Un
momento
Baelfire
siede a gambe incrociate su una branda, mentre Killian
ispeziona rapidamente le coperte che trova sulle amache. Ce ne sono di
sbrindellate e sfilacciate, ma la maggior parte puzza peggio di una
distilleria.
Loro
due sono gli unici a trovarsi sottocoperta, al momento, e i soli
suoni che si odono sono il rollio del mare e il cigolio della nave.
L’uomo
sente chiaramente lo sguardo curioso di Baelfire sulla
propria schiena, ma cerca di ignorarlo e continua la propria ricerca.
«Qual
è il tuo nome?» chiede
improvvisamente il ragazzino.
La
domanda è così inaspettata che il pirata
si blocca e si gira verso Baelfire.
«Come?»
La
lanterna che illumina l’alloggio getta una luce dorata
sulle guance del ragazzo e sui suoi capelli neri, mentre le ombre si
dilatano e si allungano all’oscillare della nave.
«Il
tuo nome» ripete Baelfire, inclinando appena la
testa e scrutandolo senza discrezione. «Non puoi esserti sempre chiamato Uncino».
L’uomo
rimane un istante senza parole. Ormai, è
più abituato al suo pittoresco soprannome – un
regalo del padre di Baelfire, tra l’altro, così
come il suo moncherino sinistro – che al suo nome vero.
«Killian»
dice, non appena si riprende dalla
sorpresa. «Killian Jones».
«Killian»
ripete Baelfire, lentamente –
Baelfire pensa troppo per essere un quattordicenne, Killian ne
è convinto.
Dopo
un istante, il ragazzino si raddrizza e gli rivolge un sorriso.
Sorride
raramente, ma quando lo fa è come vedere il sole
spuntare da dietro le nuvole. Allora, l’adulto che Baelfire
è diventato troppo in fretta scompare, e lascia spazio al
bambino.
«È
un bel nome» dice il ragazzino.
Killian
non sa spiegarsi perché i suoi occhi brillino
così tanto. Non è avvezzo a certe cose, lui, non
è abituato a trattare con i ragazzini.
«Ti
ringrazio» dice, dopo un lungo silenzio.
Baelfire
scrolla le spalle, concentrando la propria attenzione sulla
manica larga dell’abito che indossa. Non lo sa, ma quei
vestiti appartenevano al giovane mozzo della Jolly Roger, ormai finito
a rimpolpare le file dei Bimbi Sperduti.
«Non
devi ringraziarmi» risponde, mentre cerca di
strappar via uno dei fili che penzola dal polsino.
«È la verità».
C’è
un attimo di silenzio. Killian non si trova
mai tanto a corto di parole quanto quando ha a che fare con quel
marmocchio. Baelfire è… spiazzante.
In
mancanza di alternative migliori, l’uomo torna a voltarsi
verso le amache… Quando finalmente trova una coperta che non
puzzi troppo di alcol e sudore, la prende e si gira per gettarla a
Baelfire, che la accoglie nel proprio grembo.
«Ecco
qui» annuncia il pirata.
«Così non avrai più freddo».
Non
è stato Baelfire a chiedergli una coltre supplementare,
ma Killian dorme poco – la vendetta non è un
pensiero soporifero – e lo ha sentito rabbrividire e battere
i denti. Lo ha anche sentito chiamare suo padre nel sonno, ma a questo
preferisce non pensare.
«Grazie»
dice il ragazzino, rischiarandosi. Un
momento dopo, è già tornato serio. «Mi
dispiace essere un disturbo».
Una
tale mansuetudine è strana, su quelle labbra che hanno
già mostrato non poca audacia.
«Se
tu fossi un disturbo» replica Killian,
«ti avrei già rigettato in mare».
Baelfire
non replica, ma le sue mani si contraggono sulla coperta.
L’uomo
si pente immediatamente della propria uscita. Non
serve avere esperienza coi bambini, per capire che esprimere
l’idea di sbarazzarsi di un ragazzino che è
già stato abbandonato da entrambi i suoi genitori
– sì, anche da Milah, per quanto lui odi pensarlo
– non è esattamente geniale.
«Ma
ormai» si affretta ad aggiungere, detestando
l’idea di risvegliare la sua diffidenza, «fai parte
di questo equipaggio».
Baelfire
s’illumina. «Davvero?»
Killian
allarga appena le spalle. «Sicuro».
«Allora…»
Il ragazzino abbassa lo
sguardo sulla coperta, poi lo risolleva sull’uomo.
«Potrei anche diventare capitano».
Audace,
senza dubbio. Anche un po’ insolente.
Killian
fa un sorriso storto. «Ti sarei grato se quel posto
lo lasciassi a me, Bae».
«Vedrò
di accontentarmi» acconsente
Baelfire, con aria così seria da sembrare spaventosamente
sincero.
Per
un istante, Killian arriva quasi a preoccuparsi.
Il
ragazzino si guarda attorno, e improvvisamente la sua schiena
è più dritta, il suo mento più alto.
E
Killian capisce di essersi guadagnato un altro po’ della
sua fiducia – o, quantomeno, la sua gratitudine.
Scaccia
qualsiasi traccia di senso di colpa… Non
è a causa sua se Milah ha lasciato suo marito e suo figlio
– è a causa di Tremotino, della sua codardia, e
dalla sua incapacità di rendere felice la donna.
«Credo
sia ora di mangiare» annuncia Baelfire,
interrompendo i suoi pensieri.
Le
parole di Killian sembrano avergli restituito una certa sicurezza.
Lui
sa già dov’è la cambusa, quindi
mette da parte la coperta e si alza in piedi, ma lo fa troppo in
fretta, e rischia di perdere l’equilibrio per il dondolio
della nave.
Killian
si protende in avanti e gli afferra il braccio, evitandogli un
bel capitombolo.
Baelfire
lo guarda da sotto quella sua gran massa di ricci scuri.
«Uhm… Grazie, Killian».
Uncino, lo chiama
chi lo teme.
Capitano, lo chiama
il suo equipaggio.
L’uomo
non è più abituato al suono del
proprio nome.
Baelfire
sfugge alla sua presa, dirigendosi verso la cambusa
– fa più attenzione a stare in piedi, adesso.
Killian
lo segue con lo sguardo. Per un assurdo, assurdo momento,
vorrebbe solo dirgli: Grazie
a te, Baelfire – e non
perché lui gli ha inconsapevolmente fornito la chiave della
sua vendetta.
Fa
per seguirlo, e non sa ancora che, quando lascerà il
ragazzo ai Bambini Sperduti, questo sarà uno dei momenti che
fingerà di non ricordare per mettere a tacere la propria
coscienza.
Note:
Non avete idea da quanto volevo scrivere qualcosa su Bae e Killian (vorrei anche dare un calcio in culo al pirata per aver venduto Bae, ma pazienza)
:’)
E no, non ho ancora superato la 3x15… ma spero di essere
riuscita a fare un lavoro almeno decente.
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