Un
bel giorno dissi ad Akami: “voglio scrivere, dimmi due nomi
ed un
luogo”.
Così
nacque questa storia. Non amo il pairing, ma in una sfida con me
stessa ci ho provato... Ho cercato anche di adattare ogni possibile
carriera del nostro mondo ai personaggi, si, anche a Shikamaru
sebbene forse se all'inizio forse non capirete... beh, buona
lettura a chi ha il coraggio di leggere il mio esperimento XD
Un
ultima nota per il titolo: questa storia inizia dove in genere
finiscono le altre, alla fine di un percorso. Ma si sa che nella vita
ogni fine coincide con un nuovo inizio, ed io partirò da un
epilogo
di una possibile storia che ancora non è stata scritta ma
c'è in
qualche immaginazione per dare il via ad una nuova vita per i
protagonisti.
Uh,
come sono filosofica.
Epilogo.
Era
rimasto senza parole.
Conosceva
Sakura e Naruto dai tempi delle medie, quando il ragazzo si era
proclamato suo fratello acquisito e la ragazza si era dichiarata,
respinta, a lui.
Sasuke
Uchiha era l’esponente più giovane della famiglia
Uchiha, ricca ed
influente dinastia di ammiragli, non aveva tempo da perdere con le
ragazzine petulanti e chiassose che gli venivano dietro; doveva
dimostrare a tutti di essere degno del suo cognome, specialmente da
quando suo fratello maggiore si era ribellato ed era andato via di
casa quando lui era ancora bambino. Ecco perché si era
rifiutato di
accettare le stupidaggini di Naruto, il suo insensato chiacchiericcio
sull’essere fratelli che non faceva che riaprire una ferita
che
difficilmente si sarebbe chiusa e non perché Itachi se
n’era
andato di casa tradendo le aspettative della famiglia, ma
perché gli
aveva lasciato sulle spalle anche i suoi doveri di erede.
Essere
perfetto richiedeva tutte le sue forze e per questo era andato avanti
per la sua strada senza lasciarsi toccare da nessuno di loro.
Era
all’università ora, e aveva sentito dire che era
stato organizzato
un festino clandestino in ogni liceo della città per quella
notte,
un ritrovo per gli studenti che l’anno prima l'avevano
terminato.
Ovviamente
aveva scelto di non andare.
Sapeva
che ogni anno c’era quell’incontro fatto per tirare
le somme, per
vantarsi dei propri successi o per fingere una vita diversa da quella
che si conduceva, tentando di tornare alla falsa immagine vincente
creata a scuola prima di entrare a far parte della vera vita, ma a
lui non serviva. Era sicuro di sé, delle sue scelte, e
dall’inizio
aveva ignorato tutti gli inviti, che fossero da parte di altri
colleghi come Karin, una ragazza assillante quanto Sakura che dal
primo giorno non lo lasciava, o di vecchi compagni che gli mandavano
messaggi, come Lee sempre pronto a chiamare tutti i numeri in rubrica
in caso di festa e che era riuscito chissà come a raccattare
il suo.
Naruto,
che per anni al liceo aveva lottato per vederlo tornare nel loro
gruppo, nella loro classe, si era ormai arreso, e il suo invito non
era arrivato.
Aveva
davvero deciso di non andare, finché, andando in ospedale
per
ritirare delle analisi del sangue fatte a causa della sua persistente
anemia, con sua enorme sorpresa si era ritrovato davanti la Yamanaka.
Tirocinio,
aveva detto.
Pareva
che avesse rivelato un intelligenza da sempre nascosta sotto il suo
trucco e l’aria frivola.
Ino,
sempre attenta alla moda, la prima insieme a Sakura tra le ragazze
che gli facevano il filo, sempre in luce, popolare, vanitosa, con la
sua voce insopportabilmente alta, era un’altra di quelle
persone
che si erano costruite l’immagine più adatta alle
loro esigenze al
liceo, per poi disfarsene senza rimorsi una volta usciti. Ed ora
aveva intrapreso gli studi di medicina con successo, continuando a
badare al proprio aspetto, certo, ma senza tralasciare il resto.
Non
era stato quello, a farlo decidere.
Vederla
gli aveva istillato il tarlo dell’indecisione, ma il colpo
finale
era stato un altro.
Salutava
Ino con un cenno secco del capo, quando ecco arrivare Shikamaru Nara.
Lo conosceva poco, sapeva soltanto che era un genio, uno poco in
luce, l’antitesi di Yamanaka per popolarità, e
aveva sempre
intuito una certa avversione nei propri confronti, ricambiata con
totale indifferenza. Forse per questo aveva perso parte della sua
imperturbabilità vedendolo schioccare un bacio a fior di
labbra ad
Ino, che gli sorrideva luminosa.
Curiosità.
Ecco
cosa l’aveva mosso.
Dopo
una pazzia simile, con due che non facevano altro che litigare che
ora stavano insieme, voleva vedere che fine avessero fatto gli altri:
ci mancava che Kiba studiasse come scienziato.
E
così era andato.
E
così, Sasuke si era ritrovato senza parole.
Non
aveva sentito nulla entrando nell’aula che fino ad un anno
prima
era riempita da sogni per il futuro, paure e speranze dei suoi
compagni. La porta che aveva varcato ben più di dodici mesi
prima,
abbandonando i compagni che ora era morbosamente curioso di rivedere.
Ma accanto al ponch, proprio vicino alla porta, aveva visto Sakura, e
allora qualcosa era cambiato.
L’aveva
riconosciuta per via dei capelli, ovviamente. E degli occhi, i grandi
occhi verdi.
Ma
era diversa, molto diversa dalla Sakura Haruno che aveva visto anni
prima e che poi era sparita nel nulla, come se si nascondesse alla
sua vista, cosa oltretutto molto probabile. E forse lui non aveva mai
fatto molta attenzione.
Ora
il suo corpo non era più privo di forme, né la
sua fronte tanto
spaziosa. Al contrario, si era fatta decisamente più
femminile e la
fronte era semplicemente adatta al suo viso anch’esso mutato,
più
bello, più dolce. I suoi occhi erano sempre grandi ma
felici, non
come quelli che rivolgeva a lui seppur innamorati, le sue labbra
carnose erano coperte da un leggero rossetto, i capelli nuovamente
lunghi tenuti appena ondulati. Indossava un vestito bianco leggero,
lungo sino alle ginocchia, e delle eleganti scarpe col tacco.
Non
appena i loro occhi si incrociarono, Sasuke notò che non vi
fu il
minimo turbamento.
Sakura
era andata avanti.
Anzi,
dopo un attimo di esitazione, come se non l’avesse
riconosciuto
subito, Sakura gli concesse un sorriso. Sasuke si rese conto che in
mezzo a tutta la folla aveva cercato lei: per sentire se soffriva
ancora, perché il suo maledetto amor proprio non concedeva
agli
altri di rifarsi una vita e forse per trovarvi un po' della vecchia
ammirazione. Ma gli altri se ne sbattevano del suo amor proprio,
ovviamente, e Sakura si avvicinò con calma, porgendogli la
mano
libera.
«Piacere
di rivederti, Uchiha.» anche la voce di Sakura, ovviamente,
era
cambiata, meno fastidiosa. Ed ora non era più Sasuke-kun per
lei.
Sasuke si chiede se fosse così dalle medie o meno.
«Buonasera,
Sakura.» si ricordò di rispondere, stringendole la
mano. Sapeva
cosa voleva chiederle. Di chi, voleva chiederle. Ma
non ve ne
fu bisogno.
«Chi
non muore si rivede, eh, bastardo?»
Quella
voce era cambiata terribilmente, ma lui si era fatto sentire anche
durante il liceo, nelle sue crociate a ricreazione per distoglierlo
dalla sua nuova classe e riportarlo nella loro sezione, del resto
erano rimasti tutti uniti dopo le medie, anzi dopo le elementari, e
mancava soltanto Sasuke, perciò era riconoscibilissimo.
Inoltre era
l’unico a chiamarlo con quel nomignolo così
inappropriato.
Si
voltò lentamente, pronto a fulminarlo con
un’occhiataccia, ma il
suo viso restò impassibile, troppo preso
dall’osservazione per
mostrare emozioni.
Naruto
Uzumaki era diverso in una maniera che non sapeva spiegare. Era non
solo la copia di suo padre più giovane, con dei capelli
biondi forse
troppo lunghi, gli occhi azzurri ridenti, la pelle abbronzata ed il
fisico scolpito, ma anche indubitabilmente, quasi fastidiosamente,
lucente. Non era mai stato popolare, eppure ora
sembrava che
tutte le luci della sala puntassero su di lui.
Ed
il suo non era il solito ghigno rancoroso che Sasuke gli vedeva
sempre sulle labbra, senza sapere che era rivolto sempre e solo a
lui, ma era diventato un sorriso soddisfatto e compiaciuto, quello di
un uomo giovane ma già di successo.
E
alla fine, anche Sasuke si trovò a sorridere senza davvero
volerlo.
«Purtroppo
devo dire lo stesso di te, idiota.»
«Se
avete intenzione di picchiarvi e rotolare a terra, aspettate almeno
che mi sposti.» li informò Sakura, col tono di chi
sa di essere
superiore a certe cose. Anche questa una sorpresa per il viziato e
idolatrato rampollo Uchiha.
«Nah,
poi non potrei vantarmi con lui di quanto sono cresciuto.»
rispose
con un nuovo sorriso Naruto.
«Cresciuto?»
ripeté Sasuke, inarcando un sopracciglio e guardando Sakura.
La
ragazza, no, donna, scosse la testa.
«Non
è cresciuto affatto.» confermò, senza
far caso ai lamenti
dell'altro. «Ma dov’eri? » chiese poi a
Naruto.
«Ah,
parlavo con Kiba, amore.»
La
faccia di Sasuke, ora senza parole, dovette sembrare davvero buffa,
perché entrambi scoppiarono a ridere.
«Già,
tu forse non lo sai. Io e Sakura stiamo assieme. Siamo
fidanzati.»
«Oh.
» riuscì a dire.
«Già.
Il futuro sindaco di Konoha e la first lady.»
scherzò Sakura.
«O
la futura primaria ed il first… boy? »
tentò Naruto.
I
due risero, una bella coppia che emanava felicità da ogni
poro.
Sasuke
era sempre più allibito, ma si dette un contegno.
«Primario? Studi
medicina?»
«Si,
ed è la migliore del corso!» la vantò
subito Naruto.
Sakura
lo spinse leggermente via, compiaciuta e imbarazzata:
«Piantala…
con Ino è una bella gara.»
«Sta
con Shikamaru.» disse Sasuke meccanicamente.
Sakura
annuì, mostrandosi appena sorpresa.
Fu
Naruto a parlare, in tono piatto che si sforzava di essere allegro:
«Quindi hai mantenuto qualche contatto, e bravo il
bastardo.»
Sasuke
stava per negare, quando si rese conto che era meglio evitare di dir
loro quanto si fosse isolato da qualsiasi altro essere vivente.
«E
Nara?» domandò per distrarsi.
«Shikamaru
studia come insegnante. Trova tutto una seccatura, ma a quanto pare
si è fatto fregare da una qualche promessa... non ho mai
capito bene
a dire il vero. » spiegò ancora Naruto, e Sasuke
non se ne stupì.
Del fatto che non avesse capito, ovviamente, dato che Naruto non
aveva mai brillato in sensibilità a quel che ricordava.
«Sì…
Ho visto anche Inuzuka poco fa. Ma l’ho perso, era attorniato
da
una decina di ragazze… » commentò, con
un tono di vago scherno.
«Sì,
pregi del dire “sto studiando medicina”.»
confermò Sakura.
«Ha
saltato la parte “veterinario”, mi sa.»
«Il
veterinario ama gli animali, è solo un pregio in
più, Naruto!»
«Eh,
ma la sua faccia dovrebbe bastare a far capire che non è
esattamente
una persona di chissà che livello...»
«Veramente
questa mi sembra invidia…»
A
Sasuke quello sembrava un battibecco tra fidanzati, e neanche nuovo,
quindi decise di prendere i l largo. Ancora sbalordito tornò
alla
porta, dove per poco non si scontrò con una giovane e bella
donna
dai capelli castani che trascinava qualcuno con se: Tenten e Neji.
Altri
due compagni delle superiori, che non erano mai diventati una coppia
a quel che sentiva dalle ammiratrici dello Hyuga, e che probabilmente
ora erano magari sposati e con figli visto come andavano le cose
quella sera.
«Scusi…
Uchiha, sei proprio tu?» Tenten si fermò,
costringendo anche Neji
ad arrestarsi. Il ragazzo di nobili origini dava tutta l’aria
di
essere stato costretto ad arrivare lì, ed ebbe la sentita
compassione di Sasuke.
«Già…
» non ricordava neppure il suo cognome e non seppe come
continuare,
senza comunque darlo a vedere. «Credo che Sakura ti stesse
cercando.» disse infine. Per poco non si morse la lingua, ad
averla
chiamata per nome di nuovo. Una cosa era non volerle dare la
soddisfazione di giocare nel suo campo e chiamarla per cognome come
lei aveva fatto con lui per distanziarsi, un'altra era sembrare suo
amico.
«Posso
andare via ora? Ho da lavorare.» disse seccamente Neji.
«Ma
se non ci vediamo da due mesi!» protestò Tenten,
mentre Sasuke li
sorpassava più tranquillo. Forse non era cambiato proprio tutto.
In
corridoio rivide il gruppo di Shikamaru, lui aveva un braccio intorno
alla vita di Ino, e accanto a loro vi era Choji. Sempre inseparabile
quei tre, ed insieme a loro c'era Lee, che evidentemente aveva scelto
di lasciare soli Neji e Tenten. Sasuke si chiede cosa facessero ora
Lee e Choji e fu tentato di avvicinarsi, ma lasciò cadere
senza
troppe domande, procedendo per la sua strada.
Si
imbatté in una strana coppia che dapprincipio non riconobbe:
un
ragazzo che ad un attenta analisi si sarebbe potuto dire somigliante
a lui, non fosse stato per il sorriso, ed una donna dai capelli
biondi corti e voluminosi dall’aria infastidita.
Involontariamente
rallentò.
Gli
sembrava di ricordare di un ragazzo arrivato a sostituirlo nella sua
classe, fatto sedere poi al suo posto nonostante le proteste di
Naruto, se non ricordava male i lamenti dell'idiota quando ancora lo
chiamava al telefono e lasciava messaggi in segreteria. Sai,
forse. E la bionda doveva essere la ragazza due anni avanti a loro,
la senpai che tutti amavano per le sue curve generose e il carattere
da tigre selvaggia. Temari, la sorella della matricola dai capelli
rossi e del ragazzo un anno avanti a loro di cui non ricordava mai il
nome. La matricola invece la ricordava eccome: Gaara, un teppistello
con cui a suo tempo aveva avuto un bello scontro per dimostrare chi
fosse il più forte. Scosse la testa pensando a quanto fosse
stato
immaturo, e poi sgranò gli occhi vedendo la donna, che
credeva in
compagnia di Sai, andare a raggiungere e abbracciare Choji.
Il
ciccione. Quello che non trovava mai ragazza.
Fu
così che si avvicinò anche a loro.
«Sasuke-san,
alla fine sei arrivato!» lo salutò Lee divertito.
Un anno più
grande, eppure sempre a chiamarlo in quel modo. E quella smorfia
ironica dipendeva forse dal modo in cui guardava la coppia accanto a
lui?
«Uchiha,
giusto? » domandò Temari, con voce profonda e
sensuale.
«Già.»
gli sembrava di non riuscire a dire altro quella sera.
«Sabaku no
Temari, se non ricordo male. Choji.» decise di chiamarlo per
nome,
lui non gli aveva mai causato alcun disturbo né riservato
occhiate
particolari.
«Ciao,
Sasuke.» salutò Choji soddisfatto, neanche si
fossero visti il
giorno prima.
Ino
trillò un saluto fin troppo forte, mentre Shikamaru faceva
il minimo
movimento possibile per accennargli la sua presenza. Sasuke fu
altrettanto gelido, mentre Ino sembrava maliziosamente divertita come
solo lei poteva essere.
«Allora,
studi ancora, vero?» domandò Lee interessato.
Sasuke
annuì con sicurezza. «Ho intenzione di seguire le
orme della mia
famiglia.»
«La
marina…» approvò Temari. «In
effetti mi sembra più che
dignitoso come lavoro.»
«Tutti
i lavori lo sono. » mozzò il discorso Shikamaru.
Sasuke
pensò che non avesse mai digerito il suo ascendente su Ino,
e ghignò
interiormente.
«Vero.
E voi?»
«Io
sono diventato capocuoco.» proclamò Choji con
orgoglio, «E per
questo ho potuto conoscere una splendida organizzatrice di
eventi…»
continuò indicando Temari con la testa, che sorrise
mostrando una
fila di denti bianchissimi.
«Io
studio fisioterapia. Dopo il mio incidente voglio aiutare tutti
quelli che pensano di non potersi muovere più.»
spiegò invece Lee
estremamente soddisfatto. Aveva avuto un incidente proprio durante il
liceo, in una sfida con Gaara, e i medici avevano temuto che non
potesse più muovere le gambe.
Sasuke
notò il viso di Temari contrarsi, visto che l'incidente era
stato
causato da Gaara.
«Shikamaru
sarà insegnante ed io medico!» esordì
invece Ino. Era così felice
che Sasuke si sentì improvvisamente a disagio.
«Io
studio arte naturalmente. Oh, tu non puoi saperlo, ma dipingo.
»
disse Sai quasi con sufficienza.
«Complimenti.
» disse, falso, Sasuke «Scusatemi ora, ho bisogno
d’aria.» e
detto questo si allontanò, sentendo dire chiaramente a Lee:
«Ma
stava bene? Era così pallido…» e
Shikamaru rispondere asciutto:
«È sempre stato pallido.» mentre Ino
ridacchiava ancora.
La
stessa risata di sempre, eppure tutto era cambiato.
Finì
col rifugiarsi dove altre volte era fuggito per pensare, sul
terrazzo. Quando Itachi era scappato, e manco a dirlo aveva iniziato
a studiare scienze sociali per fare l’assistente sociale ed
occuparsi di permettere che i minori potessero fare le loro scelte
riguardo al futuro, Sasuke si era spesso rintanato a pensare
lì, da
solo. A pensare a come il fratello, forse proprio perché
soffocato
da sempre dalla famiglia, fosse fuggito e avesse scelto una
facoltà
che i genitori consideravano nulla, per permettere agli altri di fare
quello che lui ora non poteva più fare, perché
rimasto solo lui,
Sasuke, aveva subito le pressioni di tutti per diventare ciò
che
Itachi non sarebbe potuto essere e per evitare che la storia si
ripetesse. I genitori, suo padre in particolare, erano stati
incolpati di essere stati troppo permissivi col primogenito e la sua
educazione era diventata molto più rigida.
Itachi,
che tanti minori voleva salvare, non aveva pensato al fratellino, e
questo non glielo poteva perdonare.
Stavolta
però non era lì per pensare al fratello, ma a se
stesso: a quanto
era stato stupido. Era arrivato lì convinto di essere il
migliore,
senza rendersi conto non solo che dopo il liceo tutto era cambiato,
ma che era stato l’unico, l’unico, a non scegliere
la propria
strada, a non fare ciò che amava, ma a seguire la corrente
facendosi
trasportare.
Non
era felice.
Non
era neppure soddisfatto.
E
pensava di esserlo finché non aveva trovato delle persone
che lo
erano davvero.
Lui
non aveva l’espressione risoluta di Sakura, neanche la
metà; non
brillava come Naruto, non rideva come Ino, né sorrideva come
Temari.
Non aveva il tono orgoglioso di Choji o la grinta di Lee o la
sicurezza di Shikamaru, né lo sguardo di Sai, o la
possibilità di
essere svagato come Kiba. Non aveva la gentilezza che nasce dalla
serenità che traspariva sempre in Tenten, né quel
divertimento che
aleggiava dietro il falso gelo di Neji. E non c’entrava con
la
rigidità della marina, anche gli uomini e le donne che
frequentavano
il suo corso avevano la stessa espressione: l’espressione di
chi fa
ciò in cui crede. Lui invece, per quanto si mostrasse serio,
privo
di sentimenti, sicuro, era soltanto una facciata dipinta ad arte
dagli Uchiha. Si sforzava di essere sicuro di ciò che faceva
e la
mancanza di svago era dovuta al fatto che se si fosse distratto non
sarebbe più riuscito ad occuparsi dei suoi studi, che non
amava.
Anche la mancanza di sentimento quando parlava non era altro che
mancanza di passione.
C’era
anche qualcos’altro che mancava, e non riusciva a vedere
cosa.
Neppure lo voleva, tanto era terrorizzato dall’incubo in cui
si era
reso conto di vivere.
Quando
dopo le scale aprì finalmente la porta che cercava,
scoprì con
disappunto di non essere solo. Una voce gentile richiamò la
sua
attenzione, seguita da una risata che risuonò sgradevole
alle sue
orecchie.
«Glielo
assicuro, non avrò mai più una sensei stupenda
come lei! » allegro
e stupido: era Kiba.
Sasuke
uscì, lasciandosi bagnare dalla luce della luna e osservando
le
quattro figure in arrivo.
Kurenai
la ricordava, era l’insegnante di biologia, ed era andata in
maternità al suo quarto anno. Era la fidanzata del compianto
Asuma,
insegnante di matematica. E quello che le teneva la mano doveva
essere il loro bambino, che mai aveva conosciuto il padre, morto in
un incidente stradale.
Ricordava
bene che il giorno dopo la scuola era rimasta chiusa per lutto e che
aveva trovato nell’angolo fumatori, dove solitamente stava il
loro
insegnante di matematica, Shikamaru che fumava in silenzio.
Insieme
a lei ora c'erano Kiba e Shino, un compagno particolarmente
silenzioso con cui non aveva mai parlato.
«Guarda
un po’ chi è venuto a trovarci!» rise
ancora Kiba, andando a dare
una pacca sulla spalla di Sasuke, unico che si azzardasse a prendersi
tanta confidenza. Sasuke aveva la netta impressione che Kiba in
realtà lo odiasse.
Kurenai
gli sorrise cordiale. «Mi ricordo, uno dei migliori allievi
della
scuola. »
«Suo
figlio? » domandò cortesemente l’Uchiha.
«Si.
Asuo, saluta.» la voce della donna si ingentilì
ancora, risultando
come una dolce nenia mentre si rivolgeva al bambino, che da parte sua
lo fisso dritto negli occhi e salutò con un cenno della
testa.
«Molto
Nara.» sussurrò Sasuke.
A
sorpresa, Kurenai rise.
«Non
ne dubito, lo zietto è sempre con lui, e dopotutto studia
proprio
per essere un buon maestro per il mio piccolino…»
La
promessa, pensò Sasuke, pensando alllo sguardo contrito di
Sakura
quando Naruto ne aveva parlato.
«Shikamaru
un maestro, chi l’avrebbe detto, eh, Shino?»
Shino
sembrò ignorarlo, eppure Kiba sorrise.
«Cosa
studi, Shino?» domandò d’impulso Sasuke.
«Entomologia.
» rispose lapidario.
Sasuke
ricercò la parola nel proprio dizionario mentale: insetti.
Asuo
si lamentò, tirando la gonna alla madre:
«Perdonaci, Sasuke,
dobbiamo andare. Puoi restare a far compagnia ad Hinata.»
Ad
impedirgli di andarsene fu l’occhiata di Kiba, che sembrava
minacciarlo se solo avesse osato seguire il consiglio della loro ex
insegnante.
«Certo.»
Stavolta
più leggero, si diresse verso la balaustra opposta
all’entrata per
prendere aria, ascoltando il melodioso suono della porta che sbatteva
per mano di un rabbioso Kiba. Non vide Hinata e non se ne
curò più,
troppo preso dai suoi pensieri.
Pur
avendo perso l’uomo che amava, quella donna andava avanti col
sorriso per il loro bambino.
Si
chiese come fosse, amare una donna.
Poi
notò la presenza di Hinata, quasi impalpabile persino per
lui,
allenato ad affrontare i nemici, delicata come quella di una stella
all’alba.
Non
si voltò a guardarla.
Hinata
era sempre stata diversa. Non aveva mai guardato Sasuke con
ammirazione. Neppure Tenten forse, ma Tenten se non altro si faceva
notare. Hinata era sempre stata lì, nell’ombra, a
guardare la
persona più sbagliata. Sasuke aveva notato come osservava
Naruto,
sin dalle elementari, quando erano divisi da una rete metallica, ed i
bambini dalla loro parte giocavano con oro in forma di giocattoli,
mentre Naruto e gli altri abbandonati non avevano che erba e terra.
Hinata lo guardava attraverso quella rete, e vedendo i loro volti
anche il Sasuke bambino pensava di non saper dire con certezza quale
dei due fosse in trappola, sebbene non avesse avuto mai il minimo
dubbio che fosse lui quello nella condizione migliore, libero, senza
sapere che undici anni dopo avrebbe visto Naruto e avrebbe scoperto
che era invece lui, quello intrappolato.
Hinata
aveva amato Naruto, ma per timidezza non aveva mai parlato, e Naruto,
dal canto suo, non era mai stato così acuto da capire i
sentimenti
silenziosi della ragazza.
Un
amore durato tanto a lungo non era forse una via di fuga? si chiese
improvvisamente Sasuke. Ed ora che era finito, che Naruto aveva
ufficialmente scelto Sakura, la timida Hinata che avrebbe fatto?
Poi
si diede dello stupido. Hinata era stata timida, ma era cresciuta e
sicuramente cambiata. Forse non aveva neppure fatto caso a Naruto.
Infine
si voltò appena a guardarla.
Era
splendida, Hinata. Come ogni figlia della casata Hyuga manteneva i
tratti delicati e femminili che contraddistinguevano le donne della
famiglia. I capelli corvini erano lunghi sino alla vita e raccolti
per metà in uno chignon. Il viso era rivolto verso il
panorama e
poteva vederne soltanto il profilo, il piccolo naso aggraziato, le
labbra non troppo sottili, un occhio chiarissimo che non si era mai
posato per davvero su di lui. Il suo vestito era bianco come quello
di Sakura, ma fasciava le sue forme più prosperose ed era
lungo sino
alle caviglie, dove terminava increspandosi come le onde del mare a
riva. Era alta quasi quanto lui e la pelle candida riluceva sotto la
luna piena.
Hinata
aveva qualcosa di fragile eppur forte nel suo stesso aspetto. Forte
perché, nonostante la sua stessa fragilità, non
cessava mai di
vivere.
Sasuke,
nonostante la sua tanto ostentata forza, non aveva neppure iniziato a
farlo.
Troppo
facile fare i forti quando non sei tu a condurre il gioco.
Probabilmente
sentendo il suo sguardo scivolarle addosso, Hinata parlò. La
sua
voce bassa e cortese si rivolse a lui, e Sasuke si sentì
inspiegabilmente appagato.
«Un
panorama incantevole, non trovi? »
«Non
si vede un cielo simile,
all’università.» Sasuke stesso si
stupì
delle proprie parole, poiché non sembravano sue. Non erano
le parole
dette dal famoso Uchiha, ma dal dimenticato Sasuke.
Hinata
gli sorrise appena, e lui ebbe nuovamente l’impressione di
avere a
che fare con una stella.
«È
rimasto indietro, questo cielo, rispetto a noi. E forse è
per questo
che sembra così bello.»
Si
guardarono.
Sakura
aveva guardato Sasuke con un amore speranzoso, cercando in lui il
principe azzurro che non poteva trovare.
Ino
aveva guardato Sasuke con occhi pieni di passione, cercando in lui
qualcuno che le desse fama, divertimento e la facesse sentire
protetta. Cercando l'attenzione di Sakura.
Tenten
aveva guardato Sasuke con interesse, trovandolo forse carino, per poi
voltarsi a guardare Neji e non smettere più.
Hinata
guardò Sasuke con triste dolcezza, senza chiedere nulla in
cambio.
Un semplice sguardo di comprensione, di chi cerca amore ma non lo
chiede, di chi vuole donarlo ma non ha nessuno. Uno sguardo che era
cosciente di tutto questo e nonostante ciò avrebbe
continuato a
brillare in attesa, senza chiedere mai.
Il
cuore di Sasuke accelerò.
Non
era mai riuscito a vivere solo per se stesso, troppo intento a
ricoprire il vuoto lasciato da Itachi, a distrarre suo padre da
quello rimasto quando era morta sua madre, a rendere la famiglia
fiera di lui. Lui nella sua vita esisteva soltanto come burattino.
In
quell’esatto momento però volle vivere come un
uomo. Amare come un
uomo. Poter vivere per se stesso e per chi avrebbe scelto, senza
alcuna imposizione; soprattutto amare quella donna davanti a lui, che
teneva sempre il cuore tra le mani, invisibile però agli
occhi di
tutti, eppure così bella.
Il
suo desiderio fu di vederla sorridere come Sakura, Ino e Tenten, ma
solo per lui, per riempirgli le giornate.
Era
assurdo, l’aveva appena rincontrata e non credeva ai colpi di
fulmine, così finì per distogliere lo sguardo
arrossendo. Gli
sembrò quasi di aver compiuto un sacrilegio, rifiutando
anche lui
quel cuore che gli era stato offerto.
«Credi
che si possa trovare un cielo altrettanto bello, fuori di
qui?»
La
sentì annuire accanto a sè.
«Solo
se lo si cerca.»
«Tu
lo hai mai trovato, in passato?»
«Lo
sai che è così.»
Stavolta
guardarla fu più forte di lui: «In due occhi di
quel colore.»
affermò sarcasticamente. Non era mai stato poetico e
schernì se
stesso ed il mondo, colpevole di non aver ricambiato un amore
così
puro.
«Ma
quel cielo cercava qualcos’altro…»
confermò la ragazza
malinconica. Poi si riscosse. «Ne troverò ancora.
» disse, quasi
più per convincere se stessa.
Sasuke,
suo malgrado, sorrise. Era davvero forte, dopotutto. I suoi occhi
erano determinati e asciutti, ed ora lo guardava in attesa di una
risposta, affermativa o ancora di scherno.
«Certo
che sì. E poi quello era il cielo di giorno. Puoi tentare
con la
notte.» suggerì.
Hinata
parve confusa; poi notò gli occhi di Sasuke, del colore
dell’ombra, e si sentì arrossire.
Gli
opposti si attraggono, ed Hinata aveva sempre visto in Naruto il suo
complementare. Forse però aveva sbagliato i suoi calcoli, la
propria
purezza cercava qualcuno molto meno ingenuo.
«La
notte è piena di pericoli. » mormorò la giovane donna, mentre la coglievano le palpitazioni che
pensava di aver lasciato al liceo, prima di sentire il suo cuore
spezzarsi. E invece era ancora lì, tutto intero.
Non
riusciva a capire cosa avesse in mente Sasuke: Farle male?
Ma
Sasuke era stanco di fare la parte del cattivo senza averne nulla in
cambio.
«Sai…»
cominciò lui, avvicinandosi con studiata lentezza per non
metterla
in agitazione, «La notte non è così
buia come sembra…»
Hinata
non era così stanca da non cogliere il grido
d’aiuto di chi voleva
cambiare.
«Non
lo è?» ripeté, evitando di guardarlo
negli occhi. Si soffermò
sulle labbra sensuali del giovane, avvampando d’imbarazzo
ancora
una volta.
«Parlavamo
di occhi anche…» le labbra che fissava si
piegarono in un sorriso
lievemente canzonatorio, e Hinata alzò lo sguardo
finalmente. Gli
occhi di Sasuke erano sempre neri, ma brillanti. «Ti sembrano
così
cupi, i miei occhi?»
Hinata
sussurrò un “no” appena udibile, troppo
sorpresa. Dov’era il
Sasuke scontroso e crudele che tormentava Naruto e che li aveva
abbandonati?
«Ti
ricordi, alle elementari, in giardino? La
recinzione…»
Hinata
si stupì: «Sì.»
«Da
una parte i ricchi, fuori i poveri. Da una parte chi doveva seguire
la strada già tracciata, dall’altra la vita
vera.»
«S-si.»
confermò Hinata, sentendo il cuore in gola.
«Tu
sin dall’inizio sei riuscita ad oltrepassarla. Piacerebbe
anche a
me…» mai si sarebbe abbassato a chiedere aiuto, ma
il suo sguardo
lo fece per lui.
Hinata,
inaspettatamente, sorrise. Annuì delicatamente, e Sasuke
capì che
sarebbe sempre stata a modo suo, non sarebbe cambiata per lui. Per
nessuno.
Sorrise
anche lui, poi si chinò verso di lei, socchiudendo gli occhi.
«Non
penso di aver capito… signor Uchiha, giusto?»
balbettò la
segretaria incredula, fissando senza realmente vederlo lo schermo del
computer. Mise il viva-voce, perché le sue colleghe che la
guardavano stupite potessero capire, e posò la cornetta.
«Esatto.
Sono Sasuke Uchiha e voglio lasciare l’università.
Tenere pure la
rata, se vi è qualche problema telefonate pure alla mia
famiglia per
il resto. Le auguro una buona giornata.»
Il
rumore della chiamata che veniva chiusa segnò il silenzio
attonito
per diversi minuti a seguire.
Sasuke
invece rideva divertito, mentre metteva a posto il cordless.
«E
sentiamo, cosa vorresti fare, bastardo?»
«I
cazzi miei, idiota, perché non provi anche tu?»
«Ma
che educazione, complimenti…»
Sakura
si finse indignata mentre usciva ancheggiando con un vassoio di
antipasti in mano. Sasuke e Naruto si lanciarono uno sguardo di sfida
prima di seguirla.
Accanto
alla porta, Naruto si fermò: «Ehi,
Sasuke.»
Il
moro si irrigidì. Raramente lo aveva chiamato per nome.
«Cosa,
Naruto?»
«Il
tuo sorriso è inquietantemente vero.» disse, e poi
scoppiò a
ridere, precedendolo.
Li
accolsero le grida gioiose degli invitati nel giardino della
residenza Uchiha, pagata coi soldi ereditati da Sasuke anni prima.
«Cos’è
sta roba? Dov’è la mia carne? Uchiha, prepari roba
da donne!»
rise Kiba, prima di venire spintonato da Karin, che rise prendendolo
in giro per i suoi modi.
«La
carne è quasi pronta!» annunciò Choji
festoso, con Temari che
stava seduta sulle gradinate accanto a lui a chiacchierare.
Sasuke
prese un bicchiere offerto da Tenten e mentre passava brindò
con Lee
ed Ino, che alzarono i boccali, mentre Shikamaru seguiva la fidanzata
per toglierglielo di mano dato che non reggeva affatto
l’alcol. Sai
stava seduto e chiacchierava con Shino che una volta tanto sembrava
ascoltare, e Neji sollevò lo sguardo il tanto che bastava
per
salutare il padrone di casa, riprendendo poi a parlare con Juugo, un
suo compagno di università di Sasuke prima che smettesse di
frequentare mesi prima. L’altro suo compagno, Suigetsu, lo
raggiunse ghignando.
«Bel
colpo.»
«Come?»
«È
bellissima la tua ballerina.»
«Balla
solo nel tempo libero.» specificò Sasuke
impassibile.
«E
che lavoro fa?»
«Riceve
i soldi della famiglia Hyuga. Industrie su industrie.»
«Lo
sapevo! Stai con lei per i soldi allora!» lo
accusò Suigetsu a
bassa voce, sempre col solito grande sorriso.
«Non
è cos-» cominciò indignato.
«Lo
so, ti prendevo in giro. » lo interruppe, «Come sei
suscettibile,
si vede che non è per quello, sai?»
«Cosa
si vedrebbe?» domandò lui scettico.
«Che
sei innamorato cotto.» rispose una voce canzonatoria dietro
di lui.
Sasuke
non si voltò neppure.
«La
ringrazio per aver risposto al mio invito, ma la prego di evitare
volgari illazioni. Hinata, vieni!» chiamò Sasuke.
Hinata lo
raggiunse radiosa ed il fidanzato le pose una mano sulle spalle,
voltandosi.
«Hinata,
questo è Itachi, mio fratello. Itachi, questa è
Hinata, la mia…»
«Mia
cognata. È un grande piacere conoscere la donna che ha messo
a posto
questo fratellino disgraziato.» lo ignorò Itachi,
prendendo la mano
della donna che arrossì con grazia.
«Piacere
mio. Lei è un assistente sociale, non è
così?»
«Si,
ma dammi pure del tu, ho solo cinque anni più di
voi…» si lamentò
ridendo, mentre Suigetsu si allontanava divertito.
«Bene.
Sasuke, potresti chiedere a lui per il lavoro…»
suggerì a voce
bassa, ma ugualmente udibile.
Itachi
regalò un’occhiata per metà sorpresa e
per metà emozionata al
fratello.
«Non
chiedere. Ne parliamo dopo. Ora entra e mangia.» rispose
Sasuke,
seccato per via dell’imbarazzo. Ascoltando il fratello ridere
dopo
tanto gli si strinse il cuore: era troppo felice.
Erano
tutti lì per dargli una mano, avrebbe ricominciato insieme a
loro;
suo fratello era compreso e non poteva chiedere di più.
Poi
guardò accanto a sé e sorrise: negli occhi di
Hinata vide riflesso
il sorriso che aveva tanto cercato. L’espressione
soddisfatta,
felice e viva.
Poi,
soltanto il sapore delle sue labbra che ancora sorridevano in un ti
amo non detto a parole.
Niente
faceva sorride il cuore come il sapore di un ti amo.
«Ino,
molla quello stramaledettissimo bicchiere, ora! Nostro figlio
nascerà
alcolizzato!»
«Ooohhh!
Nara! Sembri quasi veramente un maschio!»
«Lui
ha un pene.»
«HAHAHAHAHAH!!!»
«Sai,
cazzo, non insinuare… insinuazioni!»
«Certo,
Sai, ascolta Naruto, il futuro sindaco con la sua retorica: non
insinuargli insinuazioni, ragazzo insinuante.»
«Ino,
non dargli corda ti prego… e Kiba, smettila di ridere!
Sasuke, fa
qualcosa! »
«Oh
oh, hai interrotto la pomicio-coppia…»
«Sei
morto, Nacchan…»
«Ino,
Kiba, vi siete alleati contro di lui per caso? Shika, fossi in te
sarei geloso…»
«Si,
beh, Temari, io più che altro ho la vaga sensazione che Ino
voglia
sviarmi… Molla il bicchiere!»
«No!»
«Ehi…
idiota… ci tieni proprio a
morire?»
«Non
ho paura di te, bastardo!»
«Dilettanti…
io e Ino eravamo molto più agguerrite…»
«Ma
Sakura!»
«È
sempre così, qui?»
«Anche
peggio… Ma oh! Tu sei suo fratello, vero? »
«Karin,
non cominciare con quei occhi da triglia…»
«Ha
parlato! Fatti i cazzi tuoi, Suigetsu!»
«Itachi-san,
vieni a mangiare qualcosa prima che si freddi…»
«Grazie,
Hinata…»
«La
forza della giovinezza è sempre con loro.»
«Non
i loro peni.»
«Ino,
dai, molla il bicchiere, per favore… Sai che ti amo, fallo
per me…
dai…»
«Vero,
odori di alcol, scrofa.»
«Sembriamo
all’osteria…»
«ZITTO,
CHOJI! No, Kiba, no…»
«OSTERIA
NUMERO ZERO!»
«PARAPONZIPONZIPO’!»
Suvvia,
signori e signore, mi conoscete. Non potevo permettere un finale
troppo sdolcinato... e che Epilogo sarebbe, senza un epilogo? Per la
cronaca, si, Ino è incinta (mosche bianche rulez) e l'ordine
di chi
parla, per chi fosse confuso è:
Shikamaru,
Naruto, Sai, Kiba, Naruto, Ino, Naruto, Ino, Kiba, Temari, Shikamaru,
Ino, Sasuke, Naruto, Sakura, Itachi, Karin, Suigetsu, Karin, Hinata,
Itachi, Lee, Sai, Shikamaru, Sakura, Choji, Tutti meno Choji e Kiba,
Kiba, Naruto Lee Choji Temari Tenten e [forse] Suigetsu,
probabilmente XD
Ok,
pensandoci bene l'epilogo è doppio, ma chissene frega... Se
siete
arrivati sin quì, fatemi sapere cosa ne pensate e/o se
qualcosa non
è chiaro!
Ah, quasi dimenticavo, Itachi è sempre nella linea di
fratello maggiore tipico, è in AU e invece che sterminare il
proprio
clan ha potuto semplicemente andare via di casa, visto che i problemi
erano ben diversi. Quindi ecco perchè non è
emo/silenziosissimo/cupo e tutto quello che in genere gli si
attribuisce. Questo è l'Itachi che immagino io nelle AU, ed
anche
l'Itachi che sarebbe potuto essere, che da piccolo prendeva in giro
il fratellino colpendolo per gioco sulla fronte con due dita T___T
Stavolta
è tutto davvero, alla prossima!
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