One
shot troppo lunga forse, ma dividerla mi sembrava una violenza,
perché è nata per essere una ed unica. Ho letto
la
fiction stupenda di Coco Lee “De
umana Insania”, e
la notte stessa ho fatto questo allegro sogno, in cui ero Ino.
Mancava il finale al mio sogno, così l'ho dovuto ideare io,
infatti si fermava al “posso andare?” che leggerete
a breve..
Altre
note per non rovinarvi nulla a fine storia.
Buona
Lettura!
Per essere immortale.
La
strada scorreva veloce fuori dai finestrini dell'auto. Una giovane
donna bionda osservava pigramente fuori, con il mento poggiato su una
mano ed il gomito che sporgeva fuori, senza dar segno di aver
ascoltato il discorso dell'autista. Il ventunenne spiegava all'amica
esattamente cosa non
avrebbe
dovuto fare una volta giunta in cantiere, per evitare guai.
Il
terzo passeggero, nel sedile dietro, sgranocchiava la propria
colazione con aria truce, fissando con disapprovazione i vestiti
sformati della collega, ed i suoi capelli tagliati senza alcuno stile
particolare. Dallo specchietto vedeva i suoi occhi privi di trucco,
di cui bella com'era sempre stata non avrebbe avuto bisogno, se non
per nascondere le occhiaie che la segnavano e l'aria sciupata.
Non
era la ragazza con cui era cresciuto quella.
La
macchina si fermò strisciando contro il marciapiede e i due
scesero. La donna si prese un secondo per sistemarsi un capellino
forse troppo grande sulla testa, poi aprì la portiera.
Subito
si ritrovò ad impedirsi di tossire per via della polvere,
circondata da operai che sistemavano tubi sotto l'asfalto.
Sicuramente l'amico le aveva spiegato a che serviva, ma non riusciva
a ricordare.
«Mi
raccomando, sta attenta alla corrente! E' bagnato in giro! Ricorda di
non toccare i cavi rossi!» le urlò infatti subito
attraverso la polvere, con cipiglio da capo, e lei annuì.
Si
guardò attorno.
«Fa
schifo qui.» commentò infine, mentre l'altro
rimasto
sorrideva.
«Puoi
dirlo. Ma si fa quel che si può. Non abbiamo trovato altro
per
ora, ci siamo appena trasferiti e abbiamo bisogno di mangiare, no? Tu
però non sei costretta...» Ma si interruppe
notando
l'aria sconsolata dell'altra.
«Mi
dispiace per tutto questo.»
«Non
dirlo neanche per scherzo, Shikaku
potrebbe
decidere di picchiarti... Yoshino.»
«Scusa
tanto, Chouza.»
Usare
i nomi dei loro genitori era qualcosa che ancora riusciva a
strapparle un sorriso. Poi la voce di Shikaku
li
richiamò al lavoro, piuttosto scocciato.
Yoshino
respirò
a pieni polmoni, inalando esalazioni di ogni tipo senza curarsene,
cercando solo di cancellare quel bruciore al ventre che segnalava il
suo stato d'animo agitato e poggiandosi una mano sul petto.
«Bisogna
spostare quelli la'!» sentì ordinare a Shikaku.
Shikaku
,
che era un uomo ora, come lei era diventata una donna in poco tempo,
bruciando le tappe della sua vita. La paura l'aveva invecchiata di
vent'anni.
«Shikamaru...»
la sua voce era poco più di un sussurro, appena udibile per
telefono.
«Ino?»
«Aiuto.»
singhiozzò tenendo il telefono attaccato alla bocca,
deviando
le proprie lacrime sulle dita tremanti, come se potesse proteggerla.
«Cosa?
Dove sei?» gracchiò la voce dell'altro al
telefono,
incredulo.
«Lui
è qui. Mi vuole uccidere, è pazzo, pazzo Shika.
Aiutami, avevi ragione, aiutami!»
«DOVE
SEI?»
«A
casa mia, sono chiusa in bagno... Lui è qui.»
sussurrò
la ragazza, poggiandosi contro la porta.
Improvvisamente
questa fu scossa da un forte colpo, ed Ino gridò, piangendo.
«Ino-chan,
apri.» la sua voce sembrava così tranquilla che
finì col terrorizzarla ancora di più.
«Ti
prego, lasciami andare...»
«Io
voglio solo il tuo bene, Ino-chan.»
«TI
PREGO!» urlò ancora la ragazza, puntellando
inutilmente
con le punte delle sue costosissime scarpe nuove il pavimento per
tenere la porta ferma.
«
Smettila. Sembri lei.» ordinò, e stavolta la sua
voce fu
fredda, tagliente.
Ino
tirò su col naso, tenendo con un braccio la gamba su cui era
aperto un buco rosso che le dava la nausea solo al pensiero che
fossero la sua
gamba,
ed il suo
sangue.
«Lei
chi?» si costrinse a chiedere, prendendo tempo.
«Mia
madre.»
“L'ha uccisa. Oh mio dio, l'ha uccisa lui, e ora
ucciderà anche me, ed io non voglio! Mamma, Papà!
Shikamaru! Sakura! Qualcuno mi aiuti!” ma il grido di Ino
restò
soltanto un pensiero.
Un
altro colpo alla porta, stavolta più debole.
Due
voci dietro questa, la prima alta e chiara del suo persecutore, la
seconda incomprensibile.
«Ti
prego... lasciami...» ripeté sottovoce la ragazza,
piangendo a dirotto, pronta a strisciare, pronta anche a dare il suo
corpo, qualunque cosa pur di non finire come tutte le altre.
La
dignità è qualcosa di passeggero, tra un
intervallo di
terrore e l'altro, pensò
Ino, Yoshino,
rabbrividendo
sotto il sole cocente. Sapeva di dover restare sempre vicina agli
amici, era una sua esigenza mentale e fisica da quel maledetto
giorno, ma i ricordi che sbattevano contro il suo breve autocontrollo
stavano decimando la sua prudenza.
Ino
si voltò e se ne andò, a piedi.
«Posso
andare o no?» chiese Itachi perdendo un filo della sua buona
educazione. Era seduto da un'ora davanti al commissario e mostrava i
segni di un'insofferenza dovuta ad un maltrattamento non meritato.
«Signor
Uchiha, la prego di comprendere che si tratta di una faccenda
delicata...»
«Accusato
di omicidio da una drogata che, coincidenza fortuita, ho rifiutato
parecchie volte, con i miei amici testimoni. E la drogata è
una ragazzina che si fingeva più grande per imbucarsi alle
feste e bere, perché è così che l'ho
conosciuta.
Ora, non mi permetto neppure di pensare che si sia sparata da sola,
ma mi sembra logico che la sua mente già al limite,
perseguitata da un maniaco assassino, abbia collegato la sua immagine
alla mia. Non si sa neppure se in quel momento fosse pulita,
è
rimasta troppo tempo nascosta dopo. Avrà semplicemente
sovrapposto l'immagine di una persona che considera malvagia, io che
l'ho rifiutata, a quella di una persona veramente malvagia. Parlo
ancora troppo difficile?»
Il
commissario spinse con uno stridio indietro la sedia, contrariato dal
tono assunto dal ragazzo, molto diverso da quello beneducato e
composto di poco prima. Era volutamente sceso al suo livello di
conoscenze, dopo aver sfoggiato un lessico ed una cultura
invidiabili. Si chiese se l'avesse fatto per prendersi gioco di lui o
fosse soltanto un paranoico.
«E
per quanto riguarda le altre donne uccise, io ho alibi per parecchie
di loro. Il giorno prima del mio presunto attentato
all'incolumità
della signorina Yamanaka sono addirittura andato a vedere una partita
e c'è stata una rissa per cui ho dovuto portare un mio
amico,
Kisame, all'ospedale. E quello stesso giorno è stata uccisa
un'altra ragazza... credo a colpi di martello. Testimoni ce ne sono
anche in questo caso, ovvero tutti i presenti alla partita ed il
personale ospedaliero. Posso andare? Oppure mi denuncerete per
possesso del dono dell'ubiquità?»
ripeté in tono
sardonico.
“Ricco
come sei, te la caverai a prescindere.” pensò
indignato il
commissario, facendo un vago cenno d'assenso. In quel momento
entrò
un poliziotto con aria d'urgenza.
«
Lo psicopatico pluriomicida Madara Uchiha è stato avvistato
nella nostra provincia! E se fosse stato lui a...»
esclamò
allarmato, prima di rendersi conto che il commissario non era solo.
Itachi
ghignò.
«Bene,
potremo uccidere la Yamanaka definitivamente.»
I
due lo guardarono atterriti.
«Sta
confessando?» domandò il giovane poliziotto.
Itachi
sbuffò. «No. Posso andare?»
Inorridito,
Chouza, o Choji all'anagrafe, si guardò ancora attorno.
«Shika...»
chiamò.
«Un
attimo! Questo dove lo devo mettere? Accidenti ad I-Yoshino,
dove si è cacciata?»
«E'
a proposito di questo, Shikamaru»
Shikamaru
si voltò, facendosi vento con la maglietta sudata ed una
smorfia arrabbiata.
«Non
chiamarmi col mio vero nome, sono Shikaku in pubblico.»
sussurrò prima di continuare, «Ha detto che ci
avrebbe
aiutato.» concluse a voce più alta.
«Dicono
che l'hanno vista andarsene.»
Il
viso di Shikamaru mutò, trasformandosi in spaventato.
Ino
cercò di ricordare come fosse finita in quel modo.
La
festa a cui si era imbucata con Sakura, il gruppo del fratello di
Sasuke, che avevano conosciuto allora, le morti che si susseguivano
sempre più vicine viste alla televisione senza farci troppo
caso, la morte proprio davanti a lei, la consapevolezza di
ciò
che stava succedendo quando era troppo tardi....
Ino
osservò estasiata la fila di ragazzi più grandi
che le
stava davanti, trovandoli tutti ugualmente bellissimi. Sakura dietro
di lei era imbarazzata invece, e si sentiva a disagio.
«Ino,
e se scoprono che non siamo neppure matricole?»
«Se
ti comporti a quel modo non è più una
possibilità,
è una certezza! Svegliati Sakura!»
ringhiò lei,
prima di volarsi e sistemare i capelli con un colpo di mano seccato.
«Ino,
quanto hai bevuto?» domandò pensierosa l'amica.
Conosceva Ino, se era poco gentile con lei generalmente era per via
dell'alcol.
«Ma
piantala! Non ho toccato bottiglia!» si schernì
l'altra.
Sakura
la fece fermare e voltare con violenza.
«Ma...»
cominciò a bocca aperta, mentre Sakura la fissava.
«Hai
preso pasticche vero?»
«Abbassa
la voce!»
«Ti
avevo detto di stare lontana da quelle troie!»
«Shikamaru
non ha problemi con Temari, come Sasuke non ne ha con Karin. Quindi
neanche io ne ho.» la sfidò la bionda. Sakura si
immobilizzò, ferita.
«Tutto
bene signorine?» domandò una voce accanto a loro.
Le
due si voltarono sorprese, e si trovarono a guardare un bel ragazzo,
sicuramente dell'ultimo anno, dagli occhi neri ed i capelli
volutamente sconvolti.
Ino
sorrise civettuola.
«Tutto
bene, grazie.»
«Vi
offro da bere. Siete matricole?»
«Già.»
rispose con sicurezza Sakura, sicurezza nata dalla voglia di
picchiare Ino.
«Non
vi avevo mai viste infatti.»
Le
condusse nel più bel gruppo di ragazzi che avessero mai
visto.
Uno,
alto, moro, dai capelli lunghi, sembrava la copia ingigantita di
Sasuke.
Un
altro aveva gli occhi azzurri ed i capelli biondi legati in una coda,
e parlava con un ragazzo più basso dai capelli rossi
spettinati e l'aria annoiata, che fisso subito i suoi occhi in quelli
di Sakura, con disapprovazione. Sakura si sentì avvampare di
fronte a quegli occhi, che le sembravano quasi rossi.
Vi
erano altri tre ragazzi, uno dai capelli biondo platino che beveva
come se stesse per morirne senza, uno coperto da un capello
saldamente ancorato sulla testa che discuteva con un ragazzo dalla
cresta blu e gli occhi dello stesso colore.
«Loro
sono Itachi, Deidara, Sasori, Hidan, Kakuzu e Kisame. Io sono
Tobi.»
Le
due non seppero il perché, ma tutti risero o sorrisero al
suo
nome.
«Itachi...
Uchiha?» mormorò Ino, ed il moro si
voltò a
guardarla di scatto.
«Ci
conosciamo?»
«Conosciamo...»
tuo fratello. Stava per dire, ma si rese conto dell'errore. Troppo
tardi comunque.
«Conoscono
Sasuke, probabilmente. Matricole o... imbucate?»
azzardò
Deidara, ridendo poi del rossore delle due.
«Che
carine, così tenerelle...» commentò
Hidan,
guardandole con occhi che Sakura avrebbe giudicato osceni.
«No,
noi siamo matricole!» si intestardì infatti la
ragazza.
Gli
altri risero.
«Come
vuoi.» acconsentì Tobi, «Tanto questa
villa è
mia, decido io chi può restare e chi no, e voi siete troppo
belle per lasciarci.» concluse con un occhiolino.
Le
due sorrisero, ed Ino si voltò nuovamente a guardare Itachi,
incantata. Sakura, invece, fissò Sasori. Con sfida.
«Noi
siamo Sakura ed Ino.» proclamò soddisfatta.
«E'
un piacere conoscervi, Ino-chan, Sakura-chan.» disse infine
Itachi con voce vellutata, calcando sul primo nome con evidenza.
«Siete
una confraternita?»
I
ragazzi si guardarono.
«Siete
troppo belli per essere insieme per caso.» concluse Ino, con
un
sorriso malizioso.
Stavolta
risero tutti.
«Secondo
me non dovreste frequentare quelli più grandi, vogliono solo
una cosa.» dichiarò Naruto, steso sul
sofà.
Shikamaru
e Choji annuirono.
Ino
e Sakura sbuffarono.
«Lasciatele
fare come credono.» disse infine Sasuke, poco coinvolto.
«Già.
Sasuke-kun, abbiamo conosciuto tuo fratello!»
trillò
Ino.
Shikamaru
sbuffò. «Non fa altro che ripeterlo.»
«Acido.»
esclamò Ino disgustata.
«Non
litigate...» li pregò Hinata, offrendo loro da
bere.
Sakura
notò che Sasuke aveva stretto convulsamente la mano sul
bracciolo.
«Sasuke-kun?»
«Non
è un bravo ragazzo, su questo hanno ragione.» disse
infine il ragazzo, rilassandosi contro la poltrona.
«Ecco.»
si compiacque Shikamaru.
«Perchè,
a te Temari t'ha maltrattato? Ti trovi bene con lei anche se è più grande e vuole solo andare a letto con te, no?»
«Gelosa!»
ululò Naruto indicandola.
«Fottiti,
Sakura se la intende con Sasori.»
«CHI
CON CHI?»
«CHE
DICI INO?!»
«La
verità, cara.»
«Oh
Dio, guardate la tv.» sussultò Hinata, indicandola.
«Un'altra
ragazza morta. L'hanno massacrata anche stavolta.»
affermò
Sakura annuendo.
«Mi
è familiare... mi sembra di aver già visto quei
capelli
neri assurdamente lunghi.» considerò Ino.
«Tre
sono state uccise a colpi di coltello da cucina. Le altre con
qualcosa che sembrerebbe una spada.» dichiarò
Naruto.
«Stai
scherzando? Come una spada?» sbottò Choji.
«Chiedi
alla scientifica.» lo rimbeccò Sasuke.
«E
siamo a, quante, sei? E' un serial killer, scontato.»
intervenne Kiba, uscendo dal bagno.
«Ma
no, dai! Che furbo! Chiamiamo la polizia e diciamoglielo, non ci
saranno ancora arrivati!» lo interruppe Ino.
«E
se fosse più d'uno?» azzardò Hinata.
«Venticinque
magari.»
«Sei
insopportabile oggi, che hai?» domandò esasperato
Shikamaru.
«Oggi
Ino ha un appuntamento col Uchiha maggiore.» li
informò
Sakura.
«Deidara...»
«Dimmi
tesoro.»
Ino
si fermò al semaforo rosso per i pedoni, e guardò
il
cielo. Azzurro, azzurro a tradimento. Ormai era estate.
«Avrò
passato le selezioni per entrare nella vostra scuola, vero?»
«Ancora
una volta, si.» ridacchiò il ragazzo. Sembrava
triste,
quel giorno.
«Ci
pensi? Siamo arrivati a quota venti con le uccisioni, e sono tutte
matricole.»
Deidara
non rispose, fissando le auto correre all'incrocio.
«Dei-kun?»
lo chiamò, strappandogli un sorriso a quel nomignolo.
«Uhn?»
«Penso
che seguirò anch'io il corso d'arte.»
Deidara
la guardò fiero.
«Sarai
un'artista grandiosa. Spero di avere una figlia come te un
giorno.»
aggiunse per poi ridere.
«E
tu sei il fratello che non ho. Siamo quasi pari.» rispose
lei,
per la prima volta affettuosa senza alcun imbarazzo. Deidara
l'abbracciò brevemente.
«Nessuna,
giuro nessuna, mi è mai stata accanto come te. Neppure mia
madre, e lo sai. Per questo... voglio proteggerti.»
Il
semaforo divenne verde, ed Ino si affrettò a passare.
«In
che senso proteggere?» domandò preoccupata.
Qualcosa
continuava a perseguitarla, un pensiero che non riusciva a leggere.
Era
ancora voltata verso Deidara, per questo riuscì a malapena a
vedere l'auto che le correva incontro. Si sentì spingere con
forza, terribile forza, e volò in mezzo alla strada. Il
resto
fu solo un susseguirsi di rumori che non l'avrebbero mai più
abbandonata.
Quando
si alzò vide l'auto contro un palo, e Deidara a terra
accanto
ad essa, con una ruota sul braccio.
Gridò
terrorizzata, mentre la gente correva loro incontro, e
inciampò
mentre lo raggiungeva in lacrime.
«Dei,
va tutto bene, chiamo l'ambulanza...»
«Ho
freddo, non serve un ambulanza in questi casi...»
sussurrò
l'altro, e nel farlo un rivolo di sangue scese su di una sua guancia.
Ino non azzardò a sfiorarlo, tentando di comporre il numero.
Il cellulare le cadde di mano tanto tremava.
«Devo
dirti... una cosa velocemente.»
«No,
risparmia il fiato!» gridò lei a pieni polmoni,
cercando
di contrastare le lacrime.
«No,
avevi ragione... sulla confraternita.»
«Cosa?»
ripeté piangendo, mentre l'avvertivano che l'ambulanza era
stata chiamata.
«Alcuni
di noi, ... confraternita.»
«C'è
una confraternita, ok. Ok.»
«Tenten,
Karin, Kin, Suzume, Matsuri. Nella confraternita. Google.»
Ino
sgranò gli occhi, credendolo sragionare.
«Ricordati...
nomi.»
Ino
scosse la testa.
«Non
capisco...»
Ma
Deidara non poté più parlare.
“Tenten...
Matsuri...” erano i nomi che più le erano rimasti
impressi,
e digitò quelli.
Entrò
nel primo collegamento, e trovò la pagina di giornale.
Un
moto di nausea la colse, quando si rese conto che parlava delle
ragazze massacrate negli ultimi mesi.
Non
riusciva a capire cosa c'entrassero con la confraternita.
Alcune
erano state uccise a colpi di accetta, altre di martello, altre di
spada, altre di coltello da cucina.
Alcune
ragazze colpite da spada erano state prima immobilizzate con un colpo
di pistola.
Tantissime
ragazze, tutte matricole al primo anno o che dovevano cominciarlo.
Poi
lesse nuovamente il nome Karin e guardò la foto accanto.
La
ragazza che Itachi aveva rubato a Sasuke, di cui non si era
più
sentito parlare.
Si
chiese se Sasuke sapesse che era lei la Karin uccisa brutalmente in
camera da letto mesi prima, a colpi di un arma che probabilmente era una spada. Come
era accaduto a molte altre.
Itachi
collezionava spade a casa sua.
Ino
era stata nella casa degli Uchiha, e l'aveva vista.
Bellissima,
dall'impugnatura nera preziosa, elegante e mortale.
Come
Itachi.
«Ehilà!
Cosa fai?»
Sobbalzò
e si voltò.
«Tobi.»
disse con voce incolore, chiudendo con uno scatto il pc portatile.
«Aspetto
Itachi e gioco a carte al pc. Dov'è ora?»
«All'ospedale,
pare che Kisame si sia lanciato in una rissa alla partita e l'abbia
dovuto portare. Vieni a fare un giro con me? Qui mi annoio!»
I
modi di fare da bambino le parvero improvvisamente inquietanti.
«Penso
che andrò a casa, scusami.»
«Ti
accompagno Ino-chan?»
«Preferisco
passeggiare, è una così bella serata. Magari
domani ci
facciamo un giro, no?» si sforzò di essere
naturale.
Tobi non doveva capire che sospettava anche di lui. Chiunque poteva
essere in quella confraternita.
Si
alzò e lo salutò con un bacio sulla guancia e lui
sorrise e la salutò con una mano, mentre con l'altra
riponeva
gli valigia con gli attrezzi che usava al corso di meccanica.
Non
si rese conto che il pc non era stato chiuso bene, e la pagina era
aperta.
Ci
pensò soltanto strada facendo.
Il
resto è storia. pensò
Ino distrattamente.
Aveva
telefonato a Sakura e non l'aveva trovata, così aveva detto
soltanto «penso che Itachi sia coinvolto negli assassini di
matricole. Appena torni, chiama gli altri e vieni a casa.»
Soltanto
che Sakura era andata a dormire fuori, e non sarebbe tornata prima
del giorno dopo.
Ino
si era chiusa in casa, cercando di rilassarsi ma senza chiudere
occhio tutta la notte, salvo addormentarsi per sfinimento la mattina
dopo. Era stata svegliata il pomeriggio dal campanello della porta,
Era corsa, pensando fosse Sakura, ma quando aveva aperto si era
trovata davanti Itachi, con la solita aria impassibile, e si era
sentita gelare.
«Amore!»
si era sforzata di dire, saltandogli al collo, pregando di non
apparirgli diversa. Si era resa conto all'istante che il corpo di
Itachi era più freddo del solito, come diventava quando era
teso. «Scusami, ma sto aspettando visite.»
«Sarà
una cosa veloce.» aveva detto serio, terrorizzandola.
Ino,
in preda al panico, invece che farlo entrare e magari colpirlo alle
spalle, aveva fatto un salto indietro e tentato di chiudere la porta
di scatto, ma il corpo di Itachi l'aveva bloccata e lei aveva urlato,
chiamando aiuto.
Per
un riflesso aveva capito di doversi buttare di lato, e lo aveva
fatto.
Uno
sparo, e poi il dolore alla gamba, lancinante. Ma mai quanto la paura
di essere sul punto di morire.
Itachi
aveva urlato qualcosa da fuori lasciando andare la porta, e lei era
strisciata fino al bagno.
Non
era solo.
Era
riuscita ad afferrare il cellulare, ringraziando Dio che il suo
appartamento fosse piccolo, e si era chiusa dentro.
C'era
qualcun altro con lui.
Aveva
composto il numero di Shikamaru, e le sue mani tremavano come due
settimane prima, davanti al corpo scomposto di Deidara.
La
confraternita. Mai agire da soli. Più corpi, un solo
spirito.
La confraternita.
Vaghi
slogan di confraternite, cantati, gridati, le avevano invaso la
mente, ed era riuscita anche a sbagliare numero.
Poi,
il suono rassicurante della linea libera.
Poi,
Itachi
aveva cominciato a parlarle.
«Ino,
tutto bene?»
Sbalzata
fuori dai suoi ricordi, Ino alzò lo sguardo su Sakura.
Sakura
era rimasta accanto a lei tutto il tempo. Anche quando era passata
per drogata, quando il giudice aveva permesso che il caso fosse
rimandato e aveva dato la libertà vigilata ad Itachi, sporchi
soldi di ricco che pagavano la libertà, non
era mai scappata verso un luogo più sicuro. Anche lei
sarebbe
potuto essere una loro vittima, del resto.
Ino
non era stata presa sul serio, mai. Aveva urlato contro le
autorità
corrotte, pianto e si era persino avventata contro un poliziotto.
Alla
fine uno di loro, Asuma Sarutobi, aveva preso a cuore la ragazza.
Aveva
dovuto cambiare vita, identità, per essere al sicuro.
Sicurezza
virtuale. Itachi era ricco da far schifo, aveva ereditato i soldi
della famiglia, morta in un incidente d'auto. Ino ora non credeva
più
alla storiella dell'incidente.
[«Smettila,
sembri lei.»
«Lei
chi?»
«Mia
madre.»]
E
poteva trovarla ovunque fosse. Se lo sentiva, che sarebbe morta.
Per
questo non voleva stare con Shikamaru e Choji, non voleva
coinvolgerli.
Ma
non era altrettanto facile fuggire da Sakura.
L'amica
andò a sedersi sul divano, senza aspettarsi alcuna risposta.
Ino non rispondeva più a nessuno.
«Stasera
vengono a cena Naruto e Sasuke.» la avvertì. In
quel
momento fu suo padre ad entrare, ciarlando allegramente dei suoi
incontri al supermercato, forse per tirarla su di morale.
Il
loro gruppo era rimasto inseparabile, ed Ino non sapeva se piangerne
o meno. Sasuke poi aveva smesso di parlare del fratello e si
comportava come se fosse figlio unico, non aveva mai dubitato di lei.
Naruto, neanche a dirlo, si era dichiarato pronto ad ucciderlo se
l'avesse visto. Hinata poi l'aveva pregata di mantenersi in contatto,
ed anche Kiba l'aveva avvertita che avrebbero sempre tenuto libero il
suo posto d'onore in attesa del suo ritorno.
Adorabili.
Ed
inutili.
«Ino!»
Sobbalzò
quando Shikamaru entrò trafelato.
«Grazie
al cielo sei quì!» esclamò Choji,
ansante.
«Non
azzardarti mai più ad andartene in quel modo, ci hai fatto
prendere un infarto!» la sgridò furioso il primo.
«Te
ne sei andata in giro da sola?» si allarmò Sakura,
mentre il padre tornava dalla cucina.
«Ino,
sai che non puoi ancora farlo!»
«Tanto...»
«NO!
TANTO NULLA! Perchè ci stiamo impegnando se ti sei
rassegnata
a morire?!» Shikamaru si sentì male ad urlare
contro, ma
sapeva di essere l'unico a riuscire a scuoterla dal suo torpore.
«Non
mi sono rassegnata a morire.» cominciò con voce
dura
Ino, «Ma soprattutto non sono rassegnata a vedere voi
morti.»
Sakura
sbuffò. «Ancora questa storia... siamo al sicuro
noi.»
Hinata
girò la chiave nella toppa, chiudendo la porta di casa. Kiba
l'aspettava nell'edificio accanto, nel proprio appartamento, per
ordinare del cibo cinese. Sorrise tra sé e sé, mentre scendeva le
scale. Le mancavano da morire tutti gli amici, ma era convinta che li
avrebbe rivisti a breve.
«Hinata
Hyuga?» la chiamò una voce, scesa la prima rampa.
«Sei
proprio tu?»
Dalla
porta di un appartamento era comparso un ragazzo familiare, dall'aria
allegra.
Si
rese conto che era l'amico di Sakura ed Ino, che le avevano
presentato ad una festa di compleanno, quello che le aveva ricordato
Naruto per il modo di fare allegro, mentre seccava Deidara.
«Tobi,
vero?» chiese la ragazza, avvicinandosi cortesemente.
Il
ragazzo era poggiato alla porta, con un martello in mano. Hinata
pensò ai colpi che aveva sentito poco prima e
capì che
era lui.
«In
realtà sarebbe Madara.» sorrise gentile,
«E
dovresti entrare un attimo. Mi è arrivata una mail da
Chi-Sai-Tu.»
Hinata
lo guardò sorpresa, e lui abbasso la voce. «Ino.
E' per
te. Sa che vivo vicino a casa tua.»
«Ma
certo!» comprese Hinata, ed entrò.
«Itachi
non era da solo, ti ricordo.» sibilò Ino..
«Qualcuno
ti ha sparata, si. Sicura che non sia stato lui?»
domandò
Sakura.
«Ricordo
che avevamo chiarito che usa la spada. Casa Uchiha, hai
presente?»
Crack.
Shikamaru
e Choji, stanchi di quella botta e risposta, andarono ad aiutare
Inoichi ad apparecchiare.
«Giusto.
Pensi che ce ne sia uno diverso per ogni arma?»
Crack.
«Potrebbe
essere. Senti Sakura, so che ti da fastidio pensar male di
Sasori...»
Sakura
si alzò in piedi di scatto.
«Sasori
non c'entra nulla!» la investì, per poi tentare di
calmarsi, «E comunque le armi sono una spada, un martello,
un'accetta ed un coltello da cucina. Quattro. Quale dovrebbe usare
Sasori secondo te?»
Crack.
«Il
martello.» disse subito Ino. «Il martello che usa
per
costruire... le... marionette...»
«Ino?»
Crack.
«Ad
ogni modo, Naruto amerà sempre Sakura, è stato
meglio
farla finita subito, no?»
Un
altro colpo di martello, un altro crack.
«Ora
dormi, Hinata-chan.»
Crack.
«Sasori
non usava il martello.»
«No,
infatti.» confermò Sakura. Non le piaceva quel
ragazzo,
ma non riusciva a sospettare di lui.
«Io
so chi lo usava.»
«Cosa?»
«Papà...
PAPA'! IL TELEFONO! DAMMI IL TELEFONO!»
«Che
succede?» chiese Naruto entrando di corsa dalla porta di
ingresso. Lo seguì Sasuke, che tentava ancora di mostrarsi
calmo.
«Arrivo!»
rispose il padre, dal piano di sopra. «Spero sia importante,
sto facendo una chiamata di lavoro...»
«Che
succede?» ripeté Naruto, prima di cacciare una
mano in
tasca.
«Che
fai?» chiese Shikamaru, sorreggendo Ino che sembrava sul
punto
di dare di stomaco.
«Il
cellulare vibra. E' Kiba.» disse Naruto, prima di rispondere.
Ino
guardò il soffitto della propria camera. Non avrebbe mai
pensato un giorno che si sarebbe trovata in quella situazione,
lontana dalla città in cui era cresciuta, in una casa dove
si
sentiva un' estranea.
Ma
forse non sarebbe più stata altro, anche in tutto il resto
del
mondo.
Sentiva
il pianto soffocato di Naruto, con la testa premuta accanto al suo
cuscino. Un vassoio pieno di cibo era ridotto a terra in frantumi, ed
il latte scorreva nel pavimento sporco.
Sakura
si era fermata alla porta, anch'essa in lacrime, per poi scegliere di
dirigersi nella camera dopo, dove si trovavano gli altri.
Non
riuscì a versare una lacrima in quel momento, vergognandosi
solo della sua presenza lì, accanto a Naruto che piangeva
soltanto per Hinata. Una parte di lei le sussurrava malignamente che
se non fosse scappata, se si fosse lasciata uccidere una buona volta,
lui, chiunque fosse l'assassino, sarebbe andato oltre ed Hinata
sarebbe stata al suo posto, consolando Naruto invece che restando a guardare
il soffitto lasciando l'altro a strapparsi il cuore pezzo per pezzo.
L'altra parte di lei invece era disgustosamente sollevata di avere allungato il
tempo da passare su quella terra.
Ino
spostò il viso e guardò quella testa bionda che
sembrava scomparire sul cuscino. Avevano i capelli e gli occhi dello
stesso colore lei e Naruto, così particolari per chi viveva in
Giappone, tanto che un tempo li avevano scambiati per fratelli.
Un'
altra stretta al cuore, pensando a come fosse stata scambiata anche
per la sorella di Deidara.
Da
qualche tempo però era diventato impossibile pensarlo, perché
gli
occhi di Ino si erano fatti più spenti, privi di quella luce
che continuava a brillare in quelli blu carichi di Naruto, e anche i
capelli avevano perso la lucentezza di quando li curava ogni
giorno.
E
tuttavia, probabilmente presto avrebbero ripreso a considerarli tali.
Non sarebbe stata Ino a tornare come un tempo, piuttosto sarebbe
stato Naruto a cominciare a somigliarle.
Il
ragazzo alzò lo sguardo, mormorando qualche scusa soffocata.
Ino gli accarezzò i capelli con una mano tremante,
rassicurandolo. Si fissarono negli occhi, e Ino seppe che era
già
cominciata la fine, da un pezzo, anche per Naruto. Non avrebbe potuto
più fingere bene come prima.
Ino
finalmente piangeva, artigliata contro la giacca di Shikamaru,
sorprendendosi di avere ancora lacrime. Aspirò l'odore forte
di sigarette, che Shikamaru aveva fumato rabbiosamente una dopo
l'altra prima di arrivare lì, cercandovi conforto. Una mano
di
Shikamaru le stringeva possessivamente la schiena, premendola contro
il suo corpo, come se questo potesse bastare per proteggerla. Accanto
a lei Sakura singhiozzava, poggiata contro Sasuke il cui viso
sembrava scolpito nel marmo. Choji sosteneva Naruto, che non piangeva
ma era stato annientato, e Kiba sedeva per terra a dispetto di tutto
e di tutti. Aveva rivisto Neji, il cugino di Hinata, già
stato
in quel maledetto cimitero quando la sua fidanzata Tenten era stata
uccisa, allo stesso modo, dalle stesse persone.
I
due si erano guardati e non avevano fiatato, ma il loro silenzio era
carico di parole.
Pioveva,
e nulla era più adatto a quel giorno, se non tuoni e fulmini.
«Non
doveva... è tutto sbagliato...»
sussurrò
all'orecchio di Shikamaru.
«La
morte lo è sempre.» affermò l'altro
convinto. O
semplicemente impotente.
«Si
ma dovevo essere io...» mentre diceva quelle parole le
lacrime
quasi la soffocarono. Ripensò a quando Naruto aveva lasciato
cadere il cellulare, pochi giorni prima. Quando era corsa in camera,
prima di avere un attacco di panico, ed ai pensieri che l'avevano
colta quando la sera Naruto aveva voluto raggiungerla per convincerla
a toccare cibo.
«Non
dirlo neppure per scherzo. Non permetterò ad Itachi o a Tobi
di toccarti.»
Ora
le credevano, la polizia e gli altri. Erano stati inviati mandati di
cattura per Itachi, Sasori, Hidan, Kakuzu e Kisame.
Quando
poi per la trecentesima volta aveva descritto Tobi, Hatake, un
poliziotto sulle tracce di Madara Uchiha da tempo, si era reso conto
che si trattava della stessa persona.
Aveva
l'aspetto di un ragazzino pur non essendolo ormai più, come
se
la pazzia l'avesse confermato. Soffriva di manie di grandezza che lo
portavano a credere di essere un dio, e purtroppo un dio del male.
Aveva carisma, e secondo il poliziotto sarebbe stato in grado di
traviare altre giovani menti già sull'orlo della malattia.
Sasori
e Kakuzu erano già stati portati via dalla polizia, ancora
recalcitranti che dichiaravano la loro innocenza. Gli altri erano ancora introvabili.
Asuma
Sarutobi era stato incaricato di seguire Ino ovunque. A lui davano il
cambio Kurenai Yuhi e Kakashi Hatake. La sorveglianza era in
particolare rivolta verso le due ragazze.
Ma
Ino sentiva che Sakura era al sicuro, in qualche modo. Era lei la
prossima.
Alla
fine della celebrazione decise di andare a comprare un giornale, per
aggiornarsi sulle morti. Asuma e Kurenai erano preoccupati per la sua
salute psichica che ovviamente ormai vacillava, e non la informavano
di nulla. Salutò gli altri chiedendo di restare sola, o
meglio, sola con Asuma.
Gli
altri non accettarono di buon grado, ma non ebbero scelta, e fu
lasciata andare.
«Asuma,
tu saresti uno zio perfetto. Il modo in cui guardi male i ragazzi che
passano è confortante.» disse, per rompere il
ghiaccio
poco dopo. Oramai erano diventati amici, sebbene la differenza di
età
fosse notevole.
«Non
i ragazzi che passano, quelli che passano e ti guardano come se
volessero mangiarti con gli occhi.» specificò
l'altro,
accendendosi una sigaretta.
«Dove
hai parcheggiato?» chiese Ino distratta, pagando il proprio
giornale. Evitò accuratamente di guardare in prima pagina,
dove l'ultima vittima, trovata dal migliore amico uccisa a colpi di
martello sulle scale di casa era stata descritta nei dettagli.
«Prendi
le scale, sta nei parcheggi sotterranei. Cosa cerchi?»
«Notizie
tipo “hanno preso Itachi Uchiha alla frontiera” o
“è
morto Madara Uchiha in seguito ad una scossa elettrica.”
»
rispose cupa. «Voi non mi informate mai di nulla.»
«Di
una cosa del genere sarei il primo ad avere il piacere di avvertirti.
Per il resto è tutta burocrazie inutile.»
spiegò
Asuma, scendendo i gradini.
«E'
terribile.» soffiò la ragazza, chiudendo il
giornale per
tornare alla prima pagina. Gli occhi timidi di Hinata la guardarono
da una foto.
«Era
così dolce e delicata...» sussurrò
prima di
scoppiare in lacrime ancora. Asuma le porse un fazzoletto. Non era il
suo lavoro di poliziotto, eppure non pareva impacciato in quella
situazione.
«Li
prenderemo.»
«Non
prima che uccidano me, o nel mentre.» lo accusò
alzando
la voce.
«Prima.»
replicò lui calmo.
«No.»
disse la ragazza, passando una mano tra i capelli corti tagliati
rudemente.
«Sai
cosa mi piace di te? I tuoi capelli. Sono profumati, Ino-chan, e
così
lunghi... a noi sono sempre piaciute le ragazze dai capelli lunghi.
Ci attirano. I tuoi sono lunghi fili d'oro... ne terrò
qualcuno per me, appena ti prenderò. Li terrò al
sicuro, te lo prometto. Me ne bastano un paio. Non li
lascerò
toccare a lui.»
«E'
strano.» pensò, bloccandosi sulle scale.
Anche
Asuma si fermò. «Cosa è
strano?»
«Quel
Sasori...»
«Va
avanti.» la invitò lui.
«Potrà
sembrare una sciocchezza, ma a lui interessava Sakura, che ha i
capelli corti. Mi sono appena ricordata che il giorno in cui Itachi
è
entrato in casa ha detto “a noi” e non “a
me” piacciono le
ragazze coi capelli lunghi. Questo escluderebbe Sasori.»
«Ne
parlerò in centrale.»
«Nega
di sapere qualcosa, ancora?»
Asuma
non rispose, cercando la propria auto.
«Andiamo,
piantala.»
«Si,
nega ancora. Forse dice la verità. Sono un gruppo di
psicopatici e penso che i dettagli contino.»
dichiarò
infine, gettando a terra la sigaretta. «Shikamaru, Choji, lo
so
che siete qui. Fuori.»
Ino
si voltò esterrefatta, e vide comparire da dietro due
macchine
gli amici, imbarazzati.
«Era
per sicurezza...» mugugnò Choji.
Ino
sorrise per la prima volta in quella giornata orribile. E subito dopo
se ne sentì in colpa.
Il
cellulare di Sakura vibrò nella sua borsetta nera, e la
ragazza si affrettò a prenderlo.
Naruto
e Kiba la guardarono dall'altro capo del tavolino, sepolto da
bottiglie e bicchieri.
«Pronto,
signorina Kurenai?» la voce di Sakura tremò appena
e
chiuse gli occhi, pregando che non fosse accaduto nulla.
«Sakura,
mi dispiace disturbarti per questo... Sasori chiede di te
insistentemente, e dice che non aprirà più bocca
se non
potrà parlarti.»
«Oh.»
Sakura giocherellò con un bicchiere vuoto, stuzzicata
dall'idea di scolarne un altro paio.
Non
era vero che non le piaceva affatto quel Sasori.
Sasuke
era andato al bagno, e ogni sua resistenza si era allontanata con
l'oggetto che le scatenava.
«Va
bene.» acconsentì.
«Davvero?...
allora, puoi vedere Kakashi?»
«Si,
il signor Hatake è fuori dal bar.»
«Bar?»
«Si.»
confermò, vergognandosene. Avevano pensato che ubriacandosi
avrebbero sentito meno dolore.
«Va
bene, potresti farti dare un passaggio da lui?»
Senza
dare spiegazioni di sorta Sakura salutò i presenti e si
diresse a passo svelto fuori, sapendo di avere gli occhi apprensivi
di Naruto sempre puntati su di se. Spiegò velocemente la
situazione ad Hatake, che la fece immediatamente salire nell'auto.
Il
viaggio fu breve, non si trovavano lontani dal commissariato.
Sakura,
cercando di dominare il proprio tremore, salutò quei
poliziotti che conosceva ormai bene, ingiustamente. Poi Kurenai con
la solita dolcezza la invitò a seguirla.
«Sasori
è di qua.» disse.
Kurenai ebbe
un sussulto e si toccò il ventre. Era ancora troppo presto
per
sentire il bambino, eppure per un attimo gli era parso che si fosse
mosso. Guardo la foto sulla propria scrivania, scattata da Kakashi
durante una vacanza in cui abbracciava Asuma, ed il fiore che lui
stesso le aveva regalato il giorno prima messo in un bicchiere e
ormai quasi appassito.
Aveva
un brutto presentimento.
«Ti
hanno rubato la macchina.» disse Ino, «Sei un
poliziotto
e ti hanno rubato la macchina.»
Asuma
non sapeva se ridere o arrabbiarsi.
«Ero
con voi tutto il tempo. Saliamo e prendiamo un taxi, poi ne
parliamo.»
Shikamaru
fissava il punto in cui si sarebbe dovuta trovare l'auto con
insistenza.
«Shikamaru?»
lo chiamò Asuma, sinceramente affezionato dopo quei mesi al
ragazzo.
«E
se fosse una trappola?» sussurrò per non farsi
sentire
da Ino, ed Asuma portò all'istante una mano alla fondina
della
pistola, maledicendosi per non averci pensato prima.
Una
voce roca e moltiplicata dall'eco del parcheggio semi-vuoto
riempì
l'aria.
«C'è
chi lo fa in nome del potere, io agisco in nome di Dio.»
Ino
si sentì gelare il sangue e prima di rendersene conto
cominciò
a battere i denti e a ficcarsi le unghie nelle braccia magre
graffiandosele.
«E'
Hidan!» cercò di gridare, ma la voce era ridotta
ad uno
stridio leggero.
Asuma
estrasse all'istante la pistola. «Voi tre correte fuori,
chiamate aiuto!» ordinò, pronto ad aprirsi la
strada a
suon di pallottole.
Un
millesimo di secondo dopo una luce ramata gli sfrecciò
davanti
e i tre ragazzi che erano rimasti ancora ai loro posti senza
ascoltarlo urlarono.
Asuma
osservò la propria mano con la pistola volare a terra
seguendo
il bagliore, senza rendersi conto di ciò che era accaduto.
Ma
il suo sangue freddo di poliziotto riprese a scorrere e capì.
Hidan,
l'accetta.
«Asuma!»
gridò Shikamaru, fermato da Choji prima che facesse la
pazzia
di raggiungerlo.
«SCAPPATE!»
urlò nuovamente l'uomo, cadendo in ginocchio, sapendo che di
lì a breve avrebbe sentito un dolore insopportabile. Si rese
conto dell'inutilità di tutto mentre cercava di raggiungere
la
pistola con l'altra mano, quando trovò due scarpe di cuoio
accanto a sé. Hidan non aveva finito con lui.
Il
dolore esplose nel suo polso monco e subito dopo ancora accecato da
questo sentì una sferzata al fianco destro.
Ino
gridò ancora inorridita e si portò le mani
davanti agli
occhi. Shikamaru comprese che dopo sarebbe toccato a loro, privi
di armi, e si voltò a guardare Choji. L'amico, pallido,
annuì,
e afferrato un braccio di Ino cominciò a correre verso le
scale in cerca di aiuto.
«Sakura,
ascoltami. Mi conosci, non posso essere uno di loro. Anzi, anche
loro, non sono i tipi da poter fare qualcosa di simile, ci deve
essere un errore.»
«Sasori,
ho già sentito abbastanza.»
«Allora,
se non mi credi, perché non mi guardi negli occhi?»
Sakura
levò lo sguardo verso il vetro che li separava, e
guardò
Sasori con un misto tra pena e terrore.
«Vorrei
farlo...»
«Ma
non puoi fidarti perché potrei ucciderti.»
concluse per
lei, amaro.
«Tu
mi piacevi.» disse Sakura in tono d'accusa.
Sasori
sgranò gli occhi, stupito.
«Tu
mi piacevi, e non mi è mai piaciuto nessun ragazzo, se non
Sasuke. Non è giusto tutto questo, e non ti
permetterò
di giocare sul fatto che lo sai per convincermi.»
«A
parte il fatto che non sono nella tua mente, ragazzina presuntuosa...
ma non ci sto giocando sopra, non gioco sopra un bel nulla. Volevo
vederti perché voglio che almeno tu creda alla mia
innocenza.»
dichiarò l'altro.
Sakura
restò in silenzio.
«Non
piacevi a Kisame.»
«Cosa?»
«Le
ragazze uccise avevano tutte i capelli lunghi, ma ora i serial killer
sembrano impazziti. Se sono davvero loro, io non lo so. Però
ormai non rispettano più periodi di una settimana o
più
tra l'una e l'altra o cose simili. Stanno uscendo di testa
definitivamente. E tu non piacevi a Kisame. Fossi in te girerei
armata.»
Sakura
lo guardò a bocca aperta.
«E...
Sakura, anche a me, tu piacevi.»
Girare
per la città gridando aiuto è la cosa
più
inutile che si può fare. Ino lo scoprì quel
giorno,
quando nessuno badò a lei, Choji e Shikamaru.
La
gente si allontanava di corsa o li guardava come se fossero pazzi,
senza far nulla.
Ino,
esasperata, si lasciò cadere a terra. Stavolta si che le
lacrime le si erano esaurite.
Shikamaru
e Choji invece piangevano di dolore e di paura, e quando il Nara si
voltò e corse nuovamente giù per le scale, Choji
se ne
avvide troppo tardi.
Volò
al suo inseguimento insieme ad Ino, che si era rialzata con fatica.
Shikamaru
volò per gli scalini, dove Hidan ancora infieriva su Asuma.
Era talmente preso dal suo lavoro, che condiva di urla animalesche e
improperi, che Shikamaru riuscì a scivolare e a prendere la
pistola senza che neppure se ne accorgesse.
«FIGLIO
DI PUTTANA!» gridò, puntando al torace. Non poteva
mirare alla testa soltanto perché non era certo di
prenderla,
tanto tremava.
Poi
fece fuoco.
La
centrale era in fermento. Sakura si fermò accanto a Kurenai,
turbata. Le aveva appena riferito le parole di Sasori su Kisame.
«Che
succede?» chiese Kurenai ad Anko, della squadra interrogatori.
«Kurenai,
hanno chiamato dal parcheggio sotterraneo dietro le poste.»
Sakura
si irrigidì.
«Quello
accanto al cimitero?» domandò.
«Esatto.
Era la radio di Asuma, ma non abbiamo capito che succede, si
sentivano solo rumori.»
«Che
genere di rumori?» si sorprese Kurenai.
«Non
lo so.» mentì Anko con tranquillità,
«Ma
per sicurezza abbiamo mandato una squadra.»
Kurenai
si morse un labbro, tornando a guardare la foto accanto al proprio
computer.
«Stai
calma, Kurenai.» la rassicurò seria Anko, prima di
sorridere di nuovo, «Potrai andare in crisi solo il giorno
del
matrimonio. Lì, è normale.»
Anche
Sakura e Kurenai sorrisero.
«Asuma....»
chiamò Ino distrutta. Guardò il corpo del
poliziotto e
fu scossa da un conato di vomito.
Dovette
piegarsi contro una macchina per poi rigettare la colazione,
già
scarsa, fatta quella mattina.
«E'
morto.» disse Choji, toccando il collo di Hidan per sentirne
le
pulsazioni, unico ad averne avuto il coraggio. Shikamaru aveva
sparato tutte le pallottole della pistola, e poi si era accasciato
accanto ad Asuma.
Un
gemito attirò la loro attenzione.
«Asuma?»
fece incredulo Shikamaru.
Ino
sollevò la testa, asciugandosi la bocca, e
strisciò
accanto a loro.
«Diceva...»
mormorò Asuma, sofferente.
Tutti
si piegarono verso di lui.
«Non
sforzarti!» esclamò Choji.
Ino
ricordò Deidara. Aveva lo stesso sguardo di Asuma, e vi era
lo
stesso odore di sangue e morte.
«Fallo
parlare.» ordinò con voce ferma. Shikamaru la
guardò
e capì, cercando di trattenere ancora le lacrime, per
fingere
che andasse tutto bene.
«...
che c'è un messaggero del suo dio, che spiega a lui e gli
altri cosa fare. Ha parlato di Itachi e Kisame... non ho capito
tutto... ha nominato Madara.... soltanto loro. Degli altri due... ne
parlava come di ignari.»
«Sasori
e Kakuzu non c'entrano nulla?»
Asuma
fece segno di no con la testa, poi sorrise con le poche forze che gli
restavano.
«Voi
siete come figli per me... Spero che mio figlio diventi come voi.
Shikamaru, te lo affido, lo sai. E voi, andate avanti.»
«Sarai
un'artista grandiosa. Spero di avere una figlia come te un
giorno.»
Asuma
esalò l'ultimo respiro, ed i tre scoppiarono in lacrime,
mentre in lontananza si udivano già le prime sirene. Le
lacrime non si esaurivano mai per davvero.
«Ci
parlo io con lei.» dichiarò Shikamaru, davanti ad un gruppo di
poliziotti che cercavano di decidere cosa fare.
Tutti
si voltarono a guardarlo, compresa Ino che era tra le braccia di
Sakura.
«Sei
sicuro?» domandò Kakashi.
«Una
volta ha detto... che sarei dovuto essere io il padrino del
bambino.»
non ci fu bisogno che spiegasse di chi parlasse, e Shikamaru fu fatto
passare.
Ino
dallo spiraglio della porta ora aperta poté vedere Kurenai
riordinare i documenti sulla propria scrivania, voltarsi e notarlo.
Poche
parole, e la donna cadde in ginocchio senza un suono, mentre Shikamaru
si piegava davanti a lei, poggiandole una mano sulla spalla.
I
suoi colleghi entrarono uno ad uno.
In
quel corridoio rimasero soltanto Sakura, Ino, Choji, Sasori e Kakuzu.
E
soltanto gli ultimi tre erano liberi davvero.
«Un
messaggero del loro dio, capite?»
Due
settimane dopo Ino sedeva in un elegante locale in centro, ed intorno
ad un tavolo rotondo stavano i suoi amici. Kiba, tornato tra loro,
Sasuke, Naruto. Sakura, Shikamaru, Choji e stavolta anche Sasori.
Kakuzu, di loro, non aveva più voluto saperne.
«Ho
sempre pensato che Hidan fosse una specie di satanista... Tobi, scusate, Madara
deve aver sfruttato quel lato.» ragionò Sasori.
«Io
non capisco... come possono sempre sapere dove siamo? Abbiamo
cambiato tutto della nostra vita, ed è stato
inutile.»
si lamentò Sakura.
«Oltretutto
la notte prima che arrivasse a casa mia, Itachi e Kisame si sono
fatti coinvolgere volutamente in una rissa, per avere un alibi mentre
Hidan uccideva. Insomma, non sono stupidi.»
confermò
Ino.
«Dei
malati di mente geniali.» disse disgustato Naruto.
«Morbosi.»
commentò Kiba, con sguardo perso.
Lui
aveva trovato Hinata sulle scale di casa sua, quasi irriconoscibile,
quando si era stancato di aspettarla a casa. Incredibilmente vicino,
terribilmente lontano.
E
si era accorto che aveva pianto, dalle lacrime sul viso tumefatto.
«Kiba?»
lo chiamò Ino poggiando una mano sulla sua spalla.
«Ci
sono.» disse, sentendo improvvisamente la gola secca.
«Non
possiamo neanche vivere i nostri lutti in pace, siamo come in
attesa...» cominciò Sakura, lasciando sfumare la
voce.
Ino
si versò da bere.
«In
attesa del prossimo, intendi? È così,
infatti.»
Tutti
sospirarono, coprendosi poi la testa con una mano o poggiandola sul
tavolo o sulla poltrona.
«Qualunque
cosa accada, vi voglio bene.»
Tutti guardarono
improvvisamente allarmati Ino, che aveva parlato.
«Vale
anche per me. Se va male, grazie di aver tentato.» aggiunse
Sakura, con un improvviso groppo in gola.
«Non
dite sciocchezze!» urlò Naruto facendo voltare
tutta la
clientela. «MAI!»
«Sakura,
proprio tu poi, hai i capelli corti. Ti manca l'attrattiva.»
le
fece notare Sasuke, giocherellando distrattamente con un ombrellino
sul proprio cocktail.
«Riesci
ad offendere anche così, complimenti.»
ironizzò
Kiba.
«Kisame
ce l'aveva con lei da sempre. Odio a pelle.»
«Buffo.
Avrei giurato che tu la odiassi a pelle, dallo sguardo di fuoco che
vi siete lanciati la prima volta.» considerò Ino.
Sasori
si strinse nelle spalle. «I suoi capelli erano un pugno
nell'occhio.»
«Grazie.
Sono commossa.» sbottò Sakura, rendendosi a
malapena
conto che il groppo in gola era sparito.
«C'è
sicuramente qualcosa che ci sfugge.» disse tra sé e sé
Shikamaru, attirando l'attenzione di Sasuke.
«Hai
ragione. Oltretutto è assurdo come scompaiano facilmente,
è
come se avessero sempre una porta a disposizione.»
Sakura
pensò ad Hinata, l'unica che conosceva, e alle volte in cui
era andata a trovarla a casa sua. Ino abitava in centro, era
più
facile fuggire da casa sua, ma le due palazzine in cui vivevano
Hinata e Kiba erano in periferia, e non era facile sfuggire alla
gente che li cercava ovunque.
Un
flash passò nella mente di Sakura, fantasma di discussioni passate, quando
tutto era ancora normale.
«Il
falso Tobi abitava in periferia.»
Sasori
alzò lo sguardo. «Mh? Si. Ma chissà
dov'era la
sua vera casa.»
«E
se non avesse mai mentito? Oltre che sul nome, intendo.»
«Forse
è il caso di parlarne con la polizia.»
suggerì
Naruto.
«Con
quello che è in grado di fare...» disse
contrariato
Sasuke.
«Che
vuoi dire?» sbottò nervosamente Shikamaru.
«Col
coraggio che hanno magari mandano Yuhi.»
Le
nocche di Shikamaru sbiancarono tanto strinse forte il bicchiere, ed
Ino temette che sarebbe andato in frantumi. Kurenai non la si doveva
neppure nominare in quella situazione, era d'accordo. Avrebbe
volentieri preso a schiaffi Sasuke, quando intercettò
un'occhiata tra Sakura e Kiba.
Quando
poco dopo si salutarono dandosi appuntamento per l'indomani, Ino
raggiunse questi ultimi.
«Cosa
avete in mente?»
Sakura
guardò Kiba, che ricambiò lo sguardo.
«Niente.»
«Sakura,
tu non sai ancora cosa vuol dire... non hai vissuto...» seppe
di aver scelto le parole sbagliate non appena gli occhi di Sakura
lampeggiarono.
«Voglio
dire, non sulla tua pelle. Non ti hanno ancora attaccata di persona,
non andartela a cercare. Non sai cosa si prova ad essere braccati
costantemente, a sapere che non sei sola ma non capire dove si
trovano, dove arriveranno... e se ti metti in mezzo non avrai neppure
un momento di pace. Guardami, Sakura. Non ho avuto quasi il tempo di
piangere con Hinata, che è toccato ad Asuma, e non so quando
toccherà a me, non posso mai rilassarmi, mai. Non fate nulla
di avventato.»
«Non
faremo nulla, Ino.» ripeté Sakura con tono tanto
tranquillo che Ino seppe di aver fallito. Si sentì
incompresa,
nessuno riusciva a capirla lei. La guardavano con
pietà,
a volte insofferenza, quando scoppiava a piangere all'improvviso.
Viveva così da mesi e ormai stava esaurendo le briciole di salute mentale rimaste, lo sapeva, e
gli altri non riuscivano a capire, per quanto si sforzassero, la sua
situazione. Cercavano di andare avanti, e non capivano che lei non
poteva ancora, che restava ferma sullo stesso posto.
«Ci
vediamo domani allora.» salutò tristemente, rinunciando a dar
voce ai suoi pensieri.
«Domani
sono al poligono.» la contraddisse Sakura.
«Che
diavolo ci fai?»
«Perfeziono
la magica arte dello sparare.... Voglio ovviamente imparare a
difendermi da sola. Dovresti venire anche tu, Ino. Me l'ha indicato
Sasuke.»
Ino
annuì distrattamente, per poi allontanarsi. Il poligono. Ino
era certa che anche se avesse imparato a sparare in una situazione di
reale pericolo sarebbe crollata definitivamente senza potersi
difendere.
Tornò
da Shikamaru che l'aspettava quasi di corsa, e si strinse alla sua
maglietta.
«Sta
diventando un vizio per te, sformarmi le magliette.» le disse
quasi dolcemente.
Ino
lo guardò ed il suo viso divenne indecifrabile.
«Che
succede?» chiese pacato, ma con una punta di nervosismo.
«Sakura
e Kiba hanno in mente qualcosa, e non so cosa.»
«Seguiamoli
con la mia macchina. Se ho capito cos' hanno in mente, andranno
all'appartamento di Hinata.»
«Veniamo
anche noi.» si aggiunse Naruto.
«No.
Meglio dividerci stavolta. Quel giorno... se non fossi riuscito a
prendere la pistola, saremmo morti in tre. Stiamo divisi in modo che
si possa facilmente chiamare aiuto se necessario.»
Choji
poggiò una mano sulla spalla di Naruto.
«Hanno
ragione, vieni Naruto. Shikamaru, Ino, mi raccomando. Vi voglio a
cena a casa mia domani.»
I
tre si guardarono e Shikamaru annuì. Ino invece
fissò
profondamente Choji, anche lui tanto cambiato dal liceo. Era
dimagrito, per via dello stress, e aveva perso il sorriso perenne,
come del resto Naruto, ma non il tono dolce e gentile. Con un groppo
in gola pensò che tutte le persone che le stavano vicino si
deterioravano, come stava accadendo a lei.
«Tutto
bene?» domandò Choji, notando i suoi occhi
più
lucidi del solito.
«Si.
A domani, Cho.» salutò Ino, stringendo un braccio
di
Shikamaru che finse di non notarlo.
I
due andarono alla macchina del ragazzo, un vecchio fuoristrada usato
dal padre che lavorava in una riserva naturale, ed Ino salì
nel posto accanto al guidatore.
Si
mise la cintura ed attese Shikamaru.
Era
la seconda volta che saliva in quell'auto.
La
prima volta Hinata era ancora viva, lei imparava a esistere come un'altra persona che ancora non esisteva, senza pensare che non ci
sarebbe riuscita ma con un vago sentore di ciò, e Shikamaru
riusciva a fingersi calmo senza che dalla sua voce o dal suo sguardo
trasparisse nulla.
Era
tutto cambiato ora, l'unica cosa rimasta immutata era la sicurezza
che le dava la presenza di Shikamaru.
Il
viaggio era cominciato da dieci minuti, quando Ino smise di guardare
fuori.
«Shikamaru,
ti amo.»
«Ti
amo anche io.» disse il ragazzo, e svoltò a destra.
«Non
mi prendi sul serio.» dichiarò lei punta sul vivo.
«Tu
mi ami come io amo Choji, Naruto....»
«Non
dicevo quel tipo di amore.» lo interruppe Ino, «E
lo sai.
Ma non mi credi.»
«Tu
vuoi sentire emozioni forti ancora una volta, vuoi fuggire dalla
realtà e mi vuoi bene come ad un amico.»
ribatté
lui meccanicamente, seguendo a distanza l'auto di Kiba.
«Chiedi
a Sakura.»
«Cosa
devo chiedere a Sakura?» domandò guardando dallo
specchietto retrovisore.
«Da
quanto tempo ti amo.»
«Cosa
mi risponderebbe?»
«Da
quando ti conosco.»
L'auto
si fermò di scatto ed Ino balzò in avanti,
trattenuta
solo dalla cintura.
«Che
fai?» esclamò infastidita.
«Si
sono fermati.» spiegò Shikamaru, sganciando la
propria
cintura.
Anche
Ino lo imitò sentendo un vago dolore al petto dove la
cintura
l'aveva stretta troppo per evitarle di sbattere in avanti. Si voltò per sgridare Shikamaru ma le sue
labbra furono catturate da un bacio fugace.
«Scendiamo.»
disse poi il ragazzo, aprendo la portiera.
«Sei
sicuro che ce la fai, Kiba?» domandò Sakura,
spaventata
dallo sguardo dell'amico. In quelle scale aveva trovato Hinata, lo
sapeva. Lei non le vedeva da troppo tempo invece, e si sentì
come se fossero tornati al liceo. Hinata era più amica di
Naruto e Kiba che sua, ma era sempre stata gentile seppur timida
con lei, e si sentiva male al pensiero che non avrebbe mai
più
fatto quelle scale.
«Si.
Se penso che potrebbe essere stato così vicino anche a casa
mia, per tutto questo tempo...» disse il ragazzo, stringendo
i
pugni.
«Non
è detto.» li interruppe la voce di Ino alle loro
spalle.
«Ma tanto vale dare una controllata. Sakura, sei
armata?»
«Ho
una pistola, ed un coltello nello stivale.» disse l'altra,
tentando di ignorare lo sgradevole colpo al cuore appena avuto e
ingoiando le spiegazioni che voleva chiederle. Kiba guardava le scale
con occhi spiritati, e restò a sua volta in silenzio. Forse
aveva a malapena fatto caso a loro.
«Andiamo.»
«C'è
qualcosa che mi sfugge.» rimuginò Sasori.
«Non
va bene, tutte le volte che si dice questo qualcuno muore.»
comunicò loro atterrito Choji.
«Non
lo faccio volontariamente, non voglio spaventarvi ma...»
concluse con un gesto della mano, ed un espressione insofferente.
Naruto
si guardò attorno. «E Sasuke dov'è? Non
lo sa che
è meglio non girare soli?» chiese con voce
alterata.
«Aspetta
aspetta...» ripeté Sasori. «Ecco, sento
che ci sto
arrivando.»
«Era
qui.» disse Kiba con un filo di voce, indicando gli scalini
più
in alto dell'ultima rampa. Le lacrime traditrici pizzicavano gli
angoli dei suoi occhi, alla vista della porta di casa lassù
in
alto, da cui Hinata usciva sempre per andare a scuola, con l'uniforme
perfetta e un sorriso timido sempre per lui.
«Ci
sono solo quattro porte in questo lato dell'edificio.»
contò
Ino.
«Direi
di provare a bussare in tutte una ad una volta.» propose
Shikamaru.
Sakura
non fece in tempo a parlare: qualcosa la colpì violentemente
alla nuca e tutto divenne nero.
Altri
tre colpi.
«Niente
da fare.» si arrese Sasori.
«Intanto
prendo da bere.» annunciò Naruto.
«La
sua dipendenza dall'alcol inizia onestamente a preoccuparmi.»
confessò Choji.
Sasori
guardò il biondino sorridere falsamente ad una cameriera. A
lui spaventavano più quei denti in bella mostra.
Quando
Sakura aprì gli occhi, con qualche sforzo, ci mise un po' a
mettere a fuoco lo sfarfallio sul suo campo visivo. Sentiva due
persone che le sembrava stessero litigando, ma non riusciva a capire
cosa stesse succedendo, o perché sentisse le braccia
totalmente formicolate ma non potesse muoverle. Capì di
stare
guardando le proprie gambe e sollevò il viso con
circospezione, senza sapere cosa stesse aspettando con timore. Vide
Ino seduta accanto a sé con gli occhi sgranati, legata alla sedia.
Si
rese conto di essere legata a sua volta, e riusci a capire il senso del discorso
di quelle voci che si sovrapponevano l'un l'altra. Cercava di
decidere come avrebbero dovuto ucciderli, poiché loro
avevano
i capelli corti e non uccidevano mai le ragazze dai capelli corti,
come stava facendo notare chi, Itachi? E un'altra voce, forse Kisame,
che spingeva gli altri a soprassedere, dacché Hidan aveva
ucciso Asuma. E a proposito di Asuma, la voce di Itachi si fece
nuovamente sentire, poiché non uccidevano sicuramente gli
uomini come quel rinnegato che aveva attirato tutta la polizia dello
stato su di loro, quei due ragazzi li avrebbero dovuti lasciar
andare. Kisame sembrava prendere molto sul serio le parole di Itachi,
a quel che ricordava, e Sakura pregò che lo facesse anche
stavolta. Non riusciva a voltarsi per cercare Shikamaru e Kiba,
sentiva la testa troppo pesante, ma era completamente avvolta in un
senso di irrealtà che non le permetteva di andare nel panico.
Ino
invece piangeva. Si ritrovò a pensare che era buffo che lei,
la piagnona del gruppo, fosse ancora a sangue freddo, mentre Ino, che
l'aveva sempre sgridata per la sua emotività, ora fosse di
continuo in lacrime.
“Del
resto è il passato... E questa calma che mi invade... forse
sono pazza anch'io.” considerò con noncuranza,
prima di
tentare di liberare le mani. Ma era tutto inutile.
Infine
sentì i passi pesanti di Kisame in avvicinamento.
«La
bionda è tua, ma lasciami l'altra.»
«Lui
non so quanto ne sarà felice, di non essere stato
informato.»
obbiettò ancora Itachi.
“Madara.”
pensò Sakura subito.
Alzò
lo sguardo, ed incontrò quello di Kisame, ghignante. Come
immaginava, aveva un coltello da cucina. Guardò Itachi, ma
con
sua grande sorpresa non vide alcuna spada.
Ino
si agitò terrorizzata, e Sakura sentì anche
Shikamaru e
Kiba farlo. Si rese conto che era reale, tutto quello che stava
vivendo lo era, e le sfuggì un urlo, soffocato dalla stoffa
che
le chiudeva la bocca.
Poi
accadde l'unica cosa che Sakura davvero non si aspettava. Itachi
aveva sì, un arma. Un coltello. Ma lo poggiò su di una
credenza e afferrò un vaso, per poi sbatterlo sulla testa di
Kisame. L'altro strabuzzò gli occhi e cadde pesantemente in
avanti, rischiando di travolgerla.
Itachi
guardò Ino.
«Ho
cercato di dirtelo dall'inizio, che non ero io a volerti fare del
male, Ino.» la sua voce era incredibilmente normale, mentre
si
accingeva a slegarla. «E se ho fatto quella sceneggiata a
casa
tua, era perché, come hai potuto notare, non ero
solo.»
«DIETRO
DI TE!» gridò Ino improvvisamente, ed Itachi fece
appena
in tempo a voltarsi per vedere Madara avventarglisi contro con il
coltello che aveva lasciato incustodito. Tentò per un attimo di
fermarlo con le mani e la lama ne trapassò una, pungendolo
ad
un fianco in corrispondenza del rene destro.
«Scappa,
cerca aiuto!» gridò Itachi, spingendo Madara con
un
calcio, che quasi cadde sopra Shikamaru.
Ino
li guardò terrorizzata, incapace di muoversi. Fu un mugolio
disperato di Kiba a risvegliarla. Afferrò il coltello che
Sakura teneva nello stivale e diede un energica strattonata alla
corda che teneva immobilizzato il ragazzo, smussandola. Tagliò ancora, ascoltando attentamente i
rumori della lotta dietro di lei.
«Puoi
provare a liberarti da solo ora?» chiese mettendogli la lama
in
mano e togliendogli il panno dalla bocca.
«Si,
scappa Ino.» ordinò, guardandola con occhi
atterriti.
Aveva bisogno di credere che lei sarebbe riuscita a portare aiuto in
tempo. Un bisogno vitale.
«Ringrazia
solo che non ho una spada anch'io...» sentì dire
ad
Itachi in tono ironico, e lo vide pulirsi la bocca dal sangue.
Ad
Ino tutto questo scappare ricordava il giorno della morte di Asuma.
Una
corsa totalmente inutile.
«Sasori?»
chiamò Choji, vedendolo irrigidirsi su una sedia.
Sakura
si sentì abbracciare da Kiba. Doveva aver perso
temporaneamente conoscenza, perché aperti gli occhi si era
trovata tra le sue braccia.
Pensò
che fosse tutto finito, quando Kiba la lasciò andare
velocemente.
«Questo
è per Hinata!» gridò il ragazzo,
ergendosi contro
Madara, con la pistola presa dalla tasca di Sakura.
Ino
componeva il numero di telefono di Naruto, ma si fermò.
Sasuke
stava avanzando verso di lei.
«Grazie
a Dio, siete quì!»
Kiba
iniziò a liberare velocemente Sakura, tenendo d'occhio
Kisame.
Itachi era svenuto, o forse morto. Per quanto riguardava Kisame, Kiba non aveva avuto il coraggio
di ucciderlo, non riusciva a mirare ad una persona svenuta a sangue
freddo, così lo aveva legato stretto ad una sedia come era
legato poco prima lui.
«Com'è
che non aveva la sua spada oggi, in effetti?»
commentò a
voce alta, cominciando a sentire la stanchezza.
«Lui
non ne è degno.» rispose Kisame, facendolo
sobbalzare.
Lo fissava con occhi pieni di odio.
«In
passato l'ha usata.»
«Non
dire stupidaggini.»
Kiba
sbatté le palpebre, stordito.
«Madara
era quello a cui Itachi obbediva, che Hidan ha chiamato messaggero, non
è così? Scommetto che si sfidavano anche tra loro,
quindi.»
disse Shikamaru massaggiandosi un polso indolenzito. Non riusciva
ancora a stare in piedi.
«Itachi
non ha mai preso ordini da Madara, e non ha mai avuto una spada.
Madara poi, usava il martello.» disse l'altro con un ghigno.
«Che
sta dicendo?» chiese Sakura con un sorriso nervoso.
Kisame
non parlò più, continuando a fissarlo con occhi
acquosi
e pieni di odio. Stavolta però le labbra erano curvate verso
l'alto.
«Scusate,
ma come faceva Sasuke a sapere che gli assassini non avrebbero ucciso
Sakura, ma prediligono le ragazze dai capelli lunghi?»
domandò
Sasori, col viso già chiaro che diveniva cereo.
«Beh...
davvero le preferiscono?» si stupì Naruto.
«Qualcosa
non va... Ora che ci penso....» cominciò Choji.
«Cosa?»
«Dov'è
ora? E possibile che... oh mio Dio.»
Ino
guardò Sasuke. La sua mente cominciò a lavorare
velocemente.
Le
spade di casa Uchiha.
«Ringrazia
solo che non ho una spada anch'io.»
Avevano
imparato che certe cose le sapevano soltanto i membri del gruppo.
«Sakura,
proprio tu poi. Hai i capelli corti. Ti manca l'attrattiva.»
Sakura
che andava al poligono di tiro.
«Dovresti
venire anche tu, Ino. Me l'ha indicato Sasuke.»
Colpi
di pistola.
Alcune
ragazze colpite da spada erano state prima immobilizzate con un colpo
di pistola.
L'idea
di non voler chiamare la polizia.
«Con
quello che è in grado di fare.... col coraggio che hanno
mandano la Yuhi»
Qualcuno
in casa con Itachi. Itachi che diceva che a loro
piacevano
le ragazze dai capelli lunghi.
«Lo
sai? Dicono che a Sasuke piacciano le ragazze dai capelli
lunghi!»
E
ora, la pistola di Sasuke puntata su di lei.
«Eri
tu... dicevi loro tutto di noi, e anche oggi ci hai volutamente
spinti a venire... tu hai praticamente messo in bocca a Sakura che
Madara diceva di vivere qui. Tu sei il messaggero del dio di Hidan.
Tu sei il capo. E tu mi hai sparato, a casa mia, quella
volta.»
se ne rese conto man mano che parlava, con l'adrenalina che ormai
sembrava parte di lei che la sfiniva soltanto, il cuore che come
sempre batteva troppo veloce e gli occhi che cercavano il pianto ma
non lo trovavano. Avrebbe soltanto voluto urlare, picchiarlo, o
gettarsi a terra e piangere e strisciare.
«Potrei
dirti che ho visto qualcuno venire ucciso quando ero ancora un bambino. O che i miei genitori mi
picchiavano. O che sono stato a mia volta perseguitato.»
disse
Sasuke con calma, «La verità è che mi
piace. Il
colore del sangue è così attraente, sensuale... e
distruggere è ciò che porta le persone ad essere
ricordate in eterno, all'immortalità. Quando avrò
ucciso mille donne, sarò immortale. Te ne rendi conto? Si
parlerà di me, nei libri di scuola.»
spiegò,
infervorandosi mentre parlava.
Ino
lo guardò disgustata.
«Tu
poi sei stata speciale. Volevo darti una fine diversa, ma ho solo
perso tempo. Rimedierò ora. Poi salirò ed
ucciderò
gli altri con la spada, tanto per.» spiegò,
strofinandosi il mento con la canna della pistola.
Ino
si concentrò sul grilletto, pregando che fosse premuto per
errore.
Non
avvenne.
Sasuke
rise.
Era
strano sentirlo ridere per la prima volta in quella situazione.
Ecco
perché non si eccitava davanti a nulla, lui era abituato a
ben
altro.
Pensare
che in passato aveva litigato con Sakura per lui, che si era
allontanata da Shikamaru per lui, le fece rivoltare lo stomaco.
«Speri
che mi colpisca da solo? Sakura non ti ha detto quanto sono bravo? Io
sono Sasuke Uchiha, il migliore in tutto.» disse, e l'ultima
frase la pronunciò con tono solenne, salvo poi sorridere
sarcastico. «O così dicono.»
«Ed
i tuoi genitori?» chiese, tentando di prendere tempo.
«Mia
madre mi aveva scoperto. Così ho manomesso l'auto. E sì, per
la cronaca, ho pagato il tizio che ha investito Deidara. Non mi
aspettavo che morisse sul colpo, è stata una fortuna. Mi ha
risparmiato il lavoro sporco. Odio uccidere gli uomini. Sono mille
donne
quelle
che devo uccidere. Donne. Ecco perché ho creato la mia
confraternita, se così si può dire.»
«Ma
non hai mai pensato di uccidere Sakura, perché?»
chiese
quasi con rabbia.
«Voi
ragazze, sempre a fare paragoni. Sakura ha tagliato i capelli troppo
presto, e li ha lasciati così. Stai per chiedermi
perché
le ragazze dai capelli lunghi, vero?» scosse la testa.
«Sorteggio.»
«Sorteggio?»
ripeté sconvolta, sperando di aver capito male.
«Ho
scritto in un mucchio di foglietti le caratteristiche che mi
piacevano, e ho pescato i capelli lunghi e le matricole che sarebbero
andate nella scuola di mio fratello. Per la cara Hinata, come sai,
Madara si è fatto prendere la mano. Lui uccideva da quando
era
alle medie, è un po' pazzo.»
Ino
aprì la bocca e poi la richiuse.
«Un
po' pazzo.» ripeté senza sapere cosa aggiungere.
«Si.
Ora però basta fingere di non aver capito che vuoi solo
prender tempo. Salutami Hinata, Ino-chan.»
Sparò.
Ino
crollò a terra, tenendosi il ventre. Un fortissimo calore la
invase e le sfuggì un suono a metà tra l'urlo ed
il
singhiozzo.
Sasuke
arrivò sino a sovrastarla, lasciò scivolare lo
zaino
giù da una spalla e ne tirò fuori la spada.
«Ah...»
riuscì a dire Ino, sentendo le mani orribilmente bagnate e
appiccicose.
«Fa
male, lo so. Allora, petto, collo, testa... scegli tu.»
Ino
fece segno di no, col volto rigato di lacrime di dolore.
«Ti
porto via un pezzo alla volta se non decidi tu.» la
canzonò
Sasuke.
«Petto.»
balbettò infine.
«Petto
sia. Dritto al cuore, come da eroina tragica quale sei.» le
disse, sorridendo affettuosamente.
Ino
vide il proprio riflesso sulla lama. I capelli sparpagliati e
appiccicati al viso, sporco di lacrime, sudore, schizzato di sangue.
Gli occhi stanchi, segnati, le occhiaie, le labbra tagliate
perché
troppo morse, e non riconobbe più la bellissima e curata Ino
Yamanaka, la reginetta del liceo. Lei era già morta da tempo.
La
lama cominciò a scorrere in picchiata verso il basso, ma Ino
poté ben osservare il proprio viso riflettersi in quella
luce,
ed all'ultimo le parve che tornasse come quello del passato,
più
paffuto, colorito, curato. Pensò che a Shikamaru sarebbe
piaciuta di più di nuovo così, e che Sakura ed
Hinata
avrebbero fatto a gara per somigliarle.
Non
badò al riflesso rosso che lo colorò per un
momento,
poiché la Ino sulla lama sorrideva.
Un
altro sparo.
Sakura
guardò incredula Sasuke accasciarsi a terra colpito alla
testa, sfiorando il corpo di Ino, su cui stava piantata una spada
all'altezza del petto.
Un
auto si fermò con un forte stridio più in la',
segno
che era arrivato qualcuno.
Shikamaru,
sorretto da Kiba, scese le scale dietro di lei ascoltando le sirene.
“E'
vero, arrivano sempre tardi...” pensò Kiba, senza
riuscire
più a parlare dalla stanchezza.
«SAKURA!»
poté sentir urlare, arrivando alla porta.
Poi
si fermò, e Shikamaru alzò lo sguardo verso
l'esterno.
Sakura
doveva essere scivolata, o forse era saltata addosso ad Ino e Sasuke
per riabbracciarli. Lui doveva avvertire la polizia che Kisame era
ancora legato di sopra, e che c'era ancora un pazzo in
libertà
armato di pistola, perché lo interrogassero.
Poi
riportò l'attenzione a quei tre, rendendosi conto di aver
saltato qualcosa, per via della confusione.
Perchè
Kiba non camminava?
Vide
la spada.
Sakura
si sollevò, sopra il corpo dell'amica.
Poi
emise l'urlo più forte che avesse mai sentito.
Guardò
meglio la spada, e dove finiva. E comprese.
Quasi
nello stesso momento, lui e Kiba gridarono con quanto fiato avevano
in gola. Shikamaru sentì che stava per perdere i senti, e si
separò dall'amico, che cadde a ridosso della porta.
Sakura
invece tirò un pugno a Sasuke, poi un altro, ed un altro
ancora, sempre più feroce.
«Ridammela!
Ridammi le mie amiche! Ridammi Ino!» cominciò a
dire,
picchiandolo selvaggiamente.
Naruto
piombò alle sue spalle, abbracciandola e costringendola ad
alzarsi, mentre lei cercava di colpirlo ancora scalciando o agitando
le mani intrise di sangue.
Erano
passati tre anni.
Sakura
era seduta davanti ad un ampia vetrata di un bar di periferia, e
chiacchierava quietamente con Lee, Neji, Shino e Temari, alcuni
vecchi amici del liceo. Ad un tavolo poco più in la' Itachi,
Sasori e Naruto bevevano un caffè, mentre Choji teneva
d'occhio Shikamaru e Kiba che si sfidavano un po' troppo
violentemente in una partita alle macchinette.
Non
la lasciavano mai sola, quando tornava in città. Andava
ancora
in psicoterapia, e aveva ancora difficoltà a dormire, ma per
il restò stava bene; tuttavia erano rimasti tutti a vivere
vicini. Sakura sospettava che dipendesse anche dal fatto che loro
stessi temessero di restare da soli.
Sasori
la fissò negli occhi, poi chiese una sigaretta ad Itachi ed
uscì.
«Scusatemi.»
disse Sakura, alzandosi per seguirlo.
Lo
raggiunse.
«Adesso
fumi?»
«Hai
capito benissimo che era una scusa... si soffoca, lì
dentro.»
rispose l'uomo, passandosi una mano tra i capelli rossi. Rossi come
il sangue.
Sakura
più di una volta aveva guardato con orrore le proprie mani
mentre li accarezzavano, specialmente nel primo anno in cui stavano
assieme. Aveva sempre la sensazione di toccare sangue, ancora.
Ora
invece li guardava con amore. Secondo il suo psicoterapeuta aveva
iniziato a superare la tragedia. Secondo lei iniziava ad abituarsi al
sangue.
«Hai
parlato con Itachi... come sta?»
«Orribilmente.»
«Lo
immaginavo.» disse Sakura, sfilandogli la sigaretta di mano e
gettandola a terra.
Si
bloccò di colpo, pensando che quello era lo stesso gesto che
Ino ripeteva di continuo.
«Brutto
ricordo?» domandò Sasori.
«No,
credo bello.» rispose lei, dopo averci pensato.
Sasori
le cinse le spalle con un braccio.
«Naruto
mi ha tempestato di domande su di te, neanche non vivesse affianco a
casa nostra.»
Sakura
sorrise leggermente.
«Rientriamo,
dai.» la invitò Sasori, spostando il braccio e
porgendoglielo.
«Sasori?»
chiamò Sakura, osservando dentro attraverso la vetrata.
Shikamaru non badava più a Kiba e fissava un punto
imprecisato, Choji giocherellava col cibo senza riuscire a mandar
giù
nulla, Kiba sfidava le macchinette come se ne dipendesse la sua vita,
frustrato e quasi disperato, e Naruto ed Itachi erano passati dal
caffè ai liquori. La sua famiglia che ancora barcollava alla
ricerca di un sostegno.
«Mh?»
«Avremo
mai una vita normale?»
«Cos'è
“normale”?»
«Giusto.»
confermò Sakura, prima di entrare, sostenendosi a Sasori.
Dietro
di loro un palo lampeggiò ed infine si spense, lasciando
come
unica luce quella che proveniva dalla vetrata del poco famoso ma
accogliente locale, dove persone di ogni età ed ogni luogo
sedevano ai tavoli, trascorrendo dei minuti preziosi di una vita che
solo pochi di loro sapevano davvero essere fragile.
Io
spero solo di non aver fatto confusione con armi e tutto
°_°
Ci ho messo un giorno intero a scriverla, e ho fatto una tale full
immersion nella morbosità che alla fine mi guardavo attorno
stile maniaca psicopatica in cerca di vittime.
La
dedico a Lee, a cui è
sorprendentemente piaciuta e
che mi ha detto (ordinato? XD) di pubblicarla. Non volevo farlo, la
trovo piatta, e sembra che voglia essere angst, più che
esserlo davvero. Tutto perchè per una volta volevo
volontariamente esserlo. Al diavolo.
Chiedo
scusa per la morte di Ino, perdono, perdono. Ero indecisa alla fine,
se salvarla o meno. Sapevo solo che Sasuke era quello che muoveva i
fili per una volta. Nel mio sogno non c'era, e quando, come nei film,
la scena si è spostata su Itachi interrogato al distretto,
ho
avuto la sensazione che fosse lui l'assassino. Non esisteva la
confraternita, ma volevo evitare di copiare l'idea di Lee,
così
ho preso Sasuke, di solito vittima, per trasformarlo nel
marionettista che giocava con le menti già turbate di un
gruppo di tardo-adolescenti, con Itachi che fingeva di stare al gioco
per paura e perché aspettava il momento migliore per salvare
i
genitori. Non ha ucciso nessuno, il caro nostro Itachi.
La
ragazza che Ino vede uccisa alla tv, e che successivamente
sarà
nominata da Deidara, è Kin, che Ino aveva già
notato a
qualche festa a cui si era imbucata per via dei capelli lunghissimi.
ShikaIno
sulla macchina, e assicuro che era un bacio d'amore, e Shikamaru
aveva soltanto rinviato il discorso per un momento più
adatto
senza sapere come sarebbero andate le cose.
Nel
finale c'è SasoSaku, che adoro personalmente, nelle AU e
non.
E tutti stanno cercando di andare avanti, anche se praticamente per
la metà o sono in terapia o hanno forti problemi, ma confido
che ce la faranno.
E
Temari non sta con Shikamaru. Shikamaru non la ama, e sa quanto Ino
la odiava in passato, quindi non riesce ad essere ben disposto con
lei, anche se non ha fatto nulla. (Anche dopo la morte Ino scoccia
XD)
Naruto
è un mezzo alcolista, anzi, più che mezzo, ma
anche per
lui se vi può consolare, passerà.
Hinata,
non so perché c'è finita in mezzo. Forse
perché
volevo scrivere qualcosa di assolutamente maniacale, con Madara/Tobi
che la uccide a martellate, forse perché nella vita spesso
le
ragazze così diventano vittime.
E
per ultima nota sono fiera del fatto che Sakura abbia sparato a
Sasuke. Com'era logico, poligono o meno, non è riuscita mai
a
fare nulla di concreto, essendo sempre e comunque una ragazza
normale. Sono meno fiera del fatto che ho potuto parlare ben poco
della morte di Asuma, ma oltre al fatto che non era comunque un
rapporto forte come quello che c'era nel manga, come hanno ampiamente
detto tutti non avevano mai il tempo di sentire nulla tra una morte e
l'altra, perché dovevano pensare prima a sopravvivere,
essendo
una vita stile legge della giungla.
Ringrazio
chiunque abbia letto e voglia lasciare un commento.
E
la prossima volta pubblico una storia allegra, grazie
tante.
|