Direi che ci sta un “nelle puntate precedenti” visto tutto il tempo che è
passato dall’ultima volta che ho aggiornato:
Emma e Charles si devono sposare
per volere dei genitori; l’una perché ha la famiglia indebitata fino al collo
(il padre, prima di morire, giocava d’azzardo), l’altro perché glielo ha
imposto il padre – amico del simpaticone che giocava d’azzardo – ed è troppo “figo” per mettersi a discutere per una sciocchezza di poco
conto come un matrimonio. Quindi accetta di sposarla e
basta, anche per non essere diseredato.
Emma, in passato, ha avuto una
cotta per lui, mentre Charles, al contrario, non l’ha mai considerata, se non
per deriderla quando erano bambini per il fatto che lei leggesse sempre e
“parlasse” con gli animali (Lo faccio anche io, tra l’altro. Il mio gatto ne è stufo). Quindi ora si ignorano
amabilmente.
Nel capitolo precedente si
parlava di un ballo, ricordate? Emma e Moira, la cognata, sono
andate in paese a comprare delle stoffe e hanno incontrato Lady Eveline Crampton, amore impossibile
di George, l’amico di Charles – sì, incredibile ma
vero, Charles ha un amico che lo sopporta.
Questo capitolo sarà incentrato
solo sul ballo, pronte? Via.
Chapter 4. The ballroom dancing
Aveva già visto più e più volte
la sala in cui si svolgeva il ballo degli Shaftesbury,
ricordava perfettamente di essersi nascosta sotto uno
dei tavoli che ora erano posizionati vicino a una parete per sfuggire ai
rimproveri di sua madre, da bambina. Era come se non ci avesse mai messo piede,
tuttavia: rimase minuti interi a fissare la scena, estasiata e terrorizzata
allo stesso tempo. Delicate tende bianche, fluttuanti e quasi impalpabili nella
brezza estiva, facevano da contrappunto ai pesanti tendaggi di broccato che
incorniciavano le finestre. Sprazzi di un giardino fresco e illuminato solo da
qualche torcia si intravedevano tra il tessuto chiaro,
un giardino in cui avrebbe disperatamente voluto scappare. Le candele che
illuminavano la sala coloravano ogni cosa con una leggera tinta dorata che
faceva risaltare il biancore dei volti, la lucentezza degli abiti, lo sfarzo
dell'arredamento. Al centro della stanza, in un turbinio di stoffe colorate,
alcune coppie già danzavano sulla musica allegra di un'orchestrina, quasi
nascosta in un angolo. Sopra la musica si levava qualche risata acuta, subito
nascosta dall'ondeggiare di un ventaglio, dal movimento rapido di una mano guantata.
Nel momento in
cui fece il suo ingresso in quell’enorme salone, Emma percepì distintamente lo
sguardo di ogni presente posarsi su di sé.
Il
vestito stretto nei pugni delle mani, il petto che si alzava ed abbassava
ritmicamente contro il bustino troppo stretto, e il battito del cuore
irregolare e rumoroso, almeno alle sue orecchie. Riusciva a sentirlo nitidamente
nonostante la musica ed il chiacchiericcio intorno a lei.
Cercò di
contenere il tremore delle gambe mentre faceva la
riverenza di fronte a gentiluomini e nobildonne che cortesemente si
avvicinavano a salutarla o le venivano presentati, ma ogni volta che rialzava
la testa avvertiva un leggero capogiro. Le guance le scottavano e l’aria le
mancava, nonostante più di una finestra ai lati del salone fosse aperta.
Era la prima
volta che partecipava ad un ballo di quelle dimensioni da fidanzata. Avrebbe
dovuto essere una liberazione per lei: il fatto che fosse ufficialmente
impegnata avrebbe sicuramente tenuto alla larga pretendenti
indesiderati, eppure si sentiva tremendamente irrequieta.
Era
presente gran parte
della nobiltà inglese, tra cui il Duca e la Duchessa di Greyton e Lord Hertman
e Lord Cosgriff, due dei più ambiti scapoli di Londra.
Per quanto si guardasse intorno, però, non riusciva
proprio a scorgere la figura di Lady Eveline Crampton. La cosa la tranquillizzava immensamente, contando
che non aveva alcuna voglia di incontrarla e salutarla in
presenza del suo futuro sposo.
Si accorse per
sua sfortuna di essere rimasta uno dei più ghiotti pettegolezzi mormorati
dietro ai ventagli delle signore, lei e il suo imminente matrimonio con il
figlio del Marchese di Winchester.
Sospirò con
rassegnazione: doveva abituarsi, sarebbe stato così per i mesi successivi. Inoltre,
quello era il primo ballo a cui partecipavano entrambi, quindi era comprensibile
che l’attenzione fosse puntata su di loro.
Proprio quando
stava per rilassarsi e rendere più spontaneo il suo sorriso, i suoi occhi
notarono il giovane di bell’aspetto che, a passo sicuro, si stava dirigendo
verso lei e sua madre.
Deglutì a
vuoto e si guardò istintivamente intorno, sperando fino all’ultimo che Charles
Wilkinson deviasse la sua attenzione su qualcuno nelle vicinanze o alle sue
spalle. Così non fu, purtroppo per i suoi nervi.
Aveva
un’espressione rilassata e sicura di sé sul volto, il portamento altezzoso ma
impeccabile come sempre, un sorriso appena accennato e chiaramente di facciata.
Niente di malizioso o esagerato, una piccola curva all’insù delle labbra che
non contagiò in alcun modo gli occhi.
Come avrebbe
voluto essere altrettanto brava a dissimulare qualsiasi emozione, così
impassibile e tranquilla.
Lord Wilkinson
si fermò a porgere i suoi saluti a sua madre, momento di cui Emma approfittò
per cercare di calmare il respiro e il battito.
Dopo aver
scambiato i consueti convenevoli con Lady Wimsey,
Charles le si avvicinò per prendere la sua mano guantata e posarci sopra le labbra. Fu
silenziosamente grata della presenza del guanto, un contatto diretto l’avrebbe
certamente infastidita.
Prese tempo e
nascose una smorfia dietro al ventaglio, per poi scansarlo e forzare il miglior
sorriso del suo repertorio.
Falso,
bugiardo, ipocrita, borioso, arrogante e superficiale Charles Wilkinson. Era
talmente presa da quella serie di aggettivi gradevoli
da rivolgere al suo futuro marito, che non ascoltò una parola di quello che
disse. Quando lui inarcò un sopracciglio, presumibilmente in
attesa di una risposta, la ragazza si ritrovò a boccheggiare incerta. Chiedergli
di ripetere era fuori discussione, solo una sciocca non
avrebbe udito e compreso le sue parole ad una distanza così ravvicinata.
Sarebbe risultata terribilmente svampita. Cielo,
perché si distraeva così spesso? Distratta ed impacciata; si era sempre sentita
fuori luogo a quegli eventi.
Rimase in
silenzio per cinque lunghi e imbarazzanti secondi; era pronta a giurare che, se
avesse potuto voltarsi a guardare sua madre, avrebbe letto terrore puro nei
suoi occhi.
Sbatté le
palpebre e si riprese, giusto in tempo per azzardare una risposta consona a
qualsiasi tipo di frase rivolta da un uomo. -Vi ringrazio.-
Allargò lentamente il sorriso, tentando di addolcirlo e di non farlo
sembrare un ghigno ben poco signorile. Sia che le avesse
fatto un complimento, cosa molto probabile, sia che le avesse detto che
era un piacere incontrarla di nuovo, cosa ugualmente probabile, la sua risposta
non sarebbe sembrata fuori luogo.
-È un piacere
rivedervi- Mormorò incerta, benché un piacere non lo fosse
affatto.
Con la coda
dell’occhio vide sua madre rilassarsi al suo fianco, perciò dedusse di non aver
detto nulla di sciocco. Fortunatamente.
-Certamente
non quanto lo è per me rivedere voi.-
Hm. Era preparato e bravo con le frasi ad
effetto, doveva concederglielo. Chissà a quante dame doveva averlo già
detto, si ritrovò a pensare.
Era così falso
e costruito. Non che conoscesse un solo nobiluomo spontaneo e credibile, a
parte suo fratello, ma se ci fosse stata una classifica degli uomini più falsi
d’Inghilterra, Emma avrebbe sicuramente messo al primo posto il suo fidanzato.
Sua madre si
lasciò sfuggire una risatina stridula e mosse la mano davanti
a sé con finta modestia, quasi quella frase fosse stata rivolta a lei e non
alla figlia. Santo Cielo, che situazione ridicola. Quanto
avrebbe voluto congedarsi e lasciare loro due a quelle frasi di rito, spontanee
e genuine quanto il gesto altruistico di
un gentiluomo che sentiva l’improvviso bisogno di offrire dei soldi in
beneficenza, per pura coincidenza proprio nel momento in cui aveva l’attenzione
dei giornali e della nobiltà inglese su di sé.
Probabilmente
avrebbe dovuto reagire come sua madre: ridere in modo ridicolo e ringraziare,
ma lei non era sua madre. Piegò il capo di lato con fare ingenuo e sollevò un
sopracciglio. -Non vi sembra di essere un po’ presuntuoso ad insinuarlo? Non
trovate, inoltre, che la vostra precisazione sminuisca le mie parole?-
Sua madre
stava per avere un collasso, ne era certa. Diventò improvvisamente rossa ed
iniziò a sventolarsi violentemente con il ventaglio, guardandosi intorno allarmata per assicurarsi che nessuno avesse sentito il tono
oltraggioso e sgarbato di sua figlia. -Emma!- Sussurrò,
gonfiando le guance.
Charles,
invece, non si scompose minimamente, anche se, benché solo per un secondo, ad
Emma parve di scorgere un lampo di stupore attraversare
i suoi occhi.
Se era vero
che aveva già utilizzato diverse volte quella frase, quel che era ancora più certo
era che nessuna nobildonna gli aveva mai risposto in quel modo. Non se lo
aspettava e la cosa la fece gongolare interiormente.
-Non era mia
intenzione offendervi. Vi chiedo di scusarmi se avete percepito le mie parole
come un tentativo di vanificare il significato delle vostre.- Assottigliò lo
sguardo, forse leggermente infastidito.
Meraviglioso.
In qualche modo sentiva che se lui si fosse innervosito, lei avrebbe
potuto rilassarsi. Sorrise per quella piccola vittoria, questa volta in
modo molto più istintivo. -Siete perdonato.-
Se si fosse
vista dall’esterno si sarebbe certamente vergognata
del modo in cui stava sorridendo e sbattendo le ciglia, come una qualunque sua
coetanea in cerca di un buon partito da accalappiare.
Il colorito di
sua madre tornò ad una tonalità più normale e salutare, ma l’espressione di
rimprovero non abbandonò il suo volto.
-Bene, bene-
Borbottò tra sé e sé, facendosi aria e lasciando scorrere lo sguardo dall’una
all’altro.
Lord Wilkinson
inclinò di poco la testa e stese le labbra nell’ennesimo sorriso di circostanza,
guardandola di sottecchi in un modo che, se fosse stata ancora una
quattordicenne ingenua, l’avrebbe certamente fatta arrossire. -Spero mi
concederete l’onore del primo ballo.-
Riapparso il
sorriso del Lord, scomparve quello della giovane. Non aveva possibilità di
scelta, sapevano entrambi che, in quanto fidanzati, il primo ballo avrebbero dovuto riservarlo l’uno all’altra.
-Naturalmente- Replicò, senza nemmeno sforzarsi di
mostrarsi entusiasta.
Fu lieta di vederlo
congedarsi qualche minuto dopo, non avrebbe retto ancora per molto quella vicinanza.
-Emma, non mi piace il tuo atteggiamento con
Charles! Sai bene come stanno le cose, è il figlio di un Marchese, il suo
titolo…- Ci mancava solo un altro rimprovero. Stando
attenta a non farsi notare, fece roteare gli occhi verso
il soffitto e si chiese mentalmente per quanto sua madre sarebbe stata capace
di andare avanti.
-Sono
stata chiara?- Approfittò
di quel momento per rispondere svelta: “Certo”, prima che ricominciasse a
sgridarla per la sua scarsa attenzione.
-Bene.-
Concluse soddisfatta, sfoggiando un sorriso cortese e ruffiano quando Lord e Lady Winchester, genitori di Charles e quindi suoi futuri
suoceri, si avvicinarono per salutarle.
Un giorno o
l’altro avrebbe chiesto a Lady Winchester il nome della sua cameriera e
parrucchiera personale, pensò Emma mentre eseguiva la riverenza. E il nome
delle pettinature sempre più bizzarre che aveva il coraggio di portare.
-Siamo così
contenti di rivedervi! Oh, cara Emma!-
La giovane si
sforzò di riportare il suo sguardo sul viso della sua
interlocutrice e, come da copione, sorrise. Non era tanto difficile
sostenere una conversazione con Lady Winchester, tutto sommato la trovava
simpatica. Senz’altro più gradevole del figlio.
-Che delizioso evento, non trovate?- Chiese
sua madre in tono civettuolo, proprio nel momento in cui Lady Shaftesbury passava accanto a lei per accogliere nuovi
ospiti.
Dopo aver dato
il suo contributo alla conversazione con un altro sorriso e un cenno
affermativo della testa, Emma incominciò a guardarsi intorno con discrezione,
in cerca di sua cognata. O di qualsiasi altra possibile via di fuga. Aveva un
disperato bisogno di respirare un po’ e di fare una pausa da tutti quei saluti
e scambi di formalità.
-Sono
impaziente di vedere il nostro Charles ballare con la vostra Emma, sono sicura
che saranno stupendi!-
Stupendi non
era proprio la parola che avrebbe usato per definire lei e Charles insieme, ma
non si sarebbe mai azzardata a farlo presente ad alta voce. Che Lady Winchester
sognasse pure.
-Oh, Emma era
così emozionata che non ha parlato d’altro per tutta la settimana!-
Cielo, si stavano sfiorando livelli ridicoli di ipocrisia!
Dovette
impiegare tutte le sue energie per non mutare espressione: ridere sarebbe stato
poco opportuno, così come fare un qualunque tipo di smorfia.
Incontrò un
paio di occhi familiari e a lungo cercati dall’altra parte della sala e si
trattenne a malapena dal sospirare per il sollievo.
-Vogliate
scusarmi, credo che mia cognata abbia urgente bisogno
di me.-
In realtà
Moira l’aveva semplicemente guardata per pochi secondi, inconsapevole di essere la sua salvezza, ma Emma era certa del fatto che
quella sarebbe stata la sua unica occasione per liberarsi dei Marchesi.
S’inchinò e
tentò a passo svelto di raggiungere la donna. Aveva intenzione di chiedere a
Moira di tenerle compagnia e passeggiare con lei per un po’ a braccetto, giusto
per rilassarsi un po’ e prendersi una pausa.
Non aveva
calcolato il giovane dai capelli corvini che le si parò
davanti, un sorriso malandrino sul volto.
-Non dovreste
girare da sola per la sala, Lady Wimsey- La
rimproverò amichevolmente, una luce divertita nello sguardo.
Spalancò gli occhi sorpresa, le labbra schiuse in un modo molto poco
decoroso.
Non si
aspettava di essere fermata da un uomo, tantomeno da un uomo
così sfacciato da rivolgerle la parola per primo, senza nemmeno aspettare un
suo saluto.
Era sicura di
averlo già visto da qualche parte, ma non riusciva a ricollegarlo a nessuna
delle sue conoscenze. Difficile dire se fosse più maleducato lui per la libertà
che si era preso, o lei che non aveva affatto memoria del
suo nome.
Resosi conto
della sua espressione scioccata, il giovane raddrizzò la schiena e s’inchinò.
-Vi chiedo perdono per la mia impudenza, milady. Sono George Blackley di Cherhill. Siamo stati
presentati quando non eravamo che bambini, quindi è
naturale che non abbiate memoria del mio volto.-
George Blackley. Associò in meno di un secondo quel nome a quello
del suo futuro marito, ecco perché quel giovane le sembrava familiare. Lo aveva
visto spesso conversare con Charles, ma era sicura di non averci mai parlato in
tutti quegli anni.
Blackley. Richiuse la bocca con uno scatto,
mentre ricordava il bambino dai capelli scuri e sempre ben pettinati che aveva
incontrato alcune volte da piccola a Winchester House, quando vi andava con suo
padre.
-N-no,
io…- Si schiarì la voce, un po’ impacciata. -Vi chiedo perdono io per la mia
reazione. Mi ricordo di voi, Lord Blackley – mentì
spudoratamente, un leggero rossore sulle guance per quella bugia, – solo non mi
aspettavo… d’incontrarvi- Azzardò incerta, rigirandosi il ventaglio tra le
mani. In realtà non si aspettava proprio che le rivolgesse la parola, non lo
aveva mai fatto lui e non l’aveva mai fatto lei. Si erano sempre comportati
come due estranei mai presentati, ora che ci pensava bene.
Il suo sorriso
si accentuò, quasi avesse intuito il corso dei suoi pensieri. -Non abbiamo mai
avuto molte occasioni di parlarci, purtroppo.-
Si morse il labbro nervosa e fece un mezzo sorriso, incerta. Non
sapeva cosa rispondere e non riusciva a capire perché lui avesse deciso di
interrompere anni di silenzio proprio in quel momento. Doveva essere per via
dell’amicizia che lo legava al suo futuro marito, forse stava semplicemente
cercando di essere gentile con lei in vista delle
nozze, si disse pensierosa.
-Spero avremo
occasione di rimediare a questa mancanza- Proseguì lui, per nulla a disagio o
turbato dalla sua scarsa capacità di dialogare.
-Uhm, sì, lo
spero anche io.- Arrossì impercettibilmente. Si sentiva
una completa imbecille, una ragazzina incapace di articolare una frase di senso
compiuto o di sostenere una conversazione con un nobile. Non aveva fatto altro
che dire “sì” e “no” come una sciocca. Buon Dio, se solo lui non l’avesse colta
così alla sprovvista! Non le piacevano e non era troppo abituata alle conversazioni
con gli estranei, non andava oltre i soliti convenevoli e non si intrometteva mai nei pettegolezzi delle altre dame alle
feste; aveva sempre preferito la compagnia di un buon libro, di suo padre o di
suo fratello. E, nel corso degli anni, non si era mai
sforzata di parlare molto, c’era sempre stata sua madre a coprirle le spalle e
a parlare abbastanza per entrambe. Solitamente non le era mai neanche importato
di quello che gli altri pensavano di lei, ma George Blackley,
un po’ come Charles, la rendeva nervosa, specie perché non sapeva cosa aspettarsi
da lui.
Si arrischiò a
lanciargli un’altra fugace occhiata, ma l’espressione gioviale di poco prima
pareva rimasta intatta. Niente di quello che vedeva in quegli occhi la faceva
sentire stupida.
-Oso sperare
che mi concederete un ballo, allora.-
Si
irrigidì ed esitò. Le
sfuggiva il motivo per cui George Blackley,
che mai l’aveva degnata di tante attenzioni prima di allora e che avrebbe
potuto ballare con molte altre dame, le stesse chiedendo di danzare con una
tale cortesia. La cosa era un po’ sospetta. O forse
era solo troppo paranoica e stava facendo inutili e maligne supposizioni su un
gesto che non aveva alcun secondo fine.
Le serviva un
modo gentile per rifiutare e alla svelta, comunque. Non se la cavava male con
il ballo, ma non sopportava di essere al centro
dell’attenzione, lo avrebbe tollerato solo se strettamente necessario.
-Naturalmente
attenderò pazientemente il mio turno, so bene che Charles, in quanto vostro
futuro marito, avrà l’onore di poter danzare per primo con voi.- Il sorriso del
ragazzo si distese ulteriormente, così tanto che Emma
si chiese se non gli facessero male le guance. Era strano che, invece di
sembrare un ritratto mal riuscito di un pittore sbadato, apparisse
incredibilmente affascinante. Non era sicura del fatto che con quella stessa
espressione in faccia sarebbe riuscita ad ottenere un risultato altrettanto
soddisfacente. Probabilmente le avrebbero chiesto se
si sentisse poco bene.
Le scure
sopracciglia del giovane si arcuarono appena, ricordandole che non aveva ancora
spiccicato uno straccio di risposta.
Cielo, era nei
guai. Cosa poteva rispondere? Non ebbe cuore di
pronunciare un rifiuto, non quando il suo interlocutore le sembrava così sinceramente
impaziente e lusingato al pensiero di ballare con lei. Il motivo le era ancora
estraneo.
-Sarò
felice di concedervi il mio secondo ballo, Lord Blackley-
Accettò infine, esitante.
Non aveva mai
dovuto concedere molti balli in vita sua, era sempre passata piuttosto
inosservata a quel tipo di eventi. Non che ne fosse mai stata dispiaciuta, il
più delle volte era lei stessa ad isolarsi. Quale uomo, del resto, badava o
desiderava ballare con la giovane, acerba e distratta Emma Wimsey?
Non aveva i capelli biondi e meravigliosi di Eveline Crampton, non aveva il
portamento di Rebecca Sherman, gli occhi azzurri di
Katherine Locksmith o la bellezza disarmante di
Celine Norfolk. Non amava civettare, sbattere le ciglia un numero spropositato
e inutile di volte e ridere per le sciocche battute che non capiva
degli uomini, quasi sempre riguardanti il tema della caccia o della politica.
Gli occhi di Blackley si illuminarono come
quelli di un felino in penombra, ma il bagliore fu talmente breve che Emma si
chiese se non fosse stato uno scherzo della sua mente.
-Voi mi
onorate, Lady Wimsey. Vi ringrazio per questa
generosa concessione.-
Lui fece un
inchino e si congedò, ancora prima che lei avesse il tempo di eseguire una
dignitosa riverenza.
Due balli riservati
a due affascinanti gentiluomini che fino a qualche mese prima non le avrebbero nemmeno
rivolto la parola. Buffo quanto poteva cambiare le cose una
semplice proposta di nozze.
Non aveva più tempo
per raggiungere Moira e trascorrere qualche minuto in sua compagnia, così si
dispose in fila con le altre dame per il suo primo ballo; addosso, incollatole
alla pelle come il tessuto del vestito, un senso di rassegnazione con cui ormai
aveva imparato a convivere nelle ultime settimane. Non c’era modo di opporsi a
tutto quello e, se anche avesse potuto farlo, non l’avrebbe
fatto.
Stropicciò
nervosamente tra le dita la gonna del vestito e fece la riverenza, rialzando
con titubanza lo sguardo per incontrare i gelidi occhi del suo fidanzato che la
scrutavano impassibili dall’altro lato.
Eseguì i primi
passi in silenzio, aspettando che fosse lui a dire qualcosa, ma il giovane non
parve nemmeno accorgersi dello sguardo insistente puntato su di sé. Era come se
non stesse ballando con lei, come se lei non esistesse e fosse da solo. Come se
lei fosse completamente invisibile ai suoi occhi.
L’attenzione
di Charles si spostò ben presto sulle altre coppie, in particolar modo su una
giovane che Emma ricordava di aver visto a qualche altro recente evento.
Miss Thompson?
Sì, doveva essere la graziosa nipote del Duca di Heathrow, le era stata
presentata alla sua festa di fidanzamento.
Carnagione
chiarissima, capelli neri come la pece che ricadevano sulle
guance arrossate in due morbidi boccoli sfuggiti all’acconciatura, sopracciglia
fini lievemente arcuate, Miss Thompson era certamente bella e sapeva di
esserlo. Si accorse subito di aver suscitato un certo interesse e, dopo aver
sorriso e ricambiato lo sguardo da sotto le folte ciglia scure, lo distolse con fare civettuolo.
Gli occhi di
Charles si accesero di una scintilla di malizia ed eccitazione, l’espressione
di un cacciatore davanti alla sua preda. Un sorrisetto compiaciuto prese forma sulle
labbra, prima tese in una perfetta linea retta.
Senza quasi
rendersene conto, Emma strinse con più forza la mano del suo compagno quando il
ballo richiese un avvicinamento. Si sentiva stupida e mortificata, nella sua
testa già sentiva i pettegolezzi delle anziane matrone che speculavano su un
possibile adulterio da parte di Charles Wilkinson.
-Siete
stato molto credibile prima con mia madre- Sibilò a bassa voce, facendo voltare,
chiaramente controvoglia, il ragazzo verso di sé.
Non fece commenti sulla presa fin troppo salda della sua futura sposa,
si limitò a guardarla con aria vagamente irritata. -Mi duole non poter
dire altrettanto di voi, la vostra capacità di fingere lascia molto a
desiderare.-
Girarono l’uno
intorno all’altro, ma i loro sguardi, questa volta, restarono incatenati. -Non sono
molto brava a mentire- Ammise fieramente lei, sottintendendo che lui, al
contrario, fosse particolarmente bravo a farlo. -Eppure non riesco a
considerarlo come un difetto.- Inarcò le sopracciglia in un’espressione
involontariamente ostile e di sfida.
A lui sfuggì uno sbuffo simile ad una contenuta risata. Ciononostante,
anche se all’apparenza la sua reazione poteva sembrare davvero spontanea, Emma
era pronta a scommettere che anche quella fosse stata calcolata. Era come se,
quando parlava, Charles Wilkinson seguisse un copione immaginario scritto nella
sua testa, come se sapesse esattamente cosa fare o dire e nulla al mondo
potesse coglierlo impreparato.
-Non ho
insinuato che lo fosse- La assecondò divertito, sorprendendola. -Credo
semplicemente che questo vi renda più esposta agli altri, vi si legge in faccia
quello che pensate.- Lui mostrò un’espressione di sfida decisamente
più convincente della sua e ciò le fece abbassare la testa furiosa con sé
stessa.
Cielo, era
davvero così evidente? Emma arrossì per l’umiliazione. Glielo aveva sempre
detto anche suo padre, quando era più piccola. Diceva
che leggere il suo viso era semplice come leggere le pagine di un libro per
bambini. Ma lui era suo padre, Charles un perfetto
sconosciuto.
Si mordicchiò l’interno guancia, mentre il ballo le lasciava del tempo per
pensare ad una risposta. Quando si riavvicinò a lui
non aveva ancora deciso bene cosa replicare, così improvvisò: -Non credete che
sia stancante recitare sempre una parte? Essere costruiti e non lasciarsi mai
andare ad emozioni umane?- Chiese di getto, notando di sfuggita il sorriso di
George Blackley, intento a ballare con una fanciulla di cui non conosceva il nome.
Charles socchiuse
le palpebre e le riservò una fredda occhiata. -Ho come
l’impressione che il vostro non sia un discorso generico.-
Ah-ah. Aveva forse la coda di paglia il suo
fidanzato? Lo esaminò bene in volto, cercando di capire cosa
gli stesse passando per la testa. Invano.
-Vi ho forse
offeso? Non sarete permaloso, spero- Lo provocò con un sorriso derisorio.
Lui sollevò
appena il mento ed una ciocca di biondi capelli gli ricadde sugli occhi.
-Affatto. L’essere permalosi implica il sentirsi
toccati da qualcosa, ma la vostra frase non ha sortito alcun effetto su di me.-
Avrebbe voluto
poter cancellare quell’espressione di superiorità, quel suo modo di fare
arrogante, quel suo avere sempre la risposta pronta.
Non riusciva mai a metterlo veramente in difficoltà e la cosa era sempre più
demoralizzante.
-Dunque non
sarà un problema per voi rispondere alla mia precedente domanda.-
Aveva passato
anni della sua vita a farsi valere e rispettare da un fratello maggiore, non
sarebbe stato così semplice per lui sopraffarla.
William,
quando non erano che bambini, trascorreva ore intere a prenderla in giro o
provocarla. Non era
stato sempre il meraviglioso e premuroso fratello che lei aveva la fortuna di
avere ora.
La melodia
stava per finire, Emma riconobbe le note di chiusura e sapeva che di lì a poco
si sarebbe dovuta nuovamente mettere in fila con le altre dame.
Distratta da
quel pensiero, sussultò sorpresa ed incespicò sui suoi piedi
quando Charles la tirò a sé nel momento in cui ebbe modo di prenderle
nuovamente la mano. Non era una vicinanza eccessiva o scandalosa, poteva
tranquillamente essere la massima vicinanza concessa a due promessi sposi
innamorati, ciononostante Emma si sentì arrossire quando
il viso di Charles si avvicinò al suo. Non era mai stata così a stretto
contatto con nessun uomo e il fatto che fosse proprio lui ad esserle così
vicino, sotto gli occhi di tutti, la metteva profondamente in imbarazzo e le
causava uno strano nodo allo stomaco.
-No- Wilkinson
scandì bene quella semplice parola, piegando un angolo della bocca all’insù,
gli occhi accesi di un divertimento sadico che le ricordava tanto quello di William quando da bambino si svagava tirando la coda al
gatto della domestica. -Non trovo che sia stancante
recitare una parte.-
Le altre
coppie proseguirono il ballo e si staccarono. Emma cercò di fare lo stesso, ma
notò, non senza una certa agitazione, che il ragazzo non mollò la presa. Sentì
la bocca farsi sempre più secca, la gola e le guance bruciare, mentre intorno a
lei iniziavano a levarsi preoccupanti mormorii.
-Siete
soddisfatta della mia risposta, Emma?-
La giovane
rabbrividì nel sentire il modo in cui pronunciò il suo nome, una freddezza che
ben si intonava al colore dei suoi occhi. Una
freddezza che fece sparire la sensazione di calore che il corpo
di lui così vicino le aveva donato poco prima.
Realizzò con
rabbia e indignazione che non l’avrebbe lasciata andare finché non avrebbe
chinato la testa e mormorato un obbediente sì.
Si guardò
intorno, consapevole di essere al centro della sala e sotto gli occhi di tutti.
Maledetto Charles Wilkinson.
Il suo ghigno
sembrava dirle “Lo so a cosa stai pensando. Abbassa la
testa e striscia come il verme che sei se non vuoi che
questa gente continui a fissarci”.
Si morse il
labbro con talmente tanta forza da rischiare di farlo sanguinare.
-Difficilmente
qualcosa mi soddisfa pienamente.- Mormorò infine,
alzando il mento più che poté per fronteggiarlo. -Ma per questa volta credo mi
farò bastare la vostra risposta.-
Non aveva
vinto, ma aveva miseramente cercato di trovare comunque una risposta dignitosa.
Lui
assottigliò di poco lo sguardo ed accentuò il suo sorriso. -Bene.-
-Ora, se non
vi spiace…- Emma puntò gli occhi sulla sua mano, ancora imprigionata tra le dita di lui. Le fece uno strano effetto vederla ed un pensiero
fuori luogo riportò il calore di poco prima sulle sue guance.
Il giorno del suo matrimonio quella
stessa mano le avrebbe infilato una fede nuziale al dito.
Deglutì a
vuoto e cercò di sottrarsi a quella presa. Quel contatto fisico le mandava
strane idee in testa e le provocava strane reazioni su cui non voleva indagare.
Il ballo era
finito e le coppie, apparentemente incuranti della loro presenza, stavano prendendo posizione per il successivo.
-Ho promesso
il mio secondo ballo al vostro amico Blackley e sono
sicura che da qualche parte in sala ci sia la fortunata dama a cui voi avete
concesso lo stesso onore che ho avuto io.- Digrignò tra i
denti sarcastica, facendo scorrere febbrilmente lo sguardo intorno a sé.
-Non vorrete farla attendere.-
Senza smettere
di fissarla in un modo che Emma odiava, Charles lasciò andare la sua mano. -Non
potrò che invidiare il mio caro amico George per tutto il tempo- Replicò
infine, con lo stesso stucchevole sarcasmo usato da lei poco prima.
-Ed?-
Emma sussultò,
mentre il suo fidanzato si limitò a voltare lentamente la testa quando Lord Blackley comparve proprio in quel momento accanto a loro.
-Chiedo scusa,
ho interrotto una conversazione privata?- Spostò con cautela lo sguardo da uno
all’altro, vagamente confuso.
La bocca di
Charles ebbe un guizzo ed Emma faticò a capire se fosse irritato o divertito.
-Non dire
assurdità, George- Replicò asciutto, senza una
particolare intonazione, facendo un passo indietro per congedarsi e lasciargli
il posto.
-Siete ancora
disposta a concedermi questo ballo, vero Lady Emma? Spero non abbiate cambiato idea- Scherzò Lord Blackley,
accennando un breve inchino ed un sorriso.
Lei ricambiò
con sincero trasporto. -Assolutamente no, sono una donna di parola.- Fu un
sollievo dedicare la sua attenzione al volto amichevole e rilassato di George Blackley, Emma non avrebbe retto ancora per molto gli occhi
inespressivi e penetranti di Charles Wilkinson.
Per lei
trovarsi in sua presenza era come affacciarsi alla finestra della sua stanza,
la sera, quando non era visibile nulla in giardino, se non la luce della luna
riflessa nell’acqua della fontana. Le faceva venire in mente quel vento gelido
che tagliava letteralmente la pelle del viso, quel freddo che intorpidiva le
dita, quel buio pesto, spaventoso e, tutto sommato,
intrigante e misterioso che la accoglieva nelle notti d’autunno.
Scacciò via
quel pensiero e si allineò con le altre dame per il seguente ballo, più
tranquilla e meno rigida nei movimenti.
Certo, sapeva
di non potersi comunque permettere di abbassare la guardia con lui, ma l’erede
dei Blackley la metteva meno a disagio rispetto al
suo futuro marito.
Quasi senza
rendersene conto, sollevò di poco il mento e girò la testa in direzione delle
altre coppie intorno a sé.
-Non vi ho
ancora detto che siete incantevole stasera.-
Si voltò
nuovamente verso Blackley, un sorriso gentile sulle
labbra. Era abituata a complimenti del genere, i gentiluomini dell’alta società
erano in pratica obbligati a ripetere sempre le stesse frasi a tutte le nobildonne.
Ciononostante Lord Blackley le parve sincero e il suo
giovane ego femminile ne fu lusingato.
-Vi
ringrazio.-
Restarono in
silenzio per un po’, mentre Emma seguiva a memoria i passi di una danza che non
rammentava di aver ballato molto spesso.
Ruotò su se
stessa e prese la mano del suo compagno, aggrottando la fronte nello scorgere
una chioma bionda qualche metro più avanti.
Charles
Wilkinson stava ballando con Miss Maryann Thompson;
gli occhi, completamente privi di qualsiasi tipo di interesse
finché era stata Emma la sua compagna, ora rilucevano di una malizia che mai si
era manifestata in sua presenza e il volto, solitamente impassibile, mostrava
una cordialità e un’armonia che Emma sapeva essere fittizia. Il sorriso pigro e
ruffiano di un bambino viziato che voleva ottenere qualcosa dai genitori e che
sapeva avrebbe raggiunto il suo scopo.
La giovane si
morse l’interno guancia ed osservò Miss Thompson
arrossire lievemente, le piccole e carnose labbra strette severamente tra loro
in un tentativo assai scarso di non sorridere.
Perché Charles
Wilkinson la detestava così tanto da mortificarla in
quel modo? Perché suo padre aveva deciso di
condannarla in quella maniera, promettendola in sposa ad un uomo che l’avrebbe
fatta impazzire?
-Vi vedo distratta.-
Solo quando
inciampò sull’orlo del vestito, come una sciocca, e finì addosso a Lord Blackley si ricordò di dove fosse e cosa
stesse facendo.
-Mi dispiace- Balbettò, profondamente avvilita.
George sorrise
e riprese i suoi passi come se nulla fosse accaduto. -Non vi crucciate troppo, Lady Emma.-
Pensava si
stesse riferendo al suo errore, invece la sorprese
riprendendo il discorso quando la danza li fece riavvicinare.
-Non sforzatevi
di capirlo, mia cara. Certe volte fatico a comprenderlo persino io e lo conosco
da quando eravamo nient’altro che bambini.-
Buon Dio, non
sarebbe uscita viva da quella serata, stava ricevendo una mortificazione dopo
l’altra. Credeva di essere stata abbastanza discreta nell’osservare il suo
futuro sposo, ma a quanto pareva la sua non era stata che una mera illusione.
Non negò
quanto detto dal giovane, sapeva che ai suoi occhi sarebbe apparsa ancora più
stolta se lo avesse fatto.
-Non dev’essere affatto semplice essergli amico.- Le parole le
uscirono di bocca prima che potesse fermarle e si
pentì subito dopo averle pronunciate.
George rise
genuinamente e quella reazione attirò più di uno sguardo curioso. -Non lo è, ma
ormai ci sono abituato. Temo comunque che nemmeno per lui sia semplice avermi
come amico, so essere piuttosto fastidioso a volte.-
Solo per un
secondo, il tempo di qualche passo e qualche nota musicale, Emma si domandò
perché suo padre non avesse potuto prometterla a George Blackley.
Sentiva che le cose per lei sarebbero andate molto meglio se fosse stato lui a
prenderla in moglie. Non avrebbe avuto tutta quella tensione addosso, quel
senso di inadeguatezza, quei brividi lungo la schiena
e quelle morse allo stomaco se avesse saputo che avrebbe dovuto sposare lui
qualche mese dopo.
Dopo una
piccola pausa di riflessione, Emma accennò un sorriso amichevole. -Vi conosco
poco, Lord Blackley, ma per quel poco che abbiamo parlato questa sera posso garantirvi che non mi sono
sentita infastidita nemmeno una volta.-
Cielo, era
così semplice farlo sorridere! Non aveva mai fatto sorridere Charles in quel
modo. In verità non lo aveva proprio mai visto un sorriso così vero sulle sue
labbra.
-Sono
lieto di saperlo- Affermò
con il candore e l’entusiasmo di un bambino.
Il buon umore
appena acquisito, però, svanì così com’era apparso nel momento in cui notò per
la seconda volta Charles e Miss Thompson. Maryann si
guardava intorno con discrezione, probabilmente temendo per la sua reputazione
di fanciulla in età da marito.
Emma sapeva
che al suo compagno di ballo non era sfuggita quell’occhiata, così sospirò
rassegnata. -Se non siete riuscito a comprenderlo pienamente
voi in tanti anni, dubito di essere in grado di farlo io. Credo proprio che
dovrò rinunciarvi.-
Almeno per non impazzire, aggiunse mentalmente.
Una piccola ruga
si formò tra le sopracciglia del ragazzo, che appariva alquanto svagato. -Non è
detto che voi non possiate arrivare laddove io abbia fallito, col tempo.
Dopotutto sarete sua moglie.-
Preferiva non
ricordarlo, quella parola le faceva venire la nausea, eppure sembrava ci fosse
sempre qualcuno pronto a ricordargliela, a sussurrargliela nell’orecchio.
Moglie, moglie,
moglie…
-E siete una
donna. Non credo esista qualcuno al mondo in grado di comprendere meglio le
persone di una donna.- Non c’era alcuna traccia di
scherno nella voce di Lord Blackley e ciò la stupì.
Era raro che un uomo facesse discorsi su come le donne fossero in grado di
“comprendere le persone”, come se fosse un’abilità utile o da lodare.
-Il vostro
amico non sembra pensarla così.- Il suo tono era aspro
e ciò le dispiacque. Non era giusto prendersela con lui, non era Blackley la causa del suo malumore.
Prima di fare
il passo indietro che lo avrebbe riportato in fila con tutti gli altri uomini
per l’inchino finale, George la osservò con un cipiglio – forse per la prima
volta – serio.
-Charles tende,
un po’ come tutti, a sottovalutare le donne. Temo tuttavia che stia sbagliando
a sottovalutare voi.- Il sorriso riapparve prima che le sue labbra potessero
sentirne la mancanza. -Se ne accorgerà da solo, mia
cara, vedrete.-
E detto
quello, dopo essersi inchinato e averla scortata al suo posto, se ne andò
ringraziandola e lasciandola ai suoi interrogativi.
Le parole
pronunciate dal Lord continuavano a girarle in testa, senza possibilità di
uscita per il momento. Che cosa aveva voluto dire con quell’ultima frase?
Scosse la
testa e si sedette su una sedia libera, rifiutando cortesemente il successivo
ballo ad un giovane stempiato a cui aveva dedicato il suo tempo a qualche festa
precedente. La stanchezza era sempre una buona scusa da usare in quei casi.
Non aveva
certamente fatto una bella figura, ma dopotutto sua madre non avrebbe potuto
rimproverarla più di tanto.
Le restavano
ancora due balli in compagnia di Charles, si meritava un po’ di respiro, no?
Fortunatamente
il suo futuro sposo non le parve in vena di chiacchiere – non che lo fosse mai stato con lei, del resto –, così non si sforzò di
conversare nuovamente con lui, né badò troppo agli sguardi che dedicava alle
altre fanciulle.
Terminato il
terzo ed ultimo ballo, prese Moira a braccetto e ne
approfittò per isolarsi in un angolo della sala.
-Ne uscirò
pazza, vedrai.-
Lei rise, in
un modo dolce e melodioso, talmente perfetto da risultare
quasi irritante. Accidenti, perché lei non produceva lo stesso meraviglioso
suono quando rideva?
-Sei
andata benissimo.
Eravate davvero molto belli insieme.-
Le riservò
un’occhiata scettica ma evitò di commentare. Moira era troppo buona per dirle che era stata goffa ed impacciata, completamente
fuori luogo accanto a lui.
Fece un
respiro profondo e rilassò i muscoli del corpo. Ancora poco, doveva resistere
ancora per poco e poi si sarebbe potuta rintanare
nella sua stanza.
Due basse e
cospiratorie voci le arrivarono all’improvviso alle orecchie e, quando si
voltò, notò due donne sedute a pochi passi da loro. Le stavano dando le spalle,
lo sguardo rivolto verso le coppie danzanti e i ventagli innalzati fino alla
punta del naso.
Cautamente,
certa di aver sentito pronunciare il suo nome, Emma vi si avvicinò. Moira la
guardò dapprima perplessa, poi, intuendo le sue intenzioni, scosse la testa
contrariata.
-Vi dico di
sì, un amico di mio marito, Mr Groundon,
l’ha visto con i suoi occhi. Del resto è piuttosto risaputo che Harold Wimsey eccedesse di frequente con il gioco d’azzardo.- Stava
dicendo una delle due, la più corpulenta e anziana da quel poco che Emma poteva
vedere.
-Giusto cielo!
Non riesco a credere che Lord e Lady Winchester abbiano acconsentito a questo
matrimonio, dopotutto non hanno che da perderci…- Commentò l’altra, ondeggiando
sulla sedia in un modo che ad Emma parve decisamente
buffo.
-Avete visto
la ragazza?- Un sorriso maligno si formò sulla bocca della prima. –Buon Dio, la
mia Celine è indiscutibilmente più graziosa! Wilkinson è un giovane così
affascinante, sarebbero stati perfetti insieme, è un vero peccato.-
Emma si morse
il labbro inferiore così forte da farsi male, mentre dentro di sé avvertiva una
rabbia sempre più pressante.
Poteva
sopportare qualsiasi cattiveria su di lei, non le importava di essere meno
carina di chicchessia, ma non avrebbe tollerato una sola altra parola su suo
padre.
Giocava
d’azzardo, sì, esagerava, sì, le aveva lasciate in mezzo ai debiti, sì, ma aveva sempre pensato a loro,
anche dopo la sua morte, combinando quel matrimonio con Charles Wilkinson. Non
avrebbe potuto pensare ad un padre più buono e affettuoso.
Fece un altro
passo in avanti, con l’intento di mostrarsi a quelle due e di salutarle con un
largo sorriso, ma una mano la afferrò per il braccio e la tirò indietro prima
che potesse mettere in pratica il suo piano.
-Oh cielo,
Emma, cosa volevi fare?- La rimproverò Moira preoccupata.
-Stanno
infangando il nome di mio padre.- Si sentì un po’ come una bambina piccola che
spiegava il perché di una marachella al genitore.
Sapeva di aver
agito impulsivamente e di aver sbagliato. Avrebbe creato inevitabilmente
tensione ed imbarazzo fra la sua famiglia e quella delle due donne se si fosse
mostrata e sua madre non glielo avrebbe mai perdonato.
-Emma, sai anche tu che i pettegolezzi sono
all’ordine del giorno. E sai quanti ne sono circolati
e quanti ne circoleranno ancora su di me e tuo fratello. Non si possono
fermare, sono inevitabili. Che cosa pensi di ottenere mostrandoti?-
Irrigidì le
spalle e la mascella e annuì, reprimendo l’odio e il dolore che il sentir
parlare in quel modo di suo padre le aveva causato.
Aveva ragione
Moira, come sempre. Aveva ancora molto da imparare da una
donna come lei, non era che una ragazzina al confronto.
Sospirò ed
infilò nuovamente il suo braccio sotto quello di
Moira. -Allontaniamoci da qui.- Prima che potesse fare
qualche sciocchezza.
*****
Charles Edwin
Wilkinson aveva un rapporto un po’ controverso con i balli.
Vi erano delle
volte in cui li apprezzava, in cui non disdegnava la compagnia di qualche
graziosa dama o una chiacchierata con qualche altro gentiluomo, e volte in cui
invece avrebbe voluto far tacere tutti e chiudersi nel suo silenzio fino alla
fine della serata. Quello era decisamente il caso.
Strinse tra le
dita il delicato bicchiere di vetro – pieno di un raffinato vino di cui non
ricordava la provenienza – e sorrise forzatamente, lanciando di sottecchi
un’occhiata complice a George. Stava ascoltando le chiacchiere inutili di Miss
Thompson e di sua cugina da troppo tempo, più di quanto fosse disposto a
sopportare.
-Ho saputo che
vi sposerete in autunno… un po’ insolito, se mi è concesso dirlo- Stava dicendo
Maryann, il tono di voce vagamente
deluso e dispiaciuto.
Quel traditore
di George non parve disposto ad intervenire in suo aiuto per
liberarlo dalla fastidiosa presenza delle due giovani, così fu costretto
a rispondere:
-Avete
ragione, è quello che penso anche io, ma sapete… mi è
stato detto che è meglio non contraddire la propria fidanzata.- Sollevò un sopracciglio
ed allargò il sorriso, un’espressione che ormai aveva imparato a sfoggiare a
proprio comando.
Non ricordava
più quante volte avesse ripetuto quella frase, ma era riuscito man mano a
renderla sempre più credibile. Solitamente causava una serie di risatine in risposta, esattamente il tipo di reazione che ebbe Miss
Thompson. Prevedibile, pensò annoiato.
-Vi è stato
detto il giusto, Lord Wilkinson.- Miss Thompson rise di nuovo e la presa di
Charles sul bicchiere si rafforzò. Sperò di non romperlo.
La risata di Maryann Thompson era quanto di più fastidioso e
raccapricciante avesse mai sentito, simile al suono prodotto dalle unghie
sfregate sulla lavagna.
Non riusciva
sinceramente a capire perché le donne ridessero tanto e per ogni singola
sciocchezza. Con il tempo aveva iniziato a credere che non conoscessero altro
modo di comunicare, risate e battiti di ciglia talmente veloci da far pensare
ad un qualche tic incurabile. Trovava più attraente e stuzzicante un sorriso,
molto più discreto e meno rumoroso.
Il
modo in cui guardò George – gli occhi socchiusi, una
scintilla d’irritazione nelle iridi ed un sorriso sempre più tirato – costrinse
l’amico ad intromettersi garbatamente nella conversazione.
-Chiedo scusa,
Miss Thompson, non credo di aver compreso bene da
dove veniate… siete qui in visita da qualche parente?-
Miss Thompson distolse svogliatamente lo sguardo da lui per
posarlo sul giovane moro al suo fianco. Sembrò soppesarlo attentamente, come se
stesse decidendo se comprare o meno un cavallo, prima
di sorridere amabilmente e rispondere. Dopotutto, pensò Charles
mentre la ragazza blaterava, per lei sarebbe stato più semplice e
interessante entrare nelle grazie di uno scapolo. E dire
che, mentre ballava con Emma, gli era sembrata molto più appetibile di così. Se
solo avesse sospettato che fosse una tale lagna non le
si sarebbe mai avvicinato nemmeno sotto tortura. Sospirò di sollievo
quando le due dame si dovettero allontanare per salutare un parente.
-Ti devo un
favore, ricordami di andarci più leggero con te la prossima volta che duelleremo.-
Sorseggiò un po’ del suo vino e nascose un sorriso
dietro il bicchiere.
George sbuffò, un suono molto
più simile ad una risata trattenuta che ad un vero e proprio soffio
infastidito. -Sarebbe inutile ricordartelo, Ed.
Duelleresti comunque come se fosse una questione di
vita o di morte.- Si toccò il petto con una mano e scosse la testa, aggiungendo
in finto tono melodrammatico. -A volte mi chiedo come faccia ad essere ancora
illeso, prima o poi finirai con l’affettarmi.-
-Se al posto
di allenarti continui a preoccuparti di cose futili come il corteggiamento a
Lady Crampton probabilmente
hai ragione.- Non gli andava proprio giù il fatto che il suo migliore amico
sprecasse il suo tempo dietro ad una donna che aveva chiaramente il solo
intento di prenderlo in giro. Senza contare che non gli piaceva vincere così
facilmente, il suo avversario stava diventando un rammollito.
-Parlando di
cose futili…- George aveva l’incredibile capacità di
cambiare discorso in un lampo quando l’argomento non
lo entusiasmava, -Per quanto tempo ancora hai intenzione di continuare con
questo comportamento infantile nei confronti della tua futura sposa?-
Sbatté le palpebre fintamente perplesso e colto alla sprovvista. In
realtà aveva già previsto una domanda del genere, il suo
amico aveva aspettato solo il momento più opportuno per porgliela.
-Che cosa intendi?- Non s’impegnò molto per
metter su un’espressione confusa, gli uscì una smorfia annoiata piuttosto. Con George non aveva senso fingere, sapeva che lo avrebbe
smascherato in un attimo.
-Lo sai
benissimo. E togliti quell’espressione dalla faccia, mi dispiace dirti che non serve. E oltretutto
non ti fa sembrare particolarmente intelligente.-
Charles si
concesse un sorriso lievemente più spontaneo e meno calcolato dei soliti. -Ho
accettato la decisione di mio padre, come ti ho già detto, ma questo non
significa che debba per forza esserne entusiasta-
Disse semplicemente, sperando invano di chiudere in fretta la conversazione.
-Sì, lo so. Ma il fatto che tu non ne sia entusiasta non mi sembra un
motivo sufficiente per comportarti in quel modo con la tua fidanzata,
soprattutto in pubblico. Normalmente, conoscendoti, ti saresti limitato ad
ignorarla il più possibile, eppure a quanto vedo…-
-A quanto vedi
non è che una ragazzina incapace di comportarsi come una donna del suo rango
dovrebbe fare- Concluse seccamente, indurendo i
lineamenti del viso.
Sapeva dove
stava cercando di arrivare il suo amico e la cosa gli creava un certo fastidio,
molto simile alla sensazione che dava il pizzico di una zanzara; un qualcosa di
tranquillamente trascurabile ma ugualmente noioso.
Si era
prefissato di restare in silenzio durante tutta la durata dei balli con Emma,
invece si era lasciato provocare e aveva reagito non appena lei aveva aperto
bocca. Certo, aveva sempre mantenuto il controllo e la sua invidiabile facciata
di sicurezza, ma non aveva previsto di parlarle in quel modo, né di trattenerla
a sé per sfidarla a rispondergli. La sua fidanzata si stava rivelando persino
più irritante di quanto pensasse, se fosse stata sempre zitta sarebbe stato più semplice tollerarla.
-Può darsi.-
Maledetto George, era insopportabile
quando faceva il saputello con lui. -Ciononostante, non ho potuto che
aver conferma di quanto già pensassi: la trovo deliziosa.-
Charles abbandonò il bicchiere sul vassoio di un servitore della padrona di
casa che, dopo essersi inchinato, li lasciò nuovamente da soli. -Tu troveresti deliziosa persino mia zia Prudence-
Considerò sarcastico.
-Beh, devo
ammettere che il neo peloso sul mento ha il suo fascino.- George
rabbrividì e congedò l’argomento con un cenno della
mano. -Comunque penso davvero che dovresti provare a darle
una possibilità. Non ti sei comportato bene e a quanto
pare lei non ti sopporta.- Scosse la testa rammaricato. -E non vi siete ancora sposati. Non oso immaginare come
andranno le cose dopo.-
Charles
soppesò le sue parole per un secondo; era divertente pensare che Emma Wimsey non lo sopportasse. Come se lei avesse voce in
capitolo in quel matrimonio, come se lei,
assolutamente insignificante rispetto a lui, potesse
anche solo permettersi di non tollerare la sua presenza. Non
era che un irrilevante moscerino, una bambina che si atteggiava come una
signora e della cui opinione non gli importava nulla.
-Non ci dormo
la notte, George, per questo- Mormorò infine
annoiato, piegando gli angoli della bocca all’insù quando
captò lo sguardo di Lord e Lady Griever.
Non era nelle
sue intenzioni andare d’accordo con Emma Wimsey in
privato, non gli importava di piacerle, ma a quanto pareva il suo amico non
riusciva a comprenderlo.
-Ti ricrederai amico mio, vedrai. E a quel punto, se vorrai un
consiglio, io, da gran signore quale sono, sarò
comunque disposto ad aiutarti.-
Non lo stava già più ascoltando, ora tutta la sua attenzione era
concentrata sui due nobili che si erano avvicinati per salutarli.
Forse avrebbe dovuto farlo, George raramente si
sbagliava su qualcosa. Ma in quel momento
quello era l’ultimo dei suoi pensieri, esattamente come Emma Wimsey.
*Note dell’autrice*
Quindici
pagine di Word. Dite la
verità, vi siete annoiate, eh? Non finivano più, mamma mia.
Sorvoliamo
sul titolo del capitolo pessimo, io non sono proprio in grado di trovare dei titoli
decenti. Tra l’altro non sono nemmeno sicura che “ballo” inteso come “ballo” di
quei tempi si dica così in inglese. Va beh, amen,
facciamo finta di sì (che autrice pessima, sto perdendo ogni briciolo di credibilità – sempre che ne avessi – grazie a queste note).
Mi dispiace per l’attesa, avevo il capitolo pronto da un po’ –
non linciatemi! – ma avevo aspettato a postarlo perché
volevo prima riuscire ad aggiornare le altre mie due storie in corso. Cosa che non sono riuscita a fare alla fine.
Vi rimando al
mio gruppo facebook per qualsiasi informazione sugli aggiornamenti
delle altre due storie.
Per quanto
riguarda questa… che dire? Io prenderei a sprangate sui denti Charles, lui e il
suo titolo nobiliare del cavolo se ne possono tranquillamente andare a quel
paese :D
Emma, sono con
te sorella, uccidilo nel sonno… muahahah
Momento
di follia a parte, ho intenzione di approfondire il personaggio di Lady Eveline Crampton, che sarà una
vera stronza. La sua “storia d’amore” con George
sarà parallela a quella principale, anche se devo ancora decidere se avrà un
esito finale positivo o negativo.
E, per farmi
perdonare del ritardo, ho deciso di mettervi come spoiler un pezzo mooolto futuro, precisamente un pezzo della prima notte di
nozze di Emma. L’ho già scritta, sì, ed è stato
divertente entrare nella testa di una ragazza vergine di quel tempo. Vi lascio
un pezzo qui sotto e uno nel gruppo facebook.
Non manca
molto al matrimonio comunque, ci siamo quasi. E soprattutto non manca molto ad un lievissimo avvicinamento tra i due.
Vado,
attendo i pomodori,
gli insulti o il silenzio…
Un
bacione e, se siete arrivate fin qui, grazie davvero
di esserci ancora.
Bec
Come promesso, ecco lo spoiler sulla prima notte di nozze. Vai così Emmaaa!
;D
“Non
sapeva come comportarsi, si sentiva spaesata e fuori posto
come non si era mai sentita prima in vita sua. Nella sua testa ronzavano
continuamente le raccomandazioni di sua madre, un susseguirsi talmente veloce
di parole da risultare quasi incomprensibile.
Stai ferma.
Emma raddrizzò la schiena contro la
spalliera del letto e trattenne il respiro, sentendo il cuore battere tanto
forte nel petto da farle chiedere se non stesse per scoppiare.
Stai zitta.
Forse stava facendo troppo
rumore, forse quel fruscio di lenzuola lo avrebbe infastidito, così come
il rumore dei suoi battiti.
Charles avanzava lento verso di lei, ma
non sembrava curarsi troppo della sua presenza, non aveva incrociato il suo sguardo nemmeno una volta. I suoi occhi si erano posati
sul letto soltanto per un secondo, di sfuggita, mentre sfilava i bottoni della
sua giacca dalle asole.
Aveva osservato quelle dita muoversi
pigramente sul tessuto con un’autentica sensazione di panico
addosso, le unghia affondate nel materasso sotto di sé.
E ora? Deglutì a vuoto e si sfiorò una
guancia con la mano, sentendola bollente contro la pelle fredda dei
polpastrelli. Non l’aiutava vedere che lui fosse completamente a suo agio,
sicuramente consapevole di quello che stava per accadere a differenza di lei.
Avrebbe voluto rassicurazioni più
confortanti di un semplice “sopporta e basta bambina mia, finché non sarà tutto
finito”. Sua madre l’aveva guardata con compassione e l’aveva baciata sulla
fronte, prima di sorridere e di dirle che era fiera di
lei, che era la più bella sposa che avesse mai visto.
Non aveva idea di cosa dovesse effettivamente sopportare, non aveva idea di quanto sarebbe durato, sapeva solo che
aveva paura di scoprirlo e che non riusciva a smettere di tremare. Lui non le
avrebbe mai fatto del male, giusto?
Abbassò svelta e imbarazzata
gli occhi sulla sua camicia da notte quando notò che era rimasto a petto
nudo. Oh, santo cielo. Il respiro
accelerò e un’ondata di calore la investì al solo pensiero di ciò che aveva
appena intravisto. Era proprio necessario che si mostrasse a lei in quelle
condizioni?
Non ne fu certa, ma le sembrò di aver
scorto un sorrisino di scherno su quelle labbra poco prima
di distogliere lo sguardo. Si era accorto della sua reazione.”