trasudare un’aura di soldi e lusso sfrenato.
Un portiere dall’aria impeccabilmente annoiata salutò cerimoniosamente Bill e Michelle quando fecero ingresso nella hall, i loro passi considerevolmente attutiti dallo spessore dell’enorme e sgargiante tappeto persiano che riposava sul pavimento in granito dell’ambiente.
Senza scambiare una parola con Bill la bionda si avvicinò alla reception, bisbigliando qualcosa in gran segreto alla sorridente impiegata dietro al bancone di legno scuro, che le passò subito una chiave ancorata ad un pesante ninnolo di ottone.
Michelle si voltò verso il suo ragazzo, facendogli segno di seguirla nell’ascensore.

- Santo Dio…- mormorò Bill, appena si furono bloccati davanti ad una porta del lungo corridoi nel quale si era infilato, seguendo Michelle fedelmente come un cagnolino.
La ragazza sorrise del più largo dei suoi sorrisi.
- Un numero familiare, eh ? – chiese ironicamente, mentre Bill sillabava a fior di labbra un basito : - Stanza 483…-
- Io non lascio mai nulla al caso, Kaulitz!- esclamò allegramente Michelle, infilando la chiave nel buco della serratura ed aprendola con uno scatto appena udibile.
Per la seconda volta Bill si trovò di fronte qualcosa di inaspettato.
La stanza era illuminata dal soffice e discreto chiarore di tante candele disseminate in punti diversi di essa, di modo che l’effetto fosse intimo ma allo stesso tempo l’illuminazione fosse abbastanza intensa da permettere di notare i particolari che agghindavano la suite.
Una scia di petali rosso scuro tracciava un sentiero dalla soglia fino al letto a baldacchino.
Il raso del copriletto appariva cangiante nel bagliore fuggevole e tremolante che lo illuminava : la stoffa era macchiata dai tocchi di colore dei petali di rose presenti anche sul materasso, e quella visione sembrava un’invitante e dolcissima promessa di una notte d’amore.
- Deve esserti costato un casino…- fu tutto ciò che Bill riuscì a commentare, mentre ancora si guardava attorno e respirava il profumo delicato che sembrava spirare direttamente dalle pareti della camera.
Michelle gli si avvicinò, prendendogli il volto fra le mani e sussurrando con un lieve sorriso : - E’ tutto quello che sai dire, Kaulitz ? –
Lo baciò teneramente, gettandogli languidamente le braccia al collo e permettendo che i loro corpi aderissero perfettamente l’uno all’altro.
Si staccò da lui solo per bisbigliargli ad un orecchio : - Da qualche tempo ti ho visto giù di corda, e ho pensato di poter fare qualcosa al riguardo… Una serata tutta per noi, da soli, in questo posto meraviglioso… E pensa, stavolta non dovremo nemmeno fare attenzione a Tom dall’altra parte del muro… Potremo urlare, far cigolare il letto, essere liberi di fare ciò che vogliamo…-
Bill arrossì violentemente a quelle parole, e provò l’impulso di fuggire da quell’alcova ovattata per tornare nel proprio appartamento, seduto sul divano davanti alla TV .
Respinse con garbo la ragazza, guardandola appena negli occhi, prima di voltarle le spalle ed allontanarsi di qualche metro da lei.
Ma Michelle non era tipo da arrendersi tanto facilmente di fronte ad un ostacolo.
- Amore… Ma cos’hai?- domandò premurosamente la bionda, avvicinandosi alla schiena di Bill quel tanto che bastava da poterla sfiorare affettuosamente.
Bill si morse il labbro inferiore, combattuto fra la voglia di essere finalmente sincero con lei e la paura di ferirla e deluderla.
Valutò per un attimo la possibilità assurda di correre verso la porta e svignarsela in tutta fretta, ma naturalmente l’ipotesi venne scartata immediatamente.
Purtroppo l’unica maniera giusta e razionale di affrontare la situazione era anche quella più ardua da mettere in atto.
Bill si sedette pesantemente sul ciglio del letto, schiacciando sotto il suo peso alcuni petali rossi.
- Dobbiamo parlare, Michelle. –
Il ragazzo non riuscì ad interpretare il guizzo di luce che animò gli occhi della biondina per un secondo : preferì credere che si trattasse del riflesso di una candela.
Michelle seguì l’esempio di Bill, sedendosi accanto a lui.
- Ok… Allora, parliamo.- rispose lei aggrottando le sopracciglia, palesando in quella smorfia la sua confusione per l’atteggiamento tenuto dal suo ragazzo.
Nonostante l’invito di Michelle, Bill rimase in silenzio per un po’ torcendosi le mani, flettendo e distendendo le dita come se con quel gesto avesse voluto afferrare le parole giuste da pronunciare in quella circostanza.
- Non… Non sono stato sincero con te, Michelle. E’ molto tempo che io… Io…- balbettò il ragazzo, sospirando pesantemente nel fermarsi a metà del discorso.
Era orribilmente difficile parlare con quel groppo in gola che paralizzava la propria voce, rendendola un verso strozzato ed incomprensibile.
- Sincero? Bill, che cosa stai cercando di dirmi? – si allarmò Michelle, afferrando una mano di Bill strettamente, per poi lasciarla andare bruscamente, come fosse incandescente.
- Oddio… Tu… Tu sei…-
Il moro la fissò negli occhi, sentendosi quasi galleggiare in aria di fronte al peso della rivelazione che recava lo sguardo di Michelle.
- … tu sei innamorato di un’altra…-
Con enorme sorpresa della biondina, Bill gracchiò una risata sterile ma sonora, priva di alcuna traccia di gioia.
- Santo cielo, perché cazzo staresti ridendo, ora ?? – urlò la ragazza, scattando in piedi con occhi fiammeggianti di ira.
Bill smise all’istante di ridere, e abbassò lo sguardo sul pavimento, mormorando : - Perdonami, non volevo prenderti in giro. Solo che, bè, hai ragione… Ma solo in parte.-
Il ragazzo raccolse un minimo di coraggio per tornare ad affrontare il viso affranto e sconvolto di Michelle, e con voce più chiara e squillante del solito pronunciò una frase che sembrò frustare l’aria con la sua graffiante semplicità : - … io sono innamorato di Brian. –



Tom era impaziente.
Brian e i suoi compagni erano in ritardo di qualche minuto, e più l’attesa cresceva più il ragazzo si sentiva oppresso da un incontrollato nervosismo.
Fu tentato di chiedere una sigaretta ai ragazzi che ciondolavano fuori dal solito pub, chiedendosi se avesse potuto avere un effetto benefico sui suoi nervi tesi, ma rinunciò all’idea quando vide trotterellare all’orizzonte una figura inconfondibile.
- Ehi, sei in ritardo, ragazzo! – scherzò Tom quando Brian gli si avvicinò abbastanza per salutarlo con un breve abbraccio : il rasta allungò poi il collo per guardare dietro l’uomo, come aspettandosi di vedere sbucare Stefan e Steve da un momento all’altro.
- No, non credo di essere abbastanza grosso da nascondere dietro di me Stef e Steve, Tom…- commentò ironicamente Brian, notando le manovre del tedesco e ridacchiando sotto i baffi.
- Ma non dovevano venire anche loro? – chiese Tom, confuso dall’assenza dei due uomini.
Brian si strinse fra le spalle, replicando : - Mi hanno detto che preferivano restare in albergo a fare i bagagli e andare a dormire ad un’ora decente, perché domattina dovremo comunque svegliarci presto, quindi…-
Poi l’uomo sorrise all’indirizzo del rasta, mormorando : - Ma, come vedi, io non ti ho tradito…-
Quelle parole si trasformarono in un lungo brivido caldo lungo la schiena di Tom, che sorrise di rimando, mentre si avviavano verso le porte del locale.


Così, erano soli, si disse Tom appena ebbero preso posto al solito tavolo… L’unico terzo non troppo incomodo era l’esaltazione che lo rendeva elettrico e loquace più del solito, alimentata dalla consapevolezza che finalmente, quella sera, si sarebbe dichiarato.
Avrebbe rivelato a Brian i suoi sentimenti prima che fosse troppo tardi, prima che partisse per tornare da lei, e forse… Forse sarebbe cambiato tutto…
Come sempre i due amici bevvero e chiacchierarono animatamente per buona parte della serata, mentre i bicchieri vuoti accanto a Tom cominciavano ad aumentare di numero, come di pari passo  stava aumentando la sua euforia.
Le luci e le voci attorno al rasta apparivano sfuggenti ed indistinte… L’unica certezza che ad un certo punto il ragazzo incontrò dinanzi a sé era un Brian che ridacchiava malizioso : - Sai, a vederci così, sempre in giro insieme, la gente potrebbe equivocare…- , riappropriandosi poi della cannuccia del suo bicchiere con le labbra.
Tom drizzò il capo di scatto a quell’affermazione, e il gesto fece oscillare ancora di più la sua vista annebbiata dall’alcool.
L’uomo non si era accorto del movimento del suo compagno, e continuò a sorseggiare lentamente il suo cocktail.
Forse erano il tasso alcolico nel suo sangue ad obnubilare i suoi sensi, ma a Tom Brian non era mai sembrato tanto bello, tanto provocante come in quell’istante.
Si accigliò, e mandando al diavolo la prudenza decise che quello era il momento in cui tentare la sorte .
Si avvicinò a Brian, lasciando che il suo sguardo scivolasse su quel collo pallido e tentatore che gli si offriva emergendo dallo scollo della maglia nera, e gli sussurrò ad un orecchio : -… e a te darebbe fastidio, se la gente equivocasse?-
Brian si girò, allontanando il volto di qualche centimetro per guardare il rasta dritto negli occhi lucidi, e mormorò piano, giocherellando con aria indifferente con la cannuccia del suo bicchiere semipieno : - Cosa vuoi che ti risponda, Tom? –
Tom cedette alla voglia di toccare quella pelle così morbida, così vicina, così disponibile e sfiorò il viso di Brian con le labbra, nel biascicare : - Voglio che tu dica che non ti darebbe fastidio…-
L’uomo assottigliò le palpebre sulle iridi verdi, scuotendo il capo e tentando di allontanarsi dal ragazzo.
- Sei ubriaco, Tom.-
- Sì, di te…- sogghignò il rasta, praticamente cadendo su Brian nel tentativo di baciarlo.
Evitando con scioltezza l’abbraccio di Tom, Brian cercò di sdrammatizzare la situazione imbarazzante, sorridendo nel dire : - No, sei ubriaco perché hai in circolo nel sangue circa due Sex on the Beach, un Manhattan e due birre! Non credi di aver un po’ esagerato stasera? –
In effetti Tom non prendeva una sbornia simile da molto tempo ormai ; Brian non lo aveva mai visto in quello stato.
- Non è colpa… Dei cocktail… Io… Io…-
- Tu devi andare a casa, non riesci nemmeno a parlare.- lo interruppe il compagno, alzandosi dal tavolo e costringendolo a seguire il suo esempio.
- Ma… Brian…- sillabò a fatica Tom, sentendosi le ginocchia molli e la testa stranamente leggera, invasa solo dalla sensazione delle braccia di Brian che lo sostenevano nel camminare infiltrandosi fra la folla del locale, fino a quando non lo adagiò sul sedile anteriore della sua auto.
Non reagì quando l’uomo circondò il suo corpo con la cintura di sicurezza e accese il motore con un rombo che echeggiò a lungo fra le pieghe della sua mente alterata.
- Bill è a casa?- gli domandò Brian sommessamente ; il tedesco cercò di rispondere in maniera sensata, ma l’unico suono che le sue corde vocali produssero fu un gorgoglio sordo e privo di significato.
Brian sospirò, dedicandogli un’occhiata fugace, e continuò imperterrito a guidare, arrivando all’appartamento dei Kaulitz in pochi minuti.

Il rasta si sentiva a pezzi, ma non era semplicemente la sbornia a renderlo inerte e frastornato.
Ripensava a ciò che aveva biascicato confusamente nel locale, mentre le luci cittadine scorrevano rapidamente al di fuori della barriera trasparente e fredda del finestrino dell’auto.
Stupido. Stupido, stupido e ancora stupido.
Come gli era venuto in mente di assalire Brian a quel modo?
Che diavolo avrebbe pensato – o meglio, che diavolo stava pensando –  di lui?
Oh, lo sapeva… Sapeva che idea si sarebbe fatto della sua persona.
Un mocciosetto arrapato come tanti altri, un coglioncello da respingere con una risata di scherno, un idiota che non sapeva autogestirsi nemmeno quando si trattava di scolarsi un paio di cocktail, figuriamoci se era in grado di dominare le proprie pulsioni.
Aveva rovinato tutto, tutto quanto.



Il contatto con l’aria fresca della notte sembrò ridonare un barlume di lucidità al cervello annebbiato di Tom.
Rifiutò gentilmente l’aiuto di Brian nell’uscire dall’abitacolo della vettura, nonostante non si sentisse ancora molto saldo sulle gambe tremolanti come budino.
Prese una lunga boccata d’ossigeno, chiudendo gli occhi per un istante prima di avviarsi verso il portone dello stabile nel quale abitava, incespicando leggermente.
Brian camminava al suo fianco, scoccandogli di tanto in tanto uno sguardo attento per individuare segni di cedimento improvvisi sul volto del giovane.
Tom raggiunse la porta del suo appartamento, senza aprirla.
Sostò davanti alla barriera di legno chiaro per qualche istante, spiando il proprio viso cereo riflesso sull’ottone lucido del pomello. Poi si voltò stancamente verso Brian.
- Senti… Mi dispiace per prima…-
- Non importa…- tagliò corto l’uomo, sorridendogli con una comprensione che stritolò letteralmente il cuore del tedesco.
- E invece sì, importa… Noi due siamo amici, e vorrei che questa storia non influisse sul nostro rapporto…- quasi singhiozzò Tom, in tono neanche troppo velatamente supplichevole.
Il pensiero di perdere l’amicizia di Brian gli sembrava intollerabile… Dopo tutte le risate, le parole, gli incontri, la musica che avevano colorato la sua vita negli ultimi mesi si sentiva atterrito nell’ipotizzare la fine di quel rapporto che lo aveva fatto cambiare nel bene e nel male, donandogli e togliendogli così  tanto.
Brian avvertì quella tensione, quel timore nascosto dietro le sue parole, e provò un’ondata di tenerezza quasi fastidiosa nei confronti di quel ragazzino colpevole solo di essersi innamorato della persona sbagliata.
- Non succederà niente al nostro rapporto, Tom. Puoi stare tranquillo.- lo rassicurò l’uomo.
Non era solo una frase buttata a caso per rassicurare il giovane.
Nemmeno Brian era disposto a rinunciare a tutto ciò che li legava, nonostante sapesse che probabilmente sarebbe stato un po’ difficile mantenere la stessa naturalezza di sempre, perlomeno i primi tempi.
Tom lasciò andare un lungo sospiro, sentendosi sollevato, e cercò le chiavi della porta in una delle tasche dei suoi ampi jeans.
La serratura scattò rumorosamente, e il ragazzo si voltò verso Brian, invitandolo ad entrare con un timido : - Vuoi…-
- Non credo sia il caso, Tom.-
- Oh…- mormorò Tom deluso, per poi sogghignare : - Peccato… Avresti potuto, chessò, cantarmi una ninna nanna o qualcosa del genere…-
Brian rise nel rispondere : - Sei troppo grande per queste cose!-
- Bè…- cominciò il rasta con un sorrisino innocente. - …allora potresti darmi il bacino della buona notte!-
- Mhm… Per quello potrei fare qualcosa…- mormorò Brian pensosamente.
Tom si illuminò in volto, chiudendo poi gli occhi in attesa del bacio promesso, ma senza i riferimenti della vista il suo senso dell’equilibrio ancora non perfettamente tornato a funzionare lo tradì, facendolo quasi crollare a terra.
Brian lo sorresse appena in tempo per evitargli una dolorosa caduta, e disse : - Ok, sarà il caso che ti porti a dormire, non vorrei ti facessi male.-
- Oh, come sei premuroso…- lo sbeffeggiò bonariamente Tom, addossandosi a lui docilmente, mentre lo portava in casa sostenendolo fra le sue braccia.
Arrivarono in camera del ragazzo, dove Brian lo fece stendere sul letto dolcemente dopo aver sfilato il copriletto, senza spogliarlo degli abiti che aveva indosso.
Gli rimboccò le coperte, e gli venne quasi da ridere per quel gesto da paparino affettuoso.
Ci mancava solo che prendesse un libro di fiabe e cominciasse a raccontargli qualcosa.
Anche Tom stava sorridendo, mentre giocherellava con una ciocca di capelli biondi.
Brian lo interrogò, sedendosi sulla sponda del letto accanto a lui : - Perché ridi?-
Tom scosse il capo, e alcuni dreads gli frustarono la fronte delicatamente. – Non vorresti saperlo.-
Brian aggrottò le sopracciglia, perplesso : - E perché? –
Il ragazzo lo fissò maliziosamente, mormorando : - Vuoi che te lo dica davvero?- e Brian annuì lievemente, chinandosi verso il suo volto per captare il flebile sussurro che rappresentava il massimo che potesse emettere il rasta in quel momento.
- Stavo pensando… Che i tuoi vestiti adesso sono dannatamente superflui…- confessò candidamente il tedesco, le parole strascicate dal sonno incombente, e Brian non rispose, emettendo semplicemente un lieve sospiro rassegnato e rimanendo ad aspettare che Tom scivolasse nel sonno prima di abbandonarlo.
Il ragazzo riaprì gli occhi quando avvertì il materasso cigolare nel liberarsi del peso di Brian, che camminava con passo felpato verso la porta per andarsene.
- Brian? – lo chiamò piano, facendolo girare di scatto.
- Dimmi.-
- Ma tu… Tu lo hai capito che ti amo,vero?-
Brian gli apparve tremendamente affascinante, nel sonno che lo stava ghermendo senza pietà e nel chiarore soffuso dell’abat-jour che si rifletteva nei suoi occhi brillanti, nel loro inintellegibile verde chiaro.
Affascinante, e lontano. Lontanissimo.
Mentre il ragazzo lo contemplava in silenzio, l’uomo rispose sommessamente : - L’ho capito, piccolo.- e subito dopo uscì dalla penombra della camera.


Note dell’autrice : penultimo capitolo, e si vede. Finalmente si scoprono gli altarini, e la cosa non può che farmi godere da pazzi *_____* ….Ma ammetto che il capitolo in cui mi sono cimentata con più entusiasmo è l’ultimo, perché ci ho messo quel tocco di dramma che mi piace tanto *ghigna*… Vabbè, ma mica vorrete degli spoiler, eh XD ?
Per scongiurare questa eventualità, veniamo a noi….

Muny_4Ever : eh, in effetti devo ammettere che in una situazione del genere anch’io mi lascerei andare a pensieri molto simili a quelli di Bill… Però è arrivato il momento di sbarazzarsi di ogni dubbio e prendere il coraggio a due mani, visto XD? Sono fiera del mio bambino *_____* *commossa* !

babygirlLucy : non preoccuparti, non tutte possono avere il pallino dello yaoi…Ti perdono senza problemi XD! Anzi, sono assolutamente felice di essere riuscita a farti gradire una tematica simile, anche se forse qui non si può parlare di yaoi vero e proprio… Ho davvero cercato di rendere il tutto il più tenue possibile, perché il mio intento alla fine era raccontare la storia di due ragazzini alle prese con la Cotta del Secolo, solo che, essendo io una slasher praticante, ho dovuto per forza cedere ai miei istinti e rendere il tutto un triangolo fra soli maschietti XD…

revy_kau : … cavolo, ti ho rubato parecchie ore di sonno, insomma XD! Non immaginavo che Wicked potesse avere effetti simili sulle persone *ridacchia*… Comunque, solo una cosa : io credo che nella rete di Brian mi ci getterei allegramente, infischiandomene delle conseguenze e di altre cosette trascurabili tipo…. Ehm… La mia dignità e il mio equilibrio emotivo XD?

Nainai : tesoro, sai perfettamente che il destino delle donne nello slash non può che essere quello di essere abbandonate, è la legge del fangirling che lo impone *annuisce come se tutto ciò fosse incontrovertibilmente provato… E lo è, in effetti.* ! Consolerò Michelle da parte tua…
Comunque solo il “mio” Bill può essere talmente idiota da cadere in una rete che non sia stata precedentemente gettata XD ( vedi? Brian non è poi così diabolico come lo si dipinge, no?! ) !

valux91 : bè, ma se la tua scrittura è efficace e va subito al punto dov’è il problema XD? Insomma, è anche questione di stile, non è detto che debba essere per forza un difetto =)… Tornando alla fic, comunque… Il “fumo” comincia un attimino a dileguarsi da questo capitolo, finalmente… Spero non ti dispiaccia XD! Uh, anche se il bello deve ancora venire *…ma vuoi stare un po’ zitta, diamine?!* …

ginnyred : credimi, non è la proposta ad essere improbabile, ma l’intera storia, direi XD! Mi fa piacere che ti sia piaciuto il momento del duetto… Sì, l’idea era quella di far sì che Bill per una volta potesse essere sè stesso, ma senza “scoprirsi” troppo nei confronti di Brian… E invece, per quanto riguarda Tom… Visto che ritorno alla grande? Direi che ha recuperato in pieno il tempo perduto XD!


Grazie anche ai lettori “silenziosi” e a chi ha messo la storia fra i preferiti… Al prossimo, e ultimo ( gasp O_O! ) capitolo… Baci :*****!


   
 
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