Prologo.
Un
giorno…
“ Vector Sol: Apollo.”
“ Vector Alfa: Pierre.”
“ Vector Luna: Reika.”
La cella è umida e maleodorante, così lontana dal sole al quale eri
abituata e al campo di battaglia. E sei sola, non più circondata da quelli che
fino a pochi giorni prima chiamavi compagni.
Già. Dove sono, ora, i tuoi compagni?
Sono fuori, al sole, all’aria aperta; sono a combattere una guerra che riguarda
anche e soprattutto te. E te – te che sei la reincarnazione di Celiane; te che
nella tua vita precedente hai dato il via, il suono di gong, a quella folle
guerra che sembra inarrestabile; te che di quell’epoca conservi i ricordi più
luminosi e quelli più terribili – sei bloccata in una fottuta cella nei
sotterranei della Deava, stanca, infreddolita ed affamata, in attesa che
qualche pezzo grosso decida il tuo destino. Chissà, forse ti tratteranno come una
cavia da laboratorio, come hanno fatto con quel bambino degli Angeli delle
Tenebre.
L’urlo di Reika ti perfora i timpani, e d’istinto ti raggomitoli più
in te stessa serrano gli occhi. I tuoi poteri stanno impazzendo, ne sei certa.
La tua sensibilità si è troppo acutizzata, e le immagini che scorrono nella tua
mente sono quelle relative alla battaglia attualmente in corso; erano anni che
non ti succedeva una cosa simile, e ora come ora non ne hai il controllo.
“ Uno, due, tre, quattro, cinque… sei… s-sette…”
Cerchi di contare piano, regolando il respiro e distendendo i pugni. Ma non
funziona. Questo trucchetto, insegnatoti da tuo fratello anni addietro, non ha
più alcuna utilità. Non ti calma, non ti fa vedere le cose con più lucidità.
Anzi ti spezza il fiato, provocandoti dolorose fitte allo stomaco. E il dolore
che si somma alla stanchezza e alla fame non portano mai a niente di buono.
Un altro urlo. Le immagini non si fermano più, e scorrono impazzite
nella tua mente così come impazzito è il potere che percorre le tue vene
assieme al sangue. Ed è un attimo. Tutto si contrae per poi esplodere. La porta
della cella implode con un botto assordante, e il militare che ti sorveglia
fuori da essa non ha il tempo di accorgersi di nulla prima di venire sbalzato via
e ricadere poi a terra svenuto.
Ti affacci al corridoio: il silenzio ti avvolge. Sfili il mantello e
la pistola alla guardia ancora riversa al suolo. Gli volti le spalle e te ne
vai.
Sei finalmente all’aria aperta, ma il tuo respiro è comunque
spezzato. Le immagini, nella tua mente, non conoscono sosta. E allora ti
concentri veramente, per renderle ancora più nitide. Vuoi vedere chiaramente i
volti di quelli che chiamavi amici, compagni, e far sì che le loro immagini marchino la tua mente.
“ Reika… Pierre… Apollo…” La voce ti si spezza, il mantello cala di
più sui tuoi occhi. “ Tornerò. Prometto che un giorno tornerò. Fino ad allora,
vi prego, resistete.” Poi volti
completamente le spalle alla Deava.
Un secondo dopo un tonfo assordante riempie l’aria del primo
pomeriggio. L’Aquarion è caduto sotto i colpi del Soldato Cherubin.