IYW a
"High Hopes, when you
let it
go, go out and start again."
Quando sua madre l'aveva vista rientrare completamente bagnata fradicia
da capo a piedi, aveva scatenato un putiferio.
L'aveva
accusata di essere un'irresponsabile, di non aver cura di se stessa e
di non capire a fondo la gravità della sua malattia.
In un altro
contesto Lavinia avrebbe iniziato a gridarle contro, ma quel giorno
aveva sorriso, chinato la testa, ed era andata ad abbracciarla. Aveva
sospirato e le aveva chiesto scusa, correndo immediatamente a fare una
doccia calda per evitare di ammalarsi, non l'avrebbe aiutata di certo.
Anzi, doveva pregare di non ammalarsi o sarebbero stati davvero cazzi
amari per lei, pensò insaponandosi i capelli. Dannazione. In
quel
momento però, era il suo ultimo problema: avrebbe dovuto
chiamare Noemi
per raccontarle tutto.
**
-Sì. Ti giuro, per un
momento ho davvero pensato di essermi immaginata tutto. Ancora non ci
credo!- sospirò Lavinia, posando la guancia sul cuscino. Era
al
telefono con l'amica da un'oretta abbondante ormai, nonostante
ciò
ripeteva quasi sempre le stesse frasi. La ragazza, dall'altro capo
della
cornetta, ridacchiava da sola, conscia del fatto che nulla avrebbe
potuto fermarla.
-Mi chiedo chi ti farà uscire dalla tua bolla d'amore!- la
punzecchiò contenta: aveva sempre patteggiato per lei e
Alessandro, e sapere che finalmente le cose si erano risolte la rendeva
felice come non mai. Si meritavano un po' di tranquillità.
-E perchè mai dovrei uscirne?- ridacchiò,
scalciando via le ciabatte e posando i piedi sul letto.
-Bhè, per prima cos- iniziò la mora, ma fu
interrotta dal trillo di arrivo di un messaggio.
-Awww!- esclamò Lavinia, notando il mittente.- Mi ha
già scritto, dopo due ore che non ci vediamo!
-Ritorna in te, ti prego.- scherzò Emi, facendo la finta
esasperata, in realtà adorava vederla così.
-Ti metto in vivavoce, così gli rispondo.- la
avvertì con una nota di impazienza nella voce.
-Va bene, cosa ti dice?- domandò interessata. Voleva proprio
vedere come era il suo amico in veste di fidanzatino innamorato, era un
aspetto della sua vita che le mancava.
-"So che sembro patetico
ma già mi manchi, domani mattina ti passo a prendere e
andiamo a scuola insieme, ti va?" e ci ha aggiunto un
cuore alla fine! Awwwww!- strinse il telefono e sorrise ancora di
più.
-Riesco a vedere i tuoi occhi a cuoricino fino a casa mia, sai?- la
riprese scherzosamente.
-E ti piacciono?- aggrottò le sopracciglia mentre rifletteva
su cosa rispondere e scalciava sul piumino.
-Da morire! Ora però dimmi un po', come vi comporterete
domani a scuola? Come dei colombi?- domandò interessata.
La bionda si bloccò, conscia del fatto che non avevano
discusso
del comportamento da tenere in generale. Lei non era una tipa che si
attaccava, solitamente, ma con lui aveva sempre un senso di
apprensione, voleva sempre sapere cosa stesse combinando, se stesse
pensando a lei e se altre ragazze gli si avvicinavano; ma non era da
biasimare, giusto? Cosa avrebbe dovuto fare?
-Non ne ho la minima idea.- sussurrò spalancando gli occhi.-
Cioè, sono spiazzata dai suoi comportamenti per il novanta
percento del tempo, quindi non so cosa aspettarmi.- ammise, grattandosi
la testa e controllandosi poi lo smalto.
-Dai, ti comporterai di conseguenza, spero. Voglio dire, l'unica cosa a
cui devi fare attenzione è non rovinare quello che avete
costruito questa sera!- la mise in guardia. Ci mancava solo che
litigassero di nuovo!
-Questo mai!- proruppe spaventata.- Ora che finalmente ci siamo
chiariti di certo non c'è più posto per le
incomprensioni!- disse in modo chiaro e coinciso. Non ne voleva proprio
sapere di altre discussioni e lacrime varie.
-Appunto, quindi vai tranquilla Vì e non fasciamoci la testa
prima di romperla.- cercò di fare ironia per alleggerire
l'aria
fattasi improvvisamente tesa. Non voleva rattristarla, voleva solamente
metterla in guardia visto il carattere caldo dei due ragazzi.
-Come sei ottimista Memi...- sospirò la bionda. Non riusciva
proprio a capacitarsi di come la sua amica sperasse sempre per il
meglio. Lei puntava sempre al peggio, era davvero catastrofica. Era il
tipo di persona che vedeva tutto nero da quando si era ammalata.
-Analizzo semplicemente le situazioni e ti espongo la più
probabile, cara.- fece con aria birichina.
-Sai sempre come tranquillizzarmi, grazie.- sorrise dolcemente; non
aveva parole per descrivere il suo stato d'animo momentaneo, ma era un
mix letale di amore, gratitudine, felicità e voglia di
vivere:
emozioni così nuove per lei alle quali doveva ancora
abituarsi
del tutto.
-Non lo devi neanche dire, sono così felice di essere
diventata
importante per te, inizialmente avevo paura di starti antipatica, sai?-
confessò. Aveva subito notato che quella ragazza bionda ce
l'aveva con il mondo intero ma quello non l'aveva di certo fermata dal
provare a diventare sua amica, a poco a poco. Non si era arresa grazie
al cielo, e aveva guadagnato un'ottima confidente.
-Ma no!- rise Lavinia,- E' che determinate situazioni mi hanno
portato ad essere un tipo solitario per la maggior parte del tempo, poi
alcune amicizie mi hanno fatto rinchiudere ancora più a
guscio e
quindi...- tentò di spiegare. Non voleva passare per la
solita
ingrata che si aspetta che la gente si pieghi al suo passaggio.
-Capisco, non devi spiegarti, tesoro. Volevo solo farti sapere che ti
voglio bene.- sorrise Noemi dall'altra parte del telefono. Lavinia
tacque improvvisamente, mentre calde lacrime le si addensavano negli
occhi, e parlò con voce rotta:
-A-an-che io ti voglio bene, davvero. Non sai quanto significa per me
il tuo supporto.- tirò su con il naso e si
asciugò le
guance con la manica del pigiama.- Ci sei sempre quando ho bisogno,
nonostante inizialmente non sia stata uno zuccherino.- anzi, a dirla
tutta era stata proprio una stronza con ognuno di loro. Ora invece, si
era
accorta che non sempre la gente trama alle tue spalle, ma esistevano
ancora persone gentili e amorevoli, come la sua amica e il suo ragazzo.
La mora rimase piacevolmente colpita, non si sarebbe aspettata certe
parole.
-Tranquilla, sono contenta di aver insistito con te. Ne vali davvero la
pena.- chiarì, anche lei commossa.
**
-Di solito di prima mattina sembra che ti sia passato sopra
un
autobus, mentre oggi sei perfetta, che succede?- chiese Cristina non
appena la figlia entrò in cucina sorridente, con i capelli
stirati e un trucco perfetto; alzò un sopracciglio e le
versò il tè nella tazza.
-Mi sono alzata con il piede giusto, non si può?- sorrise
mettendosi seduta e afferrando un biscotto.
-Certo, certo.- prese la sua tazzina con il caffè e
iniziò a bere, continuando a squadrarla con sguardo
scettico, una
madre certe cose le sentiva.
La ragazza
trangugiò la sua bevanda, quasi ustionandosi
lingua e
palato, e corse a lavarsi i denti, lasciando la madre sempre
più
perplessa in cucina,
chissà cosa
le prendeva, pensò.
Ritornò più agitata di prima, e
Cristina
sbuffò:
-Vieni qui, ti sistemo i capelli va.- le disse, notando che li spostava
continuamente.
-Va bene, ma fammi carina!- le intimò, con una certa nota di
ammonimento nella voce, mentre la madre alzava gli occhi al cielo.
-Si può sapere cosa c'è?- le domandò
una volta
fermatale la treccia che aveva fatto. Non fece in tempo a concludere la
frase che il campanello suonò, e la figlia scattò
in
piedi, correndo ad aprire, non prima di essersi controllata nello
specchio.
La donna capì tutto nel preciso istante in cui vide
Alessandro
sbucare dalla porta di casa, con la camicia della divisa fuori dai
pantaloni, la giacca poggiata sul braccio e un timido sorriso estasiato
disegnato sul volto. Adesso era tutto molto più chiaro,
decisamente.
-E' permesso?- chiese schiarendosi la voce e seguendo Lavinia nel
corridoio, tenendola per mano.
-Certo, vieni, io vado a prendere lo zaino!- la bionda sorrise dolce e
scappò in camera, lasciando soli ragazzo e madre. Si
guardarono
negli occhi per un decimo di secondo e poi sorrisero
contemporaneamente: Alessandro un po' impacciato ma felice e Cristina
finalmente con il cuore traboccante di contentezza per la
figlia;
aveva davvero sperato che a Pisa trovasse un po' di
tranquillità, qualche amica e magari l'amore, e
così era
stato. Trasferirsi era stata una delle scelte più
intelligenti
che avessero mai potuto fare, adorava vedere la sua bambina con il
sorriso sulle labbra, anche se qualche settimana prima sembrava caduta
in un tunnel depressivo, probabilmente prima di chiarire con il ragazzo
davanti a lei. Ora, però, sembrava tutto sistemato e non
c'era
cosa migliore del vedere due giovani innamorati, perchè era
sicura che lo fossero.
-Vuoi accomodarti?- gli chiese, mentre dalla camera della figlia
provenivano rumori sospetti: probabilmente stava mandando all'aria
tutto l'armadio per trovare una sciarpa o un cappello.
-Arrivo!- gridò petulante la bionda, mentre faceva a lotta
con,
appunto, una sciarpa incastrata: voleva coprirsi per non ammalarsi,
altrimenti sarebbe stata la fine. Per giunta con la fretta si era
dimenticata di prendere le medicine mattutine, e si sarebbe dovuta
inventare qualcosa per ingurgitarle senza farsi notare da Alessandro.
Ancora non si sentiva pronta per condividere con lui questa parte della
sua vita, ma sapeva che prima o poi avrebbe dovuto farci i conti se il
loro rapporto fosse evoluto, sia per una questione prettamente
salutare, sia per una prettamente di fiducia: basta bugie.
Più e più volte avevano tentato di farle capire
che la
sua malattia non era qualcosa di cui vergognarsi, ma per un tipo
indipendente e orgoglioso come lei era un punto debole da nascondere.
Ricordandosene, infilò anche la pompetta per gli attacchi
asmatici nello zaino mentre percorreva il corridoio sistemandosi il
cappotto, era stata una sprovveduta a dimenticarsene per tutto quel
tempo, solitamente l'aveva sempre con sè.
-Oh, no grazie, si figuri.- rispose il ragazzo in modo educato e
facendo attenzione a non urtare nulla mentre scuoteva la testa. Quella
mattina si sentiva davvero bene, chissà perchè, e
avrebbe
avuto la forza e la voglia di correre per tutta la città; si
stava schiarendo la voce quando ritornò Lavinia.
-Possiamo andare!- sorrise entusiasta dopo aver trafficato in cucina
con le medicine, stando attenta a non farsi notare, e
allungò un
bacio sulla guancia alla madre, per poi trascinare Alessandro fuori
dalla porta. Non vedeva l'ora di restare da sola con lui per poterlo
baciare e accarezzare, per sentire il suo profumo e sentirsi calda e
protetta dalle sue braccia: l'aveva sognato per tutta la notte e ogni
secondo lontana da lui le sembrava una tortura terribile.
-E' stato un piacere signora,- tentò di dire mentre veniva
trascinato nel pianerottolo- buongiorno e a presto!-
continuò
nel frattempo che la ragazza lo spingeva nell'ascensore. Non voleva
sembrare maleducato alla madre della propria ragazza ma in
realtà anche lui non vedeva l'ora di restare da solo con
lei.
Era passato troppo tempo dall'ultima volta che aveva assaporato il
sapore delle sue labbra.
Cristina sorrise dal tavolo della sala da pranzo, poggiando la guancia
su una mano e agitò l'altra in segno di saluto, pensando che
come coppia non erano niente male.
Non appena si chiusero le porte dell'ascensore si avventarono entrambi
famelici sulle labbra dell'altro, non dando neanche il tempo di provare
a protestare. Alessandro le infilò le mani nei capelli,
mentre
lei gli si stringeva contro, non volendo neanche lasciare il minimo
spiraglio tra i loro corpi.
-Come mi sei mancata.- sussurrò tra un bacio e un altro,
ansante. Le passò il naso sulle guance e poi sul collo,
inspirando a pieni polmoni il suo profumo, si sentiva in Paradiso. La
bionda sorrise e aprì lentamente gli occhi, beandosi di
quella
visione che era lui.
-Anche tu.- rispose baciandogli il collo a sua volta, creando un
incastro perfetto; se ne stavano così, immobili nella loro
piccola bolla di felicità, incurante che il tempo passasse e
che
avrebbero dovuto staccarsi. Alessandro rise, stringendola ancora un po'
di più e poi la lasciò andare, continuando
però a
tenerle le mani.
-Buongiorno.- inclinò la testa, sorridendo leggermente. La
osservò a lungo, intensamente, mentre si beava della sua
bellezza: era qualcosa di straordinario. Gli occhi grigi, i capelli
biondissimi e lentiggini dorate sul naso, quasi invisibili.
-Buongiorno a te.- rispose di rimando la ragazza sospirando.
L'ascensore si aprì e arrivarono al pianerottolo, uscirono
dal
palazzo e una folata di vento freddo li investì; Lavinia si
strinse al suo ragazzo e lui la strinse a sè, baciandole la
testa. Le prese poi la mano e la portò alla bocca,
sfiorandole
il polso con le labbra; Lavinia rabbrividì, non tanto per il
freddo quanto per quel contatto favoloso e intimo, a cui non era ancora
abituata. Avrebbe dovuto farlo presto, decisamente.
Salirono in macchina e parlarono del più e del meno, e anche
nei
minuti di silenzio si guardavano con occhio innamorato e si sfioravano
ogni volta possibile, sarebbero stati una gioia da ammirare. Una volta
arrivati a scuola scesero e Lavinia si ritrovò stranamente
(oppure no?) agitata, a pensare a cosa avrebbe dovuto fare. Quel tarlo
le stava rodendo il cervello, normalmente sarebbe andata per la sua
strada, aspettando che qualsiasi altro ragazzo la seguisse o no, non le
sarebbe importato, ma con Alessandro era diverso, lei era
diversa. Voleva sentire il suo calore, voleva vederlo
sorridere,
ridere, e fulminare ogni singola ragazza che avesse osato avvicinarlo.
Evidentemente, persa nei suoi pensieri, doveva essersi imbambolata,
perchè lui la scosse e le carezzò il dorso della
mano con
il pollice, la strinse a sè e dissipò ogni suo
dubbio con
un sorriso malizioso e un 'andiamo
amore' sussurrato.
**
Furono la novità della giornata. Qualsiasi studente si
voltava a
guardarli e, subito dopo il loro passaggio, parlavano tra di loro e si
chiedevano come fosse successo. Eppure loro non se ne curavano,
continuavano a parlare tranquillamente delle lezioni che avrebbero
avuto, stuzzicandosi a vicenda e salutando di tanto in tanto qualche
conoscente, o almeno questo Alessandro, visto che lei non conosceva
molte persone. Il brutto delle scuole private: pochi alunni, quindi
tutti sanno tutto di tutti. Arrivati al loro piano i suoi compagni di
classe sorrisero in modo malizioso e alzarono i sopraccigli in modo
concitato, dandosi gomitate e facendo allusioni a gran voce, mentre
Lavinia arrossiva. Non era da lei vergognarsi di qualcosa, ma in
qualche modo probabilmente non si sentiva all'altezza e non voleva
essere considerata la nuova arrivata che cedeva al fascino di un
bell'imbusto qualsiasi per non rimanere sola, ma Alessandro non era un
bell'imbusto qualsiasi, era un ragazzo meraviglioso e fantastico.
Problema loro, avrebbero potuto pensare cosa volevano, l'importante era
che lui non cambiasse idea sul loro rapporto, non esisteva
nè in
cielo nè in terra che esterni rovinassero la loro storia.
-Devo andare assolutamente a ripassare un po' di chimica,- proruppe la
bionda, iniziando a preoccuparsi.- ieri non ho studiato nulla e se mi
interroga sono letteralmente fottuta.
-Va bene piccola, è anche colpa mia, quindi corri a tentare
di
salvare il salvabile.- la rassicurò tirandola a
sè per
scoccarle un bacio sulle labbra. Lavinia arrossì ancora di
più ma non si tirò indietro, e, ottenuto il suo
degno
saluto, si defilò in classe, torturando la sciarpa. Dietro
la
porta c'era Noemi, che la stava aspettando con un ghigno che metteva i
brividi, iniziò a ridere in modo psicopatico e a fare
piccolissimi saltelli molleggiati, dirigendosi verso i loro banchi.
-Stai iniziando a farmi paura.- la avvertì l'amica,
scuotendo la testa.
-Non è vero, lo sai anche tu.- alzò un
sopracciglio.- Dai, sù, raccontami!
-Ma se ieri sera siamo state al telefono quasi due ore!- Lavinia
appoggiò lo zaino sul banco e si sedette, tentando di
ignorare
gli sguardi dei loro compagni, le davano i brividi.
-Di questa mattina, stupida! Come si è comportato allora?-
chiese in modo ovvio, come se l'amica avesse un deficit della
comprensione. Voleva i dettagli, le erano sembrati così
dolci!
-Ah. Emh, niente, dai.- arrossì istintivamente, e divenne
ancora
più rossa di qualche minuto prima, non le piaceva
sbandierare la
sua vita ai quattro venti, ma non per Emi, bensì per tutte
quelle pettegole vicino a loro che facevano finta di nulla ma intanto
stavano con le orecchie tese, pronte a captare qualsiasi piccolo
dettaglio. Davvero odiose. Arpie.
La mora sembrò capire e uno sguardo piuttosto denso di
significati le disse:
-Allora vorrà dire che dopo
mi racconterai, intesi?
-Ovviamente.- Noemi assottigliò gli occhi mentre
Vì se la rideva silenziosamente.- Fammi studiare ora.
Tre stressanti ore scolastiche e vari messaggi su WhatsApp dopo,
finalmente suonò l'intervallo e la bionda si alzò
di
scatto dal banco, mentre la sua vicina scuoteva la testa.
-Forse ti preferivo musona.- la apostrofò,- Sto scherzando.-
chiarì dopo un'occhiataccia.
-Dici che lo devo aspettare davanti la sua classe?- aggrottò
le sopracciglia, bloccandosi improvvisamente.
-Ecco a voi Lavinia
Rocci, Regina delle Complicazioni, Signori e Signore!-
sospirò con aria teatrale l'amica, passandosi una mano sul
volto.
-Ma cosa vuoi?- sussurrò la bionda.- E' tutto
così nuovo
per me.- spostò il peso da una gamba all'altra mentre tutti
i
compagni di classe si affrettavano ad uscire dall'aula per quei dieci
minuti abbondanti di libertà: molti andavano a fumare in
bagno,
altri ai distributori e altri ancora semplicemente passeggiavano per i
corridoi spettegolando.
-Era solo una battuta, ma dove ce l'hai il senso dell'umorismo?- Noemi
mise il muso per finta.
-Non vuoi che ti risponda davvero.- insinuò la bionda con un
sorriso birichino.
-Okay.- entrambe scoppiarono a ridere da sole, mentre si accingevano a
varcare la porta.
Al diavolo tutto, pensò Lavinia, mi comporterò di
conseguenza. Non credo che gli dispiacerà vedermi.
Non appena uscì dalla classe trovò il ragazzo
appoggiato
alla parete di fianco alla porta, in sua attesa, bello come sempre.
Anzi, forse più di sempre, con quel sorriso vago ad
illuminargli
il viso.
-Ehi, finalmente.- le disse avvicinandosi.- Credevo foste morte
là dentro.
-Ti sarebbe piaciuto eh?- sorrise indulgente la mora.
-Oh Emi, per favore.- alzò gli occhi al cielo Ale,
afferrando la
mano della sua ragazza e facendo un cenno con la testa verso i
distributori.
-Mi accompagnate? Non ho preso il caffè stamattina.- le
informò, districandosi nel 'traffico' adolescenziale del
corridoio del loro piano.
-Come mai?- chiese Vì, perplessa.
-Sarei stato in ritardo per venirti a prendere.- confessò
con sguardo colpevole Catini.
-Non ci provare mai più! Mangia la mattina, o ti picchio!-
lo
intimorì con uno sguardo piuttosto incazzato.- Hai capito?-
continuò picchiettando il dito sul petto del ragazzo.
-Sì Capo!- sorrise Alessandro e si chinò a darle
un bacio
con lo schiocco, mentre aspettava che la macchinetta erogasse la
bevanda. Proprio in quel momento sentirono un fischio di apprezzamento
e si girarono sorpresi: Paolo stava arrivando, e il suo viso era una
maschera insondabile. Li aveva innegabilmente visti. Ah. E adesso?
Cioè, non che avrebbe dovuto preoccuparsene, però
insomma, le dispiaceva che fosse venuto a saperlo così.
Mano a mano che il ragazzo avanzava, il suo passo si faceva sempre meno
sicuro e la presenza di Ale accanto a lei diventava sempre
più
imponente, e Lavinia sentiva crescere un panico irrazionale. Per cosa
poi? Ridicolo. Non c'era nulla per cui essere agitati.
-Buongiorno, ragazzi. Come va? Ci sono novità?-
inarcò il
sopracciglio destro, invitando gli amici a dissentire o a metterlo al
corrente di eventuali novità. E che novità. Aveva
visto
Alessandro quella mattina, aveva osservato i suoi occhi gioiosi e il
suo sospiro felice, scrutando il suo messaggiare frenetico e sentito le
voci che giravano per la classe. Si era fatto molte domande, ed ora,
con tutta probabilità, era arrivato il momento delle
risposte.
Intanto si erano avvicinati anche Giovanni e Riccardo, appena usciti
dal bagno, portando un vago sentore di fumo e risate. Paolo aveva un
viso che era tutto un programma, e l'aria si era caricata di
elettricità. Troppe persone vicine, e contrastanti.
-Oh, nulla, a parte che Vì e Ale devono offrirmi una bella
cena
con i controfiocchi.- sorrise Noemi, cercando di smorzare i toni,
avvertendo la tensione.
-E come mai?- sorrise l'amico, non volendo sentire davvero la risposta.
Era successo l'inevitabile, dunque? Si erano giurati amore eterno? Non
aveva più speranze con lei?
-Perché io ho sempre detto che si sarebbero messi insieme!-
rispose con fare ovvio la mora, come se avesse detto che il cielo era
azzurro e le rose rosse. Niente di più facile.
-Ah, quindi... state insieme?- chiese infilando le mani in tasca e
gonfiando il petto. Fissò Alessandro negli occhi e fu come
se
tutti avessero smesso di respirare e i rumori si fossero attutiti,
nonostante si trovassero in pieno corridoio e fosse in corso una
ricreazione con i controfiocchi. Si fronteggiarono con lo sguardo e
Catini non mollò neanche un secondo. Alla fine il bip che
annunciava che il caffè era pronta interruppe quella gara di
sguardi, e Lavinia sorrise, imbarazzata.
-Già.- proruppe Alessandro, spavaldo, mettendo il braccio
sulle
spalle di Vì. Era stupido, e lo sapeva, ma aveva bisogno di
marcare il territorio quanto più possibile dopo quello che
era successo con il suo amico.
Dopo anni passati ad essere inseparabili era bastata una semplice
ragazza a dividerli, e nessuno dei due se ne capacitava, ma ormai la
frattura era stata fatta. E non si sarebbe fatto sfuggire Lavinia, dopo
le insinuazioni di Paolo. Affatto.
-Sì.- sorrise la bionda, guardandolo con occhi luminosi.
Nulla
avrebbe potuto scalfire la sua felicità, e Paolo lo sapeva,
inoltre, non voleva farla soffrire, così sorrise (forse in
modo
troppo arrogante) e li salutò, dileguandosi:
-Auguri e figli maschi allora, ragazzi.- augurò loro
sarcastico
con un cenno del capo, svoltando l'angolo, mentre una smorfia gli
deturpava lentamente il volto. Non ci credeva. Alessandro c'era
riuscito. Nonostante il suo comportamento da stronzo l'aveva
conquistata, mentre lui che era sempre stato gentile e accomodante con
lei, l'aveva aiutata in matematica e l'aveva fatta sorridere quando era
triste era rimasto fregato. Scosse la testa: era proprio vero,
più le trattavano male più loro li volevano.
**
La settimana passò in fretta e per Lavinia e Alessandro fu
tutta
da scoprire: i loro telefoni chiedevano pietà, in quanto
presi
d'assalto ventitrè ore su ventiquattro, e le loro labbra
erano sempre
più gonfie di baci e sorridenti. La ragazza ancora non ci
credeva, le sembrava di vivere in un Mondo ovattato, o peggio ancora,
in un fantastico sogno e aveva il terrore di potersi svegliare da un
secondo all'altro, di scoprire che niente di tutto ciò era
realmente accaduto, che lei si trovava ancora triste e sola a riempirsi
la testa di pensieri oscuri e lacrime trattenute.
Invece era tutto vero. Lo stava vivendo. Viveva Alessandro.
E non c'era cosa migliore.
Era tutto così fantastico con lui, rendeva ogni singola cosa
migliore, la colorava.
Aveva bisogno di colori, e lui c'era. Sempre.
Come quando il sabato la portò al cinema e non seguirono
neanche
mezzo secondo del film che avevano scelto di guardare, troppo occupati
a ridere e a baciarsi, in perfetto stile adolescenziale. Era stato un
pomeriggio perfetto, che le aveva fatto tornare la mente a quell'uscita
di diverse settimane prima durante la quale lui le si era seduto
accanto e con un semplice sussurro, 'If you want',
le aveva aperto un mondo intero pieno di possibilità. Quella
volta però era stato diverso, e la mano stretta nella sua lo
confermava: niente più ripensamenti, niente più
dubbi.
Niente più lacrime.
Quando la portò a cena in un piccolo pub arrivò
il primo momento sbagliato
dell'intera giornata. Alessandro aveva sempre saputo che c'era qualcosa
che non andava sotto il punto di vista salutare fin da quando l'aveva
soccorsa a scuola, ma non ne avevano mai parlato. Quando
però
lei diventò più pallida del solito e si
appoggiò
allo schienale della sedia riprendendo fiato mentre una fitta le
scuoteva il petto, iniziò seriamente a preoccuparsi e gli
sembrò opportuno parlarne. La affiancò
immediatamente
massaggiandole la schiena e scostandole i capelli dal viso, cercando di
farla calmare; Lavinia indicò la borsa tremante e quando
gliela
ebbe passata iniziò a cercare freneticamente la pompetta
asmatica e aspirò due volte, cercando di tenere a bada gli
spasmi che la squassavano da capo a piedi. Il ragazzo, dal canto suo,
non sapeva che fare e continuava a ripetere parole senza senso.
-Vì? Ehi? Come ti senti? Ehi? Ti prego, che devo fare? Vuoi
dell'acqua? Riesci a respirare?- diceva in un crescendo di isteria,
mentre la ragazza piano piano si calmava e respirava nella tipica
maniera che le avevano insegnato. Era stato inaspettato e adesso
avrebbe dovuto dargli delle risposte, perchè, ne era sicura,
ci
sarebbero state molte domande. Nel frattempo che i suoi delicati
polmoni riprendevano lentamente aria, la sua mente iniziò a
viaggiare in modo frenetico e calde lacrime fecero capolino dagli
occhi. Alessandro inaspettatamente fu invaso da una scarica di
adrenalina e riacquistò in modo immediato il sangue freddo
che
era scomparso nel momento in cui aveva visto la sua ragazza sentirsi
male.
-Ehi, calma, va tutto bene. Tesoro non piangere, ti prego.- Il ragazzo
le accarezzò la guancia.- Ti senti meglio? Riesci a
respirare?-
La ragazza annuì piano ed estrasse il flacone di pillole che
teneva sempre nella borsa per le emergenze. Provò, con
scarso
risultato, ad aprirlo e quando non ci riuscì a causa delle
mani
tremanti e sudate, scoppiò in un piccolo pianto disperato,
attirando lo sguardo del cameriere che chiese loro se avevano bisogno
di aiuto. Alessandro scosse la testa congedandolo e prese il viso di
Lavinia tra le mani, le asciugò le lacrime dalle guance e le
baciò la fronte.
-Shh.- le sussurrò- Calmati, ci sono qui io.- le
ripetè
come un mantra finchè lei non si calmò davvero,
poi prese
il flacone e lo aprì senza esitazioni.- Quante te ne
servono?-
le domandò versandole dell'acqua nel bicchiere e
tamponandole il
tovagliolo sugli zigomi ancora bagnati. Lavinia tirò su con
il
naso e si schiarì piano la voce:
-Due.- sillabò respirando ancora una volta con due respiri
brevi
e uno lungo. Quando le capitavano attacchi del genere era abituata a
cavarsela da sola, nella peggiore delle ipotesi era aiutata dai suoi
genitori. Si sentiva spossata e confusa. Mai un'altra persona, esclusi
medici e infermiere, l'avevano aiutata e non riusciva a perdonarsi
l'attacco davanti al suo ragazzo. Cosa gli avrebbe detto ora? Cosa
avrebbe pensato di lei? Avrebbe iniziato a comportarsi in modo
compassionevole? L'avrebbe lasciata?
Eppure, guardandolo porgerle l'acqua e le pillole, sembrava avere lo
stesso sguardo di sempre, solo leggermente più preoccupato e
ombroso. Si sbrigò a ingollare il tutto e respirò
a pieni
polmoni per saggiarne la resistenza dopo la crisi. Sembravano reggere
bene. Grazie a Dio.
Ma dove era il suo Dio quando le capitavano cose del genere? Non la
osservava da lassù e non provava un minimo di compassione?
Non
aveva voglia di aiutarla e di evitarle il peggio?
-Hai ancora fame?- le chiese dolcemente carezzandole la mano sopra il
tavolo, dopo essersi riseduto al suo posto.- Allora?-
continuò,
notando che lei non accennava a rispondere.
-Non molta...- borbottò contrariata, riponendo tutto nella
borsa.
-Dovresti mangiare qualcosina però.- Alessandro la
guardò
scoraggiato, cercando di riunire le idee e dar loro un senso. L'unica
cosa che contava al momento era la salute di Vì e
comprendere
cosa era accaduto per poi trovare una soluzione o, almeno, parlarne.
-Non ho bisogno della balia!- proruppe acida la bionda, alzando lo
sguardo. Si sentiva ferita, probabilmente perchè con quella
frase il ragazzo aveva innescato la bomba: proprio quello che non
voleva, che lui la trattasse come una malata. Poteva già
sentire
la pietà trasudare dal suo tono di voce ed era la cosa che
più la feriva al Mondo: mai, mai avrebbe voluto
ciò ed
era per questo che non gli aveva detto della sua malattia. Ora, capendo
quanto davvero contasse l'opinione nei suoi confronti, si sentiva messa
a nudo. Certo, gliel'avrebbe detto prima o poi, ma non così
presto: aveva bisogno di altro tempo, sia per elaborare il modo in cui
l'avrebbe comunicato, sia per preparare mentalmente e psicologicamente
se stessa. Adesso si sentiva delusa, triste e senza forze. E quando si
sentiva così iniziava ad essere cattiva ed acida, rischiando
di
ferire le persone intorno a lei, proprio come aveva tentato di fare in
quel momento. Alessandro si bloccò, interdetto, e
aggrottò le sopracciglia mentre a poco a poco capiva il
perchè del comportamento della ragazza.
-Non parlarmi così.- scosse la testa lentamente e la
guardò fisso negli occhi.- Lo dico perchè tengo a
te, non
per farti da balia o altro. Permetti che sia un po' preoccupato, eh?-
ribattè in modo più duro. Non si sarebbe di certo
lasciato trattare male ogni volta che sarebbe successo qualcosa
relativo alla sua salute, era meglio metterlo subito in chiaro.
-Scusa. Non volevo.- ammise mortificata. Non ne combinava una giusta,
era inutile.
-Direi che è giunto il momento di parlare, che ne dici?-
provò il ragazzo, prima che l'atmosfera si facesse ancora
più pesante e iniziassero i fraintendimenti. Lavinia lo
guardò negli occhi, sospirò e, abbassando lo
sguardo, prese coraggio, sapendo che non aveva più scelta.
Aprì la bocca, ma un groppo in gola le fece trattenere le
parole. Come avrebbe fatto?
Per caso c'era una guida? Come si comunicava alla persona che amavi che
eri malata?
-I-io...- si bloccò e scosse la testa, fissando il
tovagliolo sul tavolo. Doveva dirglielo. La sua reazione le avrebbe
fatto male, ma aveva il diritto di sapere. Se lui avesse avuto una
malattia, lei al suo posto avrebbe voluto saperlo ad ogni costo.
Sospirò, e scandì ad alta voce le parole che le
avrebbero cambiato la vita.
-Io ho un enfisema.
Chiuse le mani a pugno e incanalò lì tutta la
tensione che le stava montando in corpo.
Non sapeva cosa aspettarsi ed essere impreparata non era una cosa che
le capitava frequentemente.
Alessandro, dal canto suo, rimase paralizzato sulla sedia, la schiena
contratta e lo sguardo fisso su Lavinia. Un enfisema? Non aveva idea di
cosa fosse, ma dalla sua reazione non sembrava qualcosa di leggero. Per
un attimo desiderò essere uno di quelli sempre informati,
che sapeva ogni cosa, per togliersi dall'imbarazzo di chiedere cosa mai
fosse.
La bionda trovò il coraggio di sollevare gli occhi e
incontrare quelli di Alessandro, e spiegò:
-Ho un enfisema polmonare. Praticamente i miei polmoni sono a rischio
costante di collasso.- sorrise, cupa. Era una semplificazione assurda
della sua malattia, ma essenzialmente era il succo del discorso.
-Cosa?- era scioccato. Voleva dire che poteva... da un momento
all'altro?
-Già. La cosa positiva
è che non è allo stadio più avanzato,
quindi non devo andare in giro con una bombola di ossigeno per il
rischio d'ipossia. Ma sono a rischio costante. Non posso farci nulla,
oltre che a qualche cura palliativa. Però potrebbe
peggiorare.- Disse sincera e sganciò la bomba:
-Potrei morire.
-Non dirlo.- sibilò Alessandro. Non poteva neanche pensarci,
non era minimamente concepito dalla sua mente il fatto che lei potesse
morire, non ora almeno. Era giovane e piena di vita, aveva ancora mille
cose da fare e esperienze da provare. Il suo sorriso migliorava le
giornate e la sua risata era balsamo per il suo cuore. Era lei il suo
cuore. Cosa avrebbe fatto senza il suo cuore?
-E' così.- tentò di fargli capire. Doveva entrare
in quell'ottica, non poteva sperare inutilmente.
-Non è vero.- si intestardì lui. Avrebbe trovato
il modo, non gliel'avrebbero strappata ora che l'aveva trovata. Non
aveva ancora metabolizzato il tutto e freddi brividi scendevano lungo
la schiena.
-Sì, invece.- ribattè dura Lavinia. Basta negare!
-Non...- milioni di pensieri si affollavano nella sua mente, non sapeva
cosa dire, non sapeva cosa fare, non riusciva neanche a respirare,
paradossalmente.
-Sai cosa ho fatto appena ho saputo di essere malata?- lo interruppe.-
Ho googlato il nome della malattia, e ho scoperto non so quanti
personaggi famosi morti di enfisema. Non volevo crederci. Me l'avevano
posta come una situazione blanda, poi invece ho scoperto tutte le
possibili complicazioni. Potrebbe peggiorare, di molto.
-E le cure? Insomma, si cura, no?- gli mancò il fiato,
spaventato.
-La terapia può arrestare la progressione dell'enfisema ma
non può far scomparire le lesioni già presenti. I
miei polmoni rimarranno per sempre danneggiati, ce ne siamo accorti
troppo tardi.
-Come, c-come ve ne siete accorti? No, scusa, non-
-Tranquillo.- lo rassicurò, ormai l'argine era rotto e le
parole uscivano come un fiume in piena, non le sembrava vero poterne
finalmente parlare con qualcuno.- Il primo sintomo è stato
il fiato corto. Non sono mai stata una tipa atletica ma ho iniziato ad
avere delle piccole crisi che interferivano con la vita di tutti i
giorni, così, dopo qualche mese mia madre mi ha portato dal
medico, dopo aver notato che avevo le unghie bluastre, uno dei sintomi.
Alessandro rimase in silenzio, non sapendo cosa dire in una situazione
come quella. Si limitava a fissarla intensamente, riempiendosi del suo
volto, dei suoi capelli e di tutta la sua figura.
-Ho fatto esami su esami, non avevano idea di cosa fosse, hanno persino
avuto paura che fosse cancro...- la voce le si incrinò, al
ricordo di quelle terribili settimane e il ragazzo, già
provato dalla notizia, sbiancò ulteriormente, aggrappandosi
al tavolo fino a far sbiancare le nocche.- Invece hanno scoperto che
era un enfisema. Erano felicissimi, io un po' meno, nonostante fossi
ovviamente sollevata che non fosse cancro.
Il ragazzo scosse la testa, come se un peso gravasse su di lui e stesse
tentando di liberarsene.
-Ne vuoi sapere di più? Il mio tipo di enfisema solitamente
è legato all'assunzione di marijuana, tabacco, fumi
industriali o polvere di carbone, invece il mio dal deficit di una
proteina. Non ce ne è abbastanza nel mio corpicino e la devo
assumere tutti i giorni.
-Ti fa stare meglio?- sussurrò speranzoso. Da quando l'aveva
conosciuta le sembrava più in salute, anche se di poco. Era
un buon segno, no?
-Insomma. Inoltre ho sempre con me i miei fidatissimi
broncodilatatori,- agitò le pillole che aveva preso da
poco.- rilassano le vie respiratorie e mi aiutano, anche se non sono
molto efficaci. In generale sono per chi ha l'asma, ma io ne assumo in
dosi da cavallo.- alzò il sopracciglio e rise, cercando di
sdrammatizzare. Odiava quelle pillole, ma in più di
un'occasione le avevano salvato la pelle.
-Ti stanca?- che domanda sciocca, se ne accorse solo dopo averla posta.
-Quando mi sento spossata devo assumere ossigeno in modo da rifornire
il corpo in maniera totale.
-Non ti ho chiesto cosa devi fare, ma come ti senti.- aveva tentato di
rigirare la domanda ma non glielo avrebbe lasciato fare. Era astuta, ma
lui lo era quanto lei. La ragazza si irrigidì.
-Male. Era questo che volevi sentirti dire? Volevi che lo ammettessi?
Ora sei contento?- alzò un po' la voce, aggredendolo
verbalmente. Non capiva che stava solo cercando di far uscire tutta la
rabbia repressa che aveva in corpo.
-Voglio solo capire cosa ti passa per la testa.- le fece notare,
ritrovando il controllo.
-Oh, non anche tu! Hanno cercato di farmi entrare in un gruppo di
auto-aiuto, sai? La scena più ilare del secolo. Avresti
dovuto vedermi, ero così arrabbiata in quel periodo.-
sorrise.
-Penso sia normale.
-Più che altro ero arrabbiata con Dio, ecco. Poi la cosa
peggiorava, ci si mettevano anche tutti quelli che mi circondavano con
i loro sguardi compassionevoli e i "Come stai Lavinia? Ti serve
qualcosa Lavinia? Tesoro, non stare così! Sù con
la vita!", ma cosa pretendevano facessi? Che saltassi ovunque come un
grillo, sprizzando felicità da ogni poro dopo aver saputo di
essere malata?
-Non devi giustificarti. Non posso dire che so di cosa stai parlando,
ma posso immaginarlo.
-Grazie.- torturò l'orlo del top che indossava.- Ed ora?
-Ed ora cosa?- alzò un sopracciglio. Non sarebbe cambiato
nulla, ovviamente. Ma sapeva di doverla rassicurare.- Sono contento che
tu ti sia confidata con me.- le prese una mano e le
accarezzò dolcemente il dorso, per stabilire un contatto con
lei.
-Mi sono tolta un peso enorme, ad essere sincera.- sussurrò
imporporandosi e fissando l'intreccio sul tavolo, mentre il cameriere
arrivava con le loro ordinazioni. Non poteva crederci, l'aveva presa
meglio di quanto avesse potuto immaginare!
-Avevi paura?- le domandò, mangiando un pezzo di pane.
-Ne ho ancora.- lo guardò e sorrise sghemba, constatando
l'ovvio. Bhè, l'ovvio per lei.
-Perchè? Sono qui.- la rassicurò ancora una
volta, baciandole il palmo e premendoselo contro la guancia calda. Le
mani le tremavano mentre entravano a contatto con la sua pelle
vellulata e leggermente ispida a causa dell'accenno di barba.
-Non scapperai a gambe levate?- chiese con gli occhi che si facevano
lentamente lucidi.
-Dovrai cacciarmi tu. Fino a quel momento nulla mi impedirà
di essere al tuo fianco.- scosse il volto e strinse ancora di
più la mano contro di lui. Il 'ti amo' non serviva, i loro
sguardi comunicavano tutto e dopo quelle confessioni così
importanti le parole erano superflue.
-Sai come sono fatta. Non sarà facile.- lo
avvertì per l'ennesima volta, quasi a volersi autosabotare,
ma non voleva che lui avesse dei ripensamenti o potesse pentirsi in
seguito. Alessandro chiuse lentamente gli occhi, intrecciò
le loro mani e con il pollice le sfiorò le vene nell'interno
del polso, facendola ricoprire di brividi da capo a piedi. La sua voce
era roca, sia dalla commozione che dalla magia:
-Non importa. Ci riusciremo. Ho
grandi speranze.
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Buonasera. Sono qui
ad un anno di distanza dall'ultimo aggiornamento e
mi sento decisamente in imbarazzo. Non posso e non voglio
giustificarmi, sappiate solo che la vita non è facile e le
mie priorità sono cambiate. Tra studio, impegni vari e
problemi non mi è stato possibile mettermi con calma a
finire questo capitolo fondamentale. Non volevo forzarlo, visto che
è il fulcro di tutta la storia e devo dire che ne sono
abbastanza soddisfatta. Avevo iniziato a scriverlo più di un
anno fa, poi l'ho ripreso piano piano, una riga alla volta quando avevo
tempo, e finalmente oggi sono riuscita a concedermi una giornata di
riposo e scrittura. Ora ho un'emicrania spaventosa ma ne è
valsa la pena. Spero ci sia ancora qualcuno disposto a leggere questa
storia senza pretese, a far vivere i miei bambini e ad emozionarsi con
loro.
Voglio ringraziare
con tutto il cuore Angela, che
nonostante la mia latitanza non ha smesso un attimo di spronarmi ed
attendere, spero sarai ricompensata con questo enorme capitolo
fluffissimo tesoro, è tutto per te, lo meriti più
di chiunque altro.
Finalmente sapete
cosa ha Lavinia e come sta evolvendo il loro
rapporto, che adoro.
Vi lascio alcune
informazioni sull'enfisema
polmonare,
ricordate che non sono una studentessa di medicina o un medico, quindi
mi sono solo documentata a fondo. Non prendete per oro colato le
seguenti spiegazioni, eh, che inoltre sono semplificate per fare in
modo che tutte possiate capire più o meno in cosa consiste.
Dunque:
L'enfisema polmonare
è una
patologia che interessa i polmoni e viene classificata tra i tipi
polmonari ostruttive. Si verifica quando gli alveoli perdono man mano
funzionalità e diminuisce anche la quantità di
ossigeno che va a finire nel sangue. E' caratterizzata da dilatazione
degli spazi
aerei a valle dei brionchioli terminali, distruzione delle loro pareti
e assenza di evidente fibrosi, cioè mancata ricostruzione di
un danno tissutale.
La lesione essenziale
è la rottura dei setti interalveolari,
causando il parziale collasso delle aree sane circostanti. La carenza
ereditaria di alfa1-antitripsina, una proteina, predispone
allo sviluppo dell'enfisema. Per questo i malati devono assumerla
quotidianamente.
I sintomi principali sono la dispnea (respirazione faticosa con
conseguente rischio di collasso polmonare) ed espirazione forzata,
oltre a tosse, respiro sibilante e mancanza di ossigeno
frequente.
Gli esami fatti da Lavinia sono la radiografia toracica e tomografia
computerizzata (TAC), oltre a vari esami del sangue. Penso sia tutto.
Grazie a chi ha letto questo capitolo conoscendo già la
storia e a chi è capitato qui per caso.
Scrivere per me è una gioia ma purtroppo non sempre
miè possibile. Credo che avrò più
tempo in futuro, anche se ne dubito. Non so dirvi con esattezza quando
arriverà il prossimo capitolo ma state sicure che
arriverà. Non posso lasciare questa storia incompiuta.
Fidatevi ;)
Spero che qualcuno abbia voglia di farmi sapere cosa ne pensa e la
storia vi è piaciuta fino ad ora.
Se volete contattarmi potete farlo su Twitter, dove
potete trovarmi 24
ore su 24!
Un bacione immenso care,
Athena xx
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