Love
Los Angeles, California.
Ottobre 2014
-Bing,
tesoro, alla mamma viene un esaurimento nervoso se non stai fermo due
minuti.
Il
bambino ride, ancora correndo in tondo, nonostante il rimprovero e
nonostante
l’abitino blu e grigio, in stile “piccolo
Lord”, sia tutt’altro che comodo per
rocambolesche manifestazioni di entusiasmo infantile. La sua
baby-sitter ha
provato a domare la cascata di ciocche bionde, disordinate, che ha
sulla
testolina e quelle, fino a pochi momenti prima, sembravano intenzionate
a
rispettare i suoi pazienti sacrifici. Adesso sono ridotte ad un
groviglio senza
senso che Kate giudica criticamente con uno sguardo sofferto,
riconducendolo ad
una delle mille cose sbagliate che
il
figlio ha preso dal padre.
Rinuncia
a richiamare ulteriormente l’attenzione di Bingham
– quel bambino è
totalmente refrattario a qualsiasi forma di rimprovero,
assolutamente viziato e terribilmente egocentrico. Oltretutto, non ha
idea del
significato della parola “fermo”
– e si volta con un sospiro pesante allo
specchio oblungo, grandissimo, che la fronteggia. Jaclyn e Kelly la
stanno
aiutando ad indossare il velo sopra la complicata acconciatura di
boccoli che
il parrucchiere ha terminato solo qualche minuto prima; Kate sorride,
soddisfatta, dimenticando per un attimo gli strilli eccitati di Bing in
sottofondo, e liscia con il palmo delle mani la gonna dritta
dell’abito
nuziale, godendosi la consistenza della seta pesante a contatto con la
pelle.
-Sei
bellissima!- esclama estasiata Emma, guardandola con uno sguardo
brillante che
la fa sentire davvero così,
davvero bellissima.
-Grazie.-
mormora leggermente imbarazzata, rispondendole attraverso il riflesso
nello
specchio.
Emma
ride. Le va incontro in uno gesto istintivo, abbracciandola mentre Kate
si
volta verso di loro. Anche Jaclyn e Kelly l’abbracciano, in
un piccolo circolo
tutto al femminile, fatto di solidarietà ed affetto espresso
con
un’accettazione calda e comprensiva.
E’ felice di non aver perso la
sua splendida famiglia.
-Anche
io braccio mamma!- strilla Bing dopo averle osservate per un istante.
Caracolla
verso di loro velocemente, afferrando lo strascico del vestito della
madre tra
le manine e tirando per attirare la loro attenzione.
-Anche
tu, certo.- interviene subito Kelly, prendendolo in braccio per
impedirgli di
fare danno, mentre Jaclyn ed Emma aiutano Kate a finire di prepararsi.-
Ma
dopo. Quando la mamma potrà infilarsi qualcosa di meno
delicato di un vestito
tutto bianco.- ridacchia Kelly, stampando un bacio sonoro sulla guancia
del
bambino e cancellando subito dopo, con i polpastrelli, la traccia
appiccicosa
che il rossetto lascia sulla pelle arrossata.
Bing
la osserva con serietà inusuale, battendo le palpebre un
paio di volte ed
assumendo un’espressione concentrata che lo fa somigliare ad
un cricetino
paffuto e che strappa alla donna un’altra risata.
-Io
porto fuori questa peste prima che combini qualche disastro.- annuncia
Kelly,
avviandosi in direzione della porta.
-Vengo
con te.- si accoda Jaclyn, recuperando nel passare la propria borsa da
una
poltroncina imbottita.
Kate
manda un bacio al figlio in punta di dita e lui ride. Il battente si
chiude sulla
voce serena di Jaclyn lasciandola da sola con Emma
all’interno della stanza.
-Sono
nervosa.- sfiata a quel punto Kate, voltandosi ancora a cercare nel
proprio
riflesso conferme che non sente di poter trovare in se stessa.
-E
perché, scusa?!- sbuffa Emma.
Kate
scuote la testa. Il velo ondeggia leggermente, restando ancorato alle
sue
spalle. Stringe le mani tra loro, torturandosi le dita su cui spicca
l’anello
di fidanzamento ricevuto appena tre mesi prima.
-Due
fallimenti importanti sono difficili da mandare giù.-
sorride tristemente,
continuando a guardarla solo attraverso il filtro rassicurante dello
specchio.-
E la fretta con cui io e tuo fratello ci siamo imbarcati in questa
avventura,
mi fa credere che avremmo dovuto pensarci meglio.
-Beh,
direi che due fallimenti sono anche abbastanza.- sorride dolcemente
Emma,
sminuendo volutamente il discorso ed ignorandone apposta la parte
più spinosa.-
Adesso, facciamo che iniziamo una serie positiva!- scherza con una
risata
leggera.
Kate
ride anche lei, emozionata. Si accorge distrattamente delle lacrime che
le
rigano le guance e si lascia scappare un alto sbuffo risentito,
asciugandosi
con le mani mentre Emma, frettolosa, cerca ansiosamente un fazzoletto
nel
marasma che regna nella camera.
-Rovinerò
tutto il trucco!- esclama Kate, continuando, nonostante quella
consapevolezza,
a ridere e piangere tutto assieme.
-Oh,
per l’amor del Cielo, smettila!- la abbraccia Emma di
slancio. Le caccia in
mano un fazzoletto di stoffa ricamato con iniziali color pastello.-
Smettila! Oggi
è il giorno del tuo matrimonio.- sorride, guardandola dritta
negli occhi.- Che
razza di sposa è quella che piange pensando alle cose brutte
della propria
vita? Oggi puoi piangere solo per quelle belle.- la rimprovera
dolcemente.
Kate
annuisce. Prova a renderle il fazzoletto, gli occhi ancora lucidi, ma
si
accorge da sola delle macchie nere di mascara e s’imbarazza,
ridendo
stupidamente un’altra volta.
-Oddio,
che disastro che ho fatto!
-Poco
male.- si stringe nelle spalle Emma, mostrandole poi le iniziali
sull’angolo.- E’
di mio fratello.
Ridono
entrambe, scrollando via quella sensazione spiacevole di attesa. Emma
l’aiuta a
sistemare il velo e poi il bouquet di orchidee e rose bianche. Kate si
guarda
allo specchio per l’ultima volta. Sorride al riflesso e si
volta.
Matthew
bussa alla porta con leggerezza. Da dentro la risposta di Dominic
somiglia più
ad un ruggito che ad un disponibile “avanti”.
Aggrotta la fronte e socchiude il
battente per sbirciare all’interno della camera.
-Tutto
a posto?- s’informa da quella distanza prudenziale.
Il
batterista ringhia ancora qualcosa, incomprensibile, e Matt si sporge
completamente
all’interno della camera, individuandolo qualche metro
più in là impegnato a
litigare con una serie praticamente infinita di bottoni di madreperla
che
chiudono il raffinato panciotto grigio che indossa. Matthew ride.
-Cristo
santo!- sfiata Dominic, inusualmente blasfemo, lasciando perdere di
colpo i
propri tentativi di venire a capo dell’indumento e voltandosi
bruscamente nella
sua direzione.
Matt
entra, chiudendosi la porta alle spalle.
-Qualcuno
qui è nervoso…- osserva divertito, rivolgendogli
un sorriso impertinente.
-Non
sono nervoso!- protesta Dom.- Sono…isterico!-
sfiata subito dopo, rilasciando di colpo fiato e spalle ed
afflosciandosi come
una bambola davanti agli occhi dell’altro.- Matt, io scappo.-
annuncia
sollevando uno sguardo genuinamente terrorizzato su di lui.
-Non
credo proprio.- storce il naso Matthew, senza dargli troppo peso.
Gli
arriva di fronte, scostando malamente le sue mani quando prova
nuovamente ad
abbottonare il panciotto e sostituendolo in quel compito, cui si dedica
con la
necessaria calma ed abilità.
-E’
uno strumento di tortura.- afferma Dom osservando le dita lunghe
dell’altro
avere rapidamente la meglio dei bottoni.
-Quando
lo dicevo io, mi davi dello zotico.- ritorce Matthew.
-Tu
sei uno zotico. Mi chiedo ancora
cosa
Brian ci trovi in te.
-Sono
talentuoso, intelligente, affascinante…
-Modesto…
-Modesto,
certo.- conviene il cantante, annuendo.- Dovresti sentire lui
descrivere se
stesso.
Dom
ride. Matthew gli sorride di rimando, contento di essere riuscito ad
allentare
per un momento la tensione dell’altro.
-Mi
vendicherò al tuo matrimonio, sappilo.- annuncia Dominic
all’improvviso.
-Improbabile.
– scocca Matt, allontanandosi di un passo per dare modo
all’altro di voltarsi
verso lo specchio - Punto primo, - elenca, mani dietro la schiena ed
atteggiamento insolitamente composto - Brian mi ammazzerebbe anche solo
per
averlo pensato. Punto secondo, non ti ci invito, al mio matrimonio.
-Io
ti faccio fare da testimone e tu mi lasci a casa?!- esclama Dom,
fingendosi ferito.
Matthew
ridacchia, aiutandolo ad infilare e sistemare sulle spalle la giacca
dell’abito.
-Io
ho Paul.- gli rammenta crudelmente.- Voltati.- ordina poi, recuperando
da un
tavolino l’orchidea bianca da appuntare
all’occhiello della giacca.
-Matt.-
lo chiama Dominic. Matthew, concentrato, si limita ad un mugugno che
attesti
che gli sta prestando attenzione.- Sei sicuro di essere
d’accordo?
-Ti
tiro un pugno sul naso fregandomene che ti macchi il vestito di sangue.
-Insomma,
è la madre di tuo figlio ed io…io sto per
diventare il padre di tuo figlio?
-Se
lo dici un’altra volta, ti strangolo, butto il tuo cadavere
nella spazzatura,
poi vado di là e dico a tutti che sei scappato con una delle
cameriere.
-Ti
scoprirebbero subito.
-Questo
è poco ma sicuro.
Nuovo
passo indietro. Stavolta, prima di girarsi verso lo specchio, Dom
aspetta
pazientemente che Matthew contempli “l’opera
finita” ed annuisca soddisfatto,
dando la sua approvazione. A quel punto si limita ad una sbirciata
veloce al
riflesso e torna a voltarsi verso l’altro.
-Grazie.
-Sono
io che devo ringraziare voi.- borbotta Matt.- Per essere stati tanto
tolleranti
con me e tutte le cazzate che ho combinato. Tu più di tutti,
ma Kate si è
beccata la cazzata più grossa.
Dom
ride ancora, scuotendo la testa per allontanare quel pensiero da loro. Non è la giornata adatta a ricordare
cose
spiacevoli. Mentre lo pensa, si rende conto anche di non
avere più così
tanta paura e che un po’ dipende dal fatto che Matt gli stia
di fronte,
aspettando di accompagnarlo a fare il passo più importante
della sua vita.
-…veramente
non mi faresti fare da testimone al tuo matrimonio?- si acciglia
all’improvviso.
Matthew
sorride sghembo.
-Veramente Brian mi ammazzerebbe se
gli
proponessi di sposarci!
Un tendone leopardato.
Brian,
seduto a braccia conserte in prima fila su una delle ordinate sedie
ricoperte
di raso bianco panna che fronteggiano il gazebo dove si
svolgerà la cerimonia,
sbatte le palpebre un paio di volte.
Però
il tendone è ancora lì.
Inclina
leggermente la testa di lato, assottigliando lo sguardo per osservare
con
interesse autentico le macchioline scure che coprono il tessuto che
riveste la
parte alta del gazebo, riparando dalla luce eccessiva e fastidiosa del
sole un
attempato ufficiale civile, in abito formale, in attesa di celebrare il
matrimonio.
E’
un bel leopardato, riflette, una cosa che, in
altre circostanze, sarebbe quasi elegante. Discreto, si sposa
bene con
quelle grosse rose bianche o con le orchidee color champagne che
compongono le
decorazioni floreali ai lati del gazebo e lungo la passerella della
sposa.
…ma…cielo,
è un matrimonio!
Non
si accorge della presenza dei due uomini finché non gli si
siedono di fianco,
uno per lato, con uno schianto minaccioso a sottolineare le loro
espressioni
torve.
Brian
sbatte nuovamente le palpebre, stupito, e si volta a scrutare prima Tom
- alla propria destra - e poi Chris
- seduto sulla sinistra.
-Ciao,
Molko.- esordisce Tom con un sorrisetto sbilenco.
-Sì,
ciao.- ribadisce Chris, cupamente.
-…a
voi…- replica Brian senza riuscire a nascondere
completamente la propria
perplessità riguardo quel loro atteggiamento da mafiosi di
quart’ordine.
-E
così, il tour è quasi finito.- inizia Chris
colloquiale.
-…e
questo cosa...?
-Quindi,
adesso sarete liberi da altri impegni, no?- sottolinea Tom,
interrompendolo.
Brian
non prova nemmeno ad assentire, tanto, gli pare di capire, a quei due
non
importa davvero.
-Ragazzi,
non ho capito cosa…- sospira ancora. Inutilmente.
E’
sempre Tom a riprendere, in modo serrato.
-Hai
una vaga idea di quanto sia stato utile per i Muse avere un frontman in
giro
per il mondo per quasi quattro dannatissimi
mesi?!
-E
adesso che sei tornato, Matthew finirà per ricominciare a
fluttuare nel suo
colorato mondo di unicorni gay!- insiste Chris, sottolineando
quell’asserzione
con significativi assensi del capo.
Brian
spalanca gli occhi.
-Unic...?!
-E
questo non va bene, Molko. Proprio no!-
afferma perentorio Tom.
-Già!
Visto che Matt continua a tenerti fuori da tutto quello che riguarda il
nostro gruppo, finisce che noi lo
vediamo nei ritagli di tempo, mentre tu te lo becchi per tutto il tempo
che
vuoi!- continua Chris, stizzito.- Noi non siamo mai
stati separati per più di dieci giorni di fila!
-…terribile!-
rabbrividisce Brian, fissandolo ad occhi sgranati.
-Per
cui ne abbiamo parlato ed abbiamo preso una decisione.- attacca Tom,
incrociando
le braccia al petto.
-E
riteniamo che sia la soluzione più accettabile.- annuisce
Chris, assumendo una
posizione speculare.
-…ma
siete seri?
-Verrai
in tour con noi.- ordina Chris, perentorio.
Brian
apre la bocca per ribattere.
-E
prima di quello, ti toccheranno le cene a casa di mia madre, a casa
della madre
di Dom, a casa di quella di Matt…- lo precede Tom.
-Il
compleanno dei miei ragazzi.- prosegue Chris.- E credimi, sono tanti.
Il
compleanno di Bing, quello di Ryder. Le feste delle nostre sorelle e
dei nostri
fratelli, mogli, zii, nipoti. Le vacanze di Natale tutti assieme!
Andiamo a
sciare, quest’anno.- lo informa.
-Siete
patetici.- cattedratico.
-Ah,
e non dimenticare le splendide cene del venerdì sera, Chris!
-Come
potrei dimenticarle! E il calcetto alla domenica mattina.
-Certo.
Le partite di football in tv…
-Il
barbecue di Kelly il giorno di Pasqua!
-Troppo
amore, potrei sentirmi a disagio.- piatto.
-Per
non parlare del fatto che ci vorranno secoli
perché Matt riesca davvero a tirare fuori un album decente e
che lo soddisfi.
Ti toccherà venire in studio…- osserva Chris
meditabondo.
-O
ritirarmi in convento.
-Già,
già. Senza contare che potrebbe avere qualche altra idea
malsana per cui ci
toccherebbe andare a registrare sperduti in qualche landa
deserta…- mormora
Tom.
-Ok,
time out.- scocca Brian con un sospiro pesante, accompagnando alla
richiesta un
gesto eloquente. Li fissa alternativamente, assicurandosi che siano in
attesa
della sua prossima richiesta.- Trattiamo.
-Niente
fughe d’amore senza avvisarci.- è
l’esordio di Tom.
-E
niente più sotterfugi e segretucci del cavolo che finiscono
solo per farci
pensare che Matt sia in un mare di casini.- rincara Chris.
-E
niente evitarci come la peste. A parte gli scherzi, siamo davvero
un’unica
famiglia.
-E
niente sentirsi in imbarazzo per questo!
-Finito?-
Chris e Tom si scambiano un’occhiata tra di loro, annuendo
subito dopo,
all’unisono. Brian fa fatica a trattenere una risata.- Bene.
Allora, niente
segretucci avete detto?- indaga maliziosamente non appena è
certo di avere
l’attenzione di entrambi su di sé. Un altro cenno
del capo, meno sicuro…-
Dunque, mi tocca raccontarvi di certe cosette che io e Matt abbiamo
fatto
mentre eravamo via. Sapete, per sano cameratismo tra maschi!- esclama
con
convinzione.
Lo
sguardo che Chris e Tom si scambiano, a quel punto, è
più che altro allarmato.
-Non
intendevamo questo…- deglutisce Tom, strozzato.
-Nono!- si affretta a rincarare
Chris,
terrorizzato.- Insomma, non ci permetteremmo mai di mettere becco nella
vostra…intimità…
Brian
è quasi certo che quella parola gli sia costata dieci anni
di vita. Sgrana gli
occhioni, fingendosi stupito.
-Andiamo!
Non posso credere che tra di voi non vi raccontiate mai certe prodezze!
Sarebbe
imperdonabile da parte mia non dimostrarvi quanto ci tenga a fare parte
del
gruppo facendo il riservato.
-Brian,
sul serio!- strilla Tom, scattando in piedi.- Un’altra volta,
magari!- ride
nervosamente.
-Sìsì!-
afferma Chris, imitandolo nel
prendere fisicamente le distanze.- Un’altra volta! Magari
davanti ad una birra.
-…trenta
birre.- suggerisce Tom grattandosi la nuca.
Brian
li osserva caracollare rapidi in direzione dei propri posti a sedere e
sghignazza, incrociando nuovamente le braccia al petto e borbottando a
mezza
voce, stizzosamente, “colorati
unicorni
gay”.
Non
si accorge che Matt lo ha raggiunto finché l’altro
non gli si siede accanto.
-Che
volevano Tom e Chris?- indaga.
-Oh,
sapere com’è andato il tour.- mente Brian
disinvoltamente.- Ma pare che dovrò
raccontargli un’altra volta di quella bambina che ha
riconosciuto te e Dom
all’after-show a Parigi. Ora avevano fretta.
Matt
lo scruta perplesso. Brian gli sorride serenamente, ignorando a bella
posta
l’espressione affatto convinta che il compagno sfoggia.
-Vado
a prendere posto vicino a Dom prima che tenti di suicidarsi mangiando
un mazzo
di rose.- sospira alla fine il cantante dei Muse, alzandosi nuovamente
in piedi
ed additando l’amico, già pronto sotto il gazebo,
di fronte all’ufficiale di
stato civile.
-Ah,
sì. Digli che adoro le decorazioni.- sbuffa Brian con un
sorriso cattivo.
-…sei
serio?!- scatta Matt, allargando le braccia in un gesto sconsolato.- E’ un fottuto tendone leopardato, quello!
“Loud Like Love”
MEM 2013
Nota di fine capitolo della Nai:
E la conclusione arriva…in
ritardo fotonico!!!
Perdonatemi, ma la mia vita al
momento è fatta di lavoro, scuole di scherma medievale,
lavoro, feste in
maschera, lavoro, Rocky Horror Picture Show, lavoro, organizzazione di
eventi,
lavoro, amiche che fanno figli, lavoro, familiari che decidono di
sposarsi,
lavoooooro…!
Insomma…un bordello.
Spero che vi siate divertite, che
i due piccioncini vi manchino almeno un pochino (poco poco!) e che
tutto questo
sia valso il tempo che “ci avete perso” a leggerlo.
<3
Grazie di cuore a tutte. Grazie
infinite per ogni secondo, giorno, mese, anno di questo lunghissimo
viaggio.
Per ogni risata, per ogni lacrima, per ogni bestemmia, per le volte che
avete
strillato e quelle in cui avete sorriso. Grazie infinite. E grazie ai
Placebo e
ai Muse, ai loro entourage, alla pazienza che hanno con i fan - anche
quelli
pazzi - al fatto che grazie a loro ci siamo trovati e che grazie a loro
abbiamo
iniziato a “fare due chiacchiere” e poi siamo
diventate amiche.
Grazie. E’ tutta per voi!
MEM
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