- Il Circo del Sogno -
In
pochi minuti i
posti all’interno del tendone si riempiono – senza che nessuno rimanga
fuori al gelo, come se fossero stati
costruiti su misura per ospitare il pubblico presentatosi all’ingresso.
Siedi
contento su quella panca di legno, guardandoti attorno. Le luci
sono soffuse e il brusio ti ovatta le orecchie, ma non fai nemmeno in
tempo ad abituarti a quell’oscurità che un riflettore illumina il
centro dell’arena, facendo comparire come per magia un uomo robusto e
dal bel sorriso, vestito con un'elegante marsina.
«Benvenuti
al Circo del Sogno», la sua voce è baritonale ma capace di
raggiungere ogni luogo di quel tendone. «Che lo spettacolo cominci». Il
tempo di un profondo inchino verso il suo pubblico, poi la luce si
spegne, e si riaccende un secondo dopo.
Al
centro dell’arena non c’è più il direttore del circo, ma un
ragazzo dalla pelle scura in groppa a due cavalli neri con la criniera,
la coda e la
parte superiore degli zoccoli infuocata, che sbuffano fumo dalle froge.
Qualche
spettatore urla, un’altra persona scoppia in lacrime. Il pubblico è
terrorizzato da quella visione, e lo sei anche tu.
Forse
ne hai sentito parlare una volta, o forse mai. Ma sai cosa
sono – come la sensazione che hai durante i sogni, quando
sorprendentemente ne conosci degli elementi altrimenti impossibili da
ricavare. Si chiamano incubi.
Al
comando del cavallerizzo, i due oscuri equini si lanciano in
un rumoroso galoppo, facendo il giro dell’arena. Il faro fatica a
tenere il passo con loro, e presto i due animali continuano la loro
esibizione nell’ombra. Sebbene sembri un controsenso, il pubblico non
si calma a quell’addensarsi nelle tenebre, perché basta il fuoco dei
loro crini per permettere che lo spettacolo continui, in modo ancora
più ansiogeno a causa del faro che viene spento, ormai inservibile
oltre.
Poi,
d’un tratto, il fuoco degli incubi che corrono
all’impazzata si esaurisce, facendo precipitare il circo nelle tenebre.
Quand’ecco
che il riflettore acceca di colpo tutti, puntando
nuovamente al centro dell’arena, dove compare il conosciuto direttore.
«Scusatemi,
ma non esistono notti senza incubi», dice piano, scomparendo nuovamente
nel buio.
Non
fai in tempo a capirne il vero
significato, perché l’arena si illumina di nuovo, mostrando diverse
figure vestite con una tuta sgargiante: dei trapezisti.
I
componenti del team sorridono e fanno un inchino, iniziando
la loro esibizione. Alcuni sono già pronti con il trapezio o sulla
corda, come se quegli incubi fossero stati messi ad hoc per distrarre
il pubblico in modo che gli artisti del numero successivo potessero
preparasi in tranquillità ed essere subito predisposti.
I
lunghi capelli neri legati in alte codine sono coreografici e gli
strass delle tute brillano durante i loro volteggi, creando
un gioco di luci strano e dando agli acrobati le sembianze di pesci
volanti che guizzano fuori dall’acqua, sperando di poter solcare i
cieli.
E
alla fine dell’esibizione saltano dal trampolino andando a
rimbalzare con grazia nella rete sotto di loro. I pesci sono
pescati.
Buio.
Luce.
Un
uomo che sorride.
Naso
rosso, scarpe grandi, pelle bianca e largo
vestito colorato.
Gioca
con le clavette, i cerchi e le bocce.
Gioca
con il pubblico, i bambini, i vecchi e con te.
Gioca
con tutti.
Forse
gioca anche con se stesso: cerca di far ridere gli altri
per sopperire alla propria malinconia.
Buio.
Luce.
Un
uomo che piange una lacrima nera.
Naso
nero, scarpe piccole, pelle bianca e largo
vestito anonimo.
Gioca
con le clavette, i cerchi e le rose.
Gioca
con il pubblico, i bambini, i vecchi e con te.
Gioca
con tutti.
Forse
gioca anche con se stesso: cerca di far rattristire gli
altri per renderli partecipi alla propria malinconia.
Buio.
Luce.
Il
Clown e il Pierrot, insieme.
Due
pagliacci, uno allegro e uno triste, che si tengono per
mano, per cercare di colmare la malinconia che sentono entrambi nel
cuore.
Si
spengono le luci.
C’è
brusio, la tenebra perdura.
Il
riflettore rischiara l'oscurità dopo un po’, e appare un uomo vestito
di stracci, con degli occhiali a fondo di bottiglia che gli celano gli
occhi e parte del viso.
Sorride,
saluta il pubblico e dall’alto iniziano a cadere dei
delicati petali di margherita, ma in realtà presto ti accorgi che si
tratta di
tutt’altro, e quando anche le altre persone del pubblico se ne rendono
conto si sente una cascata di applausi.
Sono
farfalle.
Decine
di lepidotteri bianchi.
L'uomo
ne viene circondato, e muove le braccia e le mani,
iniziando a farli danzare a suo piacimento.
Ammaestrate
meglio delle fiere esotiche, le farfalle si muovono
ordinate come una nuvola carica di neve sospinta dal vento, si
separano, creano forme nell’aria e proiettano la loro ombra sopra il
telone dell’arena, disegnando racconti.
L'uomo,
contento, le richiama a sé e sparisce in un vortice
bianco, assieme alla luce.
Fruscii
di vestiti nel buio, passi strascicati, respiri
affannati tra gli spalti.
Non
capisci cosa succede, ma quando i riflettori si accendono e
illuminano non l’arena ma le tribune, allora comprendi.
Gli
artisti di quel numero, come bestie feroci, sono usciti dal
loro regno e hanno varcato la sottile linea di confine tra loro e voi,
mescolandosi con il pubblico. Stanno in piedi fra voi, mostrandosi e
facendosi ammirare, come immobili statue che non sbattono nemmeno le
palpebre.
Sono
mostri. Creature scappate da un libro dell’orrore.
Sembra
quasi che qualcuno si sia divertito a crearli togliendo
dei pezzi a uno per metterli all’altro. Chi ha quattro braccia, chi non
ha le gambe, chi ha due facce, chi un paio di ali, chi non ha volto,
chi è alto come un bambino, chi è così alto da toccare
il tendone.
Al
successivo momento di oscurità, la maggior parte del
pubblico femminile urla, ma subito dopo si sente una risata
dal tono basso e il faro illumina una donna - o è un uomo? - dai lunghi
capelli neri e biondi
avvolta in un elegante vestito da sera rosso. Ha un buffo cilindro
sulla
testa, assolutamente inadatto all'abito che indossa.
Ti
guardi intorno.
Quei
mostri sono spariti.
Tranquillizzato,
torni dunque a guardare lo spettacolo di
quella signora, che gioca con due coniglietti - uno dal pelo dorato e
l'altro nero - che ha fatto appena
comparire dal proprio copricapo, e da quel sempreverde capisci che si
tratta di un mago. Posa i roditori a terra e li copre con un telo
ciascuno. Guarda il pubblico e risolleva quei drappi, rivelando così la
vera identità di quei coniglietti: due ragazzi dalla pelle scura e dai
capelli uno biondi e l'altro corvino, e gli occhi dorati - proprio come
la donna in rosso.
Il
pubblico applaude e la maga fa un inchino, prendendo poi il
necessario per continuare i propri spettacoli di magia tra pallottole
schivate quasi magicamente, spade che la
trafiggono, levitazioni, cambi di vestiti in un batter di ciglia e
seghe che la tagliano in più parti; sempre aiutata dai suoi fedeli
assistenti.
Quando
il suo numero finisce, la donna attende che gli applausi
terminino e poi enuncia: «E
ora vi presento la stella
dello
spettacolo!», e sogghigna, felice di aver rubato la scena al direttore.
Torna
il buio, ma dura solo un istante, poi lei
si mostra con
dei pattini ai piedi, seduta su un sacco che fa da contenimento per
l’arena divenuta una lastra circolare di ghiaccio.
Tu
non lo puoi sapere, ma il suo nome è Road, Road Kamelot.
Road
è mora, esattamente come lo è quella bella ragazza che
hai incontrato mentre uscivi di casa, ma Road può anche essere bionda,
come la tua insegnante a scuola, oppure può avere i capelli castani di
tua madre. Road non ha forma, esattamente come i sogni, assume quella
che le vuoi dare tu.
La
ragazzina saluta il pubblico e con un salto è sulla pista, e
inizia a scivolare leggiadra come una delle farfalle dell'uomo vestito
di stracci di
poco prima.
Road
indossa un abito blu se ti piace la calma, oppure rosso
se straripi di passione, giallo se sei giocoso, nero se apprezzi
l’eleganza. Road può vestire anche color arlecchino, basta che piaccia
a te.
Ma
Road non è la sola a danzare.
Il
ghiaccio in certi punti diventa liquido e si alza, creando
delle sculture che si animano, e danno vita a tutta l’arena. Quali sono
i tuoi animali preferiti? Ebbene, ci sono tutti. Come dei galanti
cavalieri, ballano con Road, tra l’immenso stupore generale del
pubblico, ormai del tutto conquistato dalle bellezze di quel circo.
Poi,
d’un tratto, il ghiaccio scompare. I pattini di Road
smettono di solcare quella lastra e lei si ferma lì dov’era comparsa,
sedendosi su un ombrellino rosa che sembra levitare in aria.
Le
luci si spengono e poi si riaccendono in maniera soffusa.
«Spero
che lo spettacolo sia stato di vostro gradimento». Il direttore,
apparso dal
nulla, viene accolta da uno scroscio di
applausi. «Vi auguro un buon risveglio». Non comprendi perché quello
strano uomo dovrebbe
salutarvi augurandovi un buon risveglio; l’ultima cosa che vedi è il
suo sorriso che viene aperto come se fosse una zip e la bocca venire
spalancata da delle piccole mani che spuntano dentro di lui, e il
direttore viene lasciato cadere strusciando lungo il mostro dentro di
lui, come fosse solo un vestito. Road, apparsa quindi di nuovo al
centro dell'arena, saluta il pubblico con un sorriso tanto dolce quanto
terrificante.
Poi
è buio.
Apri
gli occhi a fatica. Ti guardi intorno spaesato, non
capendo come sia possibile.
Un
secondo fa eri in quel circo, nel Circo del Sogno, poi, proprio come
in un sogno, ti sei risvegliato avvolto tra le calde coperte del tuo
morbido letto.
Ti
alzi a sedere e scopri di non avere indosso la stessa roba
che avevi prima.
Stai
quasi per convincerti del fatto che sia stato tutto un
prodotto del sonno, ma vuoi fare una prova; ti
vesti velocemente ed esci di casa, diretto verso il
luogo dove è stato montato il tendone. Non ti ricordi di aver mai corso
così veloce in vita tua, ma non è sufficiente. Quando arrivi non c’è
più nulla là, solo il vuoto della piazzola in ghiaino.
Apre al Crepuscolo
Chiude all’Alba
Le
parole sull’insegna bianca e nera che ricordi appesa all’entrata ti
tornano in mente come una bastonata alla nuca.
Sei
arrivato troppo tardi.
Sospirando
affranto, senza nessuna prova dell’esistenza di quel
circo, affondi le mani nelle tasche del giubbotto e senti un pezzo di
carta all’interno di una di esse. Lo prendi saldamente tra le dita e lo
porti ai tuoi occhi, che brillano di gioia.
È
il biglietto.
Non
puoi sbagliare: c'è disegnata Road, con il suo ombrellino aperto, che
cammina su una fune.
Con
le labbra modellate in un sorriso, lo riponi dove l’hai
trovato, progettando di conservarlo come fosse un’antica reliquia.
A
volte i sogni possono diventare realtà, e, per contro, la
realtà può diventare il più bello dei sogni.
Ed è
questo il potere della Noah del Sogno, la vera padrona di quel circo.
Fine
XShade-Shinra