Cap.
28 – I’m sorry
Era una strana, parziale consapevolezza quella che Blaine
aveva raggiunto dopo aver parlato con sua madre.
Era come se vedesse sé stesso dall’esterno, come se il suo
fratello gemello stesse vivendo quella situazione e lui lo stesse osservando, con
un po’ di distacco, mosso solo dalla semplice curiosità per quello che accadrà.
Sapeva che era una situazione difficile, sapeva che sarebbe
stata potenzialmente dolorosa e che una cotta per Kurt apriva tutta una serie
di interrogativi che non sarebbero potuti rimanere inascoltati. Eppure, allo
stesso tempo, era come se nulla di tutto ciò lo toccasse. Era come se non
stesse succedendo a lui.
Aveva pianto, all’inizio, ma poi all’improvviso tutto si era
come allontanato da lui. Le lacrime
correvano lungo le sue guance, bagnavano il suo volto, ma lui non le sentiva.
Non sentiva le mani tremare, il respiro mozzarsi, anche se sapeva che stava
accadendo. Qualcuno stava piangendo, tremando, si stava disperando, ma non lui.
Non era lui, di sicuro, perché tutto quello non poteva
succedere a lui.
Non poteva,
semplicemente.
Inspirò profondamente e si alzò dal pavimento, asciugandosi
il volto con la manica e ignorando i singhiozzi che ancora scuotevano il suo
corpo, e la sua mano trovò immediatamente il cellulare. Esitò per un istante,
poi selezionò la cartella delle foto.
Subito il suo volto sorridente, accanto a quello di Kurt, lo
salutò dallo schermo.
Fissò la fotografia per qualche attimo, cercando di
analizzarla con oggettività. Osservò i propri occhi brillanti di felicità, il
proprio sorriso largo e incredibilmente sincero, la mano che si stringeva
istintivamente sulla spalla di Kurt come se non potesse farne a meno.
Blaine esalò un fiato leggero davanti a quell’ennesima
conferma: non era amicizia quella che la foto rappresentava. Non era mai stato
così con nessuno dei suoi amici, ne era sicuro al cento per cento.
Si morse il labbro e la sua mente di trovò a lavorare in
solitaria, senza che dovesse sforzarsi e senza coinvolgere il suo corpo o il
suo cuore. Era come vedere un film, dopotutto: cosa avrebbe dovuto fare il
protagonista che, dopo aver trattato male una persona per lui importante, si
fosse reso conto di avere una cotta per questa persona?
Era certo che la telecamera avrebbe zoomato sullo schermo del
cellulare proprio mentre il protagonista apriva una casella di testo e digitava
qualcosa del tipo “Scusa, sono stato un
idiota.”.
Quindi, accompagnato da quella strana eco delle sue
sensazioni che risuonavano in lui senza toccarlo davvero, lo fece. Digitò il
messaggio e senza un pensiero lo inviò a Kurt, proprio come il protagonista del
suo film immaginario avrebbe fatto.
Poggiò il cellulare sul comodino e si appoggiò al cuscino,
lo sguardo fisso sul soffitto, immaginando come si sarebbe sviluppata la situazione
se davvero quello non fosse stato altro che un film.
Il protagonista avrebbe atteso una risposta, ma non sarebbe
arrivata. La persona amata si sarebbe presentata nel cuore della notte alla sua
finestra, magari l’avrebbe svegliato con dei sassolini contro il vetro come nel
migliore dei cliché, chiedendogli spiegazioni per il suo comportamento. Il
protagonista allora avrebbe preso il coraggio a due mani e, ignorando le
difficoltà che si frapponevano tra lui e il suo amore, avrebbe ammesso i suoi sentimenti
in un culmine di emozioni che sarebbe sfociato nel melenso, intenso, romantico
happy ending.
Blaine si addormentò cullato da questi pensieri, un sorriso
sereno sul viso e il viso di Kurt negli occhi.
***
Quando Sebastian parcheggiò di
fronte a casa di Kurt il cielo era già scuro e la luna faceva timidamente
capolino attraverso lo strato di nubi scure.
Kurt aveva pensato di stare con
il ragazzo un’oretta e poi chiedergli di riportarlo a casa, inizialmente: era
troppo sfiancato da quella mattinata, dal comportamento di Blaine e dal
sorprendente esploit di Karofsky per pensare di
potersi godere un appuntamento più impegnativo. Tuttavia Sebastian era riuscito
a coinvolgerlo e dopo la caffetteria si erano trovati a chiacchierare in
macchina, parlando del più e del meno, prendendosi in giro a vicenda, e il
tempo era passato prima che se ne rendesse conto.
Così, quando Sebastian gli aveva
sorriso e gli aveva proposto di andare a mangiare qualcosa, il controtenore si
era trovato ad accettare. Aveva dovuto inventare per suo papà una scusa e
Sebastian ci aveva scherzato sopra a lungo, chiamandolo Cenerentola e
assicurandogli che la sua macchina non si sarebbe trasformata in una zucca.
Kurt non credeva di potersi
trovare a suo agio con una persona così, ma la verità era che lo divertiva.
Parlare con Sebastian era una sfida continua ed era sorpreso di scoprirsi
all’altezza.
Avevano cenato in una specie di
fast food biologico che Kurt non aveva mai sentito
nominare, un posto molto moderno e gestito secondo le leggi del minimo spreco.
Kurt non avrebbe pensato che fosse un posto adatto a Sebastian, ma ancora una
volta il ragazzo l’aveva sorpreso spiegando che sua madre era sempre stata
molto severa sul riciclaggio e sull’inquinamento. Sebastian aveva insistito per
pagare per entrambi e la cena era stata ottima, così come la conversazione.
-Allora, Cenerentola. Sei proprio
sicuro di non voler fare ancora un giro?- domandò Sebastian voltandosi verso di
lui e osservandolo con un sorriso –Ti riporto a casa entro mezzanotte, non
voglio vedere il tuo bel vestito trasformarsi in un insieme di stracci. Al
principe azzurro non importa, ma sono abbastanza sicuro che rovinerebbe
l’atmosfera.-
Kurt scosse il capo –Sarei
splendido anche vestito di stracci.- ribatté: era strano, ma stare con
Sebastian lo faceva sentire particolarmente sicuro di se stesso.
-Non c’è dubbio. Un sedere come
il tuo sarebbe splendido con qualsiasi cosa addosso. Meglio ancora con nulla.-
Arrossendo furiosamente Kurt gli
diede una spinta –Ok, eccessivo. Ne abbiamo parlato.-
-Niente complimenti rivolti a
parti del corpo situate sotto la cintura, giusto.- concordò Sebastian –Una
regola pessima e poco conveniente, lasciatelo dire, ma va bene. Tornando a noi:
devi davvero andare a casa così presto?-
-Sì, domani ho scuola.- confermò
Kurt giocherellando nervosamente con la manica –Ma… sono stato bene, davvero.-
-Bene. Allora immagino che se ti
chiedessi di vederci ancora dopodomani la risposta sarebbe sì.-
Proprio in quel momento il
cellulare di Kurt vibrò e il controtenore alzò gli occhi al cielo –Scusa,
dev’essere mio padre. Probabilmente ha visto la macchina parcheggiata, lui è…
sai, un po’ protettivo.-
Sebastian ridacchiò, solo in
parte divertito –Arriverà con un fucile a salve per difendere virtù del suo
figliolo illibato?-
Kurt arrossì nuovamente –Devi
seriamente smetterla di fare queste battute sulla verginità.-
-Ti imbarazzo, Principessa?-
Ridacchiando Kurt sbloccò il
cellulare e aprì l’SMS, pronto a leggere qualche impropero di suo padre seguito
da una minaccia chiara ed esplicativa rivolta al ragazzo seduto al posto di
guida –Solo perché tu sei vergognosamente spudorato non significa che tutti
noi…-
“Scusa, sono stato un idiota. –B”
Kurt raggelò, il cellulare
stretto tra le dita e gli occhi sbarrati, come incapace di sbattere le palpebre
o di distogliere in qualsiasi modo lo sguardo dallo schermo illuminato del
telefono.
Blaine gli aveva scritto e si era
scusato. Qualsiasi cosa fosse successa gli stava chiedendo scusa e…
Sì, era patetico.
Si sentiva uno zerbino solo a
pensarci, ma non aveva bisogno di sapere altro. Se Blaine era disposto a
tornare al rapporto che avevano prima, lui non sentiva la necessità di avere
altre informazioni, era sufficiente.
-Di nuovo in groppa al tuo
unicorno rosa?-
La voce si Sebastian lo raggiunse
attraverso la nebbia provocata dal messaggio di Blaine e Kurt quasi sobbalzò
voltandosi verso il ragazzo –I… Io… cosa?-
-Hai la stessa espressione che avevi
in macchina e al Lima Bean, una cosa tra Alice
nel Paese delle Meraviglie e Il Gatto
con gli Stivali. La mia immensa esperienza in fatto di uomini mi dice che
non è un messaggio di tuo padre.-
C’era una sfumatura di sospetto
nelle sue parole che a Kurt, nonostante tutto, non sfuggì, come non gli sfuggì
il fatto che l’intuito di Sebastian aveva decisamente fatto centro –La tua
immensa esperienza non ti ha insegnato che sottolineare l’enorme quantità di
uomini con cui sei stato durante un appuntamento non è un’idea molto saggia?-
cercò di tergiversare, ma Sebastian si limitò a sollevare un sopracciglio in
attesa e Kurt non riuscì a non arrossire –Hai ragione, non è mio padre.-
ammise.
Sebastian annuì, sempre
silenziosamente, distogliendo lo sguardo dal ragazzo e appoggiandosi allo
schienale –Ok.-
-Ok, è… un mio amico, un compagno
di scuola… mi dispiace.-
-Mh-mh.- annuì il biondo
tamburellando con le lunghe dita sul volante, reazione che mise Kurt ancora più
a disagio –Il mio migliore amico.- aggiunse.
-Va bene.-
-Lui… avevamo litigato.-
-Ok.-
-E mi ha scritto, e così… mi
dispiace, io…-
-Ehi, non ho bisogno di
spiegazioni, ok?- lo interruppe Sebastian.
Kurt si morse il labbro, nervoso,
perché sapeva che era normale che Sebastian fosse scocciato.
Era davvero così disperato? Bastava una parola di Blaine e lui correva come un
cagnolino, ignorando un ragazzo che sembrava davvero interessato a lui per uno che,
per quanto dolce e amorevole, non sarebbe mai potuto essere altro che un amico,
per quanto stretto? Per uno che, oltretutto, l’aveva trattato in modo
incomprensibile tutto il giorno?
-Lo so, ma io voglio dartene.-
ribatté con quanta più decisione possibile –Tu sei stato perfetto e mi trovo
davvero bene con te, ok? Quindi… scusa. E vorrei davvero uscire di nuovo con te
dopodomani, se ti interessa ancora.-
Sebastian esitò per un attimo,
lanciando uno sguardo di sottecchi al controtenore, poi sbuffò –Certo, mi
interessa ancora. Ringrazia le tue chiappe d’oro per questo, Hummel.-
Kurt sorrise, felice di quel
risultato, e si sporse verso di lui depositandogli un bacio sulla guancia che
fece alzare gli occhi al cielo a Sebastian –Un bacio sulla guancia? Seriamente?
La prossima volta mi porterai i biscotti al cioccolato fatti in casa?-
-Se sarai fortunato.- ribatté
Kurt, ritrovando quella vena divertita che aveva percorso il loro appuntamento
–Ci vediamo dopodomani.-
-Certo, Cenerentola. Vengo a
prenderti a scuola.- sorrise Sebastian, osservando Kurt mentre raggiungeva la
porta di casa e si voltava, lanciandogli un ultimo saluto, dopodiché si voltò e
si appoggiò nuovamente allo schienale del sedile. Non era un idiota, sapeva che
c’era qualcosa di più dietro quell’amico di cui parlava Kurt, ma non era il
tipo da lasciarsi sfuggire qualcosa in modo così semplice.
Sarebbe andato a prenderlo a
scuola e avrebbe scoperto qualcosa di più, ne era certo. Uno Smythe non si
butta in campo senza conoscere le armi dell’avversario, come gli ripeteva
sempre suo padre.