Eccoci al nuovo capitolo. Se devo essere sincera speravo che l'ultimo
capitolo dove i due si incontrano nuovamente sarebbe piaciuto di
più. Non che mi lamenti ma spero solo che le poche letture e
i pochi commenti non significhino che ai lettori non sia piaciuto come
ho mosso i personaggi. In ogni caso ecco il nuovo capitolo, non vi
spaventate se lo trovate strano XD
Enjoy!
6. Dreams
«Padre!»
«Padre!»
Haytham
faticò ad aprire gli occhi. Le immagini erano sfuocate e il
dolore all'addome gli pareva si stesse intensificando. O forse erano
solo fitte intervallate nel tempo. Quando finalmente riuscì
a focalizzare l'immagine si trovo a tu per tu con due occhioni grandi e
neri. Un bambino di una decina d'anni, dall'aspetto familiare.
«Padre!»
esclamò il bambino tornando a saltare sulla pancia dell'uomo
sdraiato a letto. Haytham sbattè gli occhi, più
volte, ma l'immagine non cambiava, il bambino era sempre li.
«Connor...?»
domandò allora con un filo di voce, incredulo lui stesso
della cosa, ma al tempo stesso non vedendo altre possibilità
nell'identificazione del piccolo indiano che gli era seduto sullo
stomaco.
«No,
Ratonhnakè:ton. Dovresti impare il suo vero nome invece di
usare quel vostro nomignolo inglese»
«Non
è inglese mamma, è americano! E a me Connor piace
come nome» trillò il bambino sbuffando un poco.
Haytham si
voltò verso qualla voce femminile, si disse fortunato ad
essere ancora disteso, altrimenti sarebbe caduto sul pavimento seduta
stante. Sulla porta, appoggiata allo stipide, c'era Ziio, in tutta la
sua ruvida bellezza.
Haytham si
alzò piano a sedere, ancora più incredulo di
prima. Doveva essere un sogno, non c'era altra spiegazione,
pensò in un attimo di lucidità, ma questa
scoparve quando lei avanzò verso il letto. Sorriso sulle
labbre e occhi indecifrabili da fiera che studia la sua preda.
«Ziio»
«Non riesci a
pronunciare il nome di tuo figlio, ma almeno quella di tua moglie
potresti anche sforzarti...»
Haytham non la
ascoltò, le prese il polso non appena gli fu a portata di
mano e la trascinò a se. La baciò con passione,
noncurante del bambino che li guardava.
«Haytham che
fai?» disse lei, quasi imbarazzata e sicuramente presa alla
sprovvista.
«Ti
amo!»
E questa volta
Kaniehti:io arrossì sul serio. Mai Haytham le aveva detto
quelle parole, non che lei le bramasse, ma sentirsele dire certo non le
dispiaque. Solo, furono così improvvise che la colsero
davvero senza una riposta pronta, riuscì solo a guardare
loro figlio che si era coperto il viso con le mani e li guardava di
nascosto, osservandoli tra un dito e l'altro.
Haytham non se ne
curò. Che quello fosse un sogno, un'illusione, o che altro
non gli importava al momento. Voleva solo che Ziio sapesse che l'amava,
nonostante tutto quello che era successo, per lui non era stata una
cosa frivola. Provava davvero qualcosa per quella donna tanto bella
quando indomabile.
«Non so come
si dica nella vostra lingua, ma ...»
«Konoronkhwa»
I due adulti si
voltarono all'unisono verso il figlio che aveva parlato, ancora con il
viso nascosto dalle piccole mani.
«Konoronkhwa...significa
ti amo» spiegò il bimbo un po' imbarazzato.
Haytham sorrise e si
voltò nuovamente verso la donna.
«Konoronkhwa»
disse cercando di ripete al meglio che poteva quel suono che aveva
sentito dalla bocca del piccolo Connor.
Ziio sbuffò,
ma il sorriso che ne uscì subito dopo sembrò
illuminare tutta la stanza.
«Forse dovrei
lascire che sia Ratonhnakè:ton a insegnarti la nostra
lingua. L'hai detto perfettamente»
«Perchè
c'ha messo il cuore» proruppe una nuova voce che alle
orecchie di Haytham suonò tristemente familiare. Il suo, di
cuore, perse un battitto, infatti, quando sulla porta vide il padre,
invecchiato, ma sempre e innegabilmente l'Edward che aveva idolatrato
da bambino.
«Padre...»
disse a voce bassa, così bassa che gli sembrò
strano di sentire qualla stessa parola urlata nelle sue orecchie.
«Padre!»
«Bentornato
figliolo» lo salutò Edward con un cenno della
mano, prima di rivolgersi al nipote «Ehi Connor, che
dici...ho rovinato il tubamento dei piccioncini?»
Connor rise e
saltò giù dal letto correndo incontro al nonno
che lo prese e se lo tirò in braccio. Poi entrando
tornò a guardare il figlio.
«Allora...»
chiese in tono più serio «com'è andata
nelle colonie?»
«Colonie?»
domandò lui, ancora spaesato. Non era forse ancora nelle
colonie? Eppure in effetti quella gli sembrava la sua vecchia casa di
Londra. Cosa stava succedendo?
«Resisti padre!»
«Mi sembri
ancora un po' confuso eh» constatò il vecchio
Assassino rimettendo a terra il nipote. «Hai avuto a che fare
con qualche templare? Non mi dire che Birch era li?»
«Reginald...perchè
mai...?»
«Tesoro, non
nominare quel nome in questa casa, per favore» e con questa
nuova voce Haytham rischiò veramente di restarci secco. Era
anch'essa familiare, anch'essa così notalgica da perdersi
quasi nell'oblio della memoria.
«Perdonami
Tessa, ma devo sapere se...»
«Lo chiederai
dopo» rispose lei facendosi avanti nella stanza e fermandosi
davanti al letto del figlio. Si abbassò leggermente e gli
baciò la fronte, come faceva quando era piccolo.
«Bentornato tesoro!»
«Madre...»
Haytham non se ne rese conto, ma una piccola lacrima scese lungo la
guancia. Sua madre fu l'unica ad accorgersene, ma l'asciugò
con un sorriso e non disse nulla.
«Una bella
rimpatriata nella stanza del mio fratellino. Bhe, se non vi dispiace ci
aggiungiamo anche noi. Mio marito sarebbe felice di salutare il suo
miglior amico»
E questa fu la volta di
Jenny che entrò con la schiena dritta, bella come Haytham la
ricordava e dietro di lei Jim Holden.
«Benritrovato
signore» lo salutò, togliendosi il cappello e
facendo un piccolo inchino, mentre Jenny si avvicinava al fratello con
passo sicuro.
«Allora
marmocchio, com'è andata la traversata? Ti vedo
pallido...»
«Ha perso moltissimo sangue. La situazione è
critica»
«...mi sa che
hai bisogno di una buona colazione. Anzi direi che tutti qui ne abbiamo
bisogno.» constatò la giovane donna battendo le
mani.
«Jenny ha
ragione» le fece eco Tessa raddrizandosi «Vado a
chiedere che la preparino per tutti. Jenny, Mr Holden gradireste
accompagnarmi?»
«Con molto
piacere signora. Signor Haytham è stato un piacere
rivederla, ci sentiamo dopo. La lascio prepararsi come le si conviene
per la colazione.»
«Grazie
Holden, anche per me» rispose il giovane Kenway mettendo in
quel ringraziamento tutto il cuore e il sentimento che la voce poteva
esprimere.
Non appena Tessa fu
fuori dalla porta Edward si ribbassò a livello di Haytham,
tenendo un braccio appoggiato allo stipide del letto.
«Voglio un
rapporto completo di ciò che è successo nelle
colonie più tardi, d'accordo. Ti ho mandato li per studiare
la situazione, ma se ti sei imbattutto in qualche templare o peggio
ancora in Birch stesso dobbiamo parlarne. Forse sono stato azzardato a
mandarti da solo. Da quelle parti siamo stati decimati.»
Haytham lo
guardò interrogativo e Edward colse quello sguardo al volo.
«Non hai
trovato nessun nostro confratello vero? Per quanto tu sia abile, un
Assassino da solo non avrebbe potuto fare molto, quindi se non hai
avuto successo nella missione non dartene peso.»
Haytham
trasalì...la sua bocca non proferì parola ma
nella sua mente la confusione continuava ad aumentare.
«Io...un
Assass...?» non finì la frase che i suoi occhi
colsero solo in quel momento una veste blu, con risvolti rossi, appesa
all'armadio davanti al letto. Una veste che gli ricordava quella di ....
«...Connor, resta con lui, io vado a prendere dell'acqua
fresca. Sta sudando per la febbre.»
«Dottore pensa che ce la farà?»
«Probabilmente si. Si vede che è tuo padre, ha la
tua stessa pellaccia dura!»
«Haytham?»
No, non era possibile.
Lui era un templare. Era il Gran Maestro delle Colonie. Non poteva
essere un Assassino, tutto quello era un'illusione...
«Haytham stai
bene?»
Cominciò a
sudare, la voce di Edward e poi quella di Ziio si facevano lontane. Si
guardò attorno. Le sagome si stavano facendo più
ofuscate. Vicino al letto riusciva ancora a distinguere suo figlio,
così piccolo come non lo aveva mai visto. I capelli fino
alle spalle e quella piccola treccia su un lato. Ormai riusciva a
vedere solo lui... e a sentire solo lui....
«Padre?»
una voce preoccupata, flebile...
«Padre» e ora più forte e adulta. Chiuse
gli occhi e quando cercò di aprirli ancora, tutto era
nuovamente cambiato...
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