mondo
12.
(TLAC)
(TLAC)
Sì ? Sì… sta andando ? Okay. Bene. Allora… non so assolutamente come
(TLAC)
(silenzio)
(TLAC)
Scusate. Scusate. Credo di aver parlato per cinque minuti come un
idiota prima di accorgermi che la cassetta non stava girando. E’ che
sono così agitato che sembra che le mani stiano ballando il
boogie-boogie, come diceva il vecchio Aristide. Quel dannato furfante,
mi ha fregato, sapete? Già, ci ha proprio fregato bene. Di cosa sto
parlando? Sì, un secondo, se riesco a mettermi tranquillo e calmare il
cuore impazzito, vi dirò tutto. Cavoli, non riesco neanche quasi a
prender fiato…
Dunque… io credo di… di aver capito
tutto! E’stato una specie di lampo, di rivelazione
improvvisa e choccante. Mi è diventato tutto chiaro, da un momento
all’altro, e ora so perfettamente cosa intendeva dire quando parlava
dei pulcini. E di come mai ad un certo punto ha cominciato a
gironzolare quella minuscola copia sputata di Stella, mentre della
gatta originale non c’era più la minima traccia… Oh Dio, è così pazzesco!
Ma vediamo se mi riesce di cominciare dall’inizio. Ho fatto un salto in
cimitero, nella pausa pranzo, per vedere se un po’ di psicoterapia
spicciola, seduto come al solito sul marmo freddo, mi poteva
risollevare un pelo da quell’abisso di sconforto in cui stavo
sguazzando da alcuni giorni. Fissavo gli occhi profondi di mia moglie,
che già in passato erano stati in grado di fare luce dentro di me,
anche se in quel momento la cosa non sembrava funzionare più tanto. In
ogni caso, comunque, me ne stavo lì a perdermi nel suo sguardo appena
coperto da una ciocca di capelli dispettosa. C’era un bel vento, quel
giorno sul mare, quando le scattai la foto che poi ho scelto di far
mettere sulla lapide. Ci credete che ricordo ogni più minuscolo
particolare, di quella breve gita d’inizio primavera? Tutto, come se
l’avessimo fatto ieri. Non solo il tragitto, le chiacchierate durante
il viaggio, il lungomare deserto, con tutti i negozi e i locali ancora
sbarrati, ma anche i suoni, i profumi, le canzoni che una radiolina
trasmetteva fioche da un piccolo baretto sulla spiaggia, il delizioso
sapore del fritto misto in quel ristorantino. Sullo sfondo di quello
scatto fotografico, sulla destra del volto sereno di Sandra, è rimasto
inquadrato anche un gabbiano. Da lì adesso non può più muoversi,
naturalmente, “congelato” in eterno in quella istantanea scattata al
volo, ma io so che se in qualche magico modo si potesse far animare
la sequenza, l’uccello si abbasserebbe fin quasi sul bagnasciuga,
lanciando un grido stridulo e ovattato. Esattamente come fece in quel
lontano giorno di più di tre anni fa.
Me sono rimasto lì, a guardarla in silenzio. Non avevo nessuna voglia,
per il momento, di raccontarle tutto quello che mi passava nella testa
confusa e vuota. Le sensazioni nei confronti della scomparsa del
vecchio, e sui tragici alti e bassi di mia madre. E ancora meno di
accennare qualcosa riguardo a quello che iniziavo a provare quando mi
ritrovavo solo, nella casa che abbiamo diviso per così tanto tempo.
Anche se avevo la certezza che lei le sapesse lo stesso, tutte queste
cose. In ogni caso me ne stavo lì, sperso in mezzo a centinaia di altre
lapidi più o meno pacchiane, ognuna col suo bell’armamentario di foto,
iscrizioni, fregi, offerte floreali, alcune talmente fresche da
sembrare appena uscite da una serra, altre appassite e polverose come
se fossero lì da secoli. Qualche dolente figura si muoveva a tratti, in
lontananza, una vecchina di ritorno dalla fontanella pubblica, curva
sotto il peso di un vaso colmo d’acqua, e più in là una giovane donna
con due bimbetti che scorravano lungo i vialetti con tutta l’infantile
innocenza della loro età.
Bambini, vecchi… nessuno
scampa a questo posto, so di aver pensato, osservandomi
intorno con la testa un po’ piegata di lato per attenuare un riflesso
di sole su un fregio dorato incredibilmente lucido.
Bambini che diventano
vecchi, vecchi che ritornano bambini…, suggerì un secondo
pensiero, subito dopo. E io vi prego di credermi quando vi dico che
era un pensiero che non
avevo affatto formulato io. Sono assolutamente sicuro di
quello che sto dicendo, perché ho assolutamente presente il senso di
estraneità, ma anche di infinita dolcezza (quale io non sarei mai in
grado di esprimere), di quella specie di… sussurro
all’interno della mia testa. Di questa incasinata testuggine. Non ho
avuto neanche il tempo di chiedermi cose stesse succedendo, e cosa
potesse significare quel bizzarro concetto. Improvvisamente mi è
apparso tutto chiaro, come un raggio di sole che riesca a penetrare lo
spesso strato nuvoloso di un temporale estivo. Il vecchio aveva detto
di non aver mai trovato il coraggio, o la forza, fate voi, di passare
al di là di quel ponticello, ed era stato quasi sincero. Nel
senso che per tutta la vita era rimasto bloccato là, sul ciglio di una
decisione che non riusciva a prendere. Aveva avuto bisogno di un
piccolo aiuto, come l’innesco che ha rischiato di farmi sprofondare
nella depressione. Sì, ho usato il passato perché in questo preciso
momento in me non c’è assolutamente più spazio per pensieri foschi e
distruttivi. Proprio no, al contrario! E credo di poter affermare senza
margine di errore che il piccolo aiuto riguardante Aristide si sia
manifestato nella famosa notte tra sabato e domenica. Piccolo… se così
si può definire il tuo cuore malandato che cerca allegramente di
“imploderti” nel petto.
La crisi lo ha spaventato a morte, com’è comprensibile, fornendogli
l’impulso a fare quello che pensava fosse ormai impossibile. Lo so,
tutto ciò è assolutamente pazzesco, ma io credo che non sia mai
accaduto un secondo, e letale, attacco di cuore. E’ uscito di casa,
incamminandosi con quel suo passo incerto, ed è salito su per quel
viottolo! Ha potuto finalmente dare un’occhiata a quello che c’è al di
là.
E sapete cosa penso, anche se è facile che in questo modo io mi sia
giocato le ultime possibilità di passare alle vostre… orecchie, come
una persona con ancora qualche brandello di sanità mentale? Che quel
posto faccia realmente qualcosa. Non so ancora bene cosa, e in che
termini, se veramente chi trova la forza per passare di là ha poi
l’incredibile possibilità di aver esaudito un proprio desiderio, o se
magari si tratta solo di un punto in cui la strada torna indietro. Non
so. Mi piacerebbe poter credere che possa aver deciso lui. A cosa mi
riferisco? Beh, su, datemi una mano, e non lasciate fare tutto il
lavoro sporco a me, che tanto ci siete arrivati anche voi… Sto parlando
della sua nuova età! Ed oltre a questo, ritengo di essere abbastanza
sicuro che gli sia stato realizzato il suo più grande desiderio.
Perché, vedete, quella sorta di folgorazione seduto sulla tomba di mia
moglie mi ha dato anche altre, temporanee capacità. Come quella di
ricordare ulteriori particolari del mio incontro col… sì, va beh, col nipote del
vecchio. O forse erano solo sensazioni che io avevo registrato
inconsciamente, troppo scosso dalla tragica notizia per metterle a
fuoco. Ci sono riuscito oggi, ricordando con nitida precisione la
figura di donna che si era affacciata per un attimo alla finestra e,
quel che più importa, i suoi lunghi capelli rossi, e quel vistoso neo sulla
guancia.
Ed ora, se avete voglia e tempo da perdere nel cercare di stabilire di
quanto io sia andato via di testa, buon per voi. Io, per quanto mi
riguarda, ho alcune cose da fare assolutamente irrimandabili e
importanti.
Ma non temete, vi terrò informati.
(TLAC)
13.
(TLAC)
Bene. Ho appena finito di riascoltare quello che ho registrato nella
mia ultima seduta di un paio di giorni fa. Cose da matti, non trovate?
Già… la stessa identica impressione che darebbe a me se non avessi
fatto… come dire… qualche verifica in merito. Per cominciare, non c’è
più nessuno nella casa di Aristide, com’era facile prevedere,
nemmeno pulcini e gatti, piccoli o grandi che siano. Sì, lo so che
questo potrebbe anche essere una conferma che il nipote e sua madre
siano tornati al loro paese d’origine (e che il colore dei capelli
e la statura e altri segni particolari facciano parte del normale
corredo genetico) ma io credo che non sia andata proprio così. Anche se
me ne era venuto l’impulso, non sono riuscito a farmi un giro ad
interrogare i vicini, nel cercare di stabilire chi avesse fatto la
presunta telefonata ai parenti, subito dopo la seconda crisi cardiaca.
Cavoli, non vi nascondo che mi sarebbe piaciuto, gironzolare a suonare
campanelli come un’impavido detective da romanzo giallo, magari
esibendo per un fugace attimo la tessera rovesciata di Blockbuster, ma
purtroppo non ho una simile faccia tosta. Però qualche manovra
sotterranea l’ho messa in atto comunque. Intanto facendo un salto
nel bar accanto alla banca, a scartabellare le vecchie copie del
quotidiano locale, con particolare attenzione alle pagine dei
necrologi o qualche improbabile trafiletto che descrivesse il tragico
episodio. Ho trovato forse qualcosa? Non ho trovato niente. E neanche
questo, si è premurata di farmi presente la mia coscienza, perfetta
nelle vesti di un detestabile avvocato del diavolo, può essere
considerato determinante, come indizio. A parte che la cronaca locale
tende ad occuparsi del passaggio a miglior vita di un solitario
ottuagenario solo nel raro caso in cui non succeda null’altro in città
e provincia, poteva essere che la coppia non avesse la minima
intenzione di spendere una cifretta considerevole solo per comunicare
al mondo la scomparsa del loro congiunto. Che, a parte loro due, non
pareva avere altri parenti. Non si è mica obbligati per legge, a
segnalarlo. Così ho pensato bene di approfondire le ricerche. Ho un
amico, un cliente della banca… oddìo, amico è la classica parola
grossa, e “conoscente” sarebbe molto più appropriato. Diciamo che col
tempo e la frequentazione professionale si è instaurata a poco a poco
una sorta di cordiale simpatia. Quando ci incontriamo fuori dalla
banca ce ne andiamo assieme a prendere un caffè, ed è tutto un tira e
molla per cercare di avere la meglio in quella moderna tenzone
rappresentata dall’offrire le consumazioni. Per farvi un altro
esempio, è capitato di incrociarci nella hall della banca, perché
magari lui sta entrando e io sono appena uscito dall’ufficio di
qualche collega, ed è successo che io mi sia fatto consegnare (appena
appena furtivamente) i documenti che doveva depositare, così da
risparmiargli la coda allo sportello. Non credo che questo possa essere
considerato come un favoritismo, è solo uno dei tanti automatismi che
s’innescano durante la vita lavorativa di ognuno. Lo si fa così, senza
particolari doppi fini, solo per fare una cortesia ad una persona
educata.E ogni caso credo che poi sian cose che alla fine paghino
(come paga, in negativo, l’essere sgarbati e scostanti) e difatti
tutto ciò mi ha dato la possibilità di rivolgermi a lui per un
piccolo piacere. E’ responsabile del laboratorio di analisi interno
all’Ospedale Civile, così gli ho chiesto se era in grado di poter
accertare un ricovero d’urgenza, con conseguente esito fatale,
avvenuto nella mattinata di mercoledì scorso. La mia benedetta
incapacità di barcamenarmi nell’ambiguo mi ha costretto ad aggiungere,
come informazione supplementare e del tutto gratuita, che la cosa
sarebbe servita per una nostra verifica interna all’istituto di
credito. Ho buttato lì il fondato sospetto che il titolare di un conto
corrente inattivo da tempo potesse essere la stessa sfortunata persona
in questione e bla bla. Inutile dirvi che attesi quella telefonata
col cuore in gola, ma l’esito andò oltre le mie confuse aspettative.
Nella settimana appena trascorsa, mi comunicò il medico, presso il
Pronto Soccorso erano stati ricoverati solo un paio di pazienti, nella
fascia oraria da me indicata, e nessuno dei due poteva essere
riconducibile, per età e patologia, al nostro caro ex-meccanico.
Non so per voi, ma a me questo è bastato per fare due più due. Chissà,
forse desideravo
farlo, con tutto me stesso, passando sopra a tutto. Alla evidente
follìa della faccenda, ad ogni più piccola possibilità razionale che
qualcosa mi fosse sfuggito, facendomi prendere (anche perché volevo, prenderlo)
il più mastodontico granchio di tutta la mia vita.
Io credo fermamente che Aristide si sia fatto una passeggiatina
sull’argine, e che sia poi tornato indietro. E che, a quel punto, non
fosse tanto facile riconoscerlo. Non ho ancora inquadrato le
motivazioni che han fatto sì che neanche lui riconoscesse me o, in caso
contrario, perché non mi abbia detto niente. Non si sia svelato. Forse
la cosa funziona solo se si tiene la bocca chiusa, o magari per lui era
veramente cominciata una nuova vita, senza il minimo collegamento con
cose passate.
Oddìo, spero vivamente che non sia così, altrimenti la faccenda
comporterà qualche problema in più, e quel paio di cosette che ho messo
insieme rischiano di esser state fatte per niente. A cosa mi sto
riferendo? Beh, vedete, in fondo sono e resto un ragioniere, una“testa
quadra”, che anche di fronte a possibili eventi così… come dire…
singolari, cerca sempre di pararsi il culo, con rispetto parlando. Per
evitare sorprese. Ho prelevato una certa somma di denaro, dal mio conto
corrente, senza neanche troppa pubblicità, visto che ci lavoro, nello
stesso posto in cui sono conservati i miei decorosi risparmi. L’ho
messa in una bella busta che poi ho chiuso in una delle cassettine di
sicurezza. Insieme al doppione del mazzo di chiavi di questo
appartamento. Sapete, se si possiede un bancomat e il codice relativo,
oltre naturalmente alla chiavetta della cassetta, non necessariamente
deve presentarsi il titolare, per averne accesso. Non stiamo parlando
delle cassette di sicurezza vere e proprie, quelle del caveau, in cui
si conservano documenti importanti e gioielli preziosi…In ogni caso,
ho chiesto e ottenuto sette giorni di ferie, che presumo siano più che
sufficienti per quello che ho in mente di fare. Se dovessi ritornare
al mio posto dietro lo sportello, com’è prevedibile, nessuno si
accorgerebbe di niente. In caso contrario, beh, immagino ci saranno
ricerche, inchieste, casini… in definitiva che la cosa creerà un po’
di subbuglio, ma a quel punto…
Mi sono preoccupato di portare il vecchio Albertone in una delle
migliori pensioni del cane della città, pagando una settimana
anticipata. Questo bel
cagnone si troverà benissimo come ospite qui da noi, ha
detto tutta entusiasta la signora che ci ha ricevuto, e a me è
serpeggiato un brutto brivido lungo la schiena nel sentire la parola ospite, pronunciata
con la stessa orgogliosa enfasi dalla tizia in tailleur della casa
di riposo, il giorno che abbiamo “ricoverato”mia madre. Albertone non
era esattamente al settimo cielo quando mi sono diretto all’auto senza
di lui, e per lungo tempo mentre mi dirigevo verso la città ho
avvertito la pressione del suo sguardo languido e contrariato giusto al
centro della mia nuca.
Ho fatto tutte queste cose cercando di non pensare a niente e, giunto a
questo punto, immagino sia alquanto indecoroso imporsi di rinsavire e
lasciar perdere tutto. Sarebbe anche estremamente assennato, d’altro
canto, ma cos’ho da perdere? Una volta assodato che, per una volta nella vita,
ho intenzione di ascoltare una sensazione del tutto assurda e
improponibile, cos’altro potrei temere? Forse, e magari sarà il caso
di rifletterci il meno possibile, la stessa cosa di cui aveva paura
Aristide. Come disse in un lontano pomeriggio d’estate, di tornarmene giù e dover
riprendere la vita di tutti i giorni. Alla fine lui
ce l’ha fatta a superarla, anche se a causa di un motivo alquanto serio
e convincente. Ma anch’io, nel mio piccolo… D’accordo, non ho certo
intenzione di paragonare la perdita fisica della vita con la mia
condizione, che in fondo in fondo non è neanche tanto malvagia. Ho un
lavoro solido, un’appartamento di proprietà, uno stato di salute che,
per il momento, sta tenendo botta egregiamente (sempre che mi decida a
rimettermi a fare un pò di salutare moto). Di conseguenza non intendo
abbandonarmi ad ingrate lamentele che questa è un’esistenza che non
vale la pena vivere e balle del genere. Credo di averlo detto in
qualche registrazione precedente, non c’è niente di meglio della vita,
anche nei momenti più strazianti, e lungi da me adesso rimangiarmi
quelle affermazioni. Quindi il punto non è che questo mio modo di
vivere non mi piace più, perché non sarebbe la verità. Diciamo che,
per tutta una somma di circostanze, in questo periodo mi piace un po’ meno,
e credo sia preciso dovere di ogni essere umano quello di mettere in
atto qualsiasi possibilità a sua disposizione per migliorarne la
qualità. Se dovesse, o dovessi nel mio caso, riuscirci, tanto di
guadagnato, no ? Altrimenti non bisognerà far altro che
tornare sui propri passi, con la consapevolezza di averci provato
fino in fondo.
Credo sia questo il mio innesco, al riguardo: che non potrei mai
perdonarmi di non averci provato, da qualunque parte porti questa
vicenda.
Penso che sia una cosa che farò domani o dopodomani al massimo. Farò un
salto fino in casa di riposo, e chiederò il permesso di portare mia
madre a fare un giro. Il fatto che sia un bel po’ che non succede,
perlomeno negli ultimi tempi, non significa che debba essere così per
sempre. E’ prevedibile che la caposala-Scharwzenegger tenterà di
farmi cambiare idea, adducendo quale indiscutibile obiezione le
attuali condizioni dell’ospite. Non ho la minima intenzione di
lasciarmi infinocchiare, considerato che pago fior di quattrini di
retta e che quel posto non è ancora una prigione, a quanto mi risulta.
Se è il caso non avrò il minimo scrupolo a farglielo presente, anche se
in cuor mio confido di non dover arrivare a tali estremi. In ogni caso,
una volta concluso il match con Suor Terminator, tirerò fuori dal
bagagliaio dell’auto la sedia a rotelle pieghevole che ho intenzione di
noleggiare, e vi depositerò sopra con delicatezza mia madre. Non sarà
un problema, ve l’ho detto che pesa come un uccellino, no? Se mi
chiederà se per caso la sto portando a qualche riunione di famiglia,
magari ad una dove potrà incontrare mio padre e le sorelle e persino i
suoi genitori, le dirò di sì, aggiungendo pure che la stanno
aspettando con ansia.
L’aiuterò a sedersi in macchina, e andremo a farci un giretto. Non
credo di aver voglia di percorrere quell’orrenda statale impestata di
auto e camion e gas di scarico e clacson strombazzanti. Molto meglio
tagliare per le stradine dei colli, ci si metterà un po’ di più ma
l’unica cosa che proprio non ci serve è la fretta. E poi in questo
periodo è tutto un fiammeggiare di foglie gialle e rosse e oro, e sarà
uno spettacolo da togliere il fiato. Quando sbucheremo giù in pianura,
andrò a parcheggiare un po’ oltre la casa di Aristide, in modo da
evitare quel brutto tratto parallelo alla statale, e poter così
percorrere un bel pezzettino tra i filari di viti e i campi. Se l’uva
sarà abbastanza matura, staccherò un piccolo grappolo per fargliene
dono. Le è sempre piaciuta un sacco, ma in quel posto non la servono
spesso, pare che come appartenenti al genere frutta conoscano solo le
mele. La spingerò con calma, ascoltando i suoi commenti su quella
inconsueta passeggiata, e se per caso si rivolgerà a me con nomi che
non coincidono col mio, non me la prenderò più di tanto. In fondo,
potrebbe essere un problema a tempo, se tutto va bene.
Quando sbucherò in prossimità della vecchia fattoria del mio amico, vi
dedicherò uno sguardo affettuoso, anche se sono certo fin da ora che
non ci sarà né tristezza né nostalgia nei miei occhi. Tutt’altro.
Dopodichè?
Dopodichè, direi, un bel respiro e via andare. Ah no, dimenticavo un
particolare importante, per il quale mi sono scervellato nelle ultime
notti agitate. Avrò con me una piccola borsetta a tracolla, tipo quelle
in cui si trasporta la macchina fotografica e i suoi accessori (anzi, proprio quella) in
cui saranno riposte con cura cinque audiocassette numerate in sequenza.
Prima di attraversare il breve tragitto che porta al di là del canale,
la poserò ai piedi della spalletta del ponte, magari un pò nascosta
nell’erba alta della sponda. Sì, lo so che si potrebbe obiettare che è
un modo alquanto discutibile, e nient’affatto indicato, per affidare le
proprie memorie al mondo. Sapete, ci ho pensato su un bel pò, giungendo
ad alcune, sorprendenti conclusioni. Prima fra tutte la consapevolezza
che io non sono affatto il depositario di questo posto, ammesso che
ci siano gli estremi per esserlo, e intendo cioè che possieda qualche
particolare caratteristica. Quindi ritengo che la sua eventuale
rivelazione debba seguire un andamento casuale, del tutto simile a
come è avvenuto nel mio caso. Non avevo comunque nessuna intenzione di
affidare questo bizzarro memoriale a qualche autorità, o a un pool di
scienziati (o, che ne so, alla Chiesa), preferisco lasciarlo andare, in
balìa di quello che gli riserverà il futuro. Lo ritroverà forse
qualcuno che ne potrà fare buon uso, o magari un gruppo di ragazzini
che non vi presteranno più di tanta attenzione. Potrebbe addirittura
finire nelle mani di un extracomunitario, che si terrà la bella borsa
gettando via il contenuto, o riutilizzandolo per registrarsi una
compilation di musiche della sua terra. O ancora un bello scroscio di
pioggia precederà tutto e tutti, rendendo inutilizzabile il faticoso
lavoro svolto dal sottoscritto. La fatalità, il caso, il destino,
saranno gli unici autorizzati a influire sul futuro della cosa. Nel
mio cuore conservo la consapevolezza che questo strano materiale
finirà nelle mani di chi ne avrà bisogno, di qualcuno a cui magari la
propria vita, in questo preciso momento, non piace poi così tanto.
E non sarà certo una coincidenza perchè, come dice il detective nel
libro che mi auguro di finire in tempo, le coincidenze non esistono.
Dopodichè, stavolta senza più nessun indugio, prenderò un leggero
slancio per far superare alla carrozzella (avendo due ruote, come le
biciclette, qualcosa della loro fantascienza avrà pur preso, e di
conseguenza sarà deliziosamente maneggevole) la distanza che ci
separerà dalla sommità dell’argine. Uno sforzo che può fare
tranquillamente anche un cinquantenne fuori forma, in fondo si tratta
di una vecchina che pesa meno di un uccellino e di un dolce declivio.
Mmh, sì, proprio la parola giusta, anche se suona un pò buffa: non è
una salita, per niente, e dislivello sa tanto da geometri. Ma declivio
è il termine azzeccato, e io e mia madre declivieremo
felici come due bambini.
Fin qua arriva la mia arrugginita immaginazione, oltre non c’è proprio
nulla. Ma forse è anche meglio così, non sempre sapere le cose per
filo e per segno le rende più affascinanti. E’ ovvio che mi auguro che
qualcosa succeda. Qualunque cosa sarà ben accetta.
E’ chiaro che anche non volendolo sto continuamente rimuginando nel
cercare di intuire cosa può essere successo ad Aristide. Partendo dal
presupposto che quel sentiero è una scorciatoia, non solo nello spazio
ma anche nel tempo (i pulcini e i gattini parlano molto chiaro) è stato
in suo potere di scegliere in
che punto fermarsi? O forse, oltre a questo, il viottolo
dove finisce il mondo è in grado di riservare molto di più? Sino ad
esaudirli davvero, i desideri?
Sarebbe bello pensarlo, no? L’ha detto anche Aristide, se non si può più neanche
sognare, dove andremo a finire? C’è una cosa che mi
frulla per la testa, una sorta di innocuo giochino che a volte io e
mia moglie ci capitava di fare. Ci siamo conosciuti abbastanza tardi,
e comunque in una fase decisamente matura della nostra esistenza, di
conseguenza ci è sempre rimasto il rimpianto di non averci mai potuto
incontrare da bambini. Gli album di famiglia e le foto, che divoravamo
ad intervalli più o meno regolari, andando a ripescarli da polverosi
scatoloni, erano solo un pallido palliativo. Lo facevamo, sdraiati
sul soffice tappeto della sala, con la sola compagnia di un pò di
musica soft, due fumanti tazze di tè e una miriade di candele accese.
Per quel che mi riguardava, in quei momenti, l’invenzione della
televisione poteva tranquillamente non essere mai avvenuta. Avremo
guardato un milione di volte, ogni volta sbellicandoci come due
ragazzini, le pose di noi due in tenera età, vestiti da scolaretti o
da vacanza al mare (a proposito della mantellina e del cappelletto da
clown da spiaggia, credete che la mia perfida metà me l’abbia fatta
passare liscia?), tirati a lucido in occasione di cresime e prime
comunioni, coi classici vestiti di carnevale rigorosamente fatti in
casa. Ci sto pensando su: due persone che sono state così bene assieme,
e che solo un tragico epilogo ha fatto dividere, non si troverebbero a
meraviglia anche avendo la possibilità di crescere, in tutti i sensi,
fianco a fianco? Mi sto spingendo troppo avanti, dite? Bah, non lo so.
Non avendo idea di quale sarà l’offerta, non costa molto di più
tenersi larghi. L’ho già detto, prendiamo quello che viene. Pronti ad
ogni evenienza.
Nella sua ruspante confusione, aveva le idee ben chiare, il caro
Aristide. E non è una contraddizione in termini. Penso che mi adeguerò
alla sua filosofia. Com’è che diceva? Se non dovesse succedere nulla,
amen. Ma se al contrario quel posto qualcosa fa… Credo
che stia tutto in questo, la faccenda. In tutte le faccende,
a voler essere sinceri. Le cose si provano, e casomai dopo si tirano le
somme. Riuscire a saperle prima, è faccenda di profeti, maghi e santi.
E’ nessuno di noi, a quanto ne so, ha particolari poteri di
preveggenza. Io no di sicuro.
Quindi la cosa che resta da fare è arrivare lassù in cima, io e mamma.
E vedere cosa c’è al di là. Oltretutto il tempo si è rimesso al
meglio, e una deliziosa coda d’estate sembra aver preso possesso di
questo inizio di ottobre. Credo addirittura che si possa stare con le
maniche della camicia arrotolate, fin quasi al tramonto. Ed è quello
che faremo, starcene lì a godersi la brezza della sera, e a guardare
il panorama sereno di campi e colline. Male che vada, faremo ritorno
all’auto con la consapevolezza di aver passato un paio d’ore niente
male, lontano da caposala-cerberi, clienti esagitati, pappette di mele
al posto di croccanti chicchi d’uva, bambine cattive che cercano di
rubarti pane, burro e zucchero. Ripeto, male che vada.
Perchè, se al contrario, quel posto qualcosa fa...
Mauro Marani
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