—Tre
tacchini, sette
conigli e quattro scoiattoli, bel bottino — dice
Gale mentre percorriamo la strada dal bosco al mercato.
—
Non male —
gli rispondo — Sae sarà felice, da giorni si
lamentava perchè non cacciavo più —
aggiungo.
Il
sole è da
poco tramontato e le striature rosa e arancio cedono il posto ad un
azzurro cupo che sfuma verso il blu; si vedono le prime stelle e
nell’aria si avverte un delicato profumo di fiori. Io e Gale
camminiamo fianco a fianco, lentamente, in silenzio, osservando con
attenzione e un pizzico di malinconia ciò che ci circonda:
un distretto distrutto che cerca di rinascere dalle proprie ceneri.
Come una fenice.
In una decina
di minuti arriviamo al Mercato, un enorme capannone di legno che ha
ormai sostituito il Forno nelle attività di commercio e
baratto e ci dirigiamo subito da Sae, intenta a preparare la sua
solita zuppa.
— Ciao Sae —
le dico.
— Finalmente hai messo
piede fuori di casa! Spero che tu abbia avuto il buon senso di portarmi
un po’ di selvaggina. Sai, anche se non
è più vietato sono ancora in pochi a spingersi
oltre il Prato — mi dice col suo solito tono
dandomi le spalle mentre affetta cipolle.
— Tranquilla, ho delle cose per te. Non puoi neanche
immaginare
cosa sono riuscita a trovare — dico guardando di sottecchi
Gale.
— Sentiamo, cosa avresti colpito stavolta con le tue frecce?
Un unicor- — Sae si gira e resta a bocca aperta, il coltello
in una mano, la cipolla che stava affettando nell’altra
— Si, proprio un unicorno. Bello grosso, non trovi?
— la canzono io.
— Gale! Ragazzo mio, sei tornato! — dice Sae
felice avvicinandosi a Gale per salutarlo — Ma guardati, eri
un ragazzino quando sei andato via e ora sei un uomo fatto! Quando sei
arrivato? Non hai
intenzione di ripartire, vero? Lo avevo detto a quella lì
—
mi indica con il coltello — che non aspettavi altro che un
segno da parte sua per tornare a casa. Che gioia rivederti e rivedervi
insieme come ai vecchi tempi. — conclude Sae con le lacrime
agli occhi.
Sae che si commuove, questa si che è una
novità. Si sarà intenerita con
l’età. No, è più probabile
che le lacrime siano dovute alle cipolle che stava affettando.
— Grazie Sae, anche io sono felice di essere di
nuovo qui — le dice Gale, guardando verso di me —
Allora, quella zuppa è pronta? Siamo affamati
— aggiunge, sedendosi su uno degli sgabelli vicino al bancone.
Prendo posto accanto
a lui e addento un pezzo di pane portatoci da Sae insieme alla zuppa.
Dopo aver finito di mangiare restiamo lì per un
pò a scambiare qualche parola con quel che resta dei vecchi
frequentatori
del Forno, come facevamo prima che la nostra vita ci venisse strappata
via. È tutto così strano e, paradossalmente,
anche normale, come se il tempo qui si fosse fermato e questo fosse
ancora il vecchio Forno, con Sae e la sua zuppa, Ripper e i suoi
liquori, l’uomo delle capre e la vecchia Rooba che
aspetta la nostra selvaggina sbuffando impaziente con le mani sui
fianchi. Queste immagini, vividamente impresse nella mia mente, si
sovrappongono con quelle che mi circondano e per un attimo il passato e
il presente si fondono in unica realtà.
— Catnip? — la voce di Gale mi distoglie dai quei
pensieri — Vuoi andare via? — aggiunge vedendo la
strana espressione che sicuramente si sarà fatta largo sul
mio volto.
— Si. Sono esausta — dopo settimane di letargo un
pomeriggio di caccia e una passeggiata al Mercato mi hanno praticamente
distrutta.
— Noi andiamo, a domani. Vieni — mi sussurra Gale
guidandomi all’esterno. Una delicata e fresca brezza
primaverile ci accarezza la pelle; un brivido
leggero mi percorre da capo a piedi e non passa inosservato a Gale che
si sfila la giacca e me la poggia sulle spalle. Ci incamminiamo verso
il Villaggio accompagnati dal vociare delle persone che
passeggiano nel Distretto
e dall’intenso profumo di fiori appena sbocciati.
— Giacinti selvatici. Amo il loro profumo, mi ricorda di
quando ero bambina e andavo nei boschi con mio padre
— dico respirando profondamente e
riempiendomi le narici di quella fragranza pungente che si diffonde
nell’aria. Gale si volta verso di me con
un’espressione indecifrabile sul viso.
— Aspettami qui, torno subito — e si allontana
veloce, per poi ritornare dopo alcuni minuti con le braccia piene di
fiori lilla dal lungo stelo.
— Per te — dice, porgendomeli con un sorriso.
Un piccolo gesto che mi scalda il cuore.
— G-grazie — lo
guardo ricambiando il suo sorriso e continuiamo il nostro cammino.
Arrivati a casa poso gli archi
nell’armadio nell’ingresso e dopo aver sistemato i
fiori in un vaso sul caminetto mi rivolgo a Gale — Vado a
farmi una doccia, se vuoi farla anche tu c’è un
altro bagno accanto alla vecchia stanza di mia madre. Le asciugamani
sono nel mobile bianco vicino allo specchio —
— D'accordo — ribatte Gale poggiando un grande
borsone nero su una delle sedie della cucina —
Grazie —
Quando scendo al piano di sotto dopo essermi lavata e vestita, Gale
è accovacciato davanti al camino intento ad attizzare il
fuoco, mentre dalla cucina si sente il fischio del bollitore
dell’acqua.
— Ci pensi tu al tè?
—
— Certo — vado in cucina e torno poco dopo con due
tazze fumanti che poggio sul tavolino davanti al divano dove
è seduto Gale. Passiamo la serata a parlare e scherzare e
ridere, ridere come non facevo da tempo. Non mi ero resa conto di
quanto mi fosse mancato avere qualcuno accanto che si prende cura di
te e ti fa stare bene anche semplicemente stando in silenzio.
Il profumo dei giacinti mi solletica le narici e scioglie il nodo che
mi si era formato in gola impedendomi di pronunciare la
domanda che mi ossessiona da ore.
— Resterai, vero? — gli chiedo senza
preoccuparmi di nascondere una nota di speranza nella mia voce.
— Dipende da te Catnip, lo sai — ribatte Gale,
girandosi verso di me.
— Non andartene —
Gale mi scruta a lungo con i suoi profondi occhi grigi.
— Non vado da nessuna parte, resterò qui
— mi risponde, ripetendo le parole che gli dissi una volta e
regalandomi lo stesso sorriso di quel ragazzino quattordicenne che
anni fa mi accusò di volergli rubare le prede. Sorriso a
cui rispondo senza indugiare.
— Forse è meglio che vada prima che si faccia
troppo tardi. Tom si è offerto di ospitarmi se avessi
deciso di tornare per un po’ e sarebbe scortese
presentar...—
— Se vuoi…— lo interrompo esitante
— se vuoi puoi stare da me. Insomma... ho una casa
enorme, vuota e triste — concludo a testa bassa
accompagnando le mie parole con gesti stanchi e imbarazzati.
— Grazie Catnip, ma non voglio che tu ti senta in dovere di
ospitarmi solo perché… —
— No, davvero — lo interrompo alzando la testa per
guardarlo negli occhi — ho bisogno che in questa casa torni
la vita, la luce, la felicità…mi sono chiusa nel
buio e nel dolore, ma devo ricominciare vivere per lei — Mi fermo un attimo per
riprendere fiato poi ancora un volta lascio che il profumo di quei
fiori aiuti le parole a trovare il modo
di abbandonare la mia bocca.
— Resta con
me, Gale
—
Silenzio. L'unico suono
è lo scoppiettio del fuoco nel camino e lo stormire degli
alberi, agitati dal vento.
Poi un sospiro.
— Si, Catnip, resterò —
L’effetto di queste tre semplice parole è
immediato.
Resterà
con me. Non sarò più
sola.
Eccomi qui con il nuovo
capitolo!
Era già pronto da giorni, ma, una volta caricato, ho
iniziato a modificarlo per l'ennesima volta... perdonatemi
Che ne pensate?
Recensioni sempre ben accette =)
A presto con il
prossimo capitolo!
Catnip
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