L'amore che non salva, danna, corrode e rende fedeli di Mania (/viewuser.php?uid=588696)
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PROLOGO
▬
C A P I T O
L O 1
O
▬
“ Le parole mentono, i sentimenti no
„
Da
qualche parte ricordava una frase – forse l’aveva
letta o
forse era una memoria passata a lei da qualcuno della sua famiglia,
anzi, da suo padre se era quello il luogo d’origine di quelle
parole, perché solo lui avrebbe potuto pronunciarle
–, era
breve e non riusciva a collocarla con precisione in quale tempo della
sua vita l’avesse immagazzinata, quasi fosse da sempre dentro
di
lei. Recitava similmente a: «Solo i bambini, i matti e i
solitari
sanno essere se stessi»[1].
La condivideva, forse perché lei era stata almeno in un
tempo
tutte e tre le cose e ora le restavano – per
l’inevitabile
scorrere dl tempo – solo due caratteristiche appiccicate
addosso.
Sapeva fin troppo bene di non rientrare nella normale organizzazione
mentale delle persone attorno a sé e non vi era mai stato un
reale desiderio di potersi uniformare a comportamenti che fuoriuscivano
dalla sua logica, tuttavia aveva cercato con un notevole margine di
successo a non essere troppo visibile in quelle incrinature difformi.
Non era perché non voleva essere vista come era davvero, ma
più semplicemente perché era più
facile compiere
il suo lavoro se nessuno posava su di lei le proprie attenzioni
–
d’altronde, ci pensava già Loki a suscitare
perplessità e dubbi, almeno uno dei due doveva impegnarsi ad
assumere un basso profilo.
Recitare era piacevole, le piaceva assumere il ruolo che tutti
credevano avesse e le rendeva divertenti momenti che non lo erano
nemmeno lontanamente, tutto perché deteneva conoscenze che
sfuggivano a chi la circondava. Il vero potere, in fin dei conti era
proprio quello, la conoscenza – chi sapeva più
cose
vinceva, non era questione di forza, quest’ultima era una
variabile secondaria.
Tuttavia, per sua fortuna, non sempre era costretta a impersonare i
panni dell’attrice. Anche se era da qualche settimana che non
aveva più l’occasione di concedersi di essere
pienamente
se stessa se non nei momenti di solitudine, essendo Loki partito
insieme a suo padre, Odino, e Thor per una visita diplomatica lontana,
nel regno di Vanaheimr[2].
Con un libro deposto sulle gambe, seduta sul davanzale del terrazzo
della sua camera, Lady Sigyn leggeva con sotto di sé il
vuoto
per vari metri a separarla dal giardino. La luce rossastra delle
lampade le illuminava a sufficienza la vista per consentirle di
procedere nel racconto, ma la sua era una concentrazione vacillante
– troppo spesso i suoi occhi si alzavano dalle pagine in
direzione del ponte di collegamento tra i mondi. La sua falsa posa
rilassata era tradita dall’attesa nel nero delle sue iridi,
irrequieti gemme d’oscurità liquida che fremevano
nella
notte rischiarata da piccoli fuochi.
Le dita si muovevano sulle pagine, scorrendo tra le parole come a
catturarne la sostanza intrinseca, ma senza che il suo sguardo si
posasse realmente su di esse – ed era strano,
perché
quando un racconto era tanto narrato egregiamente come quello in suo
possesso, solo le attività a lei adibite in
qualità di
Guardia Reale la potevano distogliere dalla bramosia di arrivare
all’epilogo. Ma a occupare la sua mente vi era
l’arrivo del
principe, collocato troppo vagamente durante le ore in cui le stelle
dominavano il cielo soprastante la bella capitale.
Fu un lampo nel cuore delle tenebre sul fondo del ponte scintillante,
un solo frammento di eterna luce congestionato in un secondo in cui
esplose in tutto il suo fragore - e seppe che era tornato.
Incurvò appena le labbra, senza muovere alcun muscolo
perché non era sua intenzione corrergli incontro o farsi
trovare
nelle sue stanze per dargli il bentornato personalmente. E per quanta
fatica le costasse una tale decisione, la mantenne con la fermezza
della donna nobile che era e quel pizzico di malizioso desiderio di
giocare a chi resisteva maggiormente – lo stesso in cui si
dilettavano quando erano a troppi pochi centimetri di distanza e si
sfidavano silenziosamente a chi per primo avrebbe carpito un bacio,
derubandolo all’altro e perdendo insieme.
Probabilmente era per via del semplice fatto che fosse Loki in
vantaggio in quel loro scontro del tutto privo di una classificazione,
che si prese il disturbo di scivolare nelle stanze della guerriera
dimenticandosi di domandarle il permesso. Bussò sulla porta
già chiusa alle sue spalle unicamente per attirare
l’attenzione di Sigyn, ridacchiano appena a labbra chiuse nel
vederla sobbalzare di lieve sorpresa – accadimento tanto raro
da
meritare di essere celebrato adeguatamente, si disse mentre si
avvicinava a lei.
«Pensavo saresti venuta ad accogliermi» si
rammaricò
eccessivamente teatralmente per poter essere sincero –
già
prima di ritornare a palazzo sapeva che non l’avrebbe trovata
dove avrebbe voluto scorgerla, come sapeva che sarebbe toccato a lui
andare a prendersela. Le incollò addosso iridi infuocate
–
ardevano tizzoni ardenti tra le sfumature di verde – nel
studiare
i suoi spostamenti per mettersi seduta con le gambe a penzoloni verso
di lui, restando sul davanzale protraendo il suo capriccio.
Non era tanto sciocco da credere che bastasse piegarsi maggiormente in
direzione delle labbra carnose della donna per toglierle la
capacità di rispondere adeguatamente, ma voleva comunque
provare
a vedere quanto tempo le occorresse per assemblare una risposta
soddisfacente.
«In un certo senso è così, non trovate?
È
notte fonda e sto leggendo – tra parentesi mi piace molto,
grazie
per il suggerimento - seduta sul bordo del davanzale rivolta al
Bifrost» osservò Sigyn, spargendo chiarezza nella
sua
posizione strategica e nelle attività che aveva deciso di
compiere mentre la notte si protraeva, accarezzando con gesto morbido
la guancia sinistra dell’uomo. Da quando ne aveva avuto la
possibilità, a Sigyn piaceva potersi prendere la
libertà
di delineare con i propri polpastrelli quei lineamenti responsabili
della malia di cui era succube – piacevolmente e senza
rimpianti.
Loki, d’altronde, era il primo a comprendere come non avrebbe
mai
potuto avere il cuore della donna di fronte a sé in quel
momento
se non fosse stato un desiderio della stessa – troppa
cocciutaggine viveva nelle pieghe del suo animo, troppa sfacciataggine
cucita sotto sguardi da attrice e troppo desiderio di essere lei a
vincere tra loro due si celava nelle sue frasi. Secoli addietro, quando
era ancora una bambina e lui già si destreggiava nella magia
con
naturalezza incredibile, le aveva chiesto se era in grado di
impressionarlo e in nessuna circostanza nella quale si erano ritrovati
successivamente aveva mai disatteso un tale ordine.
«Mi fa piacere sia di tuo gradimento»
asserì a bassa
voce, non avendo alcun ché al quale aggrapparsi per
ribattere
alla risposta con la quale aveva messo a tacere ogni possibile risvolta
di finto risentimento. Fu forse perché capitolò
davanti a
lei, arrendendosi davanti all’evidenza di un piano in cui non
aveva calcolato quanto romantico potesse essere l’animo di
Sigyn
sotto veli inaspettati, che l’avvertì
attorcigliargli le
braccia attorno al proprio collo per spingerlo verso il basso, in modo
da poter catturare con maggior semplicità le labbra in un
bacio
vorace.
A dispetto di quanto si potesse supporre, nonostante i gesti concitati
e la poca pazienza, non vi era rudezza in nessuno dei due quanto
trovavano il momento per lasciare emergere all’esterno
sentimenti
dei quali nessuno dei due voleva parlare – non per
incapacità, ma perché entrambi sapevano quanto
perfettamente l’altro fosse in grado di mentire usando le
parole,
dunque erano più i modi di comportarsi a riflettere i
reciproci
moti del cuore.
Quando le sottili falangi di Sigyn scorrevano tra le ciocche
d’inchiostro di lui, lo facevano con la bramosia con cui si
sarebbero potute tuffare in un torrente per cercare acqua con cui
mettere a tacere il bruciore della gola. Era qualcosa di simile che
doveva appagare, era una necessità di cui troppo
abilmente
fingeva di dimenticarsi per la maggior parte della propria giornata,
per poi scintillare in piogge di passioni quando ve ne era
l’occasione.
E i morsi con i quali Loki avrebbe quasi voluto strappare pezzi di
pelle dal collo di lei, solo per avere la certezza che fosse solo ed
esclusivamente un suo privilegio, non erano meno pieni di egoismo e
apprensione nel ricercare un contatto di cui non era così
interessato come lei a imprigionarli nelle segrete di angoli bui
– ma l’assecondava, per l’unica ragione
per cui aveva
iniziato il tutto, ovvero per gioco, anche se poi gli era sfuggito di
mano ed era finito preda di risvolti inaspettati ma ai quali di certo
non aveva provato a sottrarsi.
«Avete creato un’illusione nelle vostre
stanze?»
glielo domandò ridendo, con le gambe attorcigliate alla sua
vita, già sapendo la risposta, ma divertendosi a sapere
quanto
quel momento fosse ritagliato dentro un mondo che in un modo o
nell’altro cercava di rendere tutto eccessivamente
cristallino.
Invece loro vivevano in zone di nebbia, in specchi opachi, a discapito
di qualsiasi cosa.
«Troppe spiegazioni, no?», avrebbe potuto
aggiungere su
come in realtà lui non ne avrebbe mai date ed era unicamente
lei
quella che avrebbe potuto sentire una simile necessità, ma
in
verità non era esattamente la ragione per cui Sigyn adorava
la
clandestinità. Le piaceva abitare in confini indistinti e
altrettanto anche il non lasciarsi visibile a nessuno; le spiegazioni,
in fondo, non sarebbero state necessarie.
Le pieghe dell’abito bianco di Sigyn erano risvolti naturali,
facili da ammaestrare con le dita, le quali scorrevano con fin troppa
semplicità sotto di esse, cercando la pelle adornata da
ricordi
di vecchie battaglie a renderla più interessante agli occhi
bramosi di Loki. E mentre oltre ad alzare i risvolti della gonna,
spingeva di lato una spallina tirandola con i denti, alzò
appena
lo sguardo verso di lei per scoprire quale espressione avesse mai in
quel momento. «Questa volta puoi disubbidirmi se non ti
va.»
La lieve risata con cui rispose sull’immediato alla sua frase
aveva sfumature di allegria e forse un po’ di presa in giro.
«Ma io vi disubbidisco sempre, per una volta
eviterò di
farlo», asserì infine, con le sottili falangi
macchiate di
calli a slacciare la cintura di cuoio al quale vi erano appese le
fodere dei pugnali, che cadendo al suolo produssero fragore metallico,
coprendo il mezzo sbuffo di divertimento che sfuggì alle
labbra
di Sigyn mentre veniva sollevata di peso da Loki.
Le parve di sentire una mezza minaccia sussurrata al proprio orecchio,
qualcosa che riguardava il fatto che si era andata a cacciare nei guai,
ma lo sapeva da secoli, ormai, da quando gli aveva dato retta da
bambina e si era tanto impuntata nel desiderio di impressionarlo. Ci
era riuscita, indubbiamente, forse
anche troppo.
E nel sentirsi precipitare sul proprio letto, tra lenzuola ancora da
disfare, era consapevole che non avrebbe mai avuto il controllo di
quella situazione – l’aveva voluta, ma avrebbe
pagato
unicamente gli effetti, e le era talmente chiaro al solo osservare il
ghigno delineato sule sue labbra sottili prima che tornassero a
baciarla e dal verde bruciato da lussuria liquida. Quando avrebbe
potuto avere in mano le redini, sarebbe stato perché lui
gliele
concedeva – perché era Loki a volerla vedere
dominante, e
non perché poteva conquistarselo davvero. A dispetto della
consapevolezza, non avrebbe demorso dal cercare comunque di afferrare
almeno secondi di predominio su di lui, che fosse stato cercando di
impedirgli i movimenti o di liberarsi dalle sue prese per essere lei a
ribaltare le posizioni.
Le stringeva un polso per imprigionarla, lasciandolo andare unicamente
per il frammento di tempo necessario liberarla dell’intralcio
dell’abito di tessuto bianco, per poi riafferrarlo in modo da
tenerla sdraiata. E Sigyn tramutò in un sogghigno carico di
cupidigia lo sbuffo di divertimento con il quale tentava, per poi
riuscire, a sfilargli la casacca di pelle e la maglietta sottostante
con movimenti delle dita fluidi, interrotti unicamente dagli impeti con
cui lui le strappava baci roventi sulla sua pelle.
Era impossibile stabilire se fosse Loki a scorrere sul di lei, o il
contrario. Nonostante ogni cambiamento di intreccio tra i loro corpi
fosse guidato più o meno direttamente dall’uomo,
per
quanto si susseguivano naturalmente, sembravano essere
un’evoluzione che non sarebbe potuta essere diversa.
I grafi erano disegni astratti sulla schiena ricamati dalle unghie di
Sigyn, strisce scarlatte a segnare il tentativo di trovare un punto
qualsiasi al quale aggrapparsi con fermezza sotto i movimenti intrisi
di veemenza - ma mai di brutalità, incartati malamente da
una
delicatezza celata non completamente. E i mezzo suoni rotti che
venivano strappati dalla gola di lei non erano sempre di piacere
scintillante, puro, ma macchiato da chiazze scure in cui la rudezza
diveniva maggiormente arrogante, seppur mai rozza.
La notte non sembrò mai così breve, mai
così poco
dilatata nella sua essenza in cui si ritrovarono a vivere –
consumandola come non era stato fatto prima e sarebbero state, invece,
incalcolabili volte in futuro –, in un anfratto privato, fino
a
quando non si esaurì la cera e le traballanti luci rossastre
si
spensero prima che morisse anche la loro passione. Sotto lenzuola
sgualcite, tirate su mai del tutto, in un groviglio di arti difficile
da ricostruire nelle ombre in cui si addormentarono senza parole
ulteriori, senza averne bisogno.
La ritrovò a dormirgli accanto, solo vicino e non
più con
i corpi a intrecciarsi in strani figure, sdraiata con la schiena
lasciata scoperta dal lenzuolo per la quasi sua interezza e i capelli
scivolare finalmente sciolti in percorsi diversi, scompigliati. Erano
lisci, come li aveva resi lui con la propria magia, di un candore
accecante nel bagno d’oro della luce dell’alba a
filtrare
dalle portefinestre socchiuse. Si girò sul fianco
per poter
far scorrere senza fatica le lunghe dita tra le ciocche, assaporandone
le sensazioni dei fili setosi a contatto con i propri polpastrelli in
cui erano già affondati poche ore prima, ma con
voracità
dall’apparenza insaziabile e senza l’attenzione con
il
quale ora studiava quell’elemento di lei che da sempre lo
aveva
affascinato.
In poche occasioni aveva avuto il piacere di osservarla con la chioma
sciolta, perché Sigyn la teneva incatenata in una treccia
per
dispetto a lui – non glielo avrebbe mai dichiarato
apertamente,
ma sapeva che era per quella ragione che aveva preso
l’abitudine
a serrarli in tale acconciatura. E mentre passava lentamente in essi la
propria mano, in carezze ammantate di una dolcezza di cui non era
solito dar sfoggio se non in quei momenti trafugati e tenuti nascosti
anche a lei, ricordò il giorno prima della partenza al
viaggio
che aveva preceduto quella notte.
Sarebbe stata una giornata del tutto normale se Lady Sigyn non avesse
deciso di uscire dal palazzo senza dare avviso nemmeno a lui
–
probabilmente perché sapeva che non ve ne era
necessità,
Loki conosceva ogni suo spostamento anche se non possedeva lo sguardo
di Heimdall. La raggiunse quando ancora non sapeva dove si stava
dirigendo, affiancandosi ai suoi passi diretti verso la periferia della
città, scegliendo di non pronunciare alcuna parola per
domandare
dove si stesse recando, preferendo scoprirlo.
La villa era in decadenza, avviluppata in piante rampicanti snodarsi
sui muri una volta maestosi e lisci dell’edificio, ora
crepati
dal lungo tempo di abbandono. Molte finestre erano riempite solo in
parte dai vetri, abbattuti forse da giovani che si erano dilettati a
centrarle con pietre raccolte nel giardino, tramutato in boscaglia, o
dalle intemperie a cui poi nessuno aveva badato per tamponare i danni
lasciati. Non vi era la minima traccia di vita che non fosse animale, e
si faticava a fantasticare per riesumare da quelle ceneri la grandezza
di quella dimora principesca, appartenuta alla nobile casata in cui era
nata Sigyn.
«Perché siamo venuti qui?» le
domandò
osservandola aprire il cancello con una chiave di cui lui non conosceva
l’esistenza, tirata fuori da una delle piccole sacche tenute
appese alla cintura – fu un lieve disappunto quello con cui
si
accorse di quel dettaglio, perché non ne aveva mai avuto
coscienza nonostante i lunghi anni di vicinanza, ma anche con lieve
soddisfazione per la continua scoperta che Sigyn era.
«In realtà io sono venuta qui, voi mi avete
seguita senza
fiatare» chiosò la donna alzando appena il capo
per
lanciargli un’occhiata divertita.
«Sottigliezze.»
La panchina sulla quale si sedette Sigyn era posta nel giardino dietro
la dimora, l’unica che pareva essere stata risparmiata dalla
morsa verde delle piante su cui sbocciavano fiori dai colori
più
vari. Non pronunciò alcuna parola per diversi minuti, ma il
silenzio tra lei e Loki non era mai stato predominato dalle cadenze
pesanti di tensioni, rimanendo su quiete note in cui vi era
complicità e comprensione.
«È- Era
casa
mia» cominciò a spiegare, iniziando da una
specificazione
più che lampante, ma di cui sentiva di dover dar voce.
«A
volte ci vengo. Non c’è un motivo, è
solo per
rivivere meglio i ricordi, per evitare che si indeboliscano,
perché a dispetto di tutto, sono miei, non li voglio cedere
all’oblio. Mi hanno resa ciò che sono, non potrei
mai
rinnegarli.»
«Raccontami», sapeva poco di richiesta, anche se lo
era in
realtà, ma Loki era poco abituato a dare inclinazioni
più
mansuete alle proprie parole – e a Sigyn piaceva
così,
senza che i suoi contorni fossero stati smussanti.
«Voi sapete tutto sulla mia famiglia»
ribatté lei,
senza avere veramente intenzione di sfuggire all’implicita
domanda, perché se avesse realmente voluto non raccontare
nulla
ci sarebbe riuscita, tuttavia provava una certa soddisfazione nel
spingere Loki a prodigarsi almeno un po’ a protrarre i propri
desideri di cui lei era il centro.
«Solitamente le storie sono più accurate quando
sono
narrate dai protagonisti, sicuramente più
interessanti»
osservò blandamente Loki, posando l’attenzione sui
dettagli di deturpazione di quello che una volta doveva essere uno
splendente roseto ad estendersi lungo il perimetro del palazzo,
costeggiandolo. Ora appariva un groviglio di spire dagli aghi naturali
pronti a ferire chiunque si avvicinasse a cogliere i boccioli candidi,
bagnati da residui di rugiada non evaporata via all’ombra
delle
mura.
«Non per questo più veritiere.»
«La verità è una per ogni persona, non
è
assoluta e non vi è detentore che la possegga. È
un’illusione creata dagli uomini, una distorsione della
realtà, perché essa è troppo grande
per le loro
menti» asserì serio, voltandosi verso Sigyn per
depositare
sul suo volto gli occhi di cristalli liquidi, calamitici, ricchi di una
serie di riflessi di cui lei si sarebbe potuta nutrire come se fosse
stato ossigeno. «Non ti sto chiedendo la
verità, solo la
tua di verità.»
Fu Sigyn a tendere il proprio corpo per riuscire ad arrivare fino alle
sue labbra con le proprie, depositando un bacio tenue, quasi una
carezza per cui non c’era una reale ragione, semplicemente la
volontà di elargirla. Un inizio per un racconto che non
sapeva
quanto potesse essere interessante, ma raccontare il principio di come
lei era nata e plasmata da quella vita ormai incenerita da chi
l’aveva spremuta fino all’ultima risorsa, non le
dispiaceva
se era Loki il suo auditorio.
L’aveva ascoltata con attenzione distratta, senza rendere
presente fino in fondo quanto stesse in realtà succhiando
ogni
parola da lei pronunciata, imprimendola con decisione nella propria
memoria per non farla appassire. Tuttavia, era abbastanza sicuro che
Sigyn l’avesse scorta la sua bramosia e avidità
verso
quella narrazione, ed era stato probabilmente proprio per quello che
aveva provato a scavare nelle collezioni di immagini di ciò
che
era stato secoli addietro. Un tempo in cui Loki conosceva unicamente il
nome di quella nobile casata e vagamente, con assai poco interesse, il
fatto che vi fosse una nuova componente a riempire i rami di una
genealogia fitta. Se qualcuno gli avesse predetto il futuro su di
sé e quella piccola creatura appena nata, avrebbe riso come
non
mai nella propria vita; mentre ora, nell’affondare le proprie
dita tra la sua chioma, nel carpire il suo primo sguardo della
giornata, facendolo proprio, e poi nell’osservarla scrollarsi
di
dosso le lenzuola, l’unico pensiero era su di quante fortune
fosse stato ricoperto per l’aver trovato l’unica
compagna
degna di ricoprire il posto accanto a sé.
Lo sguardo che le aveva cucito addosso era indecifrabile. Seduto sulla
poltrona, ne studiava i movimenti che compiva nel vestirsi e sistemarsi
usando una cura ai minimi dettagli che solo Sigyn poteva possedere, la
stessa con la quale conduceva la sua vita e con cui afferrava il mondo
attorno a sé. Tenendo il capo sorretto dalla mano chiusa,
controllava puntigliosamente i suoi spostamenti, cercando di afferrare
ogni più piccola mossa usata per allacciare gli abiti da
guerriera mentre ricordava di aver provato quanto flessuoso potesse
essere anche in altri campi il suo corpo.
Fu mentre cominciava a ponderare l’idea di non uscire
così
presto dalla camera – in fondo, non era ancora sorto del
tutto il
sole e pochi erano già svegli –, Sigyn ruppe il
silenzio
con un’insolita domanda.
«Principe, voi credete che tutto sia una menzogna in questo
mondo?»
Non c’era una particolare inclinazione nel tono di voce con
cui
pose la questione, forse unicamente una punta di curiosità.
Una
risposta sua, Loki, era certo che l’avesse e
quell’interrogativo era unicamente rivolto a conoscere la sua
di
opinione, quindi l’accontentò con la
sincerità che
solo con lei spendeva con frequenza insolita – mentre le
altre
volte faceva affidamento sulle sue capacità di discernere,
sotto
la melma di bugie e cose non dette, ciò che negava di essere
pronunciato dalla propria voce. E non gli servì capovolgere
la
domanda, bastò il sorriso di soddisfazione di lei per sapere
che
condivideva il suo pensiero, quindi si limitò a rimanere
lì dov’era, seduto a osservarla fino a quando non
fosse
stata pronta per percorrere assieme quella giornata – quella
successiva, e quelle future fino a quando sarebbe stato loro concesso.
«No, Sigyn, le bugie sono solo pezzi
del mondo, sue interpretazioni e queste passano tramite le parole. Sono
i nostri vocaboli a indurci a travisare, a scomporre e ricomporre al
rovescio la realtà. Ci sono cose che però non
passano
attraverso tale percorso, ci sono cose che non possono essere espresse.
Ci sono cose che si
sanno essere così e basta, non è
forse così, mia
Sigyn?»
M A N I
A’ s W
O R D S
Ed ecco l’ultimo capitolo. E ci infilo hastag a caso per
sottolineare il mio dolore #Sonomoltotriste #Piangotantelacrime #LokieSigynmimancherannoassai
Partiamo dalle note:
[1]
• È una
citazione di Fabrizio De Andrè. Ringrazio immensamente Maya90 che
è stata così gentile da trovare a chi
apparteneva, grazie!
[2]
• Vanaheimr, è il
Regno dei Vanir, ovvero gli Dei della Fertilità.
Ora, prima
dei saluti e
lacrime e commiati, specificazioni. La prima, partendo
dal fondo,
è una sottolineatura che spero in realtà non sia
necessaria, perché so che siete lettori attenti, ma io sono
pignola e mi piace sottolineare l’ovvio. Questa è
la prima
volta in cui Loki si rivolge a Sigyn senza mettere in mezzo
all’aggettivo possessivo al "devota", una scelta non fatta a
caso,
per rendere più intima la cosa – spero sia chiaro.
Seconda cosa,
io non sono proprio un’amante delle fic a rating rosso,
questo perché solitamente – la maggioranza, eh,
mica tutte – hanno
descrizioni scadenti e prive di patos – che persino i video
su
youporn ne contengono di più – e pure molto
ripetitive.
Dunque, non ritenendomi superiore alla maggioranza di chi scrive queste
scene, evito di farlo per scadere nello stesso errore e quindi mi evito
le descrizioni morbose dell'atto sessuale.
Terza cosa,
probabilmente qualcuno si attendeva se non il matrimonio,
almeno la proposta – Loki che fa una proposta di matrimonio,
scusate che rido e poi riprendo a fare le note /inserire svariati
minuti di pausa/ –, quindi forse sarete un po’
delusi da
tale scelta, me ne scuso. Ma troverete – forse,
chissà,
magari, non faccio spoiler! – maggiori soddisfazioni nella
raccolta che fa da seguito a questa – «OMMIODIO! Allora alla fine
c’è il seguito?!», vi
starete chiedendo, ma magari no, io tiro a indovinare, ma in ogni caso la risposta è
sì, e per maggiori approfondimenti andare al
prossimo punto.
Quarta specificazione,
come stavo dicendo c’è il seguito. Avevo in
un primo momento detto che avrei fatto la long, e invece niente,
perché ho cambiato trama a metà corsa dato che
non mi
soddisfaceva/stimolava/piaceva più e per un tot ho lasciato
perdere la stesura. Poi l’ispirazione è tornata e
ho
deciso che comunque manterrò lo stile di una raccolta,
nonostante vi sia una trama molto più elaborata –
decisamente di più - e non sia prettamente romantico come
genere
– se questo può essere poi romantico, diciamo che
lo
è per gli standard dei protagonisti, ecco. Le spiegazioni
per
questa scelta le darò nel primo capitolo che
posterò la
prossima settimana se tutto va bene, perché non voglio che
vi dimentichiate di
me, quindi posto velocemente! Il titolo sarà «Cuore
di sale»
- link inserito! Cliccate
sul titolo~ -, e niente, tutte le informazioni le
troverete al suo interno.
Sì, poi il capitolo è decisamente più
lungo del
solito, ma volevo che fosse bello pieno e ricco per la conclusione.
Insomma, una conclusione deve essere ben fatta, no? Quindi spero lo sia.
Ah, sì, mi sono fatta un nuovo banner. Yeeeh. No,
seriamente,
l’attrice è cambiata, perché nella
prima parte
della storia Sigyn era palesemente più piccola di Loki come
aspetto fisico, e la bellissima Natalie Dormer non poteva starci come
scelta. Ora che dimostrano più o meno la stessa
età
– ignorando che sono semi immortali e invecchiano
lentissimamente
-, ho usato lei. Comunque ora lo cambierò in tutti i
capitoli,
quindi niente, tutto questo discorso non vale – sono furba.
Detto ciò, vi ringrazio tutti quanti per avermi seguito fino
a qui. Soprattutto a
chi ha commentato,
perché queste persone non hanno reso mai vani i miei
aggiornamenti, il mio impegno e la mia voglia di continuare, quindi
questa raccolta è dedicata a loro – ovvero Helen L, Yoan Seiyryu, Zareal, Serendipity__, PaddyRockS, Cassandra14, Pitonia, Lakky e adhamico
e chi commenterà quest’ultimo capitolo
♥. Inoltre
un grazie anche a tutti coloro che hanno inserito la storia tra le
preferite/ricordate/seguite, e non vi cito solo perché siete
tantissimi, ma vi ringrazierei uno a uno se vi avessi qui davanti
♥
A presto,
Mania ▬
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