Paul Blackwood soundtrack: UltimatuM - Man of Steel (Extended Mix)
Lilian non ebbe nemmeno il tempo di voltarsi, Blackwood con
il calcio di una pistola le sferrò un potente colpo alla nuca facendola franare
a terra e le prese il Winchester.
-Hai
un solo tentativo.
-Me lo farò bastare.
-Ma guarda… un attentato a Marshall con una comune carabina?-
sussurrò l’uomo.
Lilian si rialzò con un ringhio, le si gelò il sangue nelle
vene, sentì la rabbia salirle dal diaframma e irromperle nel petto e nella gola
come un’armata di guerrieri urlanti. Davanti aveva Paul Blackwood, elegante e
composto, fasciato in quel maledetto completo chiaro che non mancava mai di
chiedersi come accidenti facesse a non sporcare. Sfoderò una delle sue pistole
gemelle che teneva nascoste sotto l’ampia camicia da uomo che indossava e la
puntò contro l’avversario, il quale però alzò il fucile contro di lei.
-Buttalo a terra, Paul.-
-Se spari, sparo anche io.- l’ammonì l’aviatore. -Sei così
affezionata a questo vecchio fucile?-
-Gettalo.- ordinò Lilian.
-E se invece sparassi?- la provocò Paul.
L’uomo sparì.
Un colpo dilaniò l’aria e il ventre di Lilian.
Un proiettile si conficcò nel cappello di Blackwood, facendolo
volare giù dal torrione.
Lilian sentì le viscere roventi, si appoggiò contro la
balaustra di pietra e poi crollò a terra.
-Non sei stupida, Lilian. -disse il rivale ricomparendo. -Sei
una ragazza intelligente, lo sai che per uccidere Marshall il piombo non serve.
Ma dovevi prevedere che questo lo so anche io.- aprì la carabina e studiò con
interesse la sede dell’innesco.
-Male… maledetto stronzo…- sputò fuori la ragazza rantolando
per terra.
-Suvvia, niente di personale.- le sussurrò dolcemente l’uomo;
s’inginocchiò accanto a lei nella pozza di sangue in cui giaceva e gettò la
pistola nella tromba delle scale che li avevano condotti lì. Afferrò con una
mano le braccia che Lilian teneva convulsamente premute all’addome, quindi
gliele bloccò sopra la testa, e con l’altra mano prese dal panciotto una siringa,
con la quale le prelevò il sangue che sgorgava dalla ferita.
-Ecco fatto.- parlò pianissimo mentre Lilian quasi non lo vedeva.
-Ormai tu non mi servi più… e nemmeno l’isola. Potrei anche lasciarvi
combattere tra di voi ma è meglio fare piazza pulita di tutta la feccia,
giusto?-
Imboccò le scale che conducevano giù dal terrazzino, si voltò
facendo ondeggiare sinuosamente la lunga coda nera e bisbigliò: -Addio, Lilian
Rea. Salutami Barbabianca.-
-Salutamelo tu.- estrasse l’altra pistola e sparò.
Marco stava per tuffarsi in picchiata sul grande cortile
interno del castello, pronto a supportare il fratello che se la stava vedendo
nera contro Teach, quando il suo baby lumacofono cominciò a pigolare
sconsolato. Attivò la cuffia e a mala pena riuscì a cogliere il rumore che
saliva dal ricevitore.
Un respiro spezzato. Gemiti. Il suo nome sussurrato tra
lacrime e rantolii.
-Lilian!- gridò l’uomo. -Dove sei? Lilian!-
-Ciao, Lilian.- un soffio nell’orecchio, due mani adunche e
fredde le schiacciarono la testa per terra. -Via questo.- mormorò ancora la
voce, e la cuffia fece un volo, lontano, dopo essere stata frantumata. Un pugno
nello stomaco le tolse il fiato. Fu afferrata per la testa e sbattuta sul
pavimento.
Lilian accartocciata su sé stessa in mezzo ad un lago di
sangue che si allargava sui lastroni non riusciva nemmeno a pensare di
difendersi, aprì appena gli occhi e davanti a lei apparve il sorriso di Lafitte.
E sangue, tanto sangue da appannarle la vista.
-Maledetta merda…- ringhiò la ragazza.
-Ma come siamo maleducati.- osservò tranquillo il pallido
uomo. -Quando eri nostra ospite eri molto più silenziosa.-
-Tu sei ancora… lo stesso stronzo.- ribattè Lilian. Sparò un
colpo, ma il filibustiere evitò il proiettile alzandosi in volo e il rinculo la
fece gemere per il dolore.
-Così non vale, piccola Lilian.- con un calcio le strappò
l’arma di mano. -Ti preferivo reietta e indifesa.-
Lafitte la sollevò tenendola per il collo e la immobilizzò sopra
uno dei merli, facendole guardare solo le nuvole minacciose. -Adesso vediamo di
imparare un po’ l’educazione.- sussurrò all’orecchio della ragazza, con gli
occhi spalancati e il sorriso sadico accentuato dal rossetto cupo.
Un vortice di fiamme azzurre travolse Lafitte strappandolo
dalla ragazza e facendolo cadere rovinosamente giù dalle scale; Marco afferrò
il nemico per il collo e prima di fargli capire cosa fosse successo gli assestò
un vigoroso pugno nei denti, mandandolo a rovinare tra un mucchio di barili
marci che si sgretolarono sotto il peso del pirata.
-Speravi che nessuno venisse quassù a fermarti? Non puoi
certo uccidere i pulcini e poi salvarti dall’aquila!- disse arrogante la
Fenice, con il corpo di uomo e le ali azzurre che illuminavano l’angusto
interno della torre.
-Comandante Marco.- sorrise affabile Lafitte perdendo
copiosamente sangue dal naso e dalla bocca, che si spandeva sulla camicia di
seta. I vestiti gli esplosero addosso, liberando un corpo niveo e sinuoso: un
cigno dal becco nero. -Sarà delizioso farti a pezzi.-
-Sono venuto per lo stesso motivo.
E si buttò contro l’avversario con gli artigli che rilucevano
fra le fiamme azzurre. I due si sfidavano in un superbo duello aereo a suon di
beccate, artigliate e cazzotti micidiali senza esclusione di colpi,
infischiandosene del giocare pulito e puntando solamente ad uccidere il rivale.
Volando e inseguendosi i due risalirono le scale della torre e
sbucarono sopra Lilian nel cielo nuvoloso e carico di pioggia. All’improvviso
però il cigno bianco scansò un affondo del biondino, lo afferrò per il bavero e
lo guardò negli occhi.
Edward Newgate scaraventò Marco a terra colpendolo al volto con
un pugno grosso quanto un pallone da calcio. -VERGOGNA, MARCO.- tuonò l’uomo.
-Hai ucciso Satch!-
La Fenice scosse la testa, spaesato. Che accidenti…?
-No!- si difese. -Non sono stato…-
-Non ti chiamerò mai più “figlio”!!- decretò Barbabianca.
Lafitte lo trascinò con sé in una picchiata vertiginosa, e ritornò
umano quei pochi istanti che gli bastarono per estrarre un bastone da passeggio
dal folto piumaggio, rivelando uno stocco affilato, e trafisse Marco con la
lama di algamatolite.
Il dolore al petto trascinò il figlio di Newgate alla realtà.
-Ahi ahi, Fenicetta… non voli più adesso?- rise Lafitte spettrale.
Marco guardò le proprie ali tornare braccia e mani e dita, e
il manico del bastone da passeggio, l’elsa della spada nemica, bloccata fra le
sue costole mentre il sangue scorreva dalla ferita mortale.
La Fenice e il suo avversario precipitarono sul terrazzino
del torrione, e il Comandante si ritrovò schiantato per terra con Lafitte a
cavalcioni sul ventre con le mani lunghe e pallide a bloccargli i polsi. Sorrideva
perverso godendo nel far muovere la lama della spada conficcata nello sterno
della sua vittima, sadicamente fiero del sangue che colava e dei denti serrati
del Comandante che si ostinava a non dargli la soddisfazione di un gemito. Pazienza,
pensò Lafitte, arriveranno anche quelli.
-Allora, Capitano!- trillò felice il carnefice scandendo bene
le sillabe. -Ti è piaciuto rivedere il tuo papino?
-Vaffanculo!
-Da dove comincio a farti a pezzi?- Studiava con attenzione
il corpo della vittima immobilizzata sotto di sé. -Ti potrei cavare gli occhi?
O iniziare dai capelli? Oh, no… da qui.- dal petto, dal tatuaggio di Barbabianca.
Marco vide il volto di Lafitte pietrificarsi in una smorfia
di dolore e sorpresa e lo scintillio della vita abbandonò i suoi occhi. Lilian
gli aveva conficcato con forza il pugnale dalla lunga lama tra le scapole; lo
estrasse fulminea puntellando le spalle dell’uomo con un piede e un gran fiotto
di sangue uscì copioso dalla coltellata letale dell’uomo. -Comincia… dalla tua
lingua, Lafitte!- sussurrò prima di accasciarsi a terra col pugnale nella mano
ghiacciata.
Mentre la vita di Lafitte scivolava via, Marco gli assestò un
calcio per spingerlo lontano, e il cadavere cadde di lato. Si stese di fianco,
trattenne il fiato, strinse con la destra la lama che lo trafiggeva e tenendo
l’altra premuta contro la ferita, estrasse lo stocco che era quasi arrivato a
trapassarlo. Quando dopo lunghissimi istanti la punta fu uscita, le vampe
azzurre tornarono a saettare attorno alla sua figura e la ferita sparì in un
attimo, ma lui era già saltato in avanti per raccogliere quel poco che rimaneva
di Lilian. Gli bastò meno di uno sguardo per capire che la situazione era
disperata; la prese in braccio e stava già per planare via quando lei lo
trattenne.
-Marco…- gemette la ragazza aggrappandosi alla sua camicia.
Le bruciavano le viscere, sentiva l’odore di sangue nella sua bocca, sui suoi
vestiti.
-Calma Rea, non ti muovere.-
-No! Ascoltami…- sussurrò debolmente Lilian. -Paul… non gli
serve più…- la stoffa colorata le scivolò via dalle dita, qualcosa la
trascinava verso un fondo buio. -Marco…- invocò spaventata.
La Fenice si inginocchiò sul lastricato con Rea fra le
braccia, fissandole le palpebre semichiuse e le iridi quasi rovesciate
all’indietro. -Sono qui! Guardami! Che ha detto?- avvicinò l’orecchio alle
labbra di lei.
-L’isola non gli serve… non gli serve più.-
-Basta così, tranquilla- le arrivò da un luogo lontanissimo
la voce dell’uomo. -Andrà tutto bene, ti porto via.
Ace e Crocodile si mantenevano sempre l’uno davanti e l’altro
dietro al nemico per non dargli modo di attaccarli simultaneamente con troppa
forza; era difficile combattere una persona in grado di toglierti i poteri con
uno schiocco di dita, ma nemmeno impossibile. Non in due. Non con la voglia di
rivalsa che li infervorava. Gli altri della sua ciurma che non erano colati a
picco con la nave venivano tranquillamente tenuti a bada dagli altri capitani.
Chi l’aveva detto che San Juan Wolf fosse un’inaffondabile corazzata gigante?
Certo abbatterlo era stato impegnativo, ma nulla che Atomos non potesse fare.
I terremoti continuavano ad infuriare e le crepe si aprivano
nell’aria come sui muri di un’antica casa, bombe di oscurità esplodevano ad un
soffio di distanza dai due combattenti che non sempre riuscivano ad evitare i
colpi quando venivano privati dei poteri di rogia. Ma si rialzavano, si
pulivano il sangue dagli occhi e continuavano ad attaccare come tori. Bisognava
muoversi, prima che Marshall trovasse un sistema per farli fuori
definitivamente.
Crocodile corse nella direzione opposta ad Ace scomposto in
una folata di sabbia, l’altro si portò sui gradini di marmo che una volta
portavano ai piani superiori. -FIAMMA SACRA… FOSFORESCENZA!!!-
Ma Teach non si scompose, e berciò: -Finiamola qui ragazzi,
ho un aereo da prendere! GORGO OSCURO!!-
Tutti gli oggetti della stanza mulinarono attorno al gruppo,
richiamati dalla terribile forza di gravità. Pugno di Fuoco tentò di
dissolversi in fiamme, ma si rese conto che le vampe erano già nel corpo di
Teach. Anche il Sir, poco distante, era stato depredato.
-Zeahahah! È finita, Comandante Ace!- il pirata era stato
risucchiato dal Gorgo Oscuro quasi sotto al naso del suo antico sottoposto, che
gli vomitava addosso quella fiumana di parole dal lezzo alcolico. -Manderò te e
la tua ragazza nelle mani di Caesar Clown, voglio sentirvi urlare finché non lo
pregherete di uccidervi.- e gli assestò un pugno in pieno plesso solare che lo
mandò a rotolare fra la mobilia consunta della sala.
Barbanera lo afferrò per il collo e lo sbattè contro il muro
di pietra, tenendolo sollevato da terra e attaccandolo con una scossa di
terremoto che fece sputare sangue al ragazzo e quasi sgretolare il muro dietro
di lui.
-Non puoi vincere, Teach.- sussurrò Ace testardo e sorrise
feroce: -Il nome di quest’epoca è Barbabianca, ricordi?-
E prima che Marshall potesse effettivamente ricordare, l’uncino
avvelenato di Crocodile gli si piantò in corpo. -Ti sei divertito ad uccidere
il vecchio?- domandò calmo. -Fine del bel sogno.-
La forza di gravità tornò normale, le fiamme tornarono ad
ardere nelle mani di Ace e la sabbia di Crocodile mulinava di nuovo attorno al
suo vero padrone.
Marco planò giù dal torrione con la ragazza in braccio; non
poteva volare perché avrebbe dovuto trasformare interamente le braccia, ma
poteva almeno controllare la caduta scendendo rapidamente dalla torre. Gridò
nella propria cuffia: -Curiel! Fa’ ritirare tutti!! Blackwood vuole far saltare
l’isola! Ritirata! RITIRATA!!
Era vero? Non era vero? Marco decise che non poteva
concedersi il lusso di rischiare, con tutta la sua famiglia sull’isola.
Blackwood aveva detto a Lilian che l’isola non gli serviva più. E cosa fai con
una cosa che non serve più? La butti. O la distruggi.
Fossa corse verso di lui notando il sangue scorrere, e rimase
a bocca aperta. -Che diavolo le è successo!?! Lilian!!!- tuonò protendendo le
mani senza osar toccare la ragazza cerea come un cadavere.
-L’isola sta per saltare!!- gridò concitato il biondo. -Fa’
ritirare tutti, al diavolo Teach!!- e corse via verso il porto.
-RITIRATA!!!- urlò Fossa sovrastando tutte le voci.
Paul Blackwood intanto corse attraverso la foresta protetto
dalla Contro-Ambizione tenendosi ben strette in tasca le provette con il sangue
di Lilian Rea. Quella viperetta era riuscita a ferirlo, vedeva il sangue scuro
macchiargli il completo bianco sulla spalla, doveva muoversi prima che qualcuno
di quei pirati notasse le tracce e decidesse di seguirlo. I pirati per scappare
avevano rotto le file serrate permettendogli di evadere dal castello, stupidi!
Le bombe dovevano ancora essere innescate!
Si inginocchiò in una radura, si tamponò la ferita che
grondava sangue e fece uscir fuori da un nascondiglio di rami e foglie un
congegno elettrico i cui fili colorati andavano a seppellirsi nella terra,
scomparendo in direzione del castello. Collegò i cavi di rame e con un rumore
metallico si accese un minuscolo schermo che mostrava un contro alla rovescia.
Con sollievo vide in lontananza il giallo del suo aereo tra
le frasche, saltò a bordo e sorrise vittorioso facendo prendere quota al suo Canadair.
Aveva vinto. Caesar Clown era scomparso, forse datosi alla fuga, ma poco
importava; aveva portato con sé il macchinario perfezionato per estrarre
l’Ambizione e ucciso l’alleato. Stupida Yaeger. Era stata la sua spina nel
fianco, ma finalmente era riuscita ad estrarla e distruggerla.
Ace ghignò, godendo del pandemonio che si era scatenato
mentre il pavimento tremava e tremava e cadevano calcinacci e antiche colonne,
e disse spavaldo: -Mi spiace Teach… ma proprio non posso permetterti di
scappare. Non dopo quello che hai fatto a Satch, a Lilian, a mio padre e ai
ragazzi.-
Si scambiò uno sguardo d’intesa con Crocodile, che alzò gli
occhi al cielo a sentire quelle parole.
-GROUND DEATH.-
pronunciò Crocodile.
-IMPERATORE FIAMMANTE!!
Le fiamme e la sabbia avvolsero Marshall D. Teach, che
tentava di assorbirle col potere dell’oscurità ma il potere dei due rogia
combinati e scatenati al massimo era troppo forte persino per quel frutto da
lui tanto cercato.
La rena e le fiamme circondarono l’avversario e lo coprirono
in due dense spirali che correvano furiose verso l’alto, e quando cessarono di
mulinare l’uomo, annerito dal fuoco e mezzo svenuto a terra per la
disidratazione, era rinchiuso in un’enorme bolla di vetro rovente spessa,
fumante e pressoché infrangibile.
Crocodile e Portuguese si scambiarono un’occhiata, e il
galantuomo si accese l’ennesimo toscano.
-Preparati al colpo di grazia, Teach.- promise aspirando una
boccata mentre il ragazzo si preparava ad attaccare.
In quel momento Marco tornò da loro; la sfavillante fenice si
trasformò in uomo e gridò verso il fratello: -VIA! VENITE VIA, L’ISOLA STA PER
SALTARE!!-
-Marco!?- esclamò stravolto Ace. -Sei ferito!?-
La Fenice era completamente sporco di sangue, quasi
irriconoscibile se non fosse stato per l’inconfondibile ciuffo e le ali
turchesi.
-Non è mio…- balbettò il Primo Comandante, indeciso su come
dargli la notizia. Poi dichiarò: -Lilian è stata colpita! È sulla Seagreen!!
Forza, via di qui!!!-
L’affermazione ebbe l’effetto sperato: Pugno di Fuoco corse
via dal castello più angosciato che mai, diretto verso il porto, e lo seguirono
anche Crocodile e Marco.
-La mocciosa è stata presa!?- tuonò l’ex flottaro correndo al
fianco della Fenice.
-Un colpo al ventre.-
Il Sir ringhiò. -Chi è stato?-
-Blackwood. Con il proiettile di agalmatolite.- rispose Marco
prima di spiccare il volo.
Izou si sbracciava per contare i fratelli e controllare che
tutti fossero sui vascelli in partenza, Halta correva avanti e indietro per
radunare i suoi visto che per questioni biologiche la sua voce era condannata a
non sovrastare mai quella degli altri Comandanti, Namiur essendo mezzo pesce
pattugliava la spiaggia nell’acqua bassa per controllare che nessuno fosse
rimasto indietro; in caso di esplosioni sarebbe sparito sott’acqua e si sarebbe
allontanato guizzando veloce come un barracuda, Blenheim e Atomos si caricarono
ciascuno di almeno sei feriti e con loro in spalla corsero verso le navi.
L’infermeria era piena, le ancore salparono, le vele si
gonfiarono del vento freddo dell’isola e in quel momento un terremoto scosse la
terra radendo al suolo ciò che restava del castello e sollevando un’onda che
superò le navi appena nata per poi prender forma di maremoto a molte miglia di
distanza.
-S’è liberato.- soffiò Crocodile col sigaro in bocca passando
lo zippo a Fossa.
Ma prima che anche il Quindicesimo Comandante si accendesse
il toscano, una bomba esplose nel lato est dell’isola, poco prima del
promontorio, e poi a catena altri scoppi, altre deflagrazioni, un fuoco
continuo di boati ed esplosioni che coronarono con uno schianto assordante che
fece salire in cielo una colonna di fuoco che si allungò oltre le nuvole cupe;
cominciò a piovere ma la tempesta di fiamme non si placò, e con altri tuoni
inghiottì il castello, e lingue di vampa si mangiarono le mura e la spiaggia.
La boscaglia prese fuoco e tutti i pirati affacciati ai casseri delle proprie
navi non poterono fare altro che contemplare in quale inferno fosse andato a
seppellirsi quello che una volta fu un loro fratello.
Da dietro alle esplosioni e a ciò che rimaneva dell’isola si
levò un rombo che i filibustieri avevano imparato a riconoscere. Il Canadair.
-No!- ruggì frustrato Ace ascoltando i due Pratt &
Whitney che si allontanavano nel cielo plumbeo. Lanciò una cortina rovente più
lontano che potè, ma il velivolo era già un puntino distante. Crocodile, dietro
di lui, accese frustrato il toscano che si era spento. Maledetto Blackwood.
Ma il Canadair all’improvviso scartò violentemente a
sinistra, sollevò il muso e infine esplose. Le ali si staccarono sotto lo
sguardo allibito dei figli di Barbabianca, una nuvola incandescente avvolse la
carlinga e l’aereo in fiamme precipitò in mare con un boato che investì l’isola
pochi secondi dopo.
Al largo, lontano dalla costa, un elegante brigantino
veleggiava seguendo il vento; sul ponte di poppa c’era un uomo alto, biondo e
con un curioso soprabito di piume rosa.
-Nessuno prende per il culo Donquijote Doflamingo.- e posò su
un tavolino, fra i bicchieri vuoti di Pink Mojito, un telecomando nero.
…
Grazie a Eiichiro Oda, per i meravigliosi
personaggi.
Grazie al mio ragazzo, per i suoi aviatori,
per la trama, il piano d’attacco e per la scena finale con Doflamingo di questo
capitolo.
Grazie a te, che sei arrivato fin qui.
Davvero ragazze, grazie mille per tutti
questi capitoli insieme!
Appuntamento alla prossima settimana per
l’epilogo di
FLYIN’HIGH
- IL VOLO DEL CANADAIR
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