Verso la guerra
Fuori dal Dimholt regnava un'atmosfera surreale. Il cielo grigio e
denso di nubi lasciava a stento passare qualche timido raggio di sole
in lontananza. Il silenzio era tetro e lugubre, molto simile a quello
della montagna. La via
è chiusa. Fu creata da coloro che sono morti, e i morti la
custodiscono. La via è chiusa. Così
citavano i pitogrammi sopra l'entrata. Eppure ce l'avevano fatta e ora
Gimli il nano, Aragorn e Legolas potevano respirare nuovamente aria
fresca. La loro però era l'unica presenza in quella landa
desolata. I morti non avevano risposto alla chiamata del re, avrebbero
continuato a vivere da maledetti per l'eternità. Aragorn
cadde a terra sconsolato, portandosi una mano al petto, sul monile
ormai sempre meno luminoso. La speranza stava morendo insieme a lei,
insieme alla Terra di Mezzo. La gentile mano di Legolas si
appoggiò sulla spalla dell'uomo, mentre gli occhi dell'elfo
presero a scrutare l'orizzonte.
La guerra imperversava a Minas Tirith, tutti coloro che potevano
combattere avevano imbracciato le armi per difendere l'ultimo avamposto
degli uomini contro Mordor. Centinaia di migliaia di orchi contro
qualche migliaio di uomini, forse meno. Tra loro anche un elfo stava
rischiando la vita per tenere alta la speranza. L'ultimo avamposto,
l'ultimo baluardo. Forse non sarebbe giunto in tempo per vederla ancora
viva, per vederla combattere come la prima volta.
Caras Galadhon era in
fermento come non lo era mai stata. Dama Galadriel e Sire Celeborn
avevano invitato per l'occasioni illustri ospiti da tutti i reami
elfici della Terra di Mezzo. Elrond di Granburrone coi suoi figli, tra
cui spiccava per grazia e bellezza Arwen Undomièl, Thranduil
signore del Bosco Atro e il suo primogenito Legolas, il più
impaziente, e Gandalf il Grigio, presenza inaspettata ma gradita.
L'occasione era stata una speciale dimostrazione di due giovani
guerrieri addestrati a Lothlorien, i migliori secondo Haldir, il loro
comandante. A loro sarebbero stati affidati importanti compiti, in
relazione alla pericolosa situazione in cui versava la Terra di Mezzo.
Sauron stava risorgendo, Barad-dur era stata quasi interamente
ricostruita, l'anello stava chiamando il suo signore. Le terre
più in pericolo erano quelle degli uomini, confinanti con
Mordor, dimora dell'Oscuro Signore, Gondor specialmente. Caduta Minas
Tirith, la sua capitale, sarebbe caduta la Terra di Mezzo. Uno di quei
due guerrieri sarebbe stato inviato in quella città, per
proteggerne la caduta dall'interno, per mano di Denethor, il
sovrintendente. L'altro sarebbe partito alla ricerca della creatura
chiamata Gollum, colui che per più tempo aveva tenuto
l'anello per se e ne era stato logorato.
Un elfo si fece largo
tra gli ospiti, seduti in cerchio intorno all'arena dove si sarebbe
svolto il combattimento, ed entrò in essa per annunciare gli
sfidanti, che atterrarono elegantemente sul campo, vestiti di una
semplice camicia smanicata e di un paio di pantaloni corti al
ginocchio, nulla ai piedi, una maschera a coprire gli occhi. I capelli
castani di uno erano intrecciati sulla nuca, quelli biondi dell'altro
raccolti in una semplice coda. Unica regola del combattimento: non
uccidere l'avversario.
Al segnale dell'elfo, i
due sfidanti iniziarono a studiarsi, occhi negli occhi, poi il biondo
prese l'iniziativa ed estratto un pugnale dalla cintura dei pantaloni
attaccò l'avversario, che però fu lesto a parare
anch'esso con un pugnale e a contrattaccare. I due diedero inizio ad
uno spettacolo mai visto, la loro bravura era superiore a quella di
qualsiasi altro guerriero vivente, si schivavano, paravano e
attaccavano con ordine, armonia e forza allo stesso tempo. Tutti i
presenti espressero la loro meraviglia nel vedere la bravura di
entrambi, eccetto il principe Legolas e Haldir, i cui occhi erano solo
per il combattente moro. Probabilmente nessuno se ne era accorto, ma
quel guerriero combatteva in modo diverso dall'avversario. Il biondo
era un freddo calcolatore, razionale e preciso, mentre il moro ci
metteva sentimento, qualcosa che nel mondo elfico era poco conosciuto e
che entrambi gli spettatori avevano imparato a conoscere in quel
guerriero.
In breve, il biondo
venne immobilizzato a terra dall'avversario, disarmato e col pugnale
puntato alla gola. Il respiro di entrambi era affannoso, ma negli occhi
c'era ancora voglia di combattere. L'elfo arbitro del combattimento lo
dichiarò sconfitto, annunciando quindi la vittoria dello
sfidante dai capelli castani, che subito venne portato al cospetti di
Dama Galadriel e degli altri ospiti illustri. La signora di Lorien si
alzò in piedi ed invitò il vincitore a togliersi
la maschera. Eseguì l'ordine, seppur con riluttanza,
scoprendo così il suo viso di donna e le sue fattezze di
Mezzelfo. All'inizio lo stupore pervase gli spettatori, ma l'oggettiva
bravura della fanciulla, elogiata anche dalla loro signora, mise a
tacere qualsiasi maldicenza su di lei.
"Tuttavia ho ancora una
curiosità da soddisfare" continuò Galadriel,
guardando intensamente la ragazza "Cosa ha portato il fedele Haldir a
trasgredire la regola e ad insegnare l'arte del combattimento ad un
Mezzelfo?" lo sguardo della donna si posò sul suo ufficiale,
che fu però anticipato da Legolas.
"E' stata una nostra
richiesta speciale" spiegò il principe "Dopo aver visto la
predisposizione di Elanor per il combattimento in un attacco di
Orchetti, durante il quale ha prontamente salvato la vita a me e re
Thranduir mio padre, ci siamo rivolti al generale Haldir
affinchè la prendesse sotto la sua custodia"
"E Haldir ha sfruttato
appieno le sue potenzialità, oserei dire" intervenne
Gandalf, alzandosi dal suo seggio con l'aiuto del suo bastone "Da
quanto ha messo in mostra sotto i nostri occhi, ha imparato molto bene
a combattere, quasi avesse imparato segreti di cui nessuno era mai
venuto a conoscenza"
Gli occhi di Elanor
volarono subito al suo maestro, concentrato ad osservare ogni mossa e a
sentire ogni parola dello stregone.
"Indubbiamente sei
diventata l'allieva prediletta del tuo maestro, Elanor"
continuò il vecchio.
"Io...ho solo cercato di
mettere a frutto i suoi insegnamenti" cercò di giustificarsi.
"E lo hai fatto
egregiamente, direi" continuò Gandalf "Più che
egregiamente"
Elanor sembrava quasi
spaventata dalle parole dello stregone e lentamente si stava
allontanando dal suo interlocutore, quando una mano le si
poggiò sulla schiena. Legolas, vedendo il suo smarrimento,
era entrato nell'arena.
"Propongo che Elanor sia
mandata a Gondor. Sebbene a lei spetti il compito di rintracciare
Gollum, sono convinto che il suo essere Mezzelfo potrebbe andare a
nostro vantaggio" parlò nuovamente Gandalf, ma un "NO" secco
da parte di Haldir interruppe il suo discorso.
"Per quale motivo ti
opponi a questa proposta, Haldir? Dopotutto, le verrebbe affidata la
mansione meno pericolosa" domandò Celeborn, incuriosito
dalla reazione del suo soldato.
Haldir non rispose
subito, il suo sguardo viaggiò più volte da
Elanor a Gandalf al suo re, prima che decidesse di dire qualcosa.
"Elanor è
stata addestrata in maniera diversa, si è visto. Ha
caratteristiche diverse di combattimento rispetto agli altri giovani
elfi, la sua parte umana le conferisce caratteristiche peculiari che la
rendono una guerriera unica nel suo genere. Si è dimostrata
un'allieva speciale ma non solo per questo ho preso a cuore il suo
destino. Sono infatti orgoglioso di essere anche il padre di questa
fanciulla che avete davanti, un padre che l'ha destinata ad essere
considerata inferiore per tutta la durata della sua vita, che l'ha
abbandonata e rinnegata in quanto per metà di razza umana,
ma che comunque l'ha sempre amata ed è stato fiero di vedere
nascere in lei un guerriero quale adesso è. Mi oppongo alla
proposta di Gandalf il Grigio con la semplice motivazione che, ora che
ho ritrovato mia figlia, non la voglio perdere di nuovo"
Il silenzio
calò tra gli elfi di Lorien, stupiti dalla rivelazione del
loro ufficiale, la cui risolutezza però non
vacillò mai di fronte a quel silenzio. Solo un singhiozzo
riuscì a romperlo, un pianto umano proveniente da colei che
in parte umana era e che per questo era stata misconosciuta da un padre
che anni dopo le aveva fatto da mentore tenendo nascosta la sua
identità.
Elanor corse via
dall'arena ad una velocità considerevole, seguita a ruota
dal principe Legolas. l'unico che l'avesse veramente apprezzata per
quello che era.
Un ventata d'aria gelida, più fredda della sua glaciale
pelle di elfo, gli sfiorò il collo e lo costrinse a
voltarsi. La figura opaca del re dei Morti era lì, dietro di
loro, in attesa.
"Aragorn..." chiamò semplicemente l'elfo, senza distogliere
mai lo sguardo dalla possente armata del Dimholt. L'uomo si
voltò anch'esso, per poi alzarsi velocemente davanti a
ciò che vide. Si avvicinò persino Gimli, pur
mantenendo salda la presa sull'ascia.
"Avete scelto" disse Aragorn, con la speranza che cresceva nel cuore.
"Non ancora. Devi assicurarci che manterrai il giuramento"
biascicò il re dei Morti.
"Avete la mia parola di re. Qualsiasi sia l'esito della battaglia alle
porte di Gondor, alla fine di essa voi sarete liberi"
"Molto bene, Aragorn figlio di Arathorn, il mio esercito è
ai tuoi ordini"
L'uomo si inchinò in segno di gratitudine, imitato in parte
da Gimli e da Legolas. Il cuore dell'elfo era nuovamente ricolmo di
speranza, forse non era tutto perduto e si poteva arrivare in tempo per
salvare Minas Tirith. I moli di Umbar attendevano i tre compagni e la
loro armata. Lì avrebbero trovato le navi dei pirati pronti
a partire per combattere contro gli uomini, le avrebbero prese e con
esse sarebbero giunti a Gondor via fiume, per poi combattere lungo
tutto il Pelennor fino alle mura della città. Il regno degli
uomini avrebbe avuto ancora qualche giorno di vita, avrebbe retto come
ultimo baluardo dei popoli ribellatisi al male, sarebbe stata il punto
di partenza per l'esercito diretto verso l'ultima battaglia alle porte
del Nero Cancello.
La battaglia imperversava, gli orchi si riversavano sulle mura come
l'edera, inarrestabili e interminabili, aiutati dai Nazgul, seminatori
di terrore dall'alto delle loro cavalcature nere. I soldati all'ultima
cerchia, stanchi di assistere al massacro dei loro compagni, avevano
insistito per andare a combattere al loro fianco ed Elanor aveva
accettato, lasciando ai loro posti solo i soldati più
giovani. Ora anche lei combatteva, lancia in mano e capelli al vento,
si abbatteva sugli avversari come una furia, urlando la sua rabbia al
cielo nero. La notte stava calando sul Pelennor, di Rohan nessun segno.
Le mura resistevano, ma il cancello sarebbe presto crollato sotto i
colpi dell'ariete, Grond.
Gandalf ordinò la ritirata dentro la seconda cerchia,
lasciando agli orchetti la possibilità di dilagare
all'interno della prima. Le porte delle mura si chiusero dietro le
spalle di Elanor, rimasta in fondo per proteggere la fuga ai soldati.
"Quanto resisteremo?" domandò la fanciulla mentre riprendeva
fiato.
"Non lo so, forse è meglio non pensarci. Disponi le truppe
lungo la cerchia, noi continueremo comunque a contrastarli"
Elanor stava per impartire gli ordini quando la voce di Pipino giunse
alle fini orecchie di entrambi.
"Gandalf! Denethor è uscito di senno! Sta bruciando vivo
Faramir!"
L'elfo e lo stregone si guardarono allarmati.
"Precedici al mausoleo dei re e dei sovrintendenti, io impartisco gli
ordini e vi raggiungo" ordinò Gandalf, facendo salire Pipino
in groppa a Ombromanto e iniziando a percorrere il perimetro delle mura.
Elanor non se lo fece ripetere e, montata su Uthièl, prese
la strada verso il palazzo.
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