Miracolo natalizio
Il Natale
era nell’aria.
Persino
a Storybrooke, dove la monotonia era all’ordine del
giorno, si poteva respirare un’atmosfera di festa.
La
cittadina aveva un aspetto da cartolina: le strade e i tetti delle
case erano coperti da una spolverata di neve, mentre le vetrine dei
negozi erano addobbate graziosamente.
Regina
Mills indossava un lungo cappotto nero ed aveva una sciarpa
avvolta attorno al collo.
Era
a capo scoperto, però, e l’aria fredda
scompigliava appena la sua impeccabile acconciatura, ma la donna non
pareva farci caso.
Procedeva
a passo deciso sul marciapiede, spingendo il passeggino di
suo figlio.
Il
piccolo Henry era imbacuccato in un giubbotto imbottito. Aveva una
cuffia ben calcata sulla testolina, e le manine infilate in un paio di
guanti di lana.
Subito,
il bambino aveva piagnucolato e cercato di disfarsene, ma la
passeggiata l’aveva presto distratto da quel suo proposito.
Ora,
Henry si guardava attorno con occhi spalancati e pieni di
meraviglia, attratto dalle luci e dagli ornamenti natalizi.
Di
tanto in tanto, allungava una manina con fare voglioso, per poi
girare la testa verso Regina e comunicarle il suo interesse con
biascichii incomprensibili.
Ogni
volta, la donna reagiva trattenendo un sorriso e dicendo:
«Pazienza, Henry. Siamo quasi arrivati».
Alcuni
passanti, alla vista del bambino, si illuminavano di tenerezza,
ma la presenza del temuto sindaco faceva sì che si tenessero
a debita distanza.
Se
non altro, rimuginò Regina, non si erano imbattuti nella
signorina Blanchard. Biancaneve sarebbe proprio stata la chiave per
rovinarle il Natale.
Finalmente,
la donna giunse davanti al negozio dei giocattoli.
La
vetrina, decorata con fiocchi di neve di carta velina, mostrava un
trenino sistemato sulle sue rotaie, una serie di coniglietti di peluche
seduti l’uno di fianco all’altro, e qualche
costruzione di lego dai colori brillanti.
Catturato
da quello spettacolo, Henry emise un suono pieno di
meraviglia, dopodiché prese a scrutare i giocattoli con
enorme interesse.
Regina
si sporse sul passeggino per osservare la reazione del bambino,
e un sorriso le ornò le labbra scarlatte.
Prima
che potesse spingere avanti il passeggino ed entrare nel negozio,
udì i passi di qualcuno che si avvicinava.
La
donna smise immediatamente di sorridere, assumendo
un’espressione dura e glaciale, quindi alzò la
testa.
Ad
arrancare nella sua direzione era Archie Hopper, il terapista della
città nonché ex-Grillo Parlante.
L’uomo
indossava una giacca a vento verde scuro, ma non aveva
niente a coprirgli i capelli rossicci. Teneva un ombrello chiuso nella
mano destra e il guinzaglio del suo dalmata nell’altra.
Vedendo
che Archie si stava dirigendo proprio verso di lei, Regina
assunse un’espressione incredula.
Un
insetto, pensò, avrebbe dovuto avere il buonsenso di non
avvicinarsi a chi poteva schiacciarlo.
Archie,
però, non sembrava tanto interessato a lei quanto a
suo figlio.
Giungendo
davanti al passeggino, infatti, l’uomo le rivolse
un distratto cenno del capo, e poi si piegò in avanti con un
largo sorriso. «Ciao, Henry» salutò,
calorosamente. «Come va, campione?»
Il
bimbo, dal canto suo, sollevò due occhi un po’
perplessi su Archie… Dopo un istante, sembrò
decidere che l’uomo gli piaceva, e gli rivolse un sorriso
tutto gengive.
Se
non altro, Archie ebbe il buonsenso di tenere indietro il
guinzaglio, in modo che Pongo non potesse decidere di avanzare e
leccare tutto il visetto di Henry.
Regina
si schiarì rumorosamente la gola.
A
quel suono, Archie si raddrizzò di scatto.
«Buongiorno, sindaco Mills».
«Salve»
disse lei, glaciale.
L’uomo
fece un passo indietro, grattandosi il capo con un
certo nervosismo. «È davvero una bella
giornata… non trova?»
Regina
si limitò a perforarlo con lo sguardo, alzando una
mano per allontanare il ciuffo di capelli che il vento le aveva
soffiato davanti al volto.
Pongo
strattonò il guinzaglio, puntando ad Henry con un naso
che andava a mille.
La
donna, allora, tirò indietro il passeggino.
«Tenga a bada il suo cane».
Archie
si affrettò ad obbedire, forse temendo che altrimenti
Pongo sarebbe presto stato convertito in spezzatino.
Henry,
che fino ad ora era stato impegnato a scrutare intento i capelli
rossicci dell’uomo, abbassò gli occhi e
notò il cane.
«Bau!»
fu l’inevitabile, entusiastico
commento. «Bau!»
Regina
sbatté le palpebre e fece un passo avanti, mettendosi
di fianco al passeggino. Sapeva che suo figlio aveva una predilezione
per i cavalli, ma gli animali in generale sembravano farlo impazzire di
gioia.
Henry
torse il collo per guardare la donna. «Mama»
la chiamò, additando Pongo, «bau».
Regina
non rispose subito, e il visetto di Henry minacciò di
raggrinzirsi in un’espressione atrocemente delusa.
«Bau»
ripeté il bambino, stavolta in
tono desolato.
La
donna si riscosse. Diede un’occhiataccia ad Archie, poi si
chinò in modo da portare gli occhi alla stessa altezza di
quelli di Henry. «Sì, esatto» rispose,
in tono affettuoso. «Archie ha un cane. Sei stato proprio
bravo a riconoscerlo».
Il
bimbo s’illuminò, tenendo festosamente le
braccia verso di lei.
Impegnata
com’era ad osservare il piccolo, Regina non
notò l’aria stupefatta di Archie, sorpreso dalla
trasformazione del severo sindaco in una madre amorevole.
Persino
Pongo sembrò accorgersi del cambiamento.
Da
quando Regina si era fatta avanti, infatti, il cane aveva abbassato
coda e orecchie in un atteggiamento di sottomissione. In quel momento,
però, inclinò il muso… e
iniziò a scodinzolare come un ossesso in direzione della
donna.
Meravigliato,
Archie osservò l’aria beata di Henry
mentre sua madre gli sistemava con cura il cappottino, quindi
abbassò gli occhi su Pongo.
Regina
si raddrizzò. «Dottor Hopper» lo
informò, con voce fredda, «mi sta bloccando il
passaggio».
Lui
sbatté le palpebre, rendendosi conto di essere
effettivamente davanti all’ingresso del negozio di giocattoli.
Indietreggiò
immediatamente, quindi tese la mano in cui
reggeva l’ombrello per aprire la porta a Regina.
«Prego» le disse, arrischiando un sorriso.
Lei
lo squadrò da capo a piedi, dopodiché spinse
il passeggino e – con una fluidità davvero
invidiabile – lo fece voltare per infilarlo nel negozio.
Quando
ebbe entrambi i piedi sulla soglia, si girò un
istante verso Archie. I suoi occhi scuri andarono da lui alla sua mano
che teneva aperta la porta… Quindi, con estrema riluttanza,
la donna gli disse: «Grazie».
Archie
abbozzò un sorriso. «Buon Natale»
le augurò.
Regina
non si degnò neanche di rispondergli, entrando nel
negozio, e l’uomo lasciò che la porta si
richiudesse dietro di lei.
Rimase
immobile per un istante, poi scosse la testa con aria
meravigliata.
«Vieni,
Pongo» disse, riprendendo a camminare.
«Non vogliamo certo farci aspettare».
Avrebbero
festeggiato a casa di Marco… Archie
ripensò ai gesti affettuosi di Regina Mills, al sorriso di
Henry, e a Pongo che scodinzolava.
Di
lì a poco, considerò in silenzio, avrebbe
potuto raccontare all’amico di aver assistito ad un miracolo
natalizio.
Note:
Lo so, siamo quasi a Pasqua, ma questa OS l’avevo iniziata
prima di Natale XD
Perdonatemi se non è niente di speciale… diciamo
che non volevo altro che scrivere qualcosa con Henry piccolino (di
nuovo!).
Au revoir :)
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