Buongiorno!
Per prima cosa mi scuso per questo ritardo, ma un pò di
situazioni personali mi hanno rubato tempo e "testa" per dedicarmi alla
stesura della storia (sono stata anche poco presente nel fandom, ma ora
recupererò leggendo tutti gli aggiornamenti delle belle
storie che seguo e di quelle pubblicate nel frattempo!).
Detto questo, ringrazio come sempre chi legge e commenta, e chi legge
semplicemente!
Per qualche altra piccola nota sul capitolo, mi prendo il solito
spazietto in fondo.
A presto.
Sere
Alcuni giorni passano semplicemente come se niente fosse e
alcuni giorni sono indimenticabili
Non possiamo scegliere un motivo
Ma possiamo decidere cosa fare da quel
giorno in poi
Perciò con quella speranza, con
quella determinazione
Rendiamo il domani un giorno
più luminoso e un giorno migliore
"Be the
light" - One ok
rock
Quando Yuki si sveglia non è più un buio
impenetrabile ad accoglierla, ma un confuso gioco di ombre.
Chiude ed apre gli occhi più volte, quasi timorosa di
sperare
che sia il segnale positivo di cui Makoto le ha parlato e che potrebbe
costituire l'inizio della guarigione.
Però le ombre rimangono lì, nonostante il tempo
stia
passando, e lei si ritrova a sorridere, felice che quella giornata
inizi sotto un buon auspicio come quello.
Il pensiero subito successivo è quello di voler condividere
immediatamente la notizia con Harlock, così decide che
è giunto il momento di riprovare ad alzarsi da quel letto su
cui
inizia a sentirsi sempre più impaziente.
Scosta le lenzuola e lentamente sposta le gambe oltre il bordo, per
provare a mettersi seduta. Avverte subito una fitta al costato, ma
stringe i denti e continua a rizzare il busto, sino a che è
del
tutto sollevato.
Le gira un pò la testa, ma del resto ha iniziato soltanto da
qualche giorno
a consumare dei pasti solidi, invece che nutrirsi attraverso gli
integratori che le venivano somministrati per vena.
Ha voglia di ritrovare
le forze e la sua indipendenza.
Asami ha avuto davvero mille premure verso di lei, oltretutto
dimostrando una sensibilità che l'ha aiutata a superare i
momenti di imbarazzo maggiore durante quel periodo di
infermità,
ma adesso sente il bisogno di tornare a contare solo su sè
stessa.
Il capogiro è passato, allora con calma inizia ad alzarsi,
facendo leva con le mani sul materasso. Non è sicuramente
stabile, però non è nemmeno sul punto di cadere
come le
è successo qualche giorno prima.
Poi arrossisce, perché il ricordo di quello che è
avvenuto dopo ancora le annoda lo stomaco per l'emozione.
Harlock l'ha baciata.
Quella è stata la prima volta,
perché poi lo ha
rifatto ancora, ancora e ancora... l'ultima volta è stata la
sera prima.
Un bacio dolce e
famelico allo stesso tempo.
No, non deve andare in quella direzione con i pensieri, se non vuole
rendere le sue gambe più deboli di quanto non lo siano
già di loro.
Deve concentrarsi su quello che si appresta a fare, ecco la cosa
più giusta a cui pensare.
Allora prende un bel respiro e poi muove qualche passo, le mani tese in
avanti sia come protezione, che come guida, per evitare eventuali
ostacoli.
Le ombre sono davvero confuse, non riesce a scorgervi nulla che le
possa dare un'idea di quello che la circonda, così avanza
con
cautela, fino a che non va a sbattere contro quella che deve essere una
sedia.
Le sue mani esplorano l'oggetto, confermandole che si tratta proprio di
una seggiola di plastica. L'aggira, ricominciando a camminare e dopo
qualche passo ancora finalmente è la superficie liscia di un
muro quella che incontra.
Ora non le resta che seguirlo sino a che non incontrerà la
porta, che per logica deve trovarsi alla sua sinistra. Percorso qualche
metro, le sue deduzioni trovano conferma: è arrivata alla
porta.
La apre e per un attimo rimane incerta sulla soglia.
Non è paura la sua, perchè ha affrontato l'ignoto
in posti
dove il pericolo in agguato poteva essere davvero mortale, forse
è più...
In realtà non lo sa cos'è quell'emozione che le
stringe lo stomaco, però non la fermerà di certo.
Di nuovo respira profondamente e poi lascia la stanza, spingendosi nel
corridoio, la mano destra appoggiata al muro per guidarla e quella
sinistra in avanti per evitarle spiacevoli scontri.
Procede a piccoli passi, per non affaticarsi e per ridurre la forza
dell'eventuale impatto se dovesse andare a sbattere contro qualcosa.
- C'è una scala poco più avanti.
Ancora prima della voce, a farla sobbalzare è stato il
braccio
che le è scivolato intorno alla vita e che l'ha stretta
al corpo saldo di Harlock.
- Scusami, pensavo mi avessi sentito arrivare, non volevo spaventarti.
Al momento Yuki è impegnata a controllare i battiti
impazziti
del suo cuore, perché il contatto con lui le fa ancora
quell'effetto devastante.
- Yuki?
Sente comparire nella sua voce una sfumatura preoccupata, mentre la
stretta su di lei si rafforza leggermente e allora si costringe ad
articolare una risposta.
- Ero.. ero concentrata su quello che stavo facendo, credo sia per
questo che non ti ho sentito arrivare.
Sono fermi, ora è praticamente appoggiata a lui, che
continua a tenerla saldamente per la vita. Lo sente incombere su di
lei e le trasmette la
sensazione confortante di trovarsi al sicuro.
Potrebbe morire felice
tra quelle braccia...
Dovrebbe inorridire di un simile pensiero, invece lo trova
sincero: se dovesse lasciare questo mondo, è li che vorrebbe
che avvenisse.
- Forse era meglio aspettare che ci fossi stato io o Sasuki-san ad
aiutarti. Sei ancora molto debole, rischi di cadere e farti male.
- Non potevo aspettare. Ho una bella notizia da darti: i miei occhi
iniziano a vedere delle ombre.
- E' davvero...
Ad interromperlo giungono dei passi che stanno salendo per le scale e
lo sente irrigidirsi impercettibilmente.
- Oh, bambina, cosa ci fai in piedi? Harlock-san, avrebbe dovuto
impedirle di farlo!
Non è che Asami lo stia proprio rimproverando,
perchè il
tono con cui gli si è rivolto contiene soggezione e
rispetto,
però non nasconde lo stesso un certo disappunto.
- Non è colpa sua, Asami. Ero già fuori dalla mia
stanza quando mi ha raggiunto.
Le è venuto istintivo difenderlo, come ha sempre fatto anche
in
passato, non potendo concepire di vederlo ingiustamente accusato,
neanche di una cosa della minima importanza come quella.
- E poi volevo comunicare la bella notizia: inizio ad intravedere
qualcosa!
- Oh, per tutti gli Dei, è davvero una bellissima notizia!
L'esplosione di gioia della donna la fa sorridere, perchè ne
riconosce l'assoluta sincerità.
- Ti sei fatta subito perdonare, bambina. Anzi, bisogna festeggiare!
Stavo venendo a controllare se eri sveglia per portarti del
tè e
qualche biscotto per colazione, ma a questo punto direi che potresti
scendere in cucina, così ti faremo compagnia.
In tutto questo, ha notato che Harlock non si è scostato da
lei nel tentativo di
rendere meno intimo il loro contatto, quindi nemmeno lei si
è
preoccupata di farlo.
- Per me va bene. Per te, Harlock?
La risposta giunge in maniera del tutto inaspettata, perchè
lo
sente piegarsi per passarle l'altro braccio sotto le ginocchia e
sollevarla da terra.
- La seguiamo, Sasuki-san.
Nel suo tono non c'è imbarazzo o incertezza, così
lei si
permette di godersi quell'ulteriore intimità, posando la
guancia contro
il suo petto e passandogli le braccia intorno al collo.
Le pare di sentire lo sguardo di Asami osservarli, ma poi a catturare
tutta la sua attenzione è il battere lento e ritmico del
cuore
di Harlock, un suono da cui vorrebbe farsi cullare all'infinito.
Quante volte lo ha
sognato?
I passi della donna stanno già scendendo le
scale, ma ancora lui non si è mosso.
- Qualcosa non va?
Un brivido le scende lungo la schiena mentre glielo domanda, timorosa
adesso che quell'incantesimo si possa spezzare.
- No, niente. Solo che... il tuo sorriso... credevo non lo avrei
più rivisto, Yuki.
Quello che le ha appena detto irrompe dentro di lei con una forza
inaudita, perchè contiene una tale complessità di
emozioni che la riduce al silenzio.
- Ha sempre avuto il potere di farmi provare delle emozioni che pensavo
non mi appartenessero più.
Yattaran si sta
esibendo nella
sua migliore imitazione di sempre e lei sta ridendo da almeno dieci
minuti buoni, tanto che ha persino lo stomaco indolenzito.
- Ti prego, fermati, o starò male sul serio.
L'amico, giusto per completare il quadro, ha indossato un lungo
grembiule e non accenna a darle tregua.
- Fratelli, oggi è un giorno per noi lieto.
Si posiziona dietro di lei, che è seduta a gambe incrociate
sulla sedia e con un mestolo finge di tenerla sotto tiro.
- Abbiamo finalmente catturato il secondo ufficiale in comando
dell'Arcadia.
La pungola con il mestolo sui fianchi e lei ride ancora di
più.
- Yuki Kei, potremmo immediatamente giustiziarla per i crimini commessi
sinora, ma le lasciamo invece un'ultima possibilità:
rinneghi i
suoi compagni e quel terrorista di Capitan Harlock.
La pungola ancora , mentre finge di aspettare una sua risposta.
- Ci dica dove sono state piazzate tutte le bombe e noi le promettiamo
una cella con bagno privato, vista sulla Terra Madre e la
possibilità di gustare dell'ottimo tè preparato
da me personalmente.
- Il sommo Plenipotenziario sa anche fare il tè? Ma allora
è un uomo da sposare!
Ridacchia anche Yattaran, adesso, godendosi quel momento
così ilare
tra di loro. Sanno entrambi che i loro giorni vanno vissuti come se il
domani non offrisse garanzia certa di esserci ancora.
- Yuki Kei, non renda la sua posizione ancora più difficile
offendendo il Gran Consiglio degli Intelligentoni. Certo che so
preparare del tè. Non è delizioso quello che sta
gustando adesso?
Si volta leggermente verso di lui e gli fa una specie di riverenza.
- Assolutamente.
- E allora, non metta più in dubbio la mia parola.
Piuttosto,
cosa ha deciso di fare? Rinnega e le prenotiamo un posto nella nostra
colonia carceraria extra-lusso?
- Devo pensarci ancora un pò.
Il mestolo la colpisce in testa e le provoca un altro attacco di risa.
E' stata una giornata pesante quella appena trascorsa, hanno piazzato
la settantanovesima bomba e non è stata affatto una
passeggiata.
- Le diamo mezz'ora di tempo... giusto il tempo che le
servirà
per una doccia e poi l'aspetto nella mia cabina per la nostra sessione
di shogi* quotidiana.
Yuki però è svelta a scendere dalla sedia e ad
afferrarlo per il grembiule.
- Eh, no, caro il mio Plenipotenziario. Mi devi dare almeno un'ora
abbondante!
- Dai, Yuki! Io in un'ora me ne faccio tre di docce!
Yattaran è tornato ad essere se stesso e sta sbuffando
spazientito, mentre si sfila il grembiule.
- Ma devo anche finire questo delizioso tè preparato dalle
tue dolci manine.
L'amico le lancia un'occhiata di fuoco.
- Non provare a lusingarmi, sai che odio aspettarti! Tra tutti i tuoi
difetti, quello di tirare in lungo è il peggiore in assoluto!
Lei ride, mentre torna a sedersi.
- Al massimo ti concedo quaranta minuti, ma non uno di più.
Lei scuote la testa.
- Ah, ah...un'ora, non un minuto di meno!
I passi pesanti di Yattaran stanno già lasciando la cambusa.
- Strega! Andrò a lamentarmi con il Capitano in persona! Non
si
può avere un secondo ufficiale così insubordinato!
- Insubordinata ma in gamba! Hai sentito anche tu cosa ha detto al mio
rientro, vero?
Le sue parole sono accolte da una serie di minacce improbabili che
hanno solo il potere di metterla ancora più di buon umore.
Quei battibecchi con lui sono il segno di quanto ormai la loro
confidenza si sia spinta in una direzione che va oltre l'amicizia, per
diventare quasi un legame fraterno.
Per lei, che una famiglia non l'aveva più, salire a bordo
dell'Arcadia è stata la sua vera fortuna.
Il pensiero subito dopo, però, la fa arrossire anche se
è da sola in quel momento.
Se vede Yattaran come un fratello, è ben
lontana, invece, dal vedere il Capitano come un padre!
No, decisamente quello
che prova per
lui sta assumendo delle sfumature che vanno ben oltre la fiducia e
l'ammirazione che una figlia potrebbe avere per un padre.
Sta finendo l'ultimo goccio di tè accompagnata da quei
pensieri, quando le sembra di sentir tornare l'amico. Lo conosce bene,
sa che vuole avere l'ultima parola, così le viene da ridere
mentre lo anticipa per stuzzicarlo ancora un pò.
- Allora, Yattaran, che ha detto il Capitano? Sei riuscito a farmi
condannare per insubordinazione? Passerò il resto della mia
vita
confinata in una cella?
- Una punizione davvero esemplare. E cosa avresti fatto per meritartela?
Yuki quasi cade dalla sedia, talmente viene presa in contropiede dalla
voce bassa e profonda del Capitano. Si alza e si volta, cercando di
dissimulare imbarazzo, sorpresa e...
Perchè deve essere così dannatamente
bello nella sua imperfezione?
Non può fare
a meno di
pensarlo, trovandoselo davanti in tutta la sua cupa bellezza, fatta di
lineamenti spigolosi, sguardi impenetrabili e silenzi, di solito,
siderali.
- No... niente... cioè, era uno scherzo. Tra me e Yattaran,
ovviamente.
Ma che cosa ci fa lì? Continua a domandarselo mentre lo
osserva
rimanere fermo e tranquillo, come se fosse naturale che si trovino a
conversare in un luogo che non sia il ponte di comando.
Dove, tra l'altro, discutono solo di missioni, abbordaggi, strategie da
attuare o bombe da piazzare.
- Ovviamente.
Non riesce a capire il senso di quell' osservazione. E' seccato? O
amareggiato? O infastidito? O è lei che non riesce a
ragionare in quel momento?
Forse l'ultima ipotesi è la più accreditabile,
quindi
cerca di riportare il tutto a una dimensione con cui lei ha assoluta
dimestichezza.
- Aveva bisogno di qualcosa, Capitano?
E' una di quelle volte in cui lo sguardo di quell'uomo ha il
potere di farla sentire completamente nuda. E non è
questione di
abiti, ma di anima.
Ha l'impressione che lui sappia esattamente che direzione abbiano preso i
suoi sentimenti.
Ma invece di prenderne le distanze... sembra volerle accorciare. O
forse è solo la sua immaginazione, che in balia di emozioni
troppo forti, la sta illudendo che sia così.
- Ti ho sentito ridere.
Infastidito, le suggerisce la ragione, ma lo stomaco annodato le dice
un'altra cosa... attratto. E' pronta a giurare che lo sguardo del
Capitano sia più volte sceso a fissarle le labbra, prima di
tornare a guardarla negli occhi.
- Non è un rimprovero, Yuki Kei.
Il cuore le balza in gola, completamente spiazzata da quello che sta
succedendo.
- Grazie, Capitano.
Non ha senso ringraziarlo, ma al momento è l'unica cosa che
è riuscita a dire.
- Sono io a doverti ringraziare. Perchè il tuo sorriso mi fa
ricordare cosa significhi credere ancora nel futuro e negli altri.
C'è molto altro in quelle parole, o meglio nello sguardo che
si
stanno scambiando, ma non trova altro spazio se non in quell'attimo che
è già passato e perciò da dimenticare
perchè sembra portare ad una strada impossibile da
percorrere
insieme.
- Una volta mi hai detto che il mio sorriso ti faceva
ricordare cosa significasse credere ancora nel futuro e negli altri.
Ha ritrovato la voce, mentre lui ha iniziato a scendere le
scale.
- Non credevo lo rammentassi.
- Come avrei potuto dimenticarlo?
- Sono successe tante cose, in seguito.
La stringe un pò di più adesso, come se il
passato
potesse essere una bestia infida sempre in agguato e pronta a dilaniare
entrambi.
Le viene spontaneo accarezzargli la guancia, soffermandosi in un gesto
che vorrebbe rassicurarlo ancora prima delle parole che sta per
pronunciare senza alcuna incertezza.
- Non me ne sono andata perchè ho scoperto le tue colpe.
Si sente in pace con se stessa nel dirlo, finalmente libera di
lasciarsi andare a quel sentimento che l'ha riempita e svuotata al
tempo stesso in tutti quegli anni.
- L'ho fatto perchè non mi permettevi di condividerle con te.
Si è fermato di nuovo e forse la sta guardando ora,
perchè sente il suo alito caldo sfiorarle il viso.
- E' una scelta che rifarei ancora.
Non ha dubbi che sia così, è una convinzione
ancora
troppo radicata in lui. Allora lo sorprende, e insieme lo zittisce,
scoccandogli un bacio a fior di labbra.
- Adesso ho fame,
però.
Nelle ombre che vede, c'è anche quel viso che ancora
è molto
vicino al suo e rimpiange di non poter vedere quale effetto abbia avuto
su di lui quel contatto.
- Mi stai richiamando all'ordine?
Le suona familiare quella domanda e sorride, perchè avverte
un
cambio di atmosfera tra di loro. Nella voce di Harlock è
ricomparsa quell'ironia che ha il sapore di una tregua da sfruttare a
suo favore.
- Direi di sì.
- Impari sempre troppo in fretta, Yuki Kei.
- Sei sempre stato un buon maestro, Capitano.
C'è il tempo per quello scambio veloce, poi la voce di Asami
li raggiunge.
- Ah, ma siete qui fuori... scusate, non volevo farvi fretta... ma il
tè si sta raffreddando.
- Nessun disturbo, Sasuki-san.
Sono entrati in cucina e adesso la sta depositando su di una sedia, che
poi spinge delicatamente in avanti, avvertendola di fare attenzione al
tavolo.
- Ne vuole anche lei, Harlock-san?
Si scopre curiosa di sapere che cosa le risponderà, si rende
conto di non conoscere affatto i suoi gusti personali nonostante il
tempo passato insieme a bordo dell'Arcadia. Forse l'unica a conoscerli
era Meeme, ma pensare a lei comporta tutta una serie di domande a cui
non è ancora pronta a dare voce, così si
concentra sul
presente.
- Ne prendo una tazza per fare compagnia a Yuki.
Solo il rumore delle stoviglie rompe il silenzio, che non è
poi
così imbarazzante come forse si aspettava. Sembra esserci
una
certa familiarità in quello che sta succedendo, forse non
è la prima volta che Asami ed Harlock si trovano
lì
insieme.
- Ecco, questi li ho fatti io.
Le ha messo un piatto vicino alla mano e lei afferra subito un biscotto
ancora tiepido, assaggiandolo.
- E' buonissimo. Era un sacco di tempo che non mangiavo qualcosa di
cucinato così bene.
- Ci credo, invece, eccome. Non so come hai vissuto sinora, di certo so
che non devi aver dato grande importanza al cibo.
Il rimprovero torna a colorare la voce della donna e il silenzio che
proviene da Harlock rincara la dose, perchè lo immagina
dello stesso parere.
- Bè, una settimana di questa cucina e mi
rimetterò in forma.
- Lo spero bene, bambina.
Si domanda cosa pensi Harlock di quel "bambina" rivolto a lei, che a
discapito della giovane età, ha già vissuto
invece così tanto accanto a lui.
Ribellarsi,
combattere... anche uccidere nel nome di una libertà suprema
da donare all'umanità intera.
Questo ha fatto quando era agli ordini di quell'uomo che
adesso
siede in quella cucina accanto a lei, sorseggiando tè e
mangiando
biscotti.
Ma non ha mai avuto il minimo dubbio che non fosse la cosa giusta da
fare e se ne avesse l'occasione, risalirebbe altre mille volte a bordo
dell'Arcadia come ha fatto in quel giorno ormai lontano.
XXXXXXXXXXXXXXXXXX
- Nessuno di voi mi ha ancora detto che pianeta è questo.
Yuki decide di rompere il silenzio, non perchè inizi a
pesarle, ma perchè ha la sensazione che sia il momento
giusto
per affrontare il discorso.
Dopo aver consumato la sua colazione, durante la quale hanno
sostanzialmente chiacchierato solo lei ed
Asami, Harlock l'ha sorpresa chiedendole se avesse avuto voglia di
seguirlo fuori, per stare un pò all'aria aperta.
Così, adesso, sono seduti su una specie di panca sotto
quello
che dovrebbe essere un portico, o almeno così glielo ha
descritto lui.
Ha indossato gli occhiali a schermatura totale che Makoto ha recuperato
per lei,
constatando che ne aveva bisogno, perchè le ombre
lì
fuori hanno assunto una colorazione molto più chiara ed
intensa.
- Ci troviamo su Higara.
Si ritrova divisa a metà davanti a quella risposta: una
parte di
lei è come se avesse ricevuto una doccia gelata, l'altra,
forse
l'io più profondo, è come se avesse trovato
conferma a
qualcosa che ha sempre saputo.
- Quindi sono loro il motivo per cui ogni tanto lasciavi l'Arcadia e
sparivi qui?
Lo sente cercarle le mani che ha abbandonato in grembo, coprendole con
una delle sue.
- Sì.
- Posso sapere perchè?
- Makoto-san è stato uno dei primi ad unirsi a me... dopo.
Ho sempre avuto molta fiducia in lui.
Dopo.
In quell'unica parola Harlock concentra gli errori del suo
passato, quelli con cui dovrà convivere sino alla fine dei
suoi
giorni, perchè non saprà mai perdonarsi del tutto.
- Così gli ho chiesto di studiare gli effetti che la materia
oscura aveva avuto su di me.
Le stringe appena le mani,
come a volerla rassicurare.
- Perchè?
- Volevo delle risposte certe.
- E le hai avute?
Lo sente calmo e pacato, forse come poche volte lo è stato
in
sua presenza. Gliene è grata, perchè lei non si
sente
affatto così, visto l'argomento in cui sono scivolati.
"Lui ora sta molto male".
Le parole di Yama sono un mantra difficile da ignorare.
- Sì.
- Me ne parlerai?
- Non adesso.
- Ho qualche possibilità di farti cambiare idea?
- Non credo.
- Ne ero sicura.
Yuki ha intrecciato le dita alle sue e lui l'ha lasciata fare, proprio
come se gesti così fossero sempre stati naturali tra di loro.
- Prossima domanda?
Sente dell'ironia in quella voce che è rimasta bassa e
profonda
proprio come la ricordava. L'ha rievocata molte volte in quegli anni,
specie nei momenti in cui sentiva di essere sul punto di cedere,
facendole dire quelle parole che le hanno dato la forza di andare
avanti.
- Come sta Yattaran?
L'amico è sempre stato l'altro suo pensiero fisso, il
fratello che ha abbandonato lasciandogli un pezzo del suo cuore.
- Ancora arrabbiato.
Lo immaginava, purtroppo.
- Speravo che con il tempo arrivasse a perdonarmi.
- Ma l'ha fatto. E' con me che non ha mai smesso di essere arrabbiato.
Quella che gli sfugge adesso è una mezza risata, un suono
che ha il potere di paralizzarla tanto le sembra impossibile.
- Credo che Yama abbia definitivamente capito il perchè
Yattaran si fosse guadagnato il posto di primo ufficiale sull'Arcadia,
più o meno un anno dopo
la tua partenza.
- Che cosa ha fatto quel pazzo?
Sorride anche lei, adesso, perchè ha dei ricordi di Yattaran
che
non potrebbe mai raccontare senza avere il dubbio di non essere creduta
data l'apparenza gioviale e buffa di quell'ometto in sovrappeso, che
dentro di sè però ha sempre nascosto l'animo di
un vero guerriero.
- Mi ha affrontato sul ponte di comando per spiegarmi esattamente cosa
pensava di me e del mio comportamento nei tuoi confronti.
- Sul serio?
Fatica ad immaginare un momento del genere, non con loro due come
protagonisti.
- Sull'Arcadia ognuno è sempre stato libero di esprimere la
propria opinione, se ben ricordi. Anche su di me.
Yuki se lo ricorda molto bene e per un attimo tace, perdendosi nei
ricordi.
- Probabilmente cercava solo un capro espiatorio... in
realtà
sapeva bene che niente mi avrebbe fatto tornare sui miei passi.
- Sono state argomentazioni molto valide le sue, invece. Tanto che non
sono stato in grado di controbattere senza peggiorare la mia posizione.
- Di cosa ti ha accusato, esattamente?
A questo punto la sua curiosità prende il sopravvento, anche
in
ragione del fatto che non le sembra vero che Harlock sia
così
loquace.
Non solo sta parlando...
ma sta parlando di loro!
- Di aver permesso che i tuoi sentimenti per me andassero
oltre
la fiducia, l'ammirazione e il rispetto che avresti dovuto nutrire per
il tuo Capitano.
C'è un fondo di amarezza che non è riuscito a
camuffare
del tutto dietro la solita ironia.
- E come avresti potuto impedirlo, secondo lui?
Lo sente tendersi al suo fianco ed intuisce la sua battaglia interiore,
quella che anche lei ha combattuto, e perso più di una
volta, contro i suoi stessi sentimenti.
- Scusami, una domanda inutile. E' vero, Yattaran conosceva
troppo bene entrambi per non avere delle argomentazioni valide da
sostenere.
Per un pò il silenzio torna a regnare tra di loro, non
proprio
teso, ma nemmeno quieto come lo era prima di quella conversazione.
Le emozioni tra loro sono come le acque di un mare in costante moto ed
evoluzione, a volte calme, altre mosse, altre volte ancora tempestose.
- Però, nonostante tutto, penso che gli farebbe piacere
sapere che... che ora siamo qui, insieme.
E' una riflessione che si sente di condividere con lui,
perchè la crede vera.
- Credo di sì.
Lo capisce dal tono di voce che una parte di lui non è
più lì con lei, ma perso in qualche ricordo di
cui forse
non verrà mai a conoscenza.
E'
consapevole che
ci sono dentro di lui delle corde che non
arriverà mai a toccare veramente, ma è pronta ad
accettarlo. Si farà bastare di poter almeno illuminare in
parte
quell'oscurità che lo ha reso così solo e
distante.
Stringe un pò di più quella mano intrecciata
ancora alla
sua e riceve in risposta un bacio leggero che le sfiora la tempia.
- Sei stanca?
Forse ha riconquistato la sua piena attenzione, in ogni caso a lei
piace credere che d'ora in poi sarà comunque sempre nei suoi
pensieri, come una sorta di sottofondo che niente sarà in
grado più
di annullare completamente.
- Un pò.
- Vuoi che ti accompagno nella tua stanza?
Non vuole ancora separarsi da lui, così appoggia la testa
sulla sua spalla.
- Magari tra cinque minuti.
Non le risponde, ma da come lo sente sistemarsi meglio per renderle
più comoda la posizione, capisce che anche lui non
è
ancora pronto ad interrompere quel momento tra di loro.
XXXXXXXXXXXXXXXXXX
La rabbia è una cattiva consigliera.
Tu, più di chiunque altro, ne hai la certezza,
perchè hai
pagato a caro prezzo l'esserti lasciato guidare da lei nelle tue azioni
passate.
Per questo sei intenzionato ad ignorare la richiesta del tuo secondo
ufficiale, proprio come se non l'avesse nemmeno formulata.
- Yattaran, recluta due volontari e di loro che hanno venti minuti per
prepararsi a partire.
Ma una voce torna ad incalzarti, più decisa di prima.
- Capitano! Ci vado io. Ne serve solo un altro di volontario.
L'ostinazione di Yuki Kei fa comparire un'espressione tesa, e insieme
sorpresa, sul volto di Yattaran. Forse non si aspettava che proprio lei
mettesse in discussione un tuo ordine.
- Yuki Kei...
Lo sguardo che vedi comparire in quegli occhi azzurri ha il potere di
zittire sul nascere anche il tuo primo ufficiale come non è
mai
successo in passato.
I demoni che quella ragazza si porta dentro, si sono risvegliati
pronti a trascinarla con loro nell'inferno della vendetta.
- Ho detto che ci vado io, Yattaran.
E' tornata a fissare te, ora, sfidandoti apertamente a compiere una
scelta.
Meeme,
alle tue spalle, è l'unica a sapere quanto sia difficile
per te questo momento, quale battaglia tu sia chiamato a combattere
contro te stesso. Senti le sue emozioni fondersi insieme alle tue,
sostenendoti nella decisione che prenderai, qualsiasi essa sia.
Lasciare Yuki Kei libera di prendere la sua decisione o imporle la tua
volontà come se fosse legge?
- Capitano, mi ascolti.
Sul ponte di comando le sue parole risuonano più come un
ordine,
che non come una preghiera. Avverti la tensione salire ulteriormente
tra i presenti, mentre sono sempre più incerti su quale
potrà essere la tua reazione.
- Io, come tanti altri, sono salita su questa nave con la speranza che
lei fosse davvero in grado di renderci uomini liberi.
Adesso la stai guardando negli occhi, e ti perdi in quell'azzurro dove
ti senti andare alla deriva proprio come se navigassi in acque
sconosciute.
- E se adesso, invece, mi impedirà di prendere la mia
decisione,
non sarà diverso da quegli uomini che disprezza e combatte
con
tutte le sue forze.
E' un compromesso quello che devi accettare, sacrificando una cosa
giusta, con la speranza di ottenerne un'altra, consapevole
però
che potresti perderle entrambe.
- Fatti trovare pronta tra venti minuti sul ponte di lancio.
Verrò io con te.
Fai in tempo a cogliere tutta una gamma di espressioni diverse negli
occhi dei presenti: lo stupore di Masaki e Taro, la gratitudine di
Yattaran e l'approvazione di Meeme.
Forse perderai in ogni caso la fiducia di Yuki Kei, ma sei pronto a
sostenere il peso delle tue scelte, se questo servirà ad
impedirle di vivere nel rimpianto di una decisione sbagliata.
Quello che provi per lei è più forte
di ogni ragione.
Quando arrivi sul ponte
di lancio,
lei è già a bordo della navicella che
utilizzerete per la
vostra missione, intenta ad espletare i controlli di routine prima
della partenza.
Non appena la raggiungi, la tensione tra voi diventa quasi una presenza
fisica tanto è palpabile.
- Capitano, siamo pronti a partire.
Ha un attimo di esitazione, ma quando ti vede occupare il posto accanto
a lei, i suoi gesti tornano decisi nel compiere la sequenza di comandi
che le permettono di accendere i motori e lanciare la navicella fuori
dall'Arcadia, nello spazio profondo.
- Qui Arcadia, mi riceve, Capitano?
La voce di Yattaran irrompe nell'abitacolo, forte e metallica, ma non
priva di un'inflessione vagamente incerta.
Sai che è dovuta al fatto che ci sei tu su quella navicella
con
lei e non sa bene che conseguenze potrà avere tra voi
ciò
che è avvenuto sul ponte di comando poco prima.
- Ti ricevo, Yattaran.
- Ah, sei tu, Yuki.
La voce del tuo primo ufficiale è chiaramente sorpresa,
questa volta, nello scoprire che le hai lasciato i comandi.
- Bè... okay, comunque, volevo informarvi che ci prepariamo
a
raggiungere il punto di incontro che rimane fissato sulle coordinate I=
33°, B= 85°.
- Okay, confermo coordinate di incontro a I= 33°, B= 85°.
- Perfetto. Allora se non c'è altro... l'Arcadia chiude le
comunicazioni e rimane in attesa del vostro rientro.
A questa richiesta di Yattaran, per la prima volta da quando sei salito
a bordo, lo sguardo di Yuki incontra e sostiene il tuo. Nel momento in
cui risponderà affermativamente, potrete contare solo sulle
vostre forze.
Però, non è questo il motivo per cui
c'è del
turbamento negli occhi che stai fissando. Non ha paura di affrontare il
suo
nemico, ma di scoprire cosa farà lei se davvero
avrà modo
di averlo di fronte.
Quello che ti induce a fare un cenno di assenso, è solo la
certezza che in quel momento tu sarai lì con lei, pronto a
ricordarle quanto possa essere gravoso il peso di una scelta sbagliata.
- E' tutto, Yattaran. Chiudiamo anche noi la comunicazione... ci si
rivede tra un pò.
Quelle ultime parole le pronuncia con un tono più morbido e
ti
provoca un'emozione che non vorresti provare così intensa
nei
sui confronti.
Poi torna un silenzio ingombrante tra di voi, non potrà
durare a
lungo, ne sei consapevole tanto quanto lei. Rimane solo da stabilire
chi lo romperà per primo.
- Capitano...
- Yuki...
Parlate insieme e poi tacete entrambi, aspettando che sia l'altro a
riprendere.
- La verità è che se ci sarà anche
solo una
possibilità di incontrare quell'uomo, io la voglio sfruttare.
- Se non avessi con te una pistola, la vorresti lo stesso?
Sei diretto, come sempre, perchè non conosci altra maniera
di
agire. Forse hai colpito più duro di quanto si aspettasse e
le
ci vuole un attimo prima di risponderti.
- Sì.
- Perchè?
Subito ti guarda come se non credesse possibile che sia proprio tu a
rivolgerle quella domanda, ma vista la tua espressione decisa, la sua
muta in
una più accesa.
- Perchè è di mio padre che stiamo parlando.
- Capisco.
- Ne è sicuro?
Il suo ribattere è frutto di quella rabbia che non si
è
mai spenta, perchè è rimasta a covare sotto le
ceneri di
un'apparente accettazione del suo passato.
- Forse dovrei scusarmi a questo punto per il mio comportamento
oltraggioso, ma non credo che cambierebbe ciò che penso in
questo momento.
Sei spiazzato davanti ai sentimenti che ti provoca quella ragazza e
devi esercitare tutto il tuo autocontrollo per non lasciarti
influenzare nelle tue decisioni.
- Non credo nemmeno che tu stia pensando davvero, in questo momento. Ti
stai facendo guidare dalle emozioni sbagliate, Yuki Kei.
La vedi irrigidirsi, mentre sposta la sua attenzione sui comandi che
deve riprendere, perchè state entrando nell'orbita del
pianeta dove siete diretti.
Sai cosa sta pensando... che tu sei l'ultima persona che può
parlarle di emozioni, dal momento che dimostri di non averne.
- Mancano meno di due minuti al punto d'arrivo, Capitano. I sistemi di
sicurezza segnalano la presenza del campo di forza che circonda il
nostro obiettivo.
La sua voce ha assunto il tono dell'ufficiale in seconda, ma non hai
intenzione di assecondare il suo tentativo di rifugiarsi in un ruolo
che torni a farle prendere le distanze da te.
Non in questo frangente, almeno.
Così sobbalza violentemente quando la tua mano si chiude con
fermezza sulla sua, tirando avanti la leva dei comandi e togliendo
potenza ai motori.
- Guardami, Yuki.
Questa volta, il tuo è quel tipo di ordine che non
accetterà nessuna insubordinazione. Lo ha capito anche lei,
perchè lo ha eseguito senza esitare ed ora i vostri occhi
sono come incatenati.
- Se credi davvero di aver imparato qualcosa da me, allora pensaci
quando sarai laggiù e prendi la decisione più
giusta.
Le stai permettendo di guardare oltre le apparenze, oltre gli sguardi
di solito freddi e indecifrabili, mostrandole in quale inferno stia
bruciando la tua anima dannata.
Poi non hai altro da dirle, così riabbassi la leva
bruscamente, dando massima potenza ai motori e costringendola a
dedicare davvero la sua totale attenzione alle manovre di atterraggio
perchè siete praticamente a destinazione.
Chiuso nel tuo silenzio, sei convinto di aver fatto la scelta migliore,
perchè qualsiasi cosa accada, non lascerai che l'azzurro di
quegli occhi perda il calore e la trasparenza che sinora li hanno
animati.
Proteggerai Yuki Kei anche da se stessa, se ce ne sarà
bisogno e a qualsiasi costo, perchè non la lascerai
commettere i tuoi stessi errori.
La rabbia è stata una cattiva consigliera per
te, ma non lo sarà per lei.
*
tradizionale gioco da tavolo, molto diffuso in Giappone, simile agli
scacchi
Note
Visto
che non ho potuto augurarvi Buona Pasqua, vi auguro un buon 25 Aprile!
Un pò originale, ma pur sempre un augurio! XD
Passando
a parlare del capitolo, ci tengo a precisare che sul passato di Yuki ho
solo letto alcune note trovate sul manga e ne ho tratto liberamente
ispirazione.
Il
pianeta Higara è di mia invenzione e lo immagino quasi
sperduto ai confini di quell'universo che il Capitano ha girato in
lungo ed in largo. XD
Però
non fate la spia con quelli della Gaia Sanction, mi raccomando! eh eh eh
Riguardo alla storia, mi sento di chiarire un aspetto rilevante:
più che uno svolgersi di azioni, la mia narrazione si
concentra più sulle emozioni/sentimenti, quindi è
il loro evolversi che mi piace raccontare. Lo dico, perchè
capisco che alcuni possano pensare che "di fatto" non succede nulla.
Rientra sempre in un gusto personale (e ne sono cosciente!) quindi che
possa piacere o meno.
Lascio queste ultime righe per
ringraziare ancora tutte quelle lettrici che si perdono in chiacchiere
con la sottoscritta, regalandole momenti di assoluta allegria, ma anche
di riflessione e confronto.
Sperando
di non tornare a tardare ancora con il prossimo capitolo (mi metto di
impegno, giuro!) vi saluto.
Alla
prossima.
Sere
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