16g
Ci ho messo un mese, ma ce
l'ho fatta, scusatemi.
Sembrerà
banale ma è un periodaccio, il tirocinio, lo studio e altre
cose mi stanno facendo impazzire e non avere capitoli già
scritti non aiuta.
Mancano circa altri
nove capitoli, quindi, anche se lentamente, dovrete sopportarmi ancora
per un po'... E so di star aggiornando pochissimo, ma ho notato che le
recensioni sono calate a dismisura. Spero sia dovuto al fatto che avete
altro da fare - ed io ne sono la prova vivente xD - e non
perchè vi annoiate a leggere. In tal caso fatemelo sapere :)
Vi lascio al capitolo,
che presenta qualche bel riferimento "Potteriano" :D
Cercherò di
aggiornare presto, anche se a breve i capitoli a cui dovrò
dare la priorità saranno quelli della tesi :/
Bacioni e buona
lettura! <3
Capitolo 16
"Eccoti! Germana
aveva ragione!".
Mi sento scuotere
con gentilezza, ragion per cui apro gli occhi e mi ritrovo davanti il
volto sfocato di Dario.
Sento il marmo duro
e scomodo della vasca che mi sta facendo a pezzi la schiena, ma la
prima cosa che riesco a dire è: "Non voglio vomitarti
addosso".
Il mio migliore
amico mi guarda come se fossi un personaggio del cartone di Peppa Pig e
poi mi porge una mano. "Non lo farai, tranquilla".
"Io... Io penso di
essere un po' ubriaca" rivelo lentamente, come se non si fosse capito.
"Lo so, Germana me
l'ha detto".
"Mi ha chiamato
puttanella. Due volte, haha!".
"E
perchè?".
"Perchè
abbiamo scopato con lo stesso tizio...".
"Si è
fatta Matteo anche lei?" ironizza Dario, non sapendo che,
probabilmente, al momento sono più sincera di quanto lo sia
stato negli ultimi mesi.
"Ma no...
Però il nome fa rima, sai? Che coincidenza!".
"Stai sclerando,
Lena. Ora, per favore, aiutami a renderti l'uscita da questa vasca
più semplice...".
"Prendimi in
braccio!" urlo, dimenando le gambe come se fossi una neonata,
più energica di quanto senta di essere, in realtà.
"Va bene".
Concentrandosi come
se stesse per fare un'operazione super delicata, Dario allunga le
braccia, fino ad afferrare il mio busto e le gambe e mi solleva con non
poca difficoltà. Mi arpiono al suo collo e appoggio la testa
al petto, sentendomi finalmente al caldo.
"Sei più
comodo della vasca" mormoro, ancora assonnata.
"Ma grazie".
Lo avverto muoversi,
camminare, mentre la musica a palla del soggiorno disturba la pace che
si era formata nella mia testa per un po', poi avverto una superfice
ancora più morbida che mi avvolge e comprendo di essere su
un divano.
"Dove sono?" domando
stupidamente, tuttavia senza chiudere gli occhi.
"Su un divano, ora
recupero le giacche e andiamo" risponde pazientemente lui.
Spalanco gli occhi e
con uno scatto mi metto a sedere, sentendo la testa che mi gira per il
movimento eccessivamente brusco.
"Ma non possiamo
andarcene" obietto, mettendo a fuoco la sua figura con
difficoltà.
"Certo che possiamo".
"No! Tu sei
l'accompagnatore di Chiara...".
"Fidati, sono
felicissimo di andarmene" dice seccamente, porgendomi la giacca che,
puntualmente, respingo. "Ho caldo!".
"Sono le quattro e
mezza, fa freddo, copriti!".
"Sei l'unico scemo
che dice a una ragazza di coprirsi" mormoro, facendogli la linguaccia.
Udendo
ciò, fa una faccia amereggiata, come se avessi toccato un
tasto dolente, e mi aiuta ad indossare la giacca con pazienza, per poi
afferrarmi la mano e aiutarmi a camminare.
Non so come, qualche
passo dopo ci ritroviamo davanti Lisa, che ovviamente è
sorpresa di vedermi in questo stato.
"Cosa...?".
"Ha bevuto,
è ubriaca, la porto a casa" spiega Dario.
"Oh. Allora prendo
la mia roba...".
"Se vuoi rimanere
tranquilla, ci sono già io, e non ho bevuto quindi posso
guidare senza problemi".
"No, mi sentirei
un'amica orribile, Lena è in queste condizioni e...".
"Ti ho visto con
quel tizio mezzo famoso, prima. Dai, rimani, non mi serviresti a nulla,
ti prometto che la porterò al sicuro nel suo letto" la
rassicura Dario, mentre io mi appoggio addosso a lui, con la testa che
mi fa male.
"Sicuro?".
"Sicuro! Ci vediamo
domani".
Dopo una serie di
saluti e raccomandazioni, così, il nostro percorso prosegue,
fino ad arrivare alla macchina e, circa mezz'ora dopo, nella mia stanza.
Dario, camminando
lentamente e con passo vellutato per non svegliare nessuno, mi adagia
sul letto con premura e lo percepisco accarezzarmi il volto con
infinita dolcezza.
"Mi ricordo quando
ti ubriacasti al primo anno e mi vomitasti addosso. Vorrei tornare
indietro, sai? Solo per avere più tempo, per impedirti di
metterti con quel coglione che ti ha spezzato il cuore e, magari, per
non diventare il tuo migliore amico".
Osserva la falsa
Giratempo che ho inchiodato al muro anni fa, quando la comprai a Londra
visto che ho sempre amato Harry Potter, e poi la prende tra le mani.
"Ecco, se solo
funzionasse... Potrebbe essere tutto diverso. Ma anche ora è
tutto bello, ed è per questo che non voglio rovinare
tutto... Non sarei di certo un Grifondoro". Sospira, quasi amareggiato,
e mi accarezza un braccio con delicatezza, per poi accostarsi al mio
volto, lentamente.
Quando i nostri nasi
si sfiorano, però, si blocca, trattenendo il fiato. "Non
succederà così, se succederà" mormora,
lasciandomi un bacio sulla guancia.
Mi toglie le scarpe,
adagia il mio corpo sotto le lenzuola, mi rombocca le coperte e, dopo
un ultimo sguardo malinconico e colmo di dubbi si allontana,
avvicinandosi alla porta.
"Vorrei che domani
ricordassi tutto, ma conoscendoti non sarà così,
ed è per questo che l'ho fatto".
E poi, tac!, il buio
totale invade la stanza, lasciando spazio solo ad una luce un po'
più chiara che proviene dalla finestra, simbolo dell'alba
che sorgerà tra meno di un'ora.
"La sera tutti
leoni, la mattina tutti coglioni!".
Alle due passate,
quando metto piede in cucina, Daniele mi accoglie con questa frase,
evidentemente non avendo ancora accettato l'essere stato brutalmente
escluso dal mega party riservato ai "ventenni" - Chiara non voleva il
fratello diciottenne tra le scatole, ovviamente -.
"Taci, invidioso"
biascico, sedendomi e massaggiandomi una tempia con energia.
"A quanto pare siete
stati i primi a tornare, Chiara è tornata alle nove"
m'informa subito mamma.
"Eravamo stanchi e
abbiamo deciso di andare a dormire" dice Dario, al suo fianco,
lanciandomi un'occhiata d'intesa discreta ma efficace.
Ovviamente, per
fortuna, non ha osato dire ai miei in che condizioni mi trovavo la sera
precedente, e gliene sarò eternamente grata, visto che a
tavola tendo a rifiutare sia vino che birra, non so perché.
"Sì,
sì, c'era tanta, tanta confusione" lo appoggio, sollevata.
"Lì
c'è del caffè" aggiunge mamma, indicando la
macchinetta sul lavandino. "Noi abbiamo già pranzato...".
"Non ho fame, ma
prendo il caffè volentieri" dico, alzandomi.
"Faccio io" mi
blocca Dario, affabile.
"Grazie. Sei sveglio
da tanto?".
"Dalle undici e
mezza... Ho aiutato Daniele con i compiti di inglese e ho cucinato con
tua mamma" spiega, tutto contento.
"Oh. Adottatelo se
vi fa comodo, io vado dalla sua famiglia" ironizzo, sforzandomi di non
accasciarmi con il busto sulla tavola a causa del post sbronza che mi
fa ricordare perchè tendo a limitarmi ad un'innocente birra
massimo una volta a settimana.
"Lo farei
volentieri, ma non vorrei privare i suoi genitori di un figlio
così bravo e gentile. Chissà dove abbiamo
sbagliato con te!" mormora mamma, scompigliandomi i capelli come se
avessi cinque anni e uscendo dalla stanza.
"Di sicuro hai
battuto la testa quella volta che sei cascata dal seggiolone..." mi
prende in giro Daniele.
"Idiota!".
"Ho ragione! Dario,
devi sapere che Lena, il giorno del suo primo compleanno, è
caduta dal seggiolone per prendere un piattino con la torta che...".
"Stai zitto, scemo!".
"No, no, fallo
continuare, mi piace questa storia!" dice invece quello scemo di Dario,
tutto soddisfatto, dopo aver appoggiato la tazza di caffè
sul tavolo.
Imbronciata,
così, bevo il tutto in un sorso ed esco dalla cucina, mi
reco in soggiorno e accendo la tv con svogliatezza, abbassando al
minimo il volume onde evitare che le condizioni della mia testa che sta
già per scoppiare aumentino.
Nel giro di mezzo
minuto, però, Dario si siede al mio fianco e la sua voce -
normale per chiunque, alta per me, al momento- mi fa sobbalzare.
"Come... Come va?
Ieri eri un po'...".
"Ho fatto qualcosa
di ridicolo?" domando a bruciapelo, dando voce ad una delle domande che
più mi affliggono.
I miei ricordi sono
sbiaditi, poco lucidi, e si limitano a voci o sensazioni, alcune delle
quali sono decisamente assurde.
"Ti ho trovato stesa
in una vasca del bagno grazie ad una telefonata di Germana" spiega
cautamente. "A quanto pare l'hai chiamata nel bel mezzo della notte per
dirglielo" aggiunge, leggendo la mia confusione dipinta sulla faccia.
"Sì,
ricordo di aver chiamato qualcuno" mormoro, detestandomi per quei drink
bevuti che dovevano essere più forti del solito.
Poi, si sa, non sono
un fenomeno nel reggere bibite alcoliche, per questo mi limito sempre a
circa cinque-sei cocktail all'anno, proprio quando non posso rifutare o
sembrare la scema di turno che beve bibite analcoliche.
"Comunque ti ho
trovata per fortuna e ti ho accompagnato a casa" continua a spiegare,
scrollando le spalle, e noto che è falsamente disinvolto,
come se ci fosse altro sotto.
"Perchè?
Voglio dire, c'era anche Lisa, tu eri l'accompagnatore di mia cugina"
chiedo, ricordandomi della foto di lui e Chiara che si baciano.
Ricordo di aver
visto la foto, bevuto tutto d'un sorso il drink che avevo in mano e...
Quel Max che mi si getta addosso dopo qualche parola che non ricordo.
"Erano le quattro
passate, Lena, sono stato con lei cinque ore, mi sembrano sufficienti"
dice, evasivo.
"Ho visto la vostro
foto" sussurro improvvisamente, un po' a disagio.
"E allora?".
Il suo atteggimento,
ora, mi sembra quasi di sfida, e la cosa mi sorprende non poco.
Deglutisco, senza capire.
"Niente,
cioè, se la serata è andata bene tra voi avresti
potuto anche...".
"Cosa, ignorare la
chiamata di Germana e lasciarti in una vasca mentre non stai bene?
Pensi sia un mostro che mette una serata con una ragazza prima del bene
di un'amica?" sbotta, infervorato come non mai.
La cosa mi stupisce
visto che da quando lo conosco è sempre stato la calma fatta
persona anche nei momenti più colmi di ansia.
"Calmati! Ero solo
sorpresa, tutto qui!".
"Sorpresa? Dovresti
essere sorpresa dal fatto che una come Germana mi chiami per darti una
mano, dopo che per tre anni non si è comportata bene, non di
me. Hai una percezione sbagliata di chi ti circonda, dovresti saperlo
che sei una delle persone più importanti della mia vita e
che non ti abbandonerei mai nel momento del bisogno!".
"Ed io, non sono
importante, cucciolo?".
Ci voltiamo e
vediamo che una sorridente Chiara se ne sta sulla soglia della stanza,
con una faccia riposata come se avesse dormito per ore.
Dario la guarda e,
dopo un po' si esitazione, ricambia il sorriso.
Mi lancia un'ultima
occhiata che non so affatto definire prima di alzarsi dal divano,
andare in sua direzione, circondarle i fianchi con le braccia e
baciarla con uno slancio che mi lascia senza fiato.
"Non ho dimenticato
quella cosa, ci vediamo stasera?" le domanda quando smette di baciarla,
accarezzandole i capelli.
"Ma anche oggi!".
"Va benissimo"
risponde lui, tornando a baciarla come se fosse l'unica donna sulla
faccia della terra.
"Scusate, vi lascio
soli" mormoro, uscendo dalla stanza alla velocità della
luce, diretta verso la mia stanza.
Daniele, appena
uscito dal bagno, dice: "E' arrivata Chiara?".
"Sì,
sì, è arrivata Chiara!" sbotto con impazienza,
guardandolo male, prima di raggiungere finalmente la mia camera e
chiudermi la porta alle spalle.
- Poverina, questa
volta non c'è nessun drink o uno sconosciuto con cui
limonare, come te la caverai? - mi domanda la vocina stupida nella mia
testa, che sopprimo come tanti altri pensieri ed emozioni che ho
lasciato sospesi negli ultimi tempi.
Si sono baciati, a
Dario frega di me, sono una delle persone più importanti
della sua vita, ma alla fine a ceduto a Chiara, ovvio.
Non dovrei essere
delusa, lei è bella, accattivante, è l'ideale per
chiunque, e riesco solo a pensare che non sono infastidita dal fatto
che lei potrebbe farlo soffrire perchè sono concentrata solo
su di me, su quello che sento, su quello che mi sta succedendo.
Che strano, era da
un po' che non pensavo solo a me stessa senza preoccuparmi del resto
del mondo, e la cosa mi fa paura perchè, diciamolo, non
è quando proviamo qualcosa per qualcun altro che diventiamo
eccessivamente egocentrici, passando il nostro tempo a preoccuparci per
cosa ci succederà, come andrà, se quel maglione
ti sta bene o se tu riceverai una risposta a quel maledetto sms?
Questo non
può succedermi di nuovo, non ora!
Ma non
succederà nulla se non farò nulla, giusto? Queste
sono le regole, devo rispettarle per uscire indenne!
Devo riuscirci, e
per farlo non devo nemmeno pensare a ciò che penso mi stia
succedendo.
Non devo pensarci e
tutto andrà bene, è così che funziona,
è così che ci si abitua alle cose che non
vogliamo far succedere e che ci complicherebbero la vita.
Poi, proprio quando
mi ritrovo a pensare di complicazioni e cose che non vogliamo accadano,
ecco che quel bastardo dell'universo reagisce con una vibrazione del
mio cellulare che corrisponde ad un sms.
"She
said no and I understood that I'm really in
love with her. I need a friend, and I know you're home, but,
please, can I reach you so we can talk? Please. Let me know as soon as
possible*".
Dopo settimane il
mio cellulare riceve un sms da Leo, in perfetto inglese per di
più, simbolo del fatto che sia sul serio sconvolto per il
rifiuto di Germana e incapace di pensare a qualcosa di futile come la
traduzione in italiano.
Perchè
vuole aiuto da me? Non ha altri amici con cui poter parlare, accidenti?
I secondi
trascorrono velocemente, trasformandosi in minuti, ed io non so cosa
fare, perchè non ho bisogno di ulteriori problemi che
sconvolgano già il mio precario equilibrio.
"Mi
dispiace Leo, non posso, sono incasinata come non mai e non sarei
d'aiuto. Scusami".
Invio la risposta
rapidamente, prima di poter pentirmene e lasciar prevalare il mio non
essere in grado di dire di no a nessun amico, e, provando a non pensare
più a nulla, mi ritrovo a guardare fuori dalla finestra,
dove la scena è rubata dai forti raggi di sole di una
semplice domenica pomeriggio di inizio maggio.
"Già
esci?".
Due ore dopo, mamma
mi guarda sospettosa mentre prendo la borsa dall'attaccapanni. Annuisco
distrattamente, controllando di avere il cellulare in tasca insieme al
portafogli.
"Voglio fare una
passeggiata".
"Dove vai di bello?"
s'informa Dario, spuntando da qualcuna delle stanze come una sorta di
fantasma.
"In giro. Ti avrei
chiesto di unirti a me ma ho sentito che hai da fare con Chiara"
mormoro, indifferente al massimo, in un modo in cui mi fa odiare me
stessa come non mai.
Mamma lo guarda con
attenzione e curiosità; conoscendola, dopo gli
farà un educato e non affatto discreto terzo grado per
saperne di più.
"Oh, sì,
magari poi posso raggiung...".
"Devo scappare,
ciao, ciao mamma, ci vediamo per cena!" lo interrompo, senza nemmeno
guardarlo in faccia.
Esco di casa quasi
di corsa, e sento che ho bisogno di prendere una boccata d'aria fresca.
Quasi quasi mi
sembra di essere al di fuori del mio corpo, con la testa altrove, e la
miriade di cose a cui ho bisogno di pensare è
così eccessiva che, alla fine, mi riduco ad evitarli.
L'unica cosa che so è che voglio stare da sola al momento e
che ho fame visto che non mangio da più di sedici ore, e
ciò mi conduce al bar più vicino a casa, il
"Sunset", quello in cui ho passato gran parte dei miei giorni dai
sedici ai diciannove anni.
Non ci entravo da
più di un anno, onestamente, perchè è
solitamente frequentato da liceali e quelli della mia fascia di
età solitamente frequentano il "La Playa", ma fatto sta che
metterci piede mi fa sentire ancora più strana se possibile,
come se fosse ancora il duemilaotto ed io fossi una ragazzina che se ne
sta seduta al bar a contemplare l'entrata per vedere l'eventuale arrivo
di quel ragazzo che ti piace tanto ma che non ti guarderà
mai perchè non ti conosce nemmeno.
Enzo, il barista,
quando mi vede sorride e mi saluta con un: "Lena, da quanto tempo!" che
mi fa capire che forse sono sul serio a casa e posso prendermi un po'
di pausa dai problemi che mi affliggono la mente.
Ricambio il saluto e
mi siedo ad un tavolino vuoto, senza nemmeno badare al menù
che conosco a memoria e, probabilmente, non è cambiato
affatto se non nei prezzi di solito aumentati a causa della crisi.
"Allora, cosa ti
porto?" domanda Enzo, premuroso come lo è sempre stato con
me e le mie amiche. "Anzi, come stai?".
"Bene" mento,
facendo finta di nulla. "Sono qui solo per il tirocinio, torno a Napoli
a metà mese. Comunque prendo un hot dog e un thè
alla pesca, grazie" dico subito, per evitare ulteriore domande e
spiegazioni.
Enzo annuisce, senza
nemmeno scrivere l'ordine sul block notes, e torna al bancone dicendo
qualcosa che non capisco, e nel giro di cinque minuti mi serve,
raccontando le ultime novità del posto che, normalmente,
troverei interessanti.
Per fortuna poi il
dovere lo chiama e così riesco ad avere una decina di minuti
di tranquillità per mangiare l'hot dog, anzi, divorare.
Il tutto viene
interrotto da un: "Lena?!" decisamente sorpreso che mi ritrovo ad
alzare la testa di scatto, trattenere il fiato, riabbassare il capo per
pulirmi la bocca dai residui del panino e rialzarlo per mormorare un
altrettanto sorpreso: "Luca?!".
"Lena, sei sul serio
tu! Cavoli, da quanti anni non ci vediamo? Quattro?".
"Mi sa cinque...".
Luca, Luca Barbati
per la precisione, è il mio ragazzo del liceo, l'unico con
cui mi sia messa prima di Matteo e con cui mi sono lasciata in maniera
abbastanza pacifica nel momento in cui, essendo due anni più
grande di me, si diplomò e decise di studiare economia a
Roma quando avevo diciassette anni.
La nostra storia
durò circa sei mesi, e fu abbastanza tranquilla e priva di
intoppi perchè eravamo abbastanza simili e lui non sembrava
affatto il tipo di ragazzo che ti avrebbe tradita. Mi ispirava fiducia,
mi faceva sentire speciale nonostante la mia eccessiva
ordinarietà, ed era ciò che più mi
piaceva nello stare con lui.
"Non ho parole,
accipicchia! Fatti salutare!" esclama lui, come se fossi una semplice e
buona amica che non incontra da tempo.
Imbarazzata e goffa
come non mai, mi alzo e lo lascio abbracciarmi per un paio di secondi,
per poi guardarmi in faccia e dritto negli occhi.
"Sei cambiatissima,
ti ho riconosciuto solo per i capelli, giuro! Ma quanti chili hai
perso? Anzi, direi che tu li hai persi per darli a me...".
Chiacchierone come
sempre - il mio opposto, in pratica -, si passa una mano sulla pancia
un po' più gonfia del solito, proprio come la sua faccia, a
dispetto del magro adolescente che era un tempo nonostante le
tantissime calorie ingerite anche solo per un semplice snack.
"Ma no, stai
benissimo, eri troppo magro" ribatto.
"Allora, che mi
dici? Sono a Caserta da mesi ma non ci siamo mai incrociati...".
"Vivo a Napoli, sono
qui per il tirocinio" spiego per l'ennesima volta, scrollando le spalle.
Mi squadra con
quegli occhi verdi che mi piacevano tanto e si passa la mano sulla
barba un po' incolta, annuendo. "Fammi indovinare... Studi lingue!".
Annuisco al mio
essere poco sorprendente, visto che decisi di frequentare questa
facoltà quando stavamo insieme e non ho mai cambiato.
"E tu? Ora sei un
importante uomo d'affari?".
"No, no, alla fine
sono diventato un fisioterapista, ho capito che economia non faceva per
me".
"Sempre a Roma?".
"Sì, mi
ci sono trovato bene e...".
"Ehi, allora vado,
ci vediamo stasera alla festa di Giulia, ok?".
Un bellissimo
ragazzo moro, fin troppo alto, ci interrompe mentre stiamo
chiacchierando, e, improvvisamente, vedo Luca irrigidirsi senza un
motivo apparente.
Annuisce, poi, come
se non avesse scelta, mi indica il nuovo arrivato con educazione.
"Lena, ti presento Giacomo".
"Piacere, Lena"
dico, guardando il tipo in faccia e notando che ha dei tratti
principeschi, eleganti, una bocca alquanto perfetta e degli occhi di un
blu particolare, quasi raro.
Giacomo sgrana gli
occhi mentre stringe la mia mano e poi dice semplicemente: "Lena? Oh, quella Lena? L'ultima?" chiede a Luca, curioso.
Luca arrossisce,
evidentemente a disagio, ed io li fisso entrambi senza capire. "L'ultima?" domando.
"E' una lunga
storia..." inizia Luca, deglutendo e mettendo le mani in tasca, come
era solito fare anni fa quando si trovava in una situazione spinosa e
non sapeva cosa fare per uscirne indenne.
Giacomo fa un
sorrisino malizioso con tanto di occhiolino e poi dice semplicemente:
"Devo scappare, quindi farò un riassunto per entrambi", per
poi voltarsi verso Luca e, fiondandocisi addosso, gli stampa un bacio
appassionato sulla bocca.
Luca se ne sta
immobile finchè Giacomo non si stacca e se ne va con uno
strafottente "Ciao!", lasciandoci soli in un silenzio simobolo di
quanto strana e imbarazzante la situazione sia al momento.
Senza parole, batto
numerose volte le palpebre, e poi mi risiedo, ancora incredula.
"L'ul... L'ultima
nel senso che... Sono stata l'ultima ragazza...".
"Con cui sono stato,
sì".
Luca mi guarda,
dispiaciuto, e si siede di fronte a me, schiarendosi la voce. "Volevo
dirtelo ma non mi sembrava il caso, cioè, ci eravamo mollati
così bene..." si scusa.
"Immagino che Roma
sia stata una scusa, vero?" chiedo a bruciapelo, alzando la testa di
scatto e fronteggiandolo, occhi negli occhi, cuore a cuore.
"Diciamo,
cioè, io avevo capito che... Voglio dire, tu eri fantastica,
il problema ero io...".
"No, ti prego,
risparmiatelo" lo interrompo subito, porgendo le mani avanti per
bloccarlo.
"Ma sono sincero!
Eri così divertente, spiritosa e...".
"Luca" lo
interrompo, con una voce più seria che mai, sentendo la
testa che sta per esplodermi, "Negli ultimi due mesi ne ho passate di
cotte e di crude, ho scoperto che il mio ex mi ha tradita
già quando stavamo insieme, ho creato un casino con un prof
e sono ad un passo così"- quasi unisco pollice e indice per
rendere l'idea- "dall'impazzire a causa di un casino che credo si sia
creato tra me e il mio migliore amico, quindi, per favore, falla breve.
Sai, non è piacevole sapere di essere stata mollata
perchè il tuo ex preferiva un ragazzo a te, cioè,
intendo...".
"Ma no! Lena, erano
anni che sentivo qualcosa, ma l'ho sempre represso. Sai
com'è, in questa società del cazzo sembra quasi
che sia più opportuno dire:"Ehi, sono un ladro, spaccio
droga e ho ucciso più persone" piuttosto che ammettere di
essere omosessuale! Nell'ultimo mese in cui stavamo insieme ho capito
di essere innamorato di Luigi, quello della quinta B, e la
maturità, l'università e tutto il resto sono
capitati nel momento giusto. Volevo un nuovo inizio, lontano da
pregiudizi e stronzate varie, capisci? Ci sono casi in cui la
verità ci fa così paura che proviamo a
reprimerla, a nasconderla, perchè temiamo le conseguenze...
Ma bisogna affrontarla prima o poi perchè non possiamo
sprecare la vita a causa di paure che esistono solo nella nostra testa,
capisci?" spiega, accalorato come non l'ho mai visto.
Ed io, davanti a
queste parole, mi sento così stranamente toccata che sento
le lacrime pizzicare agli angoli degli occhi e fatico per non farle
uscire.
Spaventato dai miei
occhi lucidi, Luca rimane interdetto, senza sapere cosa fare.
"Lena! Ti ripeto,
stare con te è stato bello, è una storia che
porterò sempre con me, non dimenticherò mai tutti
i film che abbiamo visto al cinema per poi finire a baciarci senza
sapere come il film sia sul serio finito e...".
"No, Luca, no,
scusami, è un periodaccio" dico solo, prendendo un respiro e
alzandomi per andare in bagno, onde evitare una di quelle scenate che
si vedono nei bar in cui lui la molla e lei piange senza
dignità.
Torno a casa per le
otto, dopo aver trascorso il pomeriggio con Luca e avergli raccontato
la mia situazione attuale per sommi capi, eppure l'unica cosa che non
riesco a togliermi dalla mente è il suo discorso sulla
verità che spesso tendiamo a reprimere per paura delle
conseguenze.
Saluto rapidamente
Daniele, visto che mamma e papà sono usciti, e torno nella
mia stanza, dove vengo sommersa da messaggi di Lisa su Whatsapp a causa
del wifi che si è appena attivato.
"17.07:
mi sono appena svegliata, sono un'amica orribile! Come stai? Dario mi
ha convinto a non venirmene con voi, ho conosciuto uno, è
fantastico!".
"18.23:
ehi, ci sei? Ho finito il credito, non posso chiamarti!".
"19.12:
Daniele mi ha detto che sei uscita, chiamami quando torni. Comunque
Dario è stato gentilissimo, ha mollato la festa per te,
dovevi vedere quanto era dolce!"
Sentendo un brivido
lungo la schiena, sospiro, e non so come, mentre mi guardo intorno, la
mia attenzione viene catturata dalla Giratempo appesa al muro che
comprai a Londra. Non so perchè, ma sento di avere qualche
ricordo delle ultime ore legato a quest'oggetto, anche se chiaramente
è solo un'impressione perchè non la tolgo dalla
sua postazione da anni.
Mi viene da pensare
che, tuttavia, vorrei che fosse vera per non cacciarmi in nessun
pasticcio con Leo e non rischiare di rovinare nulla, poi, sentendomi
scema, la ripongo al suo posto.
Ma, proprio mentre
ce l'ho ancora in mano, qualcuno bussa alla porta.
"Avanti".
Dario entra e,
vedendomi con quell'oggetto in mano, si blocca, come se fosse una bomba.
"Perchè
ce l'hai in mano? Cioè, voglio dire...".
"Mi sembrava di
avere qualche ricordo recente connesso ad essa ma non ricordo nulla"
rispondo, scrollando le spalle e mettendola al suo posto.
"Oh, bene,
cioè, strano!".
"Ti senti bene?"
domando.
Lui chiude la porta
alle sue spalle e poi mormora: "Io e Chiara...".
"Vi sposate?" lo
prendo in giro, cercando di non badare alle ultime parole che mi ha
urlato contro oggi e a come mi sono sentita in seguito.
"No. Siamo andati a
letto insieme" confessa, guardando il pavimento.
Sento i battiti del
mio cuore accelerare e le guance prendere calore, ma non dico nulla se
non: "Wow, mi fa piacere per voi" che è decisamente ipocrita.
"Lei per me non
signfica nulla, però".
"Dario, tu... Sei
stato il primo a dire che non riesci ad avere storie occasionali quindi
è ovvio che ti interessa" gli dico, più
accalorata di quanto debba essere.
Lui riesce ad alzare
il capo e a guardarmi in faccia, scuotendo il capo.
"No, siamo
d'accordo, ci stiamo solo... Divertendo...".
"Non devi
giustificarti!" esclamo, alquanto energica.
Vorrei avere il suo
coraggio, dirgli di Leo e finirla una volta per tutte, ma no, no, io
sono una fifona del cavolo, in una universo Potteriano non sarei mai
una Grifondoro, e ne sono consapevole.
"Scusa, io...".
"Dario?" lo chiamo,
non riuscendo a trattenermi, con un'evidente nota di implorazione nella
voce.
"Sì?".
"Potresti...
Abbracciarmi?" sussurro.
Senza nemmeno
rispondere, mi stringe a sè con una forza e allo stesso
tempo una dolcezza mai vista, in un modo che mi fa tremare come una
foglia.
Lo sento
accarezzarmi la schiena, lasciarmi un bacio tra i capelli, poi su una
guancia, e ricambio la stretta.
"Non ti muovere, per
piacere".
"Sono qui, non me ne
andrò, non ci riuscirei mai a farlo" mi risponde, con quel
tono caldo ma allo stesso tempo sincero che ho sempre amato.
*"Lei ha detto di no
e ho capito che la amo sul serio. Ho bisogno di un amico, e so che sei
a casa, ma, per favore, posso raggiungerti così possiamo
parlare? Per favore. Fammi sapere prima possibile".
|