Farne
parte
Mentre
aspettava che Neal uscisse dal bagno, Henry si prese qualche
momento per curiosare in giro.
Guardò
la valigia che suo padre non aveva ancora finito di
svuotare, sbirciò fuori dalla finestra, premette il piede su
un’asse di legno che cigolava, e alla fine si
accomodò sul letto matrimoniale da poco rifatto.
C’era
una rivista, sul comodino, e il ragazzino la prese e ne
scorse rapidamente le pagine.
Quando
sentì la porta del bagno che si apriva,
sollevò di scatto la testa e rivolse a Neal un gran sorriso.
L’uomo
gli sorrise di rimando. «Scusa
l’attesa, Henry» disse, chinandosi per prendere da
terra le proprie scarpe.
Henry
chiuse la rivista e si strinse nelle spalle. «Non fa
niente» rispose, «sono io ad essere arrivato in
anticipo».
In
anticipo di quasi un’ora, in realtà,
perché non stava nella pelle all’idea di passare
un po’ di tempo con suo padre. Quando si era reso conto di
essere arrivato così presto, aveva temuto che Neal si
infastidisse, ma l’uomo ne era sembrato felice.
Siccome
doveva ancora finire di prepararsi, però, aveva
chiesto al ragazzino di aspettare un momento e si era ritirato in bagno.
Sarebbe
stato fico, aveva deciso Henry, quando lui fosse cresciuto e
suo padre gli avesse insegnato a farsi la barba.
«Sei
un tipo mattiniero, eh?» chiese Neal,
sedendosi accanto a lui e iniziando a mettersi le scarpe.
«Solo
da qualche anno» rispose Henry, onestamente.
Quando
era più piccolo, infatti, Regina doveva sudare sette
camice per convincerlo ad alzarsi. A quel tempo, lui le provava tutte,
dal mettersi il cuscino sopra la testa al nascondersi sotto le
lenzuola, ma alla fine sua madre aveva sempre la meglio.
«E
tu?» domandò Henry, rimettendo la
rivista sul comodino, e notando il portafoglio appoggiato lì
sopra. «Sei un tipo mattiniero?»
Neal
lo guardò e sorrise. «Nah» rispose.
«Ma visto che ho passato un bel po’ di anni a
dormire poco e male, mi sembra legittimo cercare di
recuperare».
Henry
ridacchiò, poi tornò serio e
inclinò il capo, ripensando all’acchiappasogni
nell’appartamento di New York. «Hai degli
incubi?»
Neal
gli rivolse un’occhiata intenta. «Non
ultimamente».
«Li
avevi per via… di tuo padre?» chiese
allora il ragazzino, con una nota strana nella voce.
L’uomo
finì automaticamente di sistemarsi anche la
seconda scarpa. «In parte» ammise.
Immaginava
fosse meglio tralasciare la solitudine e il terrore provati
sull’Isola Che Non C’è…
«E
tu?» aggiunse invece. «Hai degli
incubi?»
Henry
evitò il suo sguardo e si mise a giocherellare con le
maniche della propria giacca, la sciarpa che gli penzolava dal collo.
Neal
si accigliò. «Henry?»
Lentamente,
il ragazzino alzò la testa. «Sono
stato vittima dell’incantesimo del sonno»
confessò. «E per tante notti ho avuto lo stesso
incubo».
«Vuoi
parlarne?»
Henry
ci pensò, poi fece un veloce cenno
d’assenso. «Ero imprigionato in una stanza in
fiamme» disse, «e mi sentivo come se nessuno
potesse raggiungermi e salvarmi».
«Mi
dispiace» disse Neal, sinceramente.
Il
ragazzino abbozzò un sorriso. «Sta migliorando,
adesso… Non lo faccio quasi più».
D’impulso,
l’uomo allungò una mano a
scompigliare i capelli di suo figlio. «Ci sono molte persone
che verrebbero a salvarti anche in capo al mondo, Henry. Io, tua madre,
i tuoi nonni… Anche una Regina Cattiva, mi sembra».
Il
ragazzino accennò una piccola risata.
Neal
sapeva di non aver esagerato, quando aveva detto che sarebbe
andato sino in capo al mondo, per Henry… Forse era strano,
considerato che lo conosceva da pochi giorni, ma suo figlio era
sveglio, coraggioso, buono… Era un bambino davvero speciale.
«Tuo
padre mi ha aiutato, lo sai?»
Neal
sbatté le palpebre. «Come?»
«Per
gli incubi» spiegò Henry.
«Mi aveva dato una specie di talismano… Con
quello, riuscivo ad avere il mio sogno sotto controllo».
L’uomo
respirò lentamente. «Gli sono
grato, per questo».
Henry
lo guardò, incuriosito dal suo tono distaccato, ma
decise di non insistere.
Rimasero
in silenzio per qualche istante, finché Neal non
domandò: «Hai già fatto
colazione?»
Henry
scosse la testa. «Volevo farla con te».
Neal
sorrise ed indicò il portafoglio sul comodino.
«Vedi che ci siano abbastanza soldi,
allora…»
Henry
obbedì di buon grado. Suo padre, scoprì,
era una di quelle persone col portafoglio pieno di foglietti:
c’erano scontrini, un biglietto da visita ormai consunto,
qualche ticket della metropolitana scolorito…
Il
portafoglio di Regina non arrivava mai ad essere così
pieno – lei buttava sempre via tutto.
Henry
si domandò che aspetto avesse quello di Emma, quindi
contò in silenzio i soldi.
«Bastano
e avanzano» annunciò poi,
rivolgendosi a Neal.
Quest’ultimo
si alzò e, quando Henry lo
imitò, gli mise con gentilezza una mano dietro le spalle.
«Allora possiamo andare».
Il
ragazzino annuì vigorosamente, e mentre uscivano dalla
stanza frugò tra i biglietti nel portafogli del padre.
Fortunatamente
per lui, Neal notò che la sua attenzione non
era rivolta a dove metteva i piedi, e si premurò di guidarlo
sano e salvo in corridoio, altrimenti una zuccata contro lo stipite non
gliel’avrebbe tolta nessuno.
Erano
quasi arrivati alla caffetteria, quando Henry trovò un
foglietto con sopra una firma. «E questo?» chiese,
facendolo vedere a Neal.
«Cos’è?»
L’uomo
abbassò gli occhi su di lui.
«Oh… Un autografo di William Shatner».
Henry
aggrottò la fronte.
«Il
Capitano Kirk» aggiunse allora Neal.
«Star Trek».
Il
ragazzino si rischiarò. «Ho capito»
affermò, mentre entravano nel ristorante di Granny.
«Non ho mai visto Star Trek, però».
«Ah,
Shatner è bravo» gli
assicurò Neal, mentre prendevano posto ad un tavolo libero.
«Davvero bravo».
«Wow»
disse Henry, contemplando il foglietto con
una nuova ammirazione.
Dopo
qualche momento, si riscosse e porse a Neal foglietto e autografo.
«Potremmo
vederlo insieme» propose, speranzoso.
«Star Trek, intendo».
«Mi
farebbe piacere» sorrise Neal. Gli fece
l’occhiolino mentre sistemava il foglietto al suo posto.
«Vedrai, la ciurma del Capitano Kirk è
l’unica di cui valga la pena far parte».
Henry
si raddrizzò, irradiando buonumore.
«Sì?» chiese. «Hai fatto parte
di altre ciurme?»
Il
sorriso di Neal si affievolì un poco. Per un istante, gli
sembrò quasi di sentire l’odore di salsedine e la
voce di Uncino che gli spiegava come orientarsi con le stelle.
Quel
momento prezioso, alla fine, era stato solo il preludio di un
altro tradimento. A distanza di secoli, bruciava ancora nella memoria,
nonostante anni e anni di disillusioni avessero reso il dolore
più opaco.
Si
schiarì la gola. «Diciamo che una volta ho
fatto parte della ciurma di un altro Capitano… E non
è andata a finire bene».
Uncino
l’aveva usato e basta. Quel pensiero, che un tempo era
stato doloroso e corrosivo come acido, adesso aveva solo il sapore
stanco della rassegnazione.
Henry
lo guardò con aria incuriosita.
«È lì che hai imparato a governare una
nave pirata?»
«Già».
Neal scrutò il
ragazzino e riuscì a recuperare il proprio sorriso.
«E ho imparato anche che Kirk è l’unico
Capitano che valga la pena di avere».
Henry
rise. «Regola numero uno»
annunciò, pomposamente, «da’ sempre
retta al Capitano Kirk. Okay. Me ne ricorderò». Si
posò un pugno sotto il mento con fare pensoso, poi
s’illuminò. «E se lui abitasse qui? A
Storybrooke?»
Neal
inarcò un sopracciglio. «Il Capitano
Kirk?»
«Perché
no?» chiese Henry, eccitato.
«Il dottor Whale è Frankenstein!»
«Il
dottor Whale è…»
iniziò Neal, meccanicamente, poi emise un fischio sommesso.
«Caspita».
«Forse
siamo persino parenti» ipotizzò
il ragazzino. «Noi e Kirk, voglio dire».
A
quell’uscita, Neal dovette ridere. «Credo che tu
abbia già l’albero genealogico più
bizzarro del mondo, Henry…»
Suo
figlio sorrise. «Sì»
confermò, felicemente. «Ma è una
famiglia di cui vale la pena far parte, non è
vero?»
Neal
guardò gli occhi brillanti di Henry, e sorrise a
propria volta. Farne parte. «Assolutamente».
Note:
William Shatner guarda OUAT e commenta su Twitter, e io vado pazza
per questa cosa ♥
Ho anche un sacco di feels a proposito di Neal ed Henry, quindi diciamo
che ho mescolato le due cose (tanto più che Shatner non solo
è un Evil Regal, ma anche un fan di Neal, oh my Captain *-*)…
Spero vi sia piaciuta!
P. S. Ma quanto è bello questo video?!
Nealfire
|| Don't You Worry
Child *piange*
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