There is need of the Winchesters - CAPITOLO 3
Titolo: There is need of the Winchesters
Beta: Luthien (si ringrazia anche Gellie per alcuni consigli, tra cui il titolo - grazie mille ad entrambe per il vostro lavoro)
Fandom: Teen Wolf/Supernatural
Personaggi: da Supernatural (Sam e Dean)
da Teen Wolf (Stiles, Derek e Scott principalmente, ma un po' tutti, insomma)
Pairing: Stiles/Derek
Rating: Giallo
Genere: Mistero, Sentimentale, Commedia
Note e avvertimenti:
- Crossover
- What if? (Ci sono delle discrepanze con la serie, alcune cose che ho
preferito ignorare o su cui non concentrarmi: ho tralasciato
l'oscurità di cui parlava Deaton, si sa che Lydia è una
Banshee, ma non ho voluto approfondire. Comunque, in linea di massima,
seguo il canon).
Note dell'autrice:
- Capitolo: 3/16 (2764 words)
- Ambientato a Beacon Hills, circa sei mesi dopo la fine della 3x12
There is need of the Winchesters
3
Dean chiuse la porta della stanza 104 alle sue spalle, appoggiandosi contro di essa.
Doveva diavolo erano finiti lui e Sam?
Respirò affannosamente per un po', poi Dean riacquistò la calma.
Non vedeva l'ora di
risolvere anche quel caso e andarsene da quella città - e
lontano da quella vecchina soprattutto -, il prima possibile.
Dannati licantropi o
qualsiasi fosse la creatura mostruosa che si nascondevano a Beacon
Hills; proprio in quella città dovevano venire?
Las Vegas non sarebbe
stato meglio? Almeno avrebbe potuto andare al casinò, nel
frattempo. E bere e cercare una dolce compagnia.
Insomma, divertirsi.
Era tanto tempo che non si divertiva e avrebbe voluto trascorrere del
tempo con suo fratello in tranquillità, senza preoccupazioni.
Gli avrebbe fatto piacere se ci fosse stato anche Cas, anche se lui non
era esattamente divertente. Cas era in giro per i suoi affari angelici
da fin troppo tempo e non si faceva sentire mai.
Non era quello il modo di trattare degli amici, ma Cas non sembrava rendersene conto.
Al diavolo anche lui,
si disse, sfilandosi il completo e cercando tra i suoi vestiti qualcosa
di più comodo da indossare.
Cercò tra le sue cose anche il necessario per cucire, visto che non aveva dimenticato il lavoro che aveva da fare.
Per un momento
sperò che il ragazzino, Stiles Stilinski - non avrebbe mai
dimenticato il suo nome -, fosse una creatura soprannaturale,
così da avere un buon motivo per fargli saltare le cervella.
Si distese sul letto, appoggiando la schiena contro la testata, poi accese la tv.
Fece zapping per un po' fino a che non trovo una soap opera che seguiva con discreto interesse, il Dr. Sexy MD. Peccato che l'episodio fosse già iniziato.
Mentre seguiva la tv,
cominciò a cucire con una certa maestria. Doversi occupare di un
fratello minore che cresceva ad un ritmo fuori dalla norma e avere a
disposizione poco denaro, lo aveva costretto ad imparare un sacco
d'attività diverse. Il cucito e la cucina erano solo due delle
tante.
Improvvisamente, un
rumore fuori dalla finestra della camera attirò la sua
attenzione. Gettò da parte il completo e gli utensili che stava
usando, finendo per pungersi il dito con l'ago.
Emise un lamento di dolore. Chiunque fosse, avrebbe pagato anche questa.
Si alzò con uno scatto felino e recuperò la pistola che aveva lasciato nel cassetto del comodino.
Chi avrebbe potuto
essere? Sam sarebbe senz'altro passato dalla porta e nessun altro di
loro conoscenza sapeva dove si trovavano. Magari un demone?
Tolse la sicura all'arma e si accostò al muro di fianco alla finestra che dava sul parcheggio.
Si trovavano al primo
piano, sarebbe stato facile spiare da lì, anche se Dean non
comprendeva perché un demone avrebbe dovuto spiarlo,
anziché attaccarlo direttamente. Forse si sbagliava ed era
qualcun altro. Ripensò alla vecchia, proprietaria del motel,
armata di coltelli e rabbrividì. Forse era posseduta, questo
avrebbe spiegato molte cose!
Aprì la finestra di scatto, puntando la pistola a... nessuno.
Dean guardò in ogni direzione, ma non vide nessuno, la strada era completamente isolata.
Richiuse la finestra, ma ritenne più prudente versare una striscia di sale sul davanzale, per prevenire l'attacco di qualcosa.
Non si poteva mai sapere.
***
«C'è mancato un pelo» sospirò Scott.
Dopo aver
inavvertitamente sbattuto conto la finestra della camera dell'agente
speciale Dean Murdoch, Stiles era stato trascinato con energia
animalesca - letteralmente, assolutamente letteralmente - da Scott,
dietro un altro angolo della casa, per essere nascosti alla vista.
Stiles si
massaggiò la spalla. Scott doveva ancora imparare a controllare
completamente l'energia da Alpha che si ritrovava, prima di finire per
staccargli un braccio per sbaglio.
«Hai visto il motel in cui vive? Perché l'F.B.I. non gli riserva una camera in un posto migliore?»
Scott scosse la testa. «Non lo so, carenza di fondi?»
Stiles gli
riservò un'occhiataccia. «No, idiota. I vestiti erano di
pessima fattura, con degli strappi sul polsino. La macchina non
è quella tipica di un agente e vengono da Seattle. Da
Seattle!» cominciò ad elencare, segnando i punti con le
dita. «Sempre che sia vero che vengano da lì»
aggiunse, poco convinto. Quella gli era sembrata la balla più
evidente di tutte.
«Va bene, sono
d'accordo. Ci sono delle cose che non tornano, ma magari la faccenda
è molto più innocente di quanto tu non creda.»
Stiles rise con
ironia. «Sì, innocente.» Non sapeva ancora di cosa
si trattasse, ma quei due agenti non erano chi volevano far credere, ne
era certo. «Hai visto quando ha puntato la pistola contro... beh,
noi? Nessun: “su le mani, sono dell'F.B.I.”.
Perché?»
Scott sembrò
combattuto. «Va bene» disse, dopo aver riflettuto.
«Rimaniamo ad osservare la situazione ancora un po', sperando di
non farci arrestare.»
«Grazie, amico! La tua fiducia conta molto per me!» esclamò Stiles, battendo la mano sulla spalla di Scott.
***
«Dean, abbiamo un problema» fu la prima cosa che gli disse Sam, quando gli telefonò.
Il cuore di Dean si
fermò, perché, nel loro mondo, avere un problema non
significava mai “mi si è rotta la lavatrice” o
“ho dimenticato di pagare una bolletta”, ma, piuttosto,
disastri naturali, apocalissi, demoni, inferno... Insomma, nulla di
buono.
Dopo tutto quello che
era successo a lui e a Sam, credeva di aver ragione ad essere
preoccupato quando qualcuno pronunciava le nefaste parole:
“abbiamo un problema”.
«Che
succede?» chiese Dean, cauto. Forse era meglio se controllasse
che tutte le armi fossero apposto. «Demoni? Licantropi o
qualsiasi altra cosa alla nostra port...?»
«Zitto,
zitto!» lo riprese Sam. «Il nostro problema, anzi due,
hanno diciassette anni e, in questo preciso momento, ti stanno spiando
fuori dalla finestra.»
«Cosa?!» Sam aveva perso la testa? Di cosa stava parlando?
Sam sbuffò.
«Ti sto dicendo che due ragazzi ci hanno seguito - ehi, uno dei
due è il figlio dello sceriffo! - e ti stanno spiando dalla
finestra.»
Dean si girò
verso la finestra incriminata della stanza, ma, dal punto in cui era,
non vide nessuno. «Dove sei?»
«Sono appena arrivato, sono nel parcheggio del motel e... Dean, se ne stanno andando, muoviti!»
La telefonata venne
chiusa bruscamente. Dean si precipitò alla finestra, la
aprì e saltò giù, precipitando nel cortile del
motel.
Guardò davanti a sé e vide, esattamente come aveva detto suo fratello, due ragazzi che stavano scappando.
Uno dei due - Stiles, si rende conto - aveva una velocità nella media, mentre l'altro era spaventosamente veloce.
In ogni caso, a
frenare la loro corsa c'era Sam, che estrasse la pistola e urlò:
«Fermatevi! Vogliamo solo parlarvi!»
Uhm, da quando adottavano la politica: “prima facciamo le domande, poi spariamo”?
Stiles e l'altro
ragazzo si fermarono di colpo, strusciando le scarpe sul terreno, poi
si girarono verso di lui, probabilmente per tentare di scappare nella
direzione opposta.
Naturalmente, fu un tentativo vano, perché trovarono Dean sulla loro strada.
«Perché
mi stavate spiando?» chiese Dean, avvicinandosi di qualche passo,
le braccia tese in avanti e il dito premuto sul grilletto.
«Non qui, Dean.
Andiamo dentro» suggerì Sam e Dean non poté dargli
torto. Anche se il motel era fuori dal centro cittadino, sarebbe
comunque potuto passare qualcuno.
«Non qui? Non qui cosa? Volete ucciderci e nascondere il nostro corpo dopo averlo fatto a fette?»
Tutti ignorarono i vaneggiamenti di Stiles.
«Possiamo spiegare» disse l'altro ragazzo. «Io mi chiamo Scott e non avevamo cattive intenzioni.»
«Oh,
certo!» esclamò Dean, con sarcasmo. «Perché
tutte le persone che spiano hanno buone intenzioni, vero?»
«Già,
perché agenti dell'F.B.I. che si fingono tali ne hanno,
vero?» disse Stiles con il suo stesso tono.
Come aveva capito che stavano fingendo? Dean boccheggiò.
«Sentite, ragazzi. Non vogliamo farvi del male, vogliamo solo sapere cosa stavate facendo qui.»
«Bene,
parliamo» disse Scott e Dean decise che gli era decisamente
più simpatico di quell'altro, che era più sarcastico e
supponente. Gli ricordava qualcuno.
«Scott, non è un'idea pessima, di più» disse Stiles.
«Non abbiamo altra scelta.»
Stiles sbuffò. «Bene, fateci strada.»
***
Farsi scoprire dai
due agenti - o qualunque fosse la loro vera identità - non era
esattamente nei piani di Stiles, ma non c'era nulla che potesse fare
per cambiare la situazione.
L'interno del motel,
e, più precisamente, la stanza di Dean e del gigante era
esattamente in linea con l'esterno dell'edificio: modesto, maltenuto. A
Stiles ricordava molto il motel dov'era stato tempo prima con Scott e
gli altri, quello famoso per il numero di omicidi avvenuti al suo
interno.
Ricordava con orrore
quella giornata; avevano creduto per ore che Derek fosse morto, Scott
aveva avuto un crollo causato dal senso di colpa e quasi tutti i loro
amici erano stati incantati dal Darach, arrivando quasi a suicidarsi
sotto l'effetto del maleficio.
Prima che potesse
rendersi conto di quello che succedeva, a lui e Scott venne gettata
dell'acqua sul viso. Stiles guardò i due agenti come se fossero
impazziti, anche se dalle loro facce sembravano assolutamente seri. Che
l'acqua non fosse solo acqua, ma qualcosa di velenoso e/o acido? Non
stava sentendo alcun tipo di bruciore e non si stava accasciando al
suolo, comunque.
«Che diamine vi
è preso?!» esclamò Stiles, mentre Scott si
asciugava il viso con la manica della maglietta.
«Stiamo solo controllando» disse Dean.
Dovevano essere
davvero fuori di testa... completamente fuori di testa e lui e Scott
erano chiusi in una stanza insieme a loro. Questo non poteva finire
bene.
Dean e l'altro agente
presero un sacchetto pieno di granelli bianchi, che sembrava sale
grosso, e anche quello venne gettato contro di loro.
I due parevano sempre più soddisfatti ogni volta che li colpirono con qualcosa.
Poi fu la volta di un coltello d'argento, che venne appoggiato rudemente sulla loro pelle, senza ferirla.
«Avete finito?» chiese Stiles, ironico.
«Che cosa
intendete dimostrare?» domandò invece Scott e Stiles
temette che si stesse arrabbiando. Ci mancava solo che si trasformasse
davanti ai due agenti.
«Nulla, è tutto apposto, adesso» disse Dean, minimizzando.
«Scusateci, ma
erano test necessari.» Beh, almeno Sam sembrava sinceramente
dispiaciuto del loro assurdo comportamento. E poi... test per
dimostrare cosa?
«Potete accomodarvi» aggiunse Sam.
Ancora un po' sorpresi
– traumatizzati – dal comportamento degli altri due, Stiles
e Scott si sedettero sul bordo dei letti singoli, mentre i due agenti
erano davanti a loro, a braccia conserte, che li tenevano d'occhio.
Si rendeva conto che
qualsiasi mossa non sarebbe stata saggia, viste le armi che
disponevano. Sembravano anche saperle usare fin troppo bene, a dire il
vero.
Gli ricordavano molto... «Oddio, siete cacciatori, non è vero?» disse, prima di riuscire a trattenersi.
Scott si voltò
a guardarlo, come se avesse avuto un'illuminazione. «Lui ha
nominato i licantropi, mentre parlava al telefono.»
«Siete
imparentati con gli Argent, per caso? Guardate che c'è
già una famiglia di cacciatori in città.»
I due cacciatori si
guardarono, sorpresi che qualcuno avesse capito cosa nascondevano.
«Ci sono altri cacciatori in città?» chiese Dean, a
nessuno in particolare.
«Come fate a
conoscere i licantropi? Vi siete già trovati ad avere a che fare
con questi mostri?» chiese l'altro cacciatore.
Stiles trattenne il
respiro. Si scambiò uno sguardo preoccupato con Scott. I due
cacciatori non sembravano vedere di buon occhio i lupi mannari, far
sapere che Scott lo era sarebbe stato uno sbaglio e far sapere quanti
di loro frequentavano il liceo ancora di più. Tacere era la
priorità, per loro due e anche per il branco di Scott.
«Sì. In
città c'è stato un Alpha cattivo, più di un anno
fa. Con l'aiuto degli Argent - che si occupano di uccidere i lupi
mannari che uccidono persone - siamo riusciti a liberarci di lui»
spiegò Scott.
Il suo migliore amico
non aveva affatto mentito, aveva solo tralasciato un "grossa" fetta di
verità. Per esempio, che il suddetto lupo mannaro cattivo era
resuscitato e che, a quanto ne sapevano, ora viveva in un lussuoso
appartamento, che molte delle persone che conoscevano erano lupi
mannari e... insomma, tutte le informazioni che rischiavano di mettere
a repentaglio la loro vita.
«E voi?» chiese Stiles, rigirando la frittata. «Chi siete e perché siete qui?»
«Io sono Sam
Winchester» si presentò il ragazzo più alto.
«E lui è mio fratello Dean. Non ci occupiamo di scacciare
ogni tipo di creature della notte: demoni, fantasmi,
licantropi...»
«Qualsiasi cosa possa uccidervi, ragazzi» aggiunse Dean con un sorriso che a Stiles non piacque per nulla.
Sam rivolse
un'espressione esasperata a suo fratello, poi tornò a
concentrarsi su di lui e su Scott. «Un nostro amico ci ha
chiamato, parlandoci di strane morti e chiedendoci di intervenire. Per
questo siamo qui, per aiutarvi e per aiutare questa città.»
Era senz'altro un proposito nobile, Stiles dovette ammetterlo, anche se non approvava il loro pensiero di base.
Dean scrollò le spalle. «È quello che proveremo a fare.»
Stiles non voleva il loro aiuto e di sicuro non si fidava di loro.
«Perché vi fingete agenti dell'F.B.I.? Perché non lo siete, vero?» chiese Scott.
Sam rise, scuotendo la
testa. «No, decisamente no. È l'unico modo che abbiamo per
poter indagare da vicino sui casi, ogni volta che arriviamo in una
nuova città.»
«È la
prima volta che scoprono chi siamo veramente.» Dal tono che
usò Dean non parve contento della cosa.
Questo particolare fece sorridere Stiles.
«Per questo ci avete seguito? Perché sospettavate la verità?» chiese Sam.
Stiles annuì. «Non sembravate agenti, eppure non riuscivo a spiegarmi perché stavate indagando.»
«Sentite,
ragazzi. Noi vogliamo solo sapere chi è il mostro che sta
uccidendo quelle persone, perciò tenetevi per voi quello che
sapete su di me e Dean, d'accordo?»
«D'accordo, ma vogliamo collaborare con voi.»
Stiles si voltò
a guardare Scott. Il suo amico doveva essere impazzito, perché
non esisteva che avrebbero collaborato con due coglioni montati che
credevano di poter classificare delle creature soprannaturali secondi i
loro criteri. «Scott» lo riprese, ma questi lo
ignorò, continuando a fissare Dean e Sam.
«Siete solo dei ragazzini!» esclamò Dean. «Assolutamente no!»
Oh, Stiles avrebbe
voluto vedere la sua faccia se avesse saputo cosa nascondevano i due
ragazzini. Sarebbe rimasto scioccato, di sicuro.
«Abbiamo visto molte più cose di quante immaginiate.»
Stiles non aveva proprio idea quale fosse il piano di Scott, ma decise di tacere.
Sam si avvicinò
a Dean, posandogli la mano sul braccio. «Dovremo dargli fiducia,
Dean. Sembrano sapere con cosa hanno a che fare.»
Non ne avevano idea.
Dean tentennò,
poi sbuffò, alzando le braccia al cielo. «Va bene,
d'accordo. Si tratterà di un collaborazione reciproca.»
Scott annuì e
si alzò in piedi, imitato subito da Stiles. «Noi dovremo
andare a casa, adesso, ci faremo sentire.»
Alcuni minuti dopo erano di nuovo nel parcheggio, a pochi metri dalla jeep di Stiles.
«Non mi fido di loro. Credo non abbiano nemmeno un codice, a differenza degli Argent.»
«Nemmeno io, ma i nemici dei nostri nemici sono nostri amici. Almeno fino a che non danno problemi.»
Stiles sorrise. «L'hai imparato da Deucalion, questo?»
Scott rise. «Più o meno.»
***
«Cora, hai
sentito Scott, Stiles o qualcuno altro di loro nelle ultime
settimane?» chiese Derek alla sorella, durante la cena.
Cora sollevò la
testa, fissandolo come se non si fosse aspettata quella domanda.
«Non di recente, ma qualche volta sì. Perché questa
domanda?»
«Ho sentito
Scott. Ci sono stati degli omicidi, forse opera di un lupo
mannaro.» Derek scosse la testa e riprese a mangiare.
«Lascia stare. Non è più compito nostro
aiutare.»
Lui e Cora si erano lasciati alle spalle Beacon Hills e con essa tutto quello che succedeva al suo interno.
Poi, Derek
rammentò tutto quello che il branco di Scott aveva fatto per sua
sorella Cora, perché era così che erano fatti i loro...
amici? Loro tentavano di aiutare chi aveva bisogno, anche se lo stesso
Derek era responsabile dei molti guai che li avevano travolti.
«Vorresti sdebitarti per quello che hanno fatto per noi?» gli chiese Cora, come se gli avesse letto nella mente.
Sì, ma era anche una questione di fare qualcosa per qualcuno a cui teneva.
«O usi questa scusa per non ammettere che vorresti tornare lì e basta?»
«Forse» concesse, sincero. «Ma non ti lascerò, non un'altra volta.»
Aveva creduto che Cora
fosse morta per sei anni, non poteva perderla di vista un'altra volta.
Era già stato un pessimo Alpha, non sarebbe stato anche un
pessimo fratello.
Cora sorrise.
«Derek, non mi stai lasciando, questa volta non è un
incendio a dividerci. Potremo comunque telefonarci, sentirci tramite
internet – se tu decidessi di dare il benvenuto alla tecnologia,
fratello – e andarci a trovare ogni volta che vogliamo.»
Gli prese la mano e la strinse. «Non sarebbe un addio, non questa volta. Ricorda anche che tra pochi mesi frequenterò il college, saremo comunque lontani.»
Derek stesse zitto. Era inutile che replicasse alla pura e semplice verità.
«So che non hai
stretto nessun vero legame da quando sei qui - e non sto parlando della
signora Wood -, forse Beacon Hills potrebbe non essere così male
per te.»
Come se non gli avesse
appena detto di fare i bagagli e tornarsene da dov'era venuto, Cora
riprese a mangiare, gustandosi la cena.
Derek rimase in
silenzio a guardarla, combattuto. Le uniche donne della sua vita gli
avevano dato un parere simile, forse doveva smetterla di temporeggiare
e prendere una decisione.
«Hai bisogno di aiuto con le valigie?»
Se non fosse che qualcuno avesse già deciso per lui.
[to be continued...]
Nota: Una
lettrice mi ha fatto notare che l'Agente William dello scorso capitolo
di cognome fa Campbell, come la parte materna della famiglia
Winchester. Voglio precisare che è un caso, davvero, gli unici personaggi presi da Supernatural sono e rimarranno Sam e Dean.
Spazio Autrice: Bentornati!
Finalmente, Stiles e Scott si sono trovati faccia a faccia con Dean e
Sam. Da un certo punto di vista si potrebbe dire che il vero crossover
inizia adesso.
Tra l'altro, nel prossimo, finalmente, torna ufficialmente Derek! Quindi, sì, arriva anche la prima scena con Stiles.
Tornando a questo capitolo... spero vi abbia divertito. Ho dato una
storyline volutamente leggera ai Winchester, tralasciando, almeno per
questa volta, il dramma continuo che attraversano i due fratelli.
La prima volta che ho scritto questo capitolo, la scena del "proviamo
se Stiles e Scott sono umani" non esisteva, ma una mia amica (grazie,
Deb. <3) mi ha fatto notare che sembrava strano che Sam e Dean non
avessero fatto nemmeno una prova. Devo aggiungere anche che l'argento
fa male solo ai licantropi di SPN, mentre ai licantropi di Beacon Hills
no. Dean e Sam, se avete notato, non gettano detersivo addosso a Stiles
e Scott (solo acqua santa), perché, sebbene non abbia dato una
collocazione precisa, per Dean e Sam si tratta di un periodo precedente
alla settima stagione (quindi prima dei Leviathan). Probabilmente
è una sesta stagione (ma niente souless!Sam o Lisa), è un
momento tranquillo.
Nel prossimo capitolo:
Dean rimane affascinato dalla cucina del nipote della proprietaria del
motel (primo cameo di un personaggio da un altro universo, da un libro
davvero famoso. Chi sarà?) e Stiles si trova in pericolo, ma i
cavalieri con i denti aguzzi arrivano sempre al momento giusto.
Detto questo, spero che il terzo capitolo vi sia piaciuto.
Alla prossima settimana!
Ilaria
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