Erano mesi che Julie aspettava quella serata, o
meglio, quel momento. L'istante in cui finalmente avrebbe avuto davanti ai suoi
occhi i suoi idoli e non ci sarebbe stato nessuno schermo televisivo ad
ostacolarla, nessuno stereo avrebbe filtrato la voce di Matt.
Sì, la sera di quel 23 febbraio sarebbe stata una
delle più belle e indimenticabili della sua vita. Avrebbe visto i Bullet For My
Valentine dal vivo, su un vero palco, ad un vero concerto.
Era stato difficilissimo arrivare a quel punto.
Julie era cresciuta in una famiglia iperprotettiva e il suo aspetto fragile
aveva solo contribuito a peggiorare le cose. Anche se aveva compiuto da qualche
settimana diciotto anni, poteva facilmente passare per una di sedici; era alta
poco più di un metro e cinquanta e di corporatura esile. Il suo viso dai
lineamenti angelici era incorniciato dai lunghi capelli biondissimi e
perfettamente lisci.
Ora il suo sguardo color ambra vagava qua e là tra
il pubblico di fans esaltati per l'imminente arrivo della band. All'entrata dei
cancelli la bionda, che era venuta da sola, aveva conosciuto altre due ragazze
ed era stato grazie a loro che adesso si trovava in uno dei posti più vicini al
palco. Non appena si abbassarono le luci tutte le persone presenti nell'arena si
misero a urlare e a saltare, fu un vero miracolo se Julie non restò schiacciata
da qualcuno. Il suo cuore cominciò a battere all'impazzata e si sentì mancare il
respiro, ma non se ne curò: era l'emozione.
La ragazza si era immaginata un milione di volte
l'entrata che il gruppo avrebbe potuto fare, ma ne restò stupita ugualmente. Ci
fu un rumore simile ad un'esplosione e il palco fu invaso da una grossa nube di
fumo nero che piano piano si dissolse, lasciando intravedere quello che aveva
nascosto fino a quel momento.
Eccoli, i quattro ragazzi che la facevano sognare,
piangere o la tiravano su di morale con le loro canzoni. Non passava giorno che
Julie non ascoltasse la chitarra di Padge, che ora stava nella parte sinistra
del palco, il basso di Jay, dalla parte opposta, o la batteria di Moose, che si
trovava dietro al suo strumento, pronto a cominciare.
Ma la cosa a cui sapeva non avrebbe mai potuto
rinunciare era la sua voce, il suo volto, la sua espressione quando cantava,
insomma non sarebbe riuscita ad andare avanti senza Matt. Sapeva che era una
cosa stupida, che lui era un personaggio famoso e aveva una vita differente
dalla sua, ma lo adorava lo stesso e ora lui era lì, a meno di una decina di
metri da lei. Era bellissimo come sempre, portava un paio di pantaloni neri
piuttosto stretti ed una canottiera dello stesso colore che metteva in risalto i
suoi tatuaggi e i bicipiti allenati. Aveva in mano la sua chitarra, ma non
diceva una parola e non sembrava nemmeno intenzionato a cominciare a suonare,
pareva che aspettasse qualcosa.
Infatti pochi istanti dopo successe la più
incredibile delle cose. I quattro componenti del gruppo vennero colpiti da una
pioggia di oggetti che Julie non riconobbe subito. Poi quando realizzò di cosa
si trattava, l'emozione salì alle stelle. Erano rose, nere e rosse.
Quegli splendidi fiori catturarono l'attenzione di
tutti per un momento, ma poi Matt cominciò a raccoglierne qualcuno e a gettarlo
a casaccio sulle teste dei presenti sempre più in delirio. Una ragazza
vicinissima a Julie riuscì ad afferrare una rosa e le lacrime cominciarono a
rigarle il volto. La biondina invece non pianse per tutta la durata del
concerto, nemmeno quando Matt diede il benvenuto ai fans e lui, Jay, Padge e
Moose cominciarono a suonare. I ragazzi diedero il meglio di sè; eseguirono la
maggior parte dei brani presi dal loro nuovo album e alcuni dei loro primi
pezzi.
Per quei cinquanta ed interminabili minuti Julie si
sentì in un'altra dimensione e le venne davvero da piangere solo quando il
gruppo si congedò e il cantante augurò la buona notte ai "fans che spaccano di
più al mondo".
Man mano che l'arena si svuotava, presero a girare
voci che i Bullet avrebbero firmato autografi all'esterno.
Una volta fuori Julie, che non aveva problemi
d'orario visto che per quella notte avrebbe alloggiato in un ostello aperto
ventiquattrore su ventiquattro, seguì un gruppetto di ragazzi e ragazze in cerca
del fatidico posto dove Matt e compagni si sarebbero fatti vedere.
La notizia si rivelò presto essere falsa, così
tutti cominciarono a tornare a casa.
Mentre Julie era chinata ad allacciarsi una scarpa,
prima di dirigersi all'ostello, venne urtata da qualcuno e presa del tutto alla
sprovvista cadde in avanti sbucciandosi un ginocchio, accidenti al suo fisico
debole!
Invece di sentire delle scuse fu invitata da una
voce femminile e maleducata a fare più attenzione a dove metteva i piedi,
dopodichè la ragazza che l'aveva fatta cadere si allontanò con un veloce
tichettio di tacchi sull'asfalto.
Julie cercò di rialzarsi il più in fretta e nel
modo più indolore possibile, ma sentì una fitta lancinante alla tempia.
Possibile che non passava un giorno in cui non batteva la testa?
Alla fine riuscì a rimettersi in piedi mezza
tremante e barcollante. Accidenti ancora alla sua salute così cagionevole!
Chiuse gli occhi per qualche secondo, facendo mente locale e pensando se avesse
portato o meno dei cerotti con sè. No, non l'aveva fatto. Al momento della
partenza aveva solo avuto il tempo di escogitare un modo per scappare e una
scusa sufficientemente ben costruita per fare in modo che sua madre non si
preoccupasse.
Il filo dei suoi pensieri venne interrotto da una
voce maschile, un suono melodioso e unico, che non avrebbe mai immaginato di
sentire in quel momento. Julie immaginò di stare sognando e strinse ancora più
forte le palpebre, ma alla voce che chiedeva "Tutto bene?" si aggiunse un lieve
tocco sulla spalla. La ragazza pensò che non aveva mai fatto un sogno così
vivido, ma quando alla voce tanto amata se ne aggiunsero altre fu costretta a
tornare alla realtà.
Aprì gli occhi che erano ancora oscurati da un velo
di lacrime a causa del piccolo attacco di panico avuto qualche istante prima e
per poco non rischiò di cadere ancora una volta sul freddo e duro
asfalto.
|