lolli
Multiplicity
-
Conosci te stesso. -
Chi
siamo noi, chi è ciascuno di noi se non una combinatoria di
esperienze, di informazioni, di letture, d'immaginazione?
Ogni
vita è un'enciclopedia, una biblioteca, un inventario di
oggetti, un campionario di stili, dove tutto può essere
continuamente mescolato e riordinato in tutti i modi possibili.
Italo Calvino, "Lezioni Americane - Molteplicità"
Si sposarono
in un giorno qualunque di un mese qualunque, scegliendo la
data con spensierata casualità. Li aveva fatti sorridere
sapere quanto le persone ritenessero importante sposarsi di
Mercoledì, perché era un giorno fortunato, e
farlo di Dicembre, perché era un buon mese.
Però, quando fece il suo ingresso nella
cattedrale di
Westminster, dove erano convolati a nozze re e regine e dove l'Enclave
aveva ritenuto giusto che si sposasse colei che aveva salvato il loro
mondo, Theresa Gray realizzò che non era tutto
così semplice come chiudere gli occhi e puntare il dito sul
calendario.
Rimase immobile per dei secondi interminabili, facendo
scorrere lo
sguardo sugli invitati e sulla moltitudine di facce diverse che la
studiavano, sorridendo; volti commossi e orgogliosi, volti stizziti,
volti ovunque. Non poté fare a meno di pensare che le
sarebbe bastato stringere il fazzoletto di una donna sconosciuta tra le
dita per
mutare aspetto, rubarle l'identità e fuggire via per la
paura di non essere pronta a mettere su famiglia. Avrebbe potuto essere
tutti e nessuno in quel momento, eppure era ancora lì, in
piedi con un velo d'oro a nasconderle il viso e Henry sulla sedia a
rotelle che le teneva la mano.
Schiuse le labbra per respirare profondamente, poi
cominciò
a camminare. Dopo il primo passo la cattedrale si riempì
dell'eco leggera dei violini.
Infondo alla navata c'erano loro.
Quando le alzarono il velo sul viso, reclinandolo dietro la
testa, finalmente lo vide distintamente. Fu come vederlo per
la prima volta
e innamorarsi di nuovo e all'infinito.
Will.
Will, con lo stesso sorriso che un tempo era così
raro da
doverne godere fugacemente e che adesso riempiva le giornate di chi lo
riceveva. Era il sorriso più luminoso che gli avesse mai
attraversato il volto. Will, con i capelli così ordinati che
Tessa dovette trattenere una risata di gioia. Chissà se
avevano dovuto legarlo, per pettinarlo con tanta cura.
Will, con gli occhi di un blu a cui nessuno avrebbe mai reso
giustizia
a parole e in cui Tessa era solita perdersi, delle volte. In quel
momento, sull'altare, con la mano di lui che si tendeva a toccare la
sua, Tessa puntò lo sguardo nel suo e invece di perdersi
ritrovò se stessa.
Fu il giorno più chiaro della sua vita, in
effetti.
Mentre i Fratelli Silenti recitavano il rituale della loro
unione, con
i cappucci abbassati sul volto e le rune rosse che decoravano i loro
mantelli, Tessa sfogliò tutte le pagine della sua vita.
Rievocò la molteplicità
delle proprie esperienze e dei propri dubbi, le combinazioni del
destino che l'avevano portata fino a quel giorno, con Will al suo
fianco. Rievocò qual era stato il suo timore più
grande, fino a quando non aveva detto di sì a
Will: vivere per sempre senza un'identità precisa,
come una muta-forma capace di sfiorare infiniti aspetti e
personalità, rischiando di perdere la propria; soffocare
nella solitudine e nell'incertezza di non sapere chi era davvero.
I Silenti la distolsero dai suoi pensieri.
- Vuoi tu, Theresa Gray, accogliere William Owen Herondale
come tuo
legittimo sposo, in nome dell'Angelo Raziel, creatura di Dio,
promettendo di essergli fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella
luce e nella tenebra, e di amarlo e di onorarlo tutti i giorni della
tua vita?
- Oh, beh, - sospirò Will.
- Ci penserei, se fossi in te. Il nostro matrimonio
durerà
molto.
Nella navata centrale, una folla di Cacciatori non trattenne
le risa. I
fratelli Silenti non sembrarono cogliere nient'altro che l'imbarazzo
della scena, incitandola a rispondere. Nella voce di Tessa si
percepì una nota di divertimento.
- Sì, lo voglio. Per tutto il tempo. Sempre.
Fu Jem a disegnare la runa dell'amore sul polso di Will,
dove l'avrebbe
sempre vista, perché lei non poteva imprimere quel marchio
sulla sua carne, ma fu come se fossero state le sue dita a stringere lo
stilo e a tracciare le linee ricurve del simbolo. Mentre il disegno
dorato cominciava a prendere forma, Tessa si chiese se non fosse
crudele, far compiere quel gesto proprio a Jem, che avrebbe voluto
trovarsi a posto del suo parabatai e che non avrebbe mai potuto.
Jem era solito dirle che i sogni potevano realizzarsi se si
credeva
fermamente che fosse possibile. Il suo sogno si realizzò, ma
a viverlo fu qualcun altro; eppure, nel momento esatto in cui lei e
Will diventarono ufficialmente marito e moglie, le labbra di Jem si
tesero verso l'alto, increspandogli le cicatrici sulle guance. Will
pianse come un bambino.
Fu come nei libri che leggeva da piccola, con i petali
d'arancio che
venivano lanciati sulle loro teste e i chicchi di riso e la gente che
gridava "viva gli sposi",
rischiando di svegliare i poeti assopiti che riposavano a Westminster
Abbey. C'era qualcosa, però, che lei non aveva mai
immaginato prima: le scintille che scoppiettavano sulle dita di Magnus
Bane, il modello di "macchina fotografica" perfezionato da Henry, e le
battute di Will sulle anatre che avrebbero servito arrosto al banchetto
del matrimonio. Fu una tale molteplicità di immagini,
quella, che Tessa non sapeva come inserirle tutte nel libro della
propria vita.
E poi c'era quell'uomo.
Quasi non l'aveva notato, in principio, nascosto nell'ombra,
ma poi le
sue espressioni di disappunto cominciarono a stimolare la sua
attenzione, fino a quando sulla soglia della cattedrale, prima che
varcasse l'uscita, qualcuno pestò lo strascico del suo
vestito. Tessa si voltò a guardarlo, interdetta ma troppo
felice per curarsene. La sorpresa nel vedere che era proprio Lui fu difficile da
mascherare. L'uomo si
degnò di alzare il piede solo quando i loro occhi si
incontrarono.
Per un momento il vociare degli invitati si fece soffuso, e
la ragazza
non sentì che la sua voce.
- Vi faccio i miei auguri, Signora Carstairs. Oh, vi chiedo
scusa, Herondale. La
molteplicità del vostro amore mi confonde.
Sorrise sotto i baffi striati di grigio.
- Confonde tutti noi, in effetti.
Tessa, la bocca cucita da migliaia di aghi di ghiaccio,
esitò a lungo prima di parlare.
- Grazie per la vostra benedizione, Signore -
mormorò, il
tono di voce congelato. Chi poteva essere tanto sfrontato da voler
incrinare quel giorno di gioia meritata, agognata come mai nient'altro
aveva desiderato in vita sua?
- Benedizione? Null'affatto. Sono venuto solo per vedere che
cosa avevo
combinato. Dopotutto questo matrimonio è anche merito mio.
Una patina tremula increspò il volto dell'uomo
come fosse
stato di vapore, facendolo vibrare. Tessa trattenne il fiato. Un fantasma.
Avrebbe dovuto pensarci, dopotutto: ogni cosa in quella figura appariva
innaturale. Il colorito pallido, il modo in cui la sua voce risuonava
isolata rispetto a quella degli altri, la traccia assente della sua
scarpa sullo strascico del vestito, gli invitati che scorrevano al
loro fianco come se Tessa e il suo interlocutore fossero invisibili.
Perfino Will continuò a camminare senza di lei, sebbene i
suoi movimenti fossero incredibilmente lenti.
- Non può essere.
- Ho detto la stessa cosa il giorno in cui mi sono
risvegliato, ma a
quanto pare può essere.
- Voi siete...
- Charles Dickens, sì. Lo scrittore. Sono sepolto
qui, e ho
pensato che bastasse a rappresentare un invito al vostro
matrimonio.
Tessa trovò sostegno sullo schienale di una
panca,
deglutendo. Si sentì avvampare per l'emozione, timida tutto
d'un tratto.
- Il mio scrittore preferito è un fantasma. Ed
è
al mio matrimonio. -
Represse l'impulso di lanciarsi verso di lui e stringergli
la mano,
cosciente che avrebbe sfiorato nient'altro che fumo. Come aveva potuto
dimenticarselo? Dickens riposava da qualche anno proprio nella
cattedrale, insieme agli intellettuali più famosi
d'Inghilterra!
Si sentiva stupida ad ammettere che il corsetto era
diventato troppo
stretto per reggere i suoi respiri affannosi.
- E' un onore, Sir, voi siete...
- Il miglior scrittore inglese del secolo, a parere vostro,
sì. Ma da qui fino a comportarvi come avete fatto, il passo
è arduo.
Le sembrò di aver ricevuto uno schiaffo in pieno
volto. Le
orecchie ovattate per azione sovrannaturale del fantasma non aiutavano
nell'impresa, ma Tessa non riusciva a credere che l'uomo avesse detto
una cosa del genere.
- Scusate?
- Mh.
Sapete che parlo di "Racconto di due città". E' il vostro
libro
preferito.
- Io non credo di capire.
Dickens aveva l'aria leggermente scocciata.
- Non ho abbastanza tempo per guidarvi verso la
comprensione, quindi
cercherò di essere conciso. Sono Io che non ho
capito Voi.
Siete un
mistero, per me, così lassù
hanno deciso di soddisfare uno dei miei capricci; a patto
che mi dia una mossa, naturalmente.
Tessa serrò la bocca: se l'avesse tenuta
spalancata un secondo di più, se la sarebbe slogata.
- Ascoltatemi bene e rispondete brevemente, - disse il
fantasma, scandendo ogni
parola, - che cosa vi ha insegnato il mio libro?
Di tutta quella situazione, una domanda del genere era
decisamente l'aspetto meno insolito, rifletté, cercando di
schiarirsi le idee. Doveva
essere il pensiero fisso degli artisti, quello di riuscire a
trasmettere un messaggio al maggior numero di persone possibili.
- Che si possono amare due persone con la stessa
intensità,
- annuì con sicurezza.
La sicurezza sfumò non appena Dickens si mise una
mano sulla
fronte, roteando gli occhi.
- No. No. No. NO
NO NO. Sbagliato. Ero sicuro che aveste interpretato
erroneamente la mia opera somma.
Come se fosse stata spinta, Tessa fece un passo
all'indietro, puntando
le scarpe perlate per non cadere.
- Il vero significato del mio racconto era l'opposto. La
molteplicità del sistema, sfocia nella brutalità.
Chiaro, essenziale, semplice, maledettamente lampante, signora
Carstairs. Herondale, quello che è! Cara, vi è
parso per caso un romanzo d'amore? Non lo era. Era un romanzo sulla gente, sugli
squilibri tra proletariato e aristocrazia, sul terrore che la
molteplicità di condizioni può causare. Ci pensi.
Ad alcune persone il destino non riserva nulla. Ad altre riserva tutto.
Le sembra equo? Non lo è. Ecco perché viviamo in
un mondo così disordinato. E lei che cosa ha assimilato
dalla lettura di "Racconto di due città"? Che può
essere
la Lucie della situazione, che può tenere il piede in due
scarpe.
Dickens sospirò alla vista dei suoi pugni
stretti. Non
riusciva a credere che stesse accadendo, che dovesse provare un dolore
tanto forte in quello che avrebbe dovuto essere il giorno
più bello della sua vita. Non riusciva ad accettare che una
delle persone che aveva sempre stimato di più la stesse
attaccando in quel modo.
- Lucie ha scelto di amare una persona sola, alla
fine.
Non vi siete mai chiesta perché lo avesse fatto?
Ricacciò indietro le lacrime con tutta la determinazione di
cui era capace.
- Io ho scelto Will. Sono qui perché
ho scelto lui. Mi sono
sposata perché ho scelto di stare con lui.
La sagoma dello scrittore si incupì fino a
colorarsi di fumo
nero, mentre il gelo calava tutto intorno.
- Fossi in te,
ragazzina, non mi permetterei di mentire in Chiesa. Ne hai scelto uno solo
perché l'altro è stato costretto alla
Città di Ossa e alla solitudine e all'ombra. E tu, per contro, gli fai
fare il testimone di nozze. Gran bella faccia tosta.
- Smettetela!
Si accorse che la sua voce suonava sottile e acuta come una
nota
stonata, come il tasto di un pianoforte premuto per errore.
- Smettetela, adesso. Non sapete nulla di me!
- Mi chiedo se ne sappiate qualcosa voi stessa.
Non devo
piangere, non
devo macchiare il vestito. Improvvisamente la vista di
quell'uomo divenne insopportabile, e Tessa dovette spostare lo sguardo
altrove. Chaucer, Jane Austen, avrebbe voluto parlare con qualunque
altro poeta sepolto della cattedrale, purché Dickens
sparisse.
- Il mondo è vario, Sir, come le sue storie, e i
lettori
delle stesse. Ognuno interpreta il messaggio di un libro come questo
gli arriva al cuore.
L'anello che Will le aveva infilato al dito non le era parso
tanto
pesante, sull'altare, ma in quel momento gravava sulle sue ossa come
piombo.
Dickens annuì, ma c'era una
fierezza intellettuale in lui che lo faceva sembrare una statua
imponente.
- Non ne dubito, ma questo non rende l'interpretazione meno
sbagliata. Io
so che cosa volevo dire, io
so che il messaggio corretto era uno solo, il mio. Il resto
è polvere mascherata d'argento da un relativismo universale
che usate solo quando v'è comodo.
-
Siete
pieno di certezze, Sir, - mormorò a denti stretti.
La sposa si asciugò gli occhi e tornò
a confrontarsi con lo scrittore.
- Grazie a Dio è così. Se non mi
credete potete
frugare nella mia tomba, chiudere le dita attorno al mio cadavere e
vestire i miei panni per un po'. Forse essere Charles
Dickens vi
aprirebbe la mente molto più che leggere Charles
Dickens.
Ingoiò il desiderio di invocare il Santo Padre
affinché lo rispedisse da dove era venuto, e
rifletté su quell'insolita proposta. Se farsi aprire la
mente voleva dire voltare le spalle a Will o a Jem, l'avrebbe tenuta
sigillata per l'eternità.
Tessa girò i tacchi e se ne andò,
arrestandosi
solo sulla controfacciata dell'ingresso. Tornò a guardare
Charles con le
labbra curvate verso l'alto in una smorfia deliziata, come se
all'improvviso quella situazione fosse diventata infinitamente
divertente. Non era il tipo di sorriso che era bene rivolgere in Chiesa.
- Sapete, Sir Dickens, ho capito, finalmente. Avete ragione
su tutto.
Sono innamorata di due persone, il mio volto può assumere
infiniti aspetti, la mia stessa vita non è stata che un
susseguirsi di avventure tra le più disparate. La mia
esistenza è descritta dalla molteplicità e dal
disordine.
Charles inarcò un sopracciglio, sinceramente
colpito.
- Fatemi indovinare, c'è un ma. -
azzardò una
risata.
- Ma
ho
sbagliato su un punto e "A Tale of Two Cities" non è il
vostro
libro preferito.
- Oh, lo è, eccome se lo è. Il mio
libro
preferito in assoluto.
- Suvvia, che cosa ho malamente inteso, dunque?
Nel cortile di Westminster la folla esplose in una risata
contagiosa.
Il tempo aveva ripreso a scorrere normalmente, e come per incanto tutti
si erano accorti dell'assenza di Tessa. Lo sposo si è perso
sua moglie, gridavano gli invitati, di già!
La ragazza
riusciva a sentire la voce squillante di Will che giustificava il suo
ritardo con una delle sue orribili battute.
Tessa decise di averne avuto abbastanza. Lanciò
il bouquet il più lontano possibile, verso lo scrittore,
come da
tradizione. I fiori di pesco attraversarono lo spirito aereo di
Charles, fendendo l'aria, e rovinarono a terra senza che nessuno
li prendesse; Tessa non aspettò di vedere la reazione
dell'uomo e prese a camminare verso l'esterno.
- Non avete sbagliato nulla, ma non sono la
Signora Herondale, né la signora Carstairs,
né entrambe. E non sarò mai Charles Dickens, per
fortuna. Sono Tessa, solo Tessa. E se fossi un libro, voi ne avreste
interpretato male il
messaggio. Non è quello che avete detto voi? Solo chi scrive
un libro ne conosce i segreti.
Accarezzò l'angelo che portava al collo, scendendo a
sfiorare il pendente di giada.
- Non permetterò mai a nessuno di definirmi, Sir. La
molteplicità di
giudizi come il vostro è polvere mascherata d'argento.
Uscì dalla cattedrale senza guardarsi indietro, e
a
Westminster risuonarono le campane.
Dickens si
sistemò il panciotto quasi fosse di vera stoffa, poi si
arricciò i baffi con fare altezzoso.
-
Tornate quando la vostra vita sarà un classico della
letteratura inglese, Signora Carstairs. Herondale. Tessa, quello che
è.
Angolo autrice:
prima di mandarmi a quel paese perché Dickens non era
così bastardo, tranquillizzatevi. Considerate il capitolo un
"what if?" e Dickens un OOC. Premetto che secondo me l'interpretazione
di Tessa di "Un Racconto di Due Città" è davvero
sbagliata. Se avete letto il libro sapete che non è un
romanzo d'amore ma un romanzo storico dalla potenza comunicativa
straordinaria. Quello che volevo trasmettere con questo capitolo,
però, è che anche se Tessa delle volte
ci ha fatto arrabbiare, la sua caratterizzazione non è
semplice. Tessa è preda della molteplicità di
esperienze. Potendo essere chiunque, rischia di perdere se stessa, e
invece Cassie l'accompagna fino al raggiungimento di
un'identità. Secondo me è qualcosa che va oltre
la consapevolezza di amare due persone, perché prima di
amare gli altri devi amare te stessa e capire chi sei. Spero di essere
stata esaustiva. Per quanto riguarda l'ambientazione, Tessa e Will si
sposano davvero a Westiminster se ben ricordo, e Dickens è
davvero sepolto lì.
Il fantasma immaginatelo come uno spirito inconsistente, ma capace di
muovere oggetti e fare altri scherzetti: insomma, uno spettro comune.
Ringrazio chi segue questa raccolta. Fatemi sapere cosa ne pensate, non
rimanete silenziosi! E' una spinta per andare avanti :)
Saluti! <3
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