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Autore: ArashiStorm    14/05/2014    2 recensioni
[SPOILER per la fine di ACIII]
...Lo aveva perso, anzi lo aveva ucciso lui stesso, poco più di un mese fa. Le sue mani potevano dirsi ancora bagnate del suo sangue, anche se non solo del suo, perché insieme a quello di Haytham Kenway, dalla lama celata che teneva al braccio, colava anche il sangue, ben più odiato, di Charles Lee. E se non provava nessun pentimento per quell'ultimo omicidio, lo stesso non poteva dirsi del macigno che sentiva nel cuore per l'uccisione del padre. Soprattutto ora che, dopo la lettura del suo diario, era riuscito, forse, a capirlo anche se ancora non sapeva se sarebbe riuscito a perdonarlo...
Genere: Angst, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Aveline de Grandpré, Connor Kenway, Haytham Kenway, Kaniehtì:io (Ziio)
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Eccoci al nuovo capitolo. Se devo essere sincera speravo che l'ultimo capitolo dove i due si incontrano nuovamente sarebbe piaciuto di più. Non che mi lamenti ma spero solo che le poche letture e i pochi commenti non significhino che ai lettori non sia piaciuto come ho mosso i personaggi. In ogni caso ecco il nuovo capitolo, non vi spaventate se lo trovate strano XD
Enjoy!



6. Dreams


«Padre!»

«Padre!»

Haytham faticò ad aprire gli occhi. Le immagini erano sfuocate e il dolore all'addome gli pareva si stesse intensificando. O forse erano solo fitte intervallate nel tempo. Quando finalmente riuscì a focalizzare l'immagine si trovo a tu per tu con due occhioni grandi e neri. Un bambino di una decina d'anni, dall'aspetto familiare.

«Padre!» esclamò il bambino tornando a saltare sulla pancia dell'uomo sdraiato a letto. Haytham sbattè gli occhi, più volte, ma l'immagine non cambiava, il bambino era sempre li.

«Connor...?» domandò allora con un filo di voce, incredulo lui stesso della cosa, ma al tempo stesso non vedendo altre possibilità nell'identificazione del piccolo indiano che gli era seduto sullo stomaco.

«No, Ratonhnakè:ton. Dovresti impare il suo vero nome invece di usare quel vostro nomignolo inglese»

«Non è inglese mamma, è americano! E a me Connor piace come nome» trillò il bambino sbuffando un poco.

Haytham si voltò verso qualla voce femminile, si disse fortunato ad essere ancora disteso, altrimenti sarebbe caduto sul pavimento seduta stante. Sulla porta, appoggiata allo stipide, c'era Ziio, in tutta la sua ruvida bellezza.
Haytham si alzò piano a sedere, ancora più incredulo di prima. Doveva essere un sogno, non c'era altra spiegazione, pensò in un attimo di lucidità, ma questa scoparve quando lei avanzò verso il letto. Sorriso sulle labbre e occhi indecifrabili da fiera che studia la sua preda.

«Ziio»

«Non riesci a pronunciare il nome di tuo figlio, ma almeno quella di tua moglie potresti anche sforzarti...»

Haytham non la ascoltò, le prese il polso non appena gli fu a portata di mano e la trascinò a se. La baciò con passione, noncurante del bambino che li guardava.

«Haytham che fai?» disse lei, quasi imbarazzata e sicuramente presa alla sprovvista.

«Ti amo!»

E questa volta Kaniehti:io arrossì sul serio. Mai Haytham le aveva detto quelle parole, non che lei le bramasse, ma sentirsele dire certo non le dispiaque. Solo, furono così improvvise che la colsero davvero senza una riposta pronta, riuscì solo a guardare loro figlio che si era coperto il viso con le mani e li guardava di nascosto, osservandoli tra un dito e l'altro.

Haytham non se ne curò. Che quello fosse un sogno, un'illusione, o che altro non gli importava al momento. Voleva solo che Ziio sapesse che l'amava, nonostante tutto quello che era successo, per lui non era stata una cosa frivola. Provava davvero qualcosa per quella donna tanto bella quando indomabile.

«Non so come si dica nella vostra lingua, ma ...»

«Konoronkhwa»

I due adulti si voltarono all'unisono verso il figlio che aveva parlato, ancora con il viso nascosto dalle piccole mani.

«Konoronkhwa...significa ti amo» spiegò il bimbo un po' imbarazzato.

Haytham sorrise e si voltò nuovamente verso la donna.

«Konoronkhwa» disse cercando di ripete al meglio che poteva quel suono che aveva sentito dalla bocca del piccolo Connor.

Ziio sbuffò, ma il sorriso che ne uscì subito dopo sembrò illuminare tutta la stanza.

«Forse dovrei lascire che sia Ratonhnakè:ton a insegnarti la nostra lingua. L'hai detto perfettamente»

«Perchè c'ha messo il cuore» proruppe una nuova voce che alle orecchie di Haytham suonò tristemente familiare. Il suo, di cuore, perse un battitto, infatti, quando sulla porta vide il padre, invecchiato, ma sempre e innegabilmente l'Edward che aveva idolatrato da bambino.

«Padre...» disse a voce bassa, così bassa che gli sembrò strano di sentire qualla stessa parola urlata nelle sue orecchie.

«Padre!»

«Bentornato figliolo» lo salutò Edward con un cenno della mano, prima di rivolgersi al nipote «Ehi Connor, che dici...ho rovinato il tubamento dei piccioncini?»

Connor rise e saltò giù dal letto correndo incontro al nonno che lo prese e se lo tirò in braccio. Poi entrando tornò a guardare il figlio.

«Allora...» chiese in tono più serio «com'è andata nelle colonie?»

«Colonie?» domandò lui, ancora spaesato. Non era forse ancora nelle colonie? Eppure in effetti quella gli sembrava la sua vecchia casa di Londra. Cosa stava succedendo?

«Resisti padre!»

«Mi sembri ancora un po' confuso eh» constatò il vecchio Assassino rimettendo a terra il nipote. «Hai avuto a che fare con qualche templare? Non mi dire che Birch era li?»

«Reginald...perchè mai...?»

«Tesoro, non nominare quel nome in questa casa, per favore» e con questa nuova voce Haytham rischiò veramente di restarci secco. Era anch'essa familiare, anch'essa così notalgica da perdersi quasi nell'oblio della memoria.

«Perdonami Tessa, ma devo sapere se...»

«Lo chiederai dopo» rispose lei facendosi avanti nella stanza e fermandosi davanti al letto del figlio. Si abbassò leggermente e gli baciò la fronte, come faceva quando era piccolo. «Bentornato tesoro!»

«Madre...» Haytham non se ne rese conto, ma una piccola lacrima scese lungo la guancia. Sua madre fu l'unica ad accorgersene, ma l'asciugò con un sorriso e non disse nulla.

«Una bella rimpatriata nella stanza del mio fratellino. Bhe, se non vi dispiace ci aggiungiamo anche noi. Mio marito sarebbe felice di salutare il suo miglior amico»

E questa fu la volta di Jenny che entrò con la schiena dritta, bella come Haytham la ricordava e dietro di lei Jim Holden.

«Benritrovato signore» lo salutò, togliendosi il cappello e facendo un piccolo inchino, mentre Jenny si avvicinava al fratello con passo sicuro.

«Allora marmocchio, com'è andata la traversata? Ti vedo pallido...»

«Ha perso moltissimo sangue. La situazione è critica»

«...mi sa che hai bisogno di una buona colazione. Anzi direi che tutti qui ne abbiamo bisogno.» constatò la giovane donna battendo le mani.

«Jenny ha ragione» le fece eco Tessa raddrizandosi «Vado a chiedere che la preparino per tutti. Jenny, Mr Holden gradireste accompagnarmi?»

«Con molto piacere signora. Signor Haytham è stato un piacere rivederla, ci sentiamo dopo. La lascio prepararsi come le si conviene per la colazione.»

«Grazie Holden, anche per me» rispose il giovane Kenway mettendo in quel ringraziamento tutto il cuore e il sentimento che la voce poteva esprimere.

Non appena Tessa fu fuori dalla porta Edward si ribbassò a livello di Haytham, tenendo un braccio appoggiato allo stipide del letto.

«Voglio un rapporto completo di ciò che è successo nelle colonie più tardi, d'accordo. Ti ho mandato li per studiare la situazione, ma se ti sei imbattutto in qualche templare o peggio ancora in Birch stesso dobbiamo parlarne. Forse sono stato azzardato a mandarti da solo. Da quelle parti siamo stati decimati.»

Haytham lo guardò interrogativo e Edward colse quello sguardo al volo.

«Non hai trovato nessun nostro confratello vero? Per quanto tu sia abile, un Assassino da solo non avrebbe potuto fare molto, quindi se non hai avuto successo nella missione non dartene peso.»

Haytham trasalì...la sua bocca non proferì parola ma nella sua mente la confusione continuava ad aumentare.

«Io...un Assass...?» non finì la frase che i suoi occhi colsero solo in quel momento una veste blu, con risvolti rossi, appesa all'armadio davanti al letto. Una veste che gli ricordava quella di ....

«...Connor, resta con lui, io vado a prendere dell'acqua fresca. Sta sudando per la febbre.»

«Dottore pensa che ce la farà?»

«Probabilmente si. Si vede che è tuo padre, ha la tua stessa pellaccia dura!»

«Haytham?»

No, non era possibile. Lui era un templare. Era il Gran Maestro delle Colonie. Non poteva essere un Assassino, tutto quello era un'illusione...

«Haytham stai bene?»  

Cominciò a sudare, la voce di Edward e poi quella di Ziio si facevano lontane. Si guardò attorno. Le sagome si stavano facendo più ofuscate. Vicino al letto riusciva ancora a distinguere suo figlio, così piccolo come non lo aveva mai visto. I capelli fino alle spalle e quella piccola treccia su un lato. Ormai riusciva a vedere solo lui... e a sentire solo lui....

«Padre?» una voce preoccupata, flebile...

«Padre» e ora più forte e adulta. Chiuse gli occhi e quando cercò di aprirli ancora, tutto era nuovamente cambiato...
  
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