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Autore: milly92    27/03/2014    5 recensioni
Stanchi delle solite storie in cui un'alunna e un professore si amano e riescono ad essere felici superando mille ostacoli? Allora questa storia fa per voi, visto che il professore in questione non sa nemmeno che la ragazza con cui ha a che fare sia una sua alunna e non ha per nulla intenzioni "serie"...
"Mi... Mi stai incoraggiando a...".
"Ad uscirci, sì".
Trudy sembra aver assimilato subito e fin troppo in fretta la notizia, in un modo che mi lascia alquanto scioccata. Sembra crederci più di me, quasi quasi. "Sai come si dice in questi casi?".
"Sei fottuta?" suggerisco, melodrammatica come sempre.
"No. "Fake it until you make it"! Fingi! Fingi fino a credere sul serio di non essere una sua alunna e il gioco è fatto, no?".
Da una parte, il discorso della mia amica ha un minimo di senso, dall'altro sono troppo spaventata perchè, per la prima volta in vita mia, rischio di iniziare un cammino caratterizzato dal proibito e ho paura di scottarmi.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
Capitoli:
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16g

Ci ho messo un mese, ma ce l'ho fatta, scusatemi.
Sembrerà banale ma è un periodaccio, il tirocinio, lo studio e altre cose mi stanno facendo impazzire e non avere capitoli già scritti non aiuta.
Mancano circa altri nove capitoli, quindi, anche se lentamente, dovrete sopportarmi ancora per un po'... E so di star aggiornando pochissimo, ma ho notato che le recensioni sono calate a dismisura. Spero sia dovuto al fatto che avete altro da fare - ed io ne sono la prova vivente xD - e non perchè vi annoiate a leggere. In tal caso fatemelo sapere :)
Vi lascio al capitolo, che presenta qualche bel riferimento "Potteriano" :D
Cercherò di aggiornare presto, anche se a breve i capitoli a cui dovrò dare la priorità saranno quelli della tesi :/
Bacioni e buona lettura!  <3

Capitolo 16


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"Eccoti! Germana aveva ragione!".
Mi sento scuotere con gentilezza, ragion per cui apro gli occhi e mi ritrovo davanti il volto sfocato di Dario.
Sento il marmo duro e scomodo della vasca che mi sta facendo a pezzi la schiena, ma la prima cosa che riesco a dire è: "Non voglio vomitarti addosso".
Il mio migliore amico mi guarda come se fossi un personaggio del cartone di Peppa Pig e poi mi porge una mano. "Non lo farai, tranquilla".
"Io... Io penso di essere un po' ubriaca" rivelo lentamente, come se non si fosse capito.
"Lo so, Germana me l'ha detto".
"Mi ha chiamato puttanella. Due volte, haha!".
"E perchè?".
"Perchè abbiamo scopato con lo stesso tizio...".
"Si è fatta Matteo anche lei?" ironizza Dario, non sapendo che, probabilmente, al momento sono più sincera di quanto lo sia stato negli ultimi mesi.
"Ma no... Però il nome fa rima, sai? Che coincidenza!".
"Stai sclerando, Lena. Ora, per favore, aiutami a renderti l'uscita da questa vasca più semplice...".
"Prendimi in braccio!" urlo, dimenando le gambe come se fossi una neonata, più energica di quanto senta di essere, in realtà.
"Va bene".
Concentrandosi come se stesse per fare un'operazione super delicata, Dario allunga le braccia, fino ad afferrare il mio busto e le gambe e mi solleva con non poca difficoltà. Mi arpiono al suo collo e appoggio la testa al petto, sentendomi finalmente al caldo.
"Sei più comodo della vasca" mormoro, ancora assonnata.
"Ma grazie".
Lo avverto muoversi, camminare, mentre la musica a palla del soggiorno disturba la pace che si era formata nella mia testa per un po', poi avverto una superfice ancora più morbida che mi avvolge e comprendo di essere su un divano.
"Dove sono?" domando stupidamente, tuttavia senza chiudere gli occhi.
"Su un divano, ora recupero le giacche e andiamo" risponde pazientemente lui.
Spalanco gli occhi e con uno scatto mi metto a sedere, sentendo la testa che mi gira per il movimento eccessivamente brusco.
"Ma non possiamo andarcene" obietto, mettendo a fuoco la sua figura con difficoltà.
"Certo che possiamo".
"No! Tu sei l'accompagnatore di Chiara...".
"Fidati, sono felicissimo di andarmene" dice seccamente, porgendomi la giacca che, puntualmente, respingo. "Ho caldo!".
"Sono le quattro e mezza, fa freddo, copriti!".
"Sei l'unico scemo che dice a una ragazza di coprirsi" mormoro, facendogli la linguaccia.
Udendo ciò, fa una faccia amereggiata, come se avessi toccato un tasto dolente, e mi aiuta ad indossare la giacca con pazienza, per poi afferrarmi la mano e aiutarmi a camminare.
Non so come, qualche passo dopo ci ritroviamo davanti Lisa, che ovviamente è sorpresa di vedermi in questo stato.
"Cosa...?".
"Ha bevuto, è ubriaca, la porto a casa" spiega Dario.
"Oh. Allora prendo la mia roba...".
"Se vuoi rimanere tranquilla, ci sono già io, e non ho bevuto quindi posso guidare senza problemi".
"No, mi sentirei un'amica orribile, Lena è in queste condizioni e...".
"Ti ho visto con quel tizio mezzo famoso, prima. Dai, rimani, non mi serviresti a nulla, ti prometto che la porterò al sicuro nel suo letto" la rassicura Dario, mentre io mi appoggio addosso a lui, con la testa che mi fa male.
"Sicuro?".
"Sicuro! Ci vediamo domani".
Dopo una serie di saluti e raccomandazioni, così, il nostro percorso prosegue, fino ad arrivare alla macchina e, circa mezz'ora dopo, nella mia stanza.
Dario, camminando lentamente e con passo vellutato per non svegliare nessuno, mi adagia sul letto con premura e lo percepisco accarezzarmi il volto con infinita dolcezza.
"Mi ricordo quando ti ubriacasti al primo anno e mi vomitasti addosso. Vorrei tornare indietro, sai? Solo per avere più tempo, per impedirti di metterti con quel coglione che ti ha spezzato il cuore e, magari, per non diventare il tuo migliore amico".
Osserva la falsa Giratempo che ho inchiodato al muro anni fa, quando la comprai a Londra visto che ho sempre amato Harry Potter, e poi la prende tra le mani.
"Ecco, se solo funzionasse... Potrebbe essere tutto diverso. Ma anche ora è tutto bello, ed è per questo che non voglio rovinare tutto... Non sarei di certo un Grifondoro". Sospira, quasi amareggiato, e mi accarezza un braccio con delicatezza, per poi accostarsi al mio volto, lentamente.
Quando i nostri nasi si sfiorano, però, si blocca, trattenendo il fiato. "Non succederà così, se succederà" mormora, lasciandomi un bacio sulla guancia.
Mi toglie le scarpe, adagia il mio corpo sotto le lenzuola, mi rombocca le coperte e, dopo un ultimo sguardo malinconico e colmo di dubbi si allontana, avvicinandosi alla porta.
"Vorrei che domani ricordassi tutto, ma conoscendoti non sarà così, ed è per questo che l'ho fatto".
E poi, tac!, il buio totale invade la stanza, lasciando spazio solo ad una luce un po' più chiara che proviene dalla finestra, simbolo dell'alba che sorgerà tra meno di un'ora.



"La sera tutti leoni, la mattina tutti coglioni!".
Alle due passate, quando metto piede in cucina, Daniele mi accoglie con questa frase, evidentemente non avendo ancora accettato l'essere stato brutalmente escluso dal mega party riservato ai "ventenni" - Chiara non voleva il fratello diciottenne tra le scatole, ovviamente -.
"Taci, invidioso" biascico, sedendomi e massaggiandomi una tempia con energia.
"A quanto pare siete stati i primi a tornare, Chiara è tornata alle nove" m'informa subito mamma.
"Eravamo stanchi e abbiamo deciso di andare a dormire" dice Dario, al suo fianco, lanciandomi un'occhiata d'intesa discreta ma efficace.
Ovviamente, per fortuna, non ha osato dire ai miei in che condizioni mi trovavo la sera precedente, e gliene sarò eternamente grata, visto che a tavola tendo a rifiutare sia vino che birra, non so perché.
"Sì, sì, c'era tanta, tanta confusione" lo appoggio, sollevata.
"Lì c'è del caffè" aggiunge mamma, indicando la macchinetta sul lavandino. "Noi abbiamo già pranzato...".
"Non ho fame, ma prendo il caffè volentieri" dico, alzandomi.
"Faccio io" mi blocca Dario, affabile.
"Grazie. Sei sveglio da tanto?".
"Dalle undici e mezza... Ho aiutato Daniele con i compiti di inglese e ho cucinato con tua mamma" spiega, tutto contento.
"Oh. Adottatelo se vi fa comodo, io vado dalla sua famiglia" ironizzo, sforzandomi di non accasciarmi con il busto sulla tavola a causa del post sbronza che mi fa ricordare perchè tendo a limitarmi ad un'innocente birra massimo una volta a settimana.
"Lo farei volentieri, ma non vorrei privare i suoi genitori di un figlio così bravo e gentile. Chissà dove abbiamo sbagliato con te!" mormora mamma, scompigliandomi i capelli come se avessi cinque anni e uscendo dalla stanza.
"Di sicuro hai battuto la testa quella volta che sei cascata dal seggiolone..." mi prende in giro Daniele.
"Idiota!".
"Ho ragione! Dario, devi sapere che Lena, il giorno del suo primo compleanno, è caduta dal seggiolone per prendere un piattino con la torta che...".
"Stai zitto, scemo!".
"No, no, fallo continuare, mi piace questa storia!" dice invece quello scemo di Dario, tutto soddisfatto, dopo aver appoggiato la tazza di caffè sul tavolo.
Imbronciata, così, bevo il tutto in un sorso ed esco dalla cucina, mi reco in soggiorno e accendo la tv con svogliatezza, abbassando al minimo il volume onde evitare che le condizioni della mia testa che sta già per scoppiare aumentino.
Nel giro di mezzo minuto, però, Dario si siede al mio fianco e la sua voce - normale per chiunque, alta per me, al momento- mi fa sobbalzare.
"Come... Come va? Ieri eri un po'...".
"Ho fatto qualcosa di ridicolo?" domando a bruciapelo, dando voce ad una delle domande che più mi affliggono.
I miei ricordi sono sbiaditi, poco lucidi, e si limitano a voci o sensazioni, alcune delle quali sono decisamente assurde.
"Ti ho trovato stesa in una vasca del bagno grazie ad una telefonata di Germana" spiega cautamente. "A quanto pare l'hai chiamata nel bel mezzo della notte per dirglielo" aggiunge, leggendo la mia confusione dipinta sulla faccia.
"Sì, ricordo di aver chiamato qualcuno" mormoro, detestandomi per quei drink bevuti che dovevano essere più forti del solito.
Poi, si sa, non sono un fenomeno nel reggere bibite alcoliche, per questo mi limito sempre a circa cinque-sei cocktail all'anno, proprio quando non posso rifutare o sembrare la scema di turno che beve bibite analcoliche.
"Comunque ti ho trovata per fortuna e ti ho accompagnato a casa" continua a spiegare, scrollando le spalle, e noto che è falsamente disinvolto, come se ci fosse altro sotto.
"Perchè? Voglio dire, c'era anche Lisa, tu eri l'accompagnatore di mia cugina" chiedo, ricordandomi della foto di lui e Chiara che si baciano.
Ricordo di aver visto la foto, bevuto tutto d'un sorso il drink che avevo in mano e... Quel Max che mi si getta addosso dopo qualche parola che non ricordo.
"Erano le quattro passate, Lena, sono stato con lei cinque ore, mi sembrano sufficienti" dice, evasivo.
"Ho visto la vostro foto" sussurro improvvisamente, un po' a disagio.
"E allora?".
Il suo atteggimento, ora, mi sembra quasi di sfida, e la cosa mi sorprende non poco. Deglutisco, senza capire.
"Niente, cioè, se la serata è andata bene tra voi avresti potuto anche...".
"Cosa, ignorare la chiamata di Germana e lasciarti in una vasca mentre non stai bene? Pensi sia un mostro che mette una serata con una ragazza prima del bene di un'amica?" sbotta, infervorato come non mai.
La cosa mi stupisce visto che da quando lo conosco è sempre stato la calma fatta persona anche nei momenti più colmi di ansia.
"Calmati! Ero solo sorpresa, tutto qui!".
"Sorpresa? Dovresti essere sorpresa dal fatto che una come Germana mi chiami per darti una mano, dopo che per tre anni non si è comportata bene, non di me. Hai una percezione sbagliata di chi ti circonda, dovresti saperlo che sei una delle persone più importanti della mia vita e che non ti abbandonerei mai nel momento del bisogno!".
"Ed io, non sono importante, cucciolo?".
Ci voltiamo e vediamo che una sorridente Chiara se ne sta sulla soglia della stanza, con una faccia riposata come se avesse dormito per ore.
Dario la guarda e, dopo un po' si esitazione, ricambia il sorriso.
Mi lancia un'ultima occhiata che non so affatto definire prima di alzarsi dal divano, andare in sua direzione, circondarle i fianchi con le braccia e baciarla con uno slancio che mi lascia senza fiato.
"Non ho dimenticato quella cosa, ci vediamo stasera?" le domanda quando smette di baciarla, accarezzandole i capelli.
"Ma anche oggi!".
"Va benissimo" risponde lui, tornando a baciarla come se fosse l'unica donna sulla faccia della terra.
"Scusate, vi lascio soli" mormoro, uscendo dalla stanza alla velocità della luce, diretta verso la mia stanza.
Daniele, appena uscito dal bagno, dice: "E' arrivata Chiara?".
"Sì, sì, è arrivata Chiara!" sbotto con impazienza, guardandolo male, prima di raggiungere finalmente la mia camera e chiudermi la porta alle spalle.
- Poverina, questa volta non c'è nessun drink o uno sconosciuto con cui limonare, come te la caverai? - mi domanda la vocina stupida nella mia testa, che sopprimo come tanti altri pensieri ed emozioni che ho lasciato sospesi negli ultimi tempi.
Si sono baciati, a Dario frega di me, sono una delle persone più importanti della sua vita, ma alla fine a ceduto a Chiara, ovvio.
Non dovrei essere delusa, lei è bella, accattivante, è l'ideale per chiunque, e riesco solo a pensare che non sono infastidita dal fatto che lei potrebbe farlo soffrire perchè sono concentrata solo su di me, su quello che sento, su quello che mi sta succedendo.
Che strano, era da un po' che non pensavo solo a me stessa senza preoccuparmi del resto del mondo, e la cosa mi fa paura perchè, diciamolo, non è quando proviamo qualcosa per qualcun altro che diventiamo eccessivamente egocentrici, passando il nostro tempo a preoccuparci per cosa ci succederà, come andrà, se quel maglione ti sta bene o se tu riceverai una risposta a quel maledetto sms?
Questo non può succedermi di nuovo, non ora!
Ma non succederà nulla se non farò nulla, giusto? Queste sono le regole, devo rispettarle per uscire indenne!
Devo riuscirci, e per farlo non devo nemmeno pensare a ciò che penso mi stia succedendo.
Non devo pensarci e tutto andrà bene, è così che funziona, è così che ci si abitua alle cose che non vogliamo far succedere e che ci complicherebbero la vita.
Poi, proprio quando mi ritrovo a pensare di complicazioni e cose che non vogliamo accadano, ecco che quel bastardo dell'universo reagisce con una vibrazione del mio cellulare che corrisponde ad un sms.

"She said no and I understood that I'm really  in love with her. I need a friend, and I know you're home, but, please, can I reach you so we can talk? Please. Let me know as soon as possible*".

Dopo settimane il mio cellulare riceve un sms da Leo, in perfetto inglese per di più, simbolo del fatto che sia sul serio sconvolto per il rifiuto di Germana e incapace di pensare a qualcosa di futile come la traduzione in italiano.
Perchè vuole aiuto da me? Non ha altri amici con cui poter parlare, accidenti?
I secondi trascorrono velocemente, trasformandosi in minuti, ed io non so cosa fare, perchè non ho bisogno di ulteriori problemi che sconvolgano già il mio precario equilibrio.

"Mi dispiace Leo, non posso, sono incasinata come non mai e non sarei d'aiuto. Scusami".

Invio la risposta rapidamente, prima di poter pentirmene e lasciar prevalare il mio non essere in grado di dire di no a nessun amico, e, provando a non pensare più a nulla, mi ritrovo a guardare fuori dalla finestra, dove la scena è rubata dai forti raggi di sole di una semplice domenica pomeriggio di inizio maggio.


"Già esci?".
Due ore dopo, mamma mi guarda sospettosa mentre prendo la borsa dall'attaccapanni. Annuisco distrattamente, controllando di avere il cellulare in tasca insieme al portafogli.
"Voglio fare una passeggiata".
"Dove vai di bello?" s'informa Dario, spuntando da qualcuna delle stanze come una sorta di fantasma.
"In giro. Ti avrei chiesto di unirti a me ma ho sentito che hai da fare con Chiara" mormoro, indifferente al massimo, in un modo in cui mi fa odiare me stessa come non mai.
Mamma lo guarda con attenzione e curiosità; conoscendola, dopo gli farà un educato e non affatto discreto terzo grado per saperne di più.
"Oh, sì, magari poi posso raggiung...".
"Devo scappare, ciao, ciao mamma, ci vediamo per cena!" lo interrompo, senza nemmeno guardarlo in faccia.
Esco di casa quasi di corsa, e sento che ho bisogno di prendere una boccata d'aria fresca.
Quasi quasi mi sembra di essere al di fuori del mio corpo, con la testa altrove, e la miriade di cose a cui ho bisogno di pensare è così eccessiva che, alla fine, mi riduco ad evitarli. L'unica cosa che so è che voglio stare da sola al momento e che ho fame visto che non mangio da più di sedici ore, e ciò mi conduce al bar più vicino a casa, il "Sunset", quello in cui ho passato gran parte dei miei giorni dai sedici ai diciannove anni.
Non ci entravo da più di un anno, onestamente, perchè è solitamente frequentato da liceali e quelli della mia fascia di età solitamente frequentano il "La Playa", ma fatto sta che metterci piede mi fa sentire ancora più strana se possibile, come se fosse ancora il duemilaotto ed io fossi una ragazzina che se ne sta seduta al bar a contemplare l'entrata per vedere l'eventuale arrivo di quel ragazzo che ti piace tanto ma che non ti guarderà mai perchè non ti conosce nemmeno.
Enzo, il barista, quando mi vede sorride e mi saluta con un: "Lena, da quanto tempo!" che mi fa capire che forse sono sul serio a casa e posso prendermi un po' di pausa dai problemi che mi affliggono la mente.
Ricambio il saluto e mi siedo ad un tavolino vuoto, senza nemmeno badare al menù che conosco a memoria e, probabilmente, non è cambiato affatto se non nei prezzi di solito aumentati a causa della crisi.
"Allora, cosa ti porto?" domanda Enzo, premuroso come lo è sempre stato con me e le mie amiche. "Anzi, come stai?".
"Bene" mento, facendo finta di nulla. "Sono qui solo per il tirocinio, torno a Napoli a metà mese. Comunque prendo un hot dog e un thè alla pesca, grazie" dico subito, per evitare ulteriore domande e spiegazioni.
Enzo annuisce, senza nemmeno scrivere l'ordine sul block notes, e torna al bancone dicendo qualcosa che non capisco, e nel giro di cinque minuti mi serve, raccontando le ultime novità del posto che, normalmente, troverei interessanti.
Per fortuna poi il dovere lo chiama e così riesco ad avere una decina di minuti di tranquillità per mangiare l'hot dog, anzi, divorare.
Il tutto viene interrotto da un: "Lena?!" decisamente sorpreso che mi ritrovo ad alzare la testa di scatto, trattenere il fiato, riabbassare il capo per pulirmi la bocca dai residui del panino e rialzarlo per mormorare un altrettanto sorpreso: "Luca?!".
"Lena, sei sul serio tu! Cavoli, da quanti anni non ci vediamo? Quattro?".
"Mi sa cinque...".
Luca, Luca Barbati per la precisione, è il mio ragazzo del liceo, l'unico con cui mi sia messa prima di Matteo e con cui mi sono lasciata in maniera abbastanza pacifica nel momento in cui, essendo due anni più grande di me, si diplomò e decise di studiare economia a Roma quando avevo diciassette anni.
La nostra storia durò circa sei mesi, e fu abbastanza tranquilla e priva di intoppi perchè eravamo abbastanza simili e lui non sembrava affatto il tipo di ragazzo che ti avrebbe tradita. Mi ispirava fiducia, mi faceva sentire speciale nonostante la mia eccessiva ordinarietà, ed era ciò che più mi piaceva nello stare con lui.
"Non ho parole, accipicchia! Fatti salutare!" esclama lui, come se fossi una semplice e buona amica che non incontra da tempo.
Imbarazzata e goffa come non mai, mi alzo e lo lascio abbracciarmi per un paio di secondi, per poi guardarmi in faccia e dritto negli occhi.
"Sei cambiatissima, ti ho riconosciuto solo per i capelli, giuro! Ma quanti chili hai perso? Anzi, direi che tu li hai persi per darli a me...".
Chiacchierone come sempre - il mio opposto, in pratica -, si passa una mano sulla pancia un po' più gonfia del solito, proprio come la sua faccia, a dispetto del magro adolescente che era un tempo nonostante le tantissime calorie ingerite anche solo per un semplice snack.
"Ma no, stai benissimo, eri troppo magro" ribatto.
"Allora, che mi dici? Sono a Caserta da mesi ma non ci siamo mai incrociati...".
"Vivo a Napoli, sono qui per il tirocinio" spiego per l'ennesima volta, scrollando le spalle.
Mi squadra con quegli occhi verdi che mi piacevano tanto e si passa la mano sulla barba un po' incolta, annuendo. "Fammi indovinare... Studi lingue!".
Annuisco al mio essere poco sorprendente, visto che decisi di frequentare questa facoltà quando stavamo insieme e non ho mai cambiato.
"E tu? Ora sei un importante uomo d'affari?".
"No, no, alla fine sono diventato un fisioterapista, ho capito che economia non faceva per me".
"Sempre a Roma?".
"Sì, mi ci sono trovato bene e...".
"Ehi, allora vado, ci vediamo stasera alla festa di Giulia, ok?".
Un bellissimo ragazzo moro, fin troppo alto, ci interrompe mentre stiamo chiacchierando, e, improvvisamente, vedo Luca irrigidirsi senza un motivo apparente.
Annuisce, poi, come se non avesse scelta, mi indica il nuovo arrivato con educazione. "Lena, ti presento Giacomo".
"Piacere, Lena" dico, guardando il tipo in faccia e notando che ha dei tratti principeschi, eleganti, una bocca alquanto perfetta e degli occhi di un blu particolare, quasi raro.
Giacomo sgrana gli occhi mentre stringe la mia mano e poi dice semplicemente: "Lena? Oh, quella Lena? L'ultima?" chiede a Luca, curioso.
Luca arrossisce, evidentemente a disagio, ed io li fisso entrambi senza capire. "L'ultima?" domando.
"E' una lunga storia..." inizia Luca, deglutendo e mettendo le mani in tasca, come era solito fare anni fa quando si trovava in una situazione spinosa e non sapeva cosa fare per uscirne indenne.
Giacomo fa un sorrisino malizioso con tanto di occhiolino e poi dice semplicemente: "Devo scappare, quindi farò un riassunto per entrambi", per poi voltarsi verso Luca e, fiondandocisi addosso, gli stampa un bacio appassionato sulla bocca.
Luca se ne sta immobile finchè Giacomo non si stacca e se ne va con uno strafottente "Ciao!", lasciandoci soli in un silenzio simobolo di quanto strana e imbarazzante la situazione sia al momento.
Senza parole, batto numerose volte le palpebre, e poi mi risiedo, ancora incredula.
"L'ul... L'ultima nel senso che... Sono stata l'ultima ragazza...".
"Con cui sono stato, sì".
Luca mi guarda, dispiaciuto, e si siede di fronte a me, schiarendosi la voce. "Volevo dirtelo ma non mi sembrava il caso, cioè, ci eravamo mollati così bene..." si scusa.
"Immagino che Roma sia stata una scusa, vero?" chiedo a bruciapelo, alzando la testa di scatto e fronteggiandolo, occhi negli occhi, cuore a cuore.
"Diciamo, cioè, io avevo capito che... Voglio dire, tu eri fantastica, il problema ero io...".
"No, ti prego, risparmiatelo" lo interrompo subito, porgendo le mani avanti per bloccarlo.
"Ma sono sincero! Eri così divertente, spiritosa e...".
"Luca" lo interrompo, con una voce più seria che mai, sentendo la testa che sta per esplodermi, "Negli ultimi due mesi ne ho passate di cotte e di crude, ho scoperto che il mio ex mi ha tradita già quando stavamo insieme, ho creato un casino con un prof e sono ad un passo così"- quasi unisco pollice e indice per rendere l'idea- "dall'impazzire a causa di un casino che credo si sia creato tra me e il mio migliore amico, quindi, per favore, falla breve. Sai, non è piacevole sapere di essere stata mollata perchè il tuo ex preferiva un ragazzo a te, cioè, intendo...".
"Ma no! Lena, erano anni che sentivo qualcosa, ma l'ho sempre represso. Sai com'è, in questa società del cazzo sembra quasi che sia più opportuno dire:"Ehi, sono un ladro, spaccio droga e ho ucciso più persone" piuttosto che ammettere di essere omosessuale! Nell'ultimo mese in cui stavamo insieme ho capito di essere innamorato di Luigi, quello della quinta B, e la maturità, l'università e tutto il resto sono capitati nel momento giusto. Volevo un nuovo inizio, lontano da pregiudizi e stronzate varie, capisci? Ci sono casi in cui la verità ci fa così paura che proviamo a reprimerla, a nasconderla, perchè temiamo le conseguenze... Ma bisogna affrontarla prima o poi perchè non possiamo sprecare la vita a causa di paure che esistono solo nella nostra testa, capisci?" spiega, accalorato come non l'ho mai visto.
Ed io, davanti a queste parole, mi sento così stranamente toccata che sento le lacrime pizzicare agli angoli degli occhi e fatico per non farle uscire.
Spaventato dai miei occhi lucidi, Luca rimane interdetto, senza sapere cosa fare.
"Lena! Ti ripeto, stare con te è stato bello, è una storia che porterò sempre con me, non dimenticherò mai tutti i film che abbiamo visto al cinema per poi finire a baciarci senza sapere come il film sia sul serio finito e...".
"No, Luca, no, scusami, è un periodaccio" dico solo, prendendo un respiro e alzandomi per andare in bagno, onde evitare una di quelle scenate che si vedono nei bar in cui lui la molla e lei piange senza dignità.


Torno a casa per le otto, dopo aver trascorso il pomeriggio con Luca e avergli raccontato la mia situazione attuale per sommi capi, eppure l'unica cosa che non riesco a togliermi dalla mente è il suo discorso sulla verità che spesso tendiamo a reprimere per paura delle conseguenze.
Saluto rapidamente Daniele, visto che mamma e papà sono usciti, e torno nella mia stanza, dove vengo sommersa da messaggi di Lisa su Whatsapp a causa del wifi che si è appena attivato.

"17.07: mi sono appena svegliata, sono un'amica orribile! Come stai? Dario mi ha convinto a non venirmene con voi, ho conosciuto uno, è fantastico!".
"18.23: ehi, ci sei? Ho finito il credito, non posso chiamarti!".
"19.12: Daniele mi ha detto che sei uscita, chiamami quando torni. Comunque Dario è stato gentilissimo, ha mollato la festa per te, dovevi vedere quanto era dolce!"

Sentendo un brivido lungo la schiena, sospiro, e non so come, mentre mi guardo intorno, la mia attenzione viene catturata dalla Giratempo appesa al muro che comprai a Londra. Non so perchè, ma sento di avere qualche ricordo delle ultime ore legato a quest'oggetto, anche se chiaramente è solo un'impressione perchè non la tolgo dalla sua postazione da anni.
Mi viene da pensare che, tuttavia, vorrei che fosse vera per non cacciarmi in nessun pasticcio con Leo e non rischiare di rovinare nulla, poi, sentendomi scema, la ripongo al suo posto.
Ma, proprio mentre ce l'ho ancora in mano, qualcuno bussa alla porta.
"Avanti".
Dario entra e, vedendomi con quell'oggetto in mano, si blocca, come se fosse una bomba.
"Perchè ce l'hai in mano? Cioè, voglio dire...".
"Mi sembrava di avere qualche ricordo recente connesso ad essa ma non ricordo nulla" rispondo, scrollando le spalle e mettendola al suo posto.
"Oh, bene, cioè, strano!".
"Ti senti bene?" domando.
Lui chiude la porta alle sue spalle e poi mormora: "Io e Chiara...".
"Vi sposate?" lo prendo in giro, cercando di non badare alle ultime parole che mi ha urlato contro oggi e a come mi sono sentita in seguito.
"No. Siamo andati a letto insieme" confessa, guardando il pavimento.
Sento i battiti del mio cuore accelerare e le guance prendere calore, ma non dico nulla se non: "Wow, mi fa piacere per voi" che è decisamente ipocrita.
"Lei per me non signfica nulla, però".
"Dario, tu... Sei stato il primo a dire che non riesci ad avere storie occasionali quindi è ovvio che ti interessa" gli dico, più accalorata di quanto debba essere.
Lui riesce ad alzare il capo e a guardarmi in faccia, scuotendo il capo.
"No, siamo d'accordo, ci stiamo solo... Divertendo...".
"Non devi giustificarti!" esclamo, alquanto energica.
Vorrei avere il suo coraggio, dirgli di Leo e finirla una volta per tutte, ma no, no, io sono una fifona del cavolo, in una universo Potteriano non sarei mai una Grifondoro, e ne sono consapevole.
"Scusa, io...".
"Dario?" lo chiamo, non riuscendo a trattenermi, con un'evidente nota di implorazione nella voce.
"Sì?".
"Potresti... Abbracciarmi?" sussurro.
Senza nemmeno rispondere, mi stringe a sè con una forza e allo stesso tempo una dolcezza mai vista, in un modo che mi fa tremare come una foglia.
Lo sento accarezzarmi la schiena, lasciarmi un bacio tra i capelli, poi su una guancia, e ricambio la stretta.
"Non ti muovere, per piacere".
"Sono qui, non me ne andrò, non ci riuscirei mai a farlo" mi risponde, con quel tono caldo ma allo stesso tempo sincero che ho sempre amato.


*"Lei ha detto di no e ho capito che la amo sul serio. Ho bisogno di un amico, e so che sei a casa, ma, per favore, posso raggiungerti così possiamo parlare? Per favore. Fammi sapere prima possibile".

  
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