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Autore: raimbowcomet    17/05/2014    1 recensioni
"Si chiuse in un mutismo ostentato, cercando di capire come fosse realmente il ragazzo sedutole accanto. Le faceva scoppiare il cervello, ogni volta che pensava di averlo compreso ecco che spuntava fuori un nuovo indizio e mandava in fumo la precedente ipotesi.
Bello e dannato? Un po'.
Cinico e menefreghista? Leggermente.
Dolce e sensibile? Affatto.
Oppure si?
Alessandro le si avvicinò e le sussurrò all'orecchio una frase che non si sarebbe mai dimenticata:
-Dovresti imparare a conoscere prima di giudicare sai Lavinia? E' sintomo di stoltezza non dare possibilità alle persone di rivelare la loro vera natura. Per iniziare potresti conoscere me, naturally if you want, baby."
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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"High Hopes, when you let it go, go out and start again."







Quando sua madre l'aveva vista rientrare completamente bagnata fradicia da capo a piedi, aveva scatenato un putiferio.
L'aveva accusata di essere un'irresponsabile, di non aver cura di se stessa e di non capire a fondo la gravità della sua malattia.
In un altro contesto Lavinia avrebbe iniziato a gridarle contro, ma quel giorno aveva sorriso, chinato la testa, ed era andata ad abbracciarla. Aveva sospirato e le aveva chiesto scusa, correndo immediatamente a fare una doccia calda per evitare di ammalarsi, non l'avrebbe aiutata di certo. Anzi, doveva pregare di non ammalarsi o sarebbero stati davvero cazzi amari per lei, pensò insaponandosi i capelli. Dannazione. In quel momento però, era il suo ultimo problema: avrebbe dovuto chiamare Noemi per raccontarle tutto.


**

-Sì. Ti giuro, per un momento ho davvero pensato di essermi immaginata tutto. Ancora non ci credo!- sospirò Lavinia, posando la guancia sul cuscino. Era al telefono con l'amica da un'oretta abbondante ormai, nonostante ciò ripeteva quasi sempre le stesse frasi. La ragazza, dall'altro capo della cornetta, ridacchiava da sola, conscia del fatto che nulla avrebbe potuto fermarla.
-Mi chiedo chi ti farà uscire dalla tua bolla d'amore!- la punzecchiò contenta: aveva sempre patteggiato per lei e Alessandro, e sapere che finalmente le cose si erano risolte la rendeva felice come non mai. Si meritavano un po' di tranquillità.
-E perchè mai dovrei uscirne?- ridacchiò, scalciando via le ciabatte e posando i piedi sul letto.
-Bhè, per prima cos- iniziò la mora, ma fu interrotta dal trillo di arrivo di un messaggio.
-Awww!- esclamò Lavinia, notando il mittente.- Mi ha già scritto, dopo due ore che non ci vediamo!
-Ritorna in te, ti prego.- scherzò Emi, facendo la finta esasperata, in realtà adorava vederla così.
-Ti metto in vivavoce, così gli rispondo.- la avvertì con una nota di impazienza nella voce.
-Va bene, cosa ti dice?- domandò interessata. Voleva proprio vedere come era il suo amico in veste di fidanzatino innamorato, era un aspetto della sua vita che le mancava.
-"So che sembro patetico ma già mi manchi, domani mattina ti passo a prendere e andiamo a scuola insieme, ti va?" e ci ha aggiunto un cuore alla fine! Awwwww!- strinse il telefono e sorrise ancora di più.
-Riesco a vedere i tuoi occhi a cuoricino fino a casa mia, sai?- la riprese scherzosamente.
-E ti piacciono?- aggrottò le sopracciglia mentre rifletteva su cosa rispondere e scalciava sul piumino.
-Da morire! Ora però dimmi un po', come vi comporterete domani a scuola? Come dei colombi?- domandò interessata.
La bionda si bloccò, conscia del fatto che non avevano discusso del comportamento da tenere in generale. Lei non era una tipa che si attaccava, solitamente, ma con lui aveva sempre un senso di apprensione, voleva sempre sapere cosa stesse combinando, se stesse pensando a lei e se altre ragazze gli si avvicinavano; ma non era da biasimare, giusto? Cosa avrebbe dovuto fare?
-Non ne ho la minima idea.- sussurrò spalancando gli occhi.- Cioè, sono spiazzata dai suoi comportamenti per il novanta percento del tempo, quindi non so cosa aspettarmi.- ammise, grattandosi la testa e controllandosi poi lo smalto.
-Dai, ti comporterai di conseguenza, spero. Voglio dire, l'unica cosa a cui devi fare attenzione è non rovinare quello che avete costruito questa sera!- la mise in guardia. Ci mancava solo che litigassero di nuovo!
-Questo mai!- proruppe spaventata.- Ora che finalmente ci siamo chiariti di certo non c'è più posto per le incomprensioni!- disse in modo chiaro e coinciso. Non ne voleva proprio sapere di altre discussioni e lacrime varie.
-Appunto, quindi vai tranquilla Vì e non fasciamoci la testa prima di romperla.- cercò di fare ironia per alleggerire l'aria fattasi improvvisamente tesa. Non voleva rattristarla, voleva solamente metterla in guardia visto il carattere caldo dei due ragazzi.
-Come sei ottimista Memi...- sospirò la bionda. Non riusciva proprio a capacitarsi di come la sua amica sperasse sempre per il meglio. Lei puntava sempre al peggio, era davvero catastrofica. Era il tipo di persona che vedeva tutto nero da quando si era ammalata.
-Analizzo semplicemente le situazioni e ti espongo la più probabile, cara.- fece con aria birichina.
-Sai sempre come tranquillizzarmi, grazie.- sorrise dolcemente; non aveva parole per descrivere il suo stato d'animo momentaneo, ma era un mix letale di amore, gratitudine, felicità e voglia di vivere: emozioni così nuove per lei alle quali doveva ancora abituarsi del tutto.
-Non lo devi neanche dire, sono così felice di essere diventata importante per te, inizialmente avevo paura di starti antipatica, sai?- confessò. Aveva subito notato che quella ragazza bionda ce l'aveva con il mondo intero ma quello non l'aveva di certo fermata dal provare a diventare sua amica, a poco a poco. Non si era arresa grazie al cielo, e aveva guadagnato un'ottima confidente.
-Ma no!- rise Lavinia,- E' che determinate situazioni mi hanno portato ad essere un tipo solitario per la maggior parte del tempo, poi alcune amicizie mi hanno fatto rinchiudere ancora più a guscio e quindi...- tentò di spiegare. Non voleva passare per la solita ingrata che si aspetta che la gente si pieghi al suo passaggio.
-Capisco, non devi spiegarti, tesoro. Volevo solo farti sapere che ti voglio bene.- sorrise Noemi dall'altra parte del telefono. Lavinia tacque improvvisamente, mentre calde lacrime le si addensavano negli occhi, e parlò con voce rotta:
-A-an-che io ti voglio bene, davvero. Non sai quanto significa per me il tuo supporto.- tirò su con il naso e si asciugò le guance con la manica del pigiama.- Ci sei sempre quando ho bisogno, nonostante inizialmente non sia stata uno zuccherino.- anzi, a dirla tutta era stata proprio una stronza con ognuno di loro. Ora invece, si era accorta che non sempre la gente trama alle tue spalle, ma esistevano ancora persone gentili e amorevoli, come la sua amica e il suo ragazzo. La mora rimase piacevolmente colpita, non si sarebbe aspettata certe parole.
-Tranquilla, sono contenta di aver insistito con te. Ne vali davvero la pena.- chiarì, anche lei commossa.

**

 -Di solito di prima mattina sembra che ti sia passato sopra un autobus, mentre oggi sei perfetta, che succede?- chiese Cristina non appena la figlia entrò in cucina sorridente, con i capelli stirati e un trucco perfetto; alzò un sopracciglio e le versò il tè nella tazza.
-Mi sono alzata con il piede giusto, non si può?- sorrise mettendosi seduta e afferrando un biscotto.
-Certo, certo.- prese la sua tazzina con il caffè e iniziò a bere, continuando a
Image and video hosting by TinyPic squadrarla con sguardo scettico, una madre certe cose le sentiva.
La ragazza trangugiò la sua bevanda, quasi ustionandosi lingua e palato, e corse a lavarsi i denti, lasciando la madre sempre più perplessa in cucina, chissà cosa le prendeva, pensò.  Ritornò più agitata di prima, e Cristina sbuffò:
-Vieni qui, ti sistemo i capelli va.- le disse, notando che li spostava continuamente. 
-Va bene, ma fammi carina!- le intimò, con una certa nota di ammonimento nella voce, mentre la madre alzava gli occhi al cielo.
-Si può sapere cosa c'è?- le domandò una volta fermatale la treccia che aveva fatto. Non fece in tempo a concludere la frase che il campanello suonò, e la figlia scattò in piedi, correndo ad aprire, non prima di essersi controllata nello specchio.
La donna capì tutto nel preciso istante in cui vide Alessandro sbucare dalla porta di casa, con la camicia della divisa fuori dai pantaloni, la giacca poggiata sul braccio e un timido sorriso estasiato disegnato sul volto. Adesso era tutto molto più chiaro, decisamente.
-E' permesso?- chiese schiarendosi la voce e seguendo Lavinia nel corridoio, tenendola per mano.
-Certo, vieni, io vado a prendere lo zaino!- la bionda sorrise dolce e scappò in camera, lasciando soli ragazzo e madre. Si guardarono negli occhi per un decimo di secondo e poi sorrisero contemporaneamente: Alessandro un po' impacciato ma felice e Cristina finalmente con il cuore traboccante di contentezza per la figlia;  aveva davvero sperato che a Pisa trovasse un po' di tranquillità, qualche amica e magari l'amore, e così era stato. Trasferirsi era stata una delle scelte più intelligenti che avessero mai potuto fare, adorava vedere la sua bambina con il sorriso sulle labbra, anche se qualche settimana prima sembrava caduta in un tunnel depressivo, probabilmente prima di chiarire con il ragazzo davanti a lei. Ora, però, sembrava tutto sistemato e non c'era cosa migliore del vedere due giovani innamorati, perchè era sicura che lo fossero.
-Vuoi accomodarti?- gli chiese, mentre dalla camera della figlia provenivano rumori sospetti: probabilmente stava mandando all'aria tutto l'armadio per trovare una sciarpa o un cappello.
-Arrivo!- gridò petulante la bionda, mentre faceva a lotta con, appunto, una sciarpa incastrata: voleva coprirsi per non ammalarsi, altrimenti sarebbe stata la fine. Per giunta con la fretta si era dimenticata di prendere le medicine mattutine, e si sarebbe dovuta inventare qualcosa per ingurgitarle senza farsi notare da Alessandro. Ancora non si sentiva pronta per condividere con lui questa parte della sua vita, ma sapeva che prima o poi avrebbe dovuto farci i conti se il loro rapporto fosse evoluto, sia per una questione prettamente salutare, sia per una prettamente di fiducia: basta bugie.
Più e più volte avevano tentato di farle capire che la sua malattia non era qualcosa di cui vergognarsi, ma per un tipo indipendente e orgoglioso come lei era un punto debole da nascondere.
Ricordandosene, infilò anche la pompetta per gli attacchi asmatici nello zaino mentre percorreva il corridoio sistemandosi il cappotto, era stata una sprovveduta a dimenticarsene per tutto quel tempo, solitamente l'aveva sempre con sè.
-Oh, no grazie, si figuri.- rispose il ragazzo in modo educato e facendo attenzione a non urtare nulla mentre scuoteva la testa. Quella mattina si sentiva davvero bene, chissà perchè, e avrebbe avuto la forza e la voglia di correre per tutta la città; si stava schiarendo la voce quando ritornò Lavinia.
-Possiamo andare!- sorrise entusiasta dopo aver trafficato in cucina con le medicine, stando attenta a non farsi notare, e allungò un bacio sulla guancia alla madre, per poi trascinare Alessandro fuori dalla porta. Non vedeva l'ora di restare da sola con lui per poterlo baciare e accarezzare, per sentire il suo profumo e sentirsi calda e protetta dalle sue braccia: l'aveva sognato per tutta la notte e ogni secondo lontana da lui le sembrava una tortura terribile.
-E' stato un piacere signora,- tentò di dire mentre veniva trascinato nel pianerottolo- buongiorno e a presto!- continuò nel frattempo che la ragazza lo spingeva nell'ascensore. Non voleva sembrare maleducato alla madre della propria ragazza ma in realtà anche lui non vedeva l'ora di restare da solo con lei. Era passato troppo tempo dall'ultima volta che aveva assaporato il sapore delle sue labbra.
Cristina sorrise dal tavolo della sala da pranzo, poggiando la guancia su una mano e agitò l'altra in segno di saluto, pensando che come coppia non erano niente male.
Non appena si chiusero le porte dell'ascensore si avventarono entrambi famelici sulle labbra dell'altro, non dando neanche il tempo di provare a protestare. Alessandro le infilò le mani nei capelli, mentre lei gli si stringeva contro, non volendo neanche lasciare il minimo spiraglio tra i loro corpi.
-Come mi sei mancata.- sussurrò tra un bacio e un altro, ansante. Le passò il naso sulle guance e poi sul collo, inspirando a pieni polmoni il suo profumo, si sentiva in Paradiso. La bionda sorrise e aprì lentamente gli occhi, beandosi di quella visione che era lui.
-Anche tu.- rispose baciandogli il collo a sua volta, creando un incastro perfetto; se ne stavano così, immobili nella loro piccola bolla di felicità, incurante che il tempo passasse e che avrebbero dovuto staccarsi. Alessandro rise, stringendola ancora un po' di più e poi la lasciò andare, continuando però a tenerle le mani.
-Buongiorno.- inclinò la testa, sorridendo leggermente. La osservò a lungo, intensamente, mentre si beava della sua bellezza: era qualcosa di straordinario. Gli occhi grigi, i capelli biondissimi e  lentiggini dorate sul naso, quasi invisibili.
-Buongiorno a te.- rispose di rimando la ragazza sospirando. L'ascensore si aprì e arrivarono al pianerottolo, uscirono dal palazzo e una folata di vento freddo li investì; Lavinia si strinse al suo ragazzo e lui la strinse a sè, baciandole la testa. Le prese poi la mano e la portò alla bocca, sfiorandole il polso con le labbra; Lavinia rabbrividì, non tanto per il freddo quanto per quel contatto favoloso e intimo, a cui non era ancora abituata. Avrebbe dovuto farlo presto, decisamente.
Salirono in macchina e parlarono del più e del meno, e anche nei minuti di silenzio si guardavano con occhio innamorato e si sfioravano ogni volta possibile, sarebbero stati una gioia da ammirare. Una volta arrivati a scuola scesero e Lavinia si ritrovò stranamente (oppure no?) agitata, a pensare a cosa avrebbe dovuto fare. Quel tarlo le stava rodendo il cervello, normalmente sarebbe andata per la sua strada, aspettando che qualsiasi altro ragazzo la seguisse o no, non le sarebbe importato, ma con Alessandro era diverso, lei era diversa.  Voleva sentire il suo calore, voleva vederlo sorridere, ridere, e fulminare ogni singola ragazza che avesse osato avvicinarlo. Evidentemente, persa nei suoi pensieri, doveva essersi imbambolata, perchè lui la scosse e le carezzò il dorso della mano con il pollice, la strinse a sè e dissipò ogni suo dubbio con un sorriso malizioso e un 'andiamo amore' sussurrato.

**

Furono la novità della giornata. Qualsiasi studente si voltava a guardarli e, subito dopo il loro passaggio, parlavano tra di loro e si chiedevano come fosse successo. Eppure loro non se ne curavano, continuavano a parlare tranquillamente delle lezioni che avrebbero avuto, stuzzicandosi a vicenda e salutando di tanto in tanto qualche conoscente, o almeno questo Alessandro, visto che lei non conosceva molte persone. Il brutto delle scuole private: pochi alunni, quindi tutti sanno tutto di tutti. Arrivati al loro piano i suoi compagni di classe sorrisero in modo malizioso e alzarono i sopraccigli in modo concitato, dandosi gomitate e facendo allusioni a gran voce, mentre Lavinia arrossiva. Non era da lei vergognarsi di qualcosa, ma in qualche modo probabilmente non si sentiva all'altezza e non voleva essere considerata la nuova arrivata che cedeva al fascino di un bell'imbusto qualsiasi per non rimanere sola, ma Alessandro non era un bell'imbusto qualsiasi, era un ragazzo meraviglioso e fantastico. Problema loro, avrebbero potuto pensare cosa volevano, l'importante era che lui non cambiasse idea sul loro rapporto, non esisteva nè in cielo nè in terra che esterni rovinassero la loro storia.
-Devo andare assolutamente a ripassare un po' di chimica,- proruppe la bionda, iniziando a preoccuparsi.- ieri non ho studiato nulla e se mi interroga sono letteralmente fottuta.
-Va bene piccola, è anche colpa mia, quindi corri a tentare di salvare il salvabile.- la rassicurò tirandola a sè per scoccarle un bacio sulle labbra. Lavinia arrossì ancora di più ma non si tirò indietro, e, ottenuto il suo degno saluto, si defilò in classe, torturando la sciarpa. Dietro la porta c'era Noemi, che la stava aspettando con un ghigno che metteva i brividi, iniziò a ridere in modo psicopatico e a fare piccolissimi saltelli molleggiati, dirigendosi verso i loro banchi.
-Stai iniziando a farmi paura.- la avvertì l'amica, scuotendo la testa.
-Non è vero, lo sai anche tu.- alzò un sopracciglio.- Dai, sù, raccontami!
-Ma se ieri sera siamo state al telefono quasi due ore!- Lavinia appoggiò lo zaino sul banco e si sedette, tentando di ignorare gli sguardi dei loro compagni, le davano i brividi.
-Di questa mattina, stupida! Come si è comportato allora?- chiese in modo ovvio, come se l'amica avesse un deficit della comprensione. Voleva i dettagli, le erano sembrati così dolci!
-Ah. Emh, niente, dai.- arrossì istintivamente, e divenne ancora più rossa di qualche minuto prima, non le piaceva sbandierare la sua vita ai quattro venti, ma non per Emi, bensì per tutte quelle pettegole vicino a loro che facevano finta di nulla ma intanto stavano con le orecchie tese, pronte a captare qualsiasi piccolo dettaglio. Davvero odiose. Arpie.
La mora sembrò capire e uno sguardo piuttosto denso di significati le disse:
-Allora vorrà dire che dopo mi racconterai, intesi?
-Ovviamente.- Noemi assottigliò gli occhi mentre Vì se la rideva silenziosamente.- Fammi studiare ora.
Tre stressanti ore scolastiche e vari messaggi su WhatsApp dopo, finalmente suonò l'intervallo e la bionda si alzò di scatto dal banco, mentre la sua vicina scuoteva la testa.
-Forse ti preferivo musona.- la apostrofò,- Sto scherzando.- chiarì dopo un'occhiataccia.
-Dici che lo devo aspettare davanti la sua classe?- aggrottò le sopracciglia, bloccandosi improvvisamente.
-Ecco a voi Lavinia Rocci, Regina delle Complicazioni, Signori e Signore!- sospirò con aria teatrale l'amica, passandosi una mano sul volto.
-Ma cosa vuoi?- sussurrò la bionda.- E' tutto così nuovo per me.- spostò il peso da una gamba all'altra mentre tutti i compagni di classe si affrettavano ad uscire dall'aula per quei dieci minuti abbondanti di libertà: molti andavano a fumare in bagno, altri ai distributori e altri ancora semplicemente passeggiavano per i corridoi spettegolando.
-Era solo una battuta, ma dove ce l'hai il senso dell'umorismo?- Noemi mise il muso per finta.
-Non vuoi che ti risponda davvero.- insinuò la bionda con un sorriso birichino.
-Okay.- entrambe scoppiarono a ridere da sole, mentre si accingevano a varcare la porta.
Al diavolo tutto, pensò Lavinia, mi comporterò di conseguenza. Non credo che gli dispiacerà vedermi.
Non appena uscì dalla classe trovò il ragazzo appoggiato alla parete di fianco alla porta, in sua attesa, bello come sempre. Anzi, forse più di sempre, con quel sorriso vago ad illuminargli il viso.
-Ehi, finalmente.- le disse avvicinandosi.- Credevo foste morte là dentro.
-Ti sarebbe piaciuto eh?- sorrise indulgente la mora.
-Oh Emi, per favore.- alzò gli occhi al cielo Ale, afferrando la mano della sua ragazza e facendo un cenno con la testa verso i distributori.
-Mi accompagnate? Non ho preso il caffè stamattina.- le informò, districandosi nel 'traffico' adolescenziale del corridoio del loro piano.
-Come mai?- chiese Vì, perplessa.
-Sarei stato in ritardo per venirti a prendere.- confessò con sguardo colpevole Catini.
-Non ci provare mai più! Mangia la mattina, o ti picchio!- lo intimorì con uno sguardo piuttosto incazzato.- Hai capito?- continuò picchiettando il dito sul petto del ragazzo.
-Sì Capo!- sorrise Alessandro e si chinò a darle un bacio con lo schiocco, mentre aspettava che la macchinetta erogasse la bevanda. Proprio in quel momento sentirono un fischio di apprezzamento e si girarono sorpresi: Paolo stava arrivando, e il suo viso era una maschera insondabile. Li aveva innegabilmente visti. Ah. E adesso? Cioè, non che avrebbe dovuto preoccuparsene, però insomma, le dispiaceva che fosse venuto a saperlo così.
Mano a mano che il ragazzo avanzava, il suo passo si faceva sempre meno sicuro e la presenza di Ale accanto a lei diventava sempre più imponente, e Lavinia sentiva crescere un panico irrazionale. Per cosa poi? Ridicolo. Non c'era nulla per cui essere agitati.
-Buongiorno, ragazzi. Come va? Ci sono novità?- inarcò il sopracciglio destro, invitando gli amici a dissentire o a metterlo al corrente di eventuali novità. E che novità. Aveva visto Alessandro quella mattina, aveva osservato i suoi occhi gioiosi e il suo sospiro felice, scrutando il suo messaggiare frenetico e sentito le voci che giravano per la classe. Si era fatto molte domande, ed ora, con tutta probabilità, era arrivato il momento delle risposte.
Intanto si erano avvicinati anche Giovanni e Riccardo, appena usciti dal bagno, portando un vago sentore di fumo e risate. Paolo aveva un viso che era tutto un programma, e l'aria si era caricata di elettricità. Troppe persone vicine, e contrastanti.
-Oh, nulla, a parte che Vì e Ale devono offrirmi una bella cena con i controfiocchi.- sorrise Noemi, cercando di smorzare i toni, avvertendo la tensione.
-E come mai?- sorrise l'amico, non volendo sentire davvero la risposta. Era successo l'inevitabile, dunque? Si erano giurati amore eterno? Non aveva più speranze con lei?
-Perché io ho sempre detto che si sarebbero messi insieme!- rispose con fare ovvio la mora, come se avesse detto che il cielo era azzurro e le rose rosse. Niente di più facile.
-Ah, quindi... state insieme?- chiese infilando le mani in tasca e gonfiando il petto. Fissò Alessandro negli occhi e fu come se tutti avessero smesso di respirare e i rumori si fossero attutiti, nonostante si trovassero in pieno corridoio e fosse in corso una ricreazione con i controfiocchi. Si fronteggiarono con lo sguardo e Catini non mollò neanche un secondo. Alla fine il bip che annunciava che il caffè era pronta interruppe quella gara di sguardi, e Lavinia sorrise, imbarazzata.
-Già.- proruppe Alessandro, spavaldo, mettendo il braccio sulle spalle di Vì. Era stupido, e lo sapeva, ma aveva bisogno di marcare il territorio quanto più possibile dopo quello che era successo con il suo amico. Dopo anni passati ad essere inseparabili era bastata una semplice ragazza a dividerli, e nessuno dei due se ne capacitava, ma ormai la frattura era stata fatta. E non si sarebbe fatto sfuggire Lavinia, dopo le insinuazioni di Paolo. Affatto.
-Sì.- sorrise la bionda, guardandolo con occhi luminosi. Nulla avrebbe potuto scalfire la sua felicità, e Paolo lo sapeva, inoltre, non voleva farla soffrire, così sorrise (forse in modo troppo arrogante) e li salutò, dileguandosi:
-Auguri e figli maschi allora, ragazzi.- augurò loro sarcastico con un cenno del capo, svoltando l'angolo, mentre una smorfia gli deturpava lentamente il volto. Non ci credeva. Alessandro c'era riuscito. Nonostante il suo comportamento da stronzo l'aveva conquistata, mentre lui che era sempre stato gentile e accomodante con lei, l'aveva aiutata in matematica e l'aveva fatta sorridere quando era triste era rimasto fregato. Scosse la testa: era proprio vero, più le trattavano male più loro li volevano.

**

La settimana passò in fretta e per Lavinia e Alessandro fu tutta da scoprire: i loro telefoni chiedevano pietà, in quanto presi d'assalto ventitrè ore su ventiquattro, e le loro labbra erano sempre più gonfie di baci e sorridenti. La ragazza ancora non ci credeva, le sembrava di vivere in un Mondo ovattato, o peggio ancora, in un fantastico sogno e aveva il terrore di potersi svegliare da un secondo all'altro, di scoprire che niente di tutto ciò era realmente accaduto, che lei si trovava ancora triste e sola a riempirsi la testa di pensieri oscuri e lacrime trattenute.
Invece era tutto vero. Lo stava vivendo. Viveva Alessandro.
E non c'era cosa migliore.
Era tutto così fantastico con lui, rendeva ogni singola cosa migliore, la colorava.
Aveva bisogno di colori, e lui c'era. Sempre.
Come quando il sabato la portò al cinema e non seguirono neanche mezzo secondo del film che avevano scelto di guardare, troppo occupati a ridere e a baciarsi, in perfetto stile adolescenziale. Era stato un pomeriggio perfetto, che le aveva fatto tornare la mente a quell'uscita di diverse settimane prima durante la quale lui le si era seduto accanto e con un semplice sussurro, 'If you want', le aveva aperto un mondo intero pieno di possibilità. Quella volta però era stato diverso, e la mano stretta nella sua lo confermava: niente più ripensamenti, niente più dubbi. Niente più lacrime.
Quando la portò a cena in un piccolo pub arrivò il primo momento sbagliato dell'intera giornata. Alessandro aveva sempre saputo che c'era qualcosa che non andava sotto il punto di vista salutare fin da quando l'aveva soccorsa a scuola, ma non ne avevano mai parlato. Quando però lei diventò più pallida del solito e si appoggiò allo schienale della sedia riprendendo fiato mentre una fitta le scuoteva il petto, iniziò seriamente a preoccuparsi e gli sembrò opportuno parlarne. La affiancò immediatamente massaggiandole la schiena e scostandole i capelli dal viso, cercando di farla calmare; Lavinia indicò la borsa tremante e quando gliela ebbe passata iniziò a cercare freneticamente la pompetta asmatica e aspirò due volte, cercando di tenere a bada gli spasmi che la squassavano da capo a piedi. Il ragazzo, dal canto suo, non sapeva che fare e continuava a ripetere parole senza senso.
-Vì? Ehi? Come ti senti? Ehi? Ti prego, che devo fare? Vuoi dell'acqua? Riesci a respirare?- diceva in un crescendo di isteria, mentre la ragazza piano piano si calmava e respirava nella tipica maniera che le avevano insegnato. Era stato inaspettato e adesso avrebbe dovuto dargli delle risposte, perchè, ne era sicura, ci sarebbero state molte domande. Nel frattempo che i suoi delicati polmoni riprendevano lentamente aria, la sua mente iniziò a viaggiare in modo frenetico e calde lacrime fecero capolino dagli occhi. Alessandro inaspettatamente fu invaso da una scarica di adrenalina e riacquistò in modo immediato il sangue freddo che era scomparso nel momento in cui aveva visto la sua ragazza sentirsi male.
-Ehi, calma, va tutto bene. Tesoro non piangere, ti prego.- Il ragazzo le accarezzò la guancia.- Ti senti meglio? Riesci a respirare?- La ragazza annuì piano ed estrasse il flacone di pillole che teneva sempre nella borsa per le emergenze. Provò, con scarso risultato, ad aprirlo e quando non ci riuscì a causa delle mani tremanti e sudate, scoppiò in un piccolo pianto disperato, attirando lo sguardo del cameriere che chiese loro se avevano bisogno di aiuto. Alessandro scosse la testa congedandolo e prese il viso di Lavinia tra le mani, le asciugò le lacrime dalle guance e le baciò la fronte.
-Shh.- le sussurrò- Calmati, ci sono qui io.- le ripetè come un mantra finchè lei non si calmò davvero, poi prese il flacone e lo aprì senza esitazioni.- Quante te ne servono?- le domandò versandole dell'acqua nel bicchiere e tamponandole il tovagliolo sugli zigomi ancora bagnati. Lavinia tirò su con il naso e si schiarì piano la voce:
-Due.- sillabò respirando ancora una volta con due respiri brevi e uno lungo. Quando le capitavano attacchi del genere era abituata a cavarsela da sola, nella peggiore delle ipotesi era aiutata dai suoi genitori. Si sentiva spossata e confusa. Mai un'altra persona, esclusi medici e infermiere, l'avevano aiutata e non riusciva a perdonarsi l'attacco davanti al suo ragazzo. Cosa gli avrebbe detto ora? Cosa avrebbe pensato di lei? Avrebbe iniziato a comportarsi in modo compassionevole? L'avrebbe lasciata?
Eppure, guardandolo porgerle l'acqua e le pillole, sembrava avere lo stesso sguardo di sempre, solo leggermente più preoccupato e ombroso. Si sbrigò a ingollare il tutto e respirò a pieni polmoni per saggiarne la resistenza dopo la crisi. Sembravano reggere bene. Grazie a Dio.
Ma dove era il suo Dio quando le capitavano cose del genere? Non la osservava da lassù e non provava un minimo di compassione? Non aveva voglia di aiutarla e di evitarle il peggio?
-Hai ancora fame?- le chiese dolcemente carezzandole la mano sopra il tavolo, dopo essersi riseduto al suo posto.- Allora?- continuò, notando che lei non accennava a rispondere.
-Non molta...- borbottò contrariata, riponendo tutto nella borsa.
-Dovresti mangiare qualcosina però.- Alessandro la guardò scoraggiato, cercando di riunire le idee e dar loro un senso. L'unica cosa che contava al momento era la salute di Vì e comprendere cosa era accaduto per poi trovare una soluzione o, almeno, parlarne.
-Non ho bisogno della balia!- proruppe acida la bionda, alzando lo sguardo. Si sentiva ferita, probabilmente perchè con quella frase il ragazzo aveva innescato la bomba: proprio quello che non voleva, che lui la trattasse come una malata. Poteva già sentire la pietà trasudare dal suo tono di voce ed era la cosa che più la feriva al Mondo: mai, mai avrebbe voluto ciò ed era per questo che non gli aveva detto della sua malattia. Ora, capendo quanto davvero contasse l'opinione nei suoi confronti, si sentiva messa a nudo. Certo, gliel'avrebbe detto prima o poi, ma non così presto: aveva bisogno di altro tempo, sia per elaborare il modo in cui l'avrebbe comunicato, sia per preparare mentalmente e psicologicamente se stessa. Adesso si sentiva delusa, triste e senza forze. E quando si sentiva così iniziava ad essere cattiva ed acida, rischiando di ferire le persone intorno a lei, proprio come aveva tentato di fare in quel momento. Alessandro si bloccò, interdetto, e aggrottò le sopracciglia mentre a poco a poco capiva il perchè del comportamento della ragazza.
-Non parlarmi così.- scosse la testa lentamente e la guardò fisso negli occhi.- Lo dico perchè tengo a te, non per farti da balia o altro. Permetti che sia un po' preoccupato, eh?- ribattè in modo più duro. Non si sarebbe di certo lasciato trattare male ogni volta che sarebbe successo qualcosa relativo alla sua salute, era meglio metterlo subito in chiaro.
-Scusa. Non volevo.- ammise mortificata. Non ne combinava una giusta, era inutile.
-Direi che è giunto il momento di parlare, che ne dici?- provò il ragazzo, prima che l'atmosfera si facesse ancora più pesante e iniziassero i fraintendimenti. Lavinia lo guardò negli occhi, sospirò e, abbassando lo sguardo, prese coraggio, sapendo che non aveva più scelta. Aprì la bocca, ma un groppo in gola le fece trattenere le parole. Come avrebbe fatto?
Per caso c'era una guida? Come si comunicava alla persona che amavi che eri malata?
-I-io...- si bloccò e scosse la testa, fissando il tovagliolo sul tavolo. Doveva dirglielo. La sua reazione le avrebbe fatto male, ma aveva il diritto di sapere. Se lui avesse avuto una malattia, lei al suo posto avrebbe voluto saperlo ad ogni costo. Sospirò, e scandì ad alta voce le parole che le avrebbero cambiato la vita.
-Io ho un enfisema.
Chiuse le mani a pugno e incanalò lì tutta la tensione che le stava montando in corpo.
Non sapeva cosa aspettarsi ed essere impreparata non era una cosa che le capitava frequentemente.
Alessandro, dal canto suo, rimase paralizzato sulla sedia, la schiena contratta e lo sguardo fisso su Lavinia. Un enfisema? Non aveva idea di cosa fosse, ma dalla sua reazione non sembrava qualcosa di leggero. Per un attimo desiderò essere uno di quelli sempre informati, che sapeva ogni cosa, per togliersi dall'imbarazzo di chiedere cosa mai fosse.
La bionda trovò il coraggio di sollevare gli occhi e incontrare quelli di Alessandro, e spiegò:
-Ho un enfisema polmonare. Praticamente i miei polmoni sono a rischio costante di collasso.- sorrise, cupa. Era una semplificazione assurda della sua malattia, ma essenzialmente era il succo del discorso.
-Cosa?- era scioccato. Voleva dire che poteva... da un momento all'altro?
-Già. La cosa positiva è che non è allo stadio più avanzato, quindi non devo andare in giro con una bombola di ossigeno per il rischio d'ipossia. Ma sono a rischio costante. Non posso farci nulla, oltre che a qualche cura palliativa. Però potrebbe peggiorare.- Disse sincera e sganciò la bomba:
-Potrei morire.
-Non dirlo.- sibilò Alessandro. Non poteva neanche pensarci, non era minimamente concepito dalla sua mente il fatto che lei potesse morire, non ora almeno. Era giovane e piena di vita, aveva ancora mille cose da fare e esperienze da provare. Il suo sorriso migliorava le giornate e la sua risata era balsamo per il suo cuore. Era lei il suo cuore. Cosa avrebbe fatto senza il suo cuore?
-E' così.- tentò di fargli capire. Doveva entrare in quell'ottica, non poteva sperare inutilmente.
-Non è vero.- si intestardì lui. Avrebbe trovato il modo, non gliel'avrebbero strappata ora che l'aveva trovata. Non aveva ancora metabolizzato il tutto e freddi brividi scendevano lungo la schiena.
-Sì, invece.- ribattè dura Lavinia. Basta negare!
-Non...- milioni di pensieri si affollavano nella sua mente, non sapeva cosa dire, non sapeva cosa fare, non riusciva neanche a respirare, paradossalmente.
-Sai cosa ho fatto appena ho saputo di essere malata?- lo interruppe.- Ho googlato il nome della malattia, e ho scoperto non so quanti personaggi famosi morti di enfisema. Non volevo crederci. Me l'avevano posta come una situazione blanda, poi invece ho scoperto tutte le possibili complicazioni. Potrebbe peggiorare, di molto.
-E le cure? Insomma, si cura, no?- gli mancò il fiato, spaventato.
-La terapia può arrestare la progressione dell'enfisema ma non può far scomparire le lesioni già presenti. I miei polmoni rimarranno per sempre danneggiati, ce ne siamo accorti troppo tardi.
-Come, c-come ve ne siete accorti? No, scusa, non-
-Tranquillo.- lo rassicurò, ormai l'argine era rotto e le parole uscivano come un fiume in piena, non le sembrava vero poterne finalmente parlare con qualcuno.- Il primo sintomo è stato il fiato corto. Non sono mai stata una tipa atletica ma ho iniziato ad avere delle piccole crisi che interferivano con la vita di tutti i giorni, così, dopo qualche mese mia madre mi ha portato dal medico, dopo aver notato che avevo le unghie bluastre, uno dei sintomi.
Alessandro rimase in silenzio, non sapendo cosa dire in una situazione come quella. Si limitava a fissarla intensamente, riempiendosi del suo volto, dei suoi capelli e di tutta la sua figura.
-Ho fatto esami su esami, non avevano idea di cosa fosse, hanno persino avuto paura che fosse cancro...- la voce le si incrinò, al ricordo di quelle terribili settimane e il ragazzo, già provato dalla notizia, sbiancò ulteriormente, aggrappandosi al tavolo fino a far sbiancare le nocche.- Invece hanno scoperto che era un enfisema. Erano felicissimi, io un po' meno, nonostante fossi ovviamente sollevata che non fosse cancro.
Il ragazzo scosse la testa, come se un peso gravasse su di lui e stesse tentando di liberarsene.
-Ne vuoi sapere di più? Il mio tipo di enfisema solitamente è legato all'assunzione di marijuana, tabacco, fumi industriali o polvere di carbone, invece il mio dal deficit di una proteina. Non ce ne è abbastanza nel mio corpicino e la devo assumere tutti i giorni.
-Ti fa stare meglio?- sussurrò speranzoso. Da quando l'aveva conosciuta le sembrava più in salute, anche se di poco. Era un buon segno, no?
-Insomma. Inoltre ho sempre con me i miei fidatissimi broncodilatatori,- agitò le pillole che aveva preso da poco.- rilassano le vie respiratorie e mi aiutano, anche se non sono molto efficaci. In generale sono per chi ha l'asma, ma io ne assumo in dosi da cavallo.- alzò il sopracciglio e rise, cercando di sdrammatizzare. Odiava quelle pillole, ma in più di un'occasione le avevano salvato la pelle.
-Ti stanca?- che domanda sciocca, se ne accorse solo dopo averla posta.
-Quando mi sento spossata devo assumere ossigeno in modo da rifornire il corpo in maniera totale.
-Non ti ho chiesto cosa devi fare, ma come ti senti.- aveva tentato di rigirare la domanda ma non glielo avrebbe lasciato fare. Era astuta, ma lui lo era quanto lei. La ragazza si irrigidì.
-Male. Era questo che volevi sentirti dire? Volevi che lo ammettessi? Ora sei contento?- alzò un po' la voce, aggredendolo verbalmente. Non capiva che stava solo cercando di far uscire tutta la rabbia repressa che aveva in corpo.
-Voglio solo capire cosa ti passa per la testa.- le fece notare, ritrovando il controllo.
-Oh, non anche tu! Hanno cercato di farmi entrare in un gruppo di auto-aiuto, sai? La scena più ilare del secolo. Avresti dovuto vedermi, ero così arrabbiata in quel periodo.- sorrise.
-Penso sia normale.
-Più che altro ero arrabbiata con Dio, ecco. Poi la cosa peggiorava, ci si mettevano anche tutti quelli che mi circondavano con i loro sguardi compassionevoli e i "Come stai Lavinia? Ti serve qualcosa Lavinia? Tesoro, non stare così! Sù con la vita!", ma cosa pretendevano facessi? Che saltassi ovunque come un grillo, sprizzando felicità da ogni poro dopo aver saputo di essere malata?
-Non devi giustificarti. Non posso dire che so di cosa stai parlando, ma posso immaginarlo.
-Grazie.- torturò l'orlo del top che indossava.- Ed ora?
-Ed ora cosa?- alzò un sopracciglio. Non sarebbe cambiato nulla, ovviamente. Ma sapeva di doverla rassicurare.- Sono contento che tu ti sia confidata con me.- le prese una mano e le accarezzò dolcemente il dorso, per stabilire un contatto con lei.
-Mi sono tolta un peso enorme, ad essere sincera.- sussurrò imporporandosi e fissando l'intreccio sul tavolo, mentre il cameriere arrivava con le loro ordinazioni. Non poteva crederci, l'aveva presa meglio di quanto avesse potuto immaginare!
-Avevi paura?- le domandò, mangiando un pezzo di pane.
-Ne ho ancora.- lo guardò e sorrise sghemba, constatando l'ovvio. Bhè, l'ovvio per lei.
-Perchè? Sono qui.- la rassicurò ancora una volta, baciandole il palmo e premendoselo contro la guancia calda. Le mani le tremavano mentre entravano a contatto con la sua pelle vellulata e leggermente ispida a causa dell'accenno di barba.
-Non scapperai a gambe levate?- chiese con gli occhi che si facevano lentamente lucidi.
-Dovrai cacciarmi tu. Fino a quel momento nulla mi impedirà di essere al tuo fianco.- scosse il volto e strinse ancora di più la mano contro di lui. Il 'ti amo' non serviva, i loro sguardi comunicavano tutto e dopo quelle confessioni così importanti le parole erano superflue.
-Sai come sono fatta. Non sarà facile.- lo avvertì per l'ennesima volta, quasi a volersi autosabotare, ma non voleva che lui avesse dei ripensamenti o potesse pentirsi in seguito. Alessandro chiuse lentamente gli occhi, intrecciò le loro mani e con il pollice le sfiorò le vene nell'interno del polso, facendola ricoprire di brividi da capo a piedi. La sua voce era roca, sia dalla commozione che dalla magia:
-Non importa. Ci riusciremo. Ho grandi speranze.
 



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Buonasera. Sono qui ad un anno di distanza dall'ultimo aggiornamento e mi sento decisamente in imbarazzo. Non posso e non voglio giustificarmi, sappiate solo che la vita non è facile e le mie priorità sono cambiate. Tra studio, impegni vari e problemi non mi è stato possibile mettermi con calma a finire questo capitolo fondamentale. Non volevo forzarlo, visto che è il fulcro di tutta la storia e devo dire che ne sono abbastanza soddisfatta. Avevo iniziato a scriverlo più di un anno fa, poi l'ho ripreso piano piano, una riga alla volta quando avevo tempo, e finalmente oggi sono riuscita a concedermi una giornata di riposo e scrittura. Ora ho un'emicrania spaventosa ma ne è valsa la pena. Spero ci sia ancora qualcuno disposto a leggere questa storia senza pretese, a far vivere i miei bambini e ad emozionarsi con loro.
Voglio ringraziare con tutto il cuore Angela, che nonostante la mia latitanza non ha smesso un attimo di spronarmi ed attendere, spero sarai ricompensata con questo enorme capitolo fluffissimo tesoro, è tutto per te, lo meriti più di chiunque altro.
Finalmente sapete cosa ha Lavinia e come sta evolvendo il loro rapporto, che adoro.
Vi lascio alcune informazioni sull'enfisema polmonare, ricordate che non sono una studentessa di medicina o un medico, quindi mi sono solo documentata a fondo. Non prendete per oro colato le seguenti spiegazioni, eh, che inoltre sono semplificate per fare in modo che tutte possiate capire più o meno in cosa consiste. Dunque:
L'enfisema polmonare è una patologia che interessa i polmoni e viene classificata tra i tipi polmonari ostruttive. Si verifica quando gli alveoli perdono man mano funzionalità e diminuisce anche la quantità di ossigeno che va a finire nel sangue. E' caratterizzata da dilatazione degli spazi aerei a valle dei brionchioli terminali, distruzione delle loro pareti e assenza di evidente fibrosi, cioè mancata ricostruzione di un danno tissutale.
La lesione essenziale è la rottura dei setti interalveolari, causando il parziale collasso delle aree sane circostanti. La carenza ereditaria di alfa1-antitripsina, una proteina,  predispone allo sviluppo dell'enfisema. Per questo i malati devono assumerla quotidianamente.

I sintomi principali sono la dispnea (respirazione faticosa con conseguente rischio di collasso polmonare) ed espirazione forzata, oltre a tosse, respiro sibilante e mancanza di ossigeno frequente. 
Gli esami fatti da Lavinia sono la radiografia toracica e tomografia computerizzata (TAC), oltre a vari esami del sangue. Penso sia tutto.
Grazie a chi ha letto questo capitolo conoscendo già la storia e a chi è capitato qui per caso.
Scrivere per me è una gioia ma purtroppo non sempre miè possibile. Credo che avrò più tempo in futuro, anche se ne dubito. Non so dirvi con esattezza quando arriverà il prossimo capitolo ma state sicure che arriverà. Non posso lasciare questa storia incompiuta. Fidatevi ;)
Spero che qualcuno abbia voglia di farmi sapere cosa ne pensa e la storia vi è piaciuta fino ad ora.
Se volete contattarmi potete farlo su Twitter, dove potete trovarmi 24 ore su 24! 
Un bacione immenso care,
Athena xx
   
 
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