2x25
NdT:
Ultimo capitolo!! Io e silviabella siamo molto felici di essere
arrivate alla fine della seconda parte. Ancora una volta ringrazio
grangerous per avermi dato il permesso di tradurre la sua trilogia :)
Anne
London
Capitolo
25
The Daily
Prophet
Severus era ben
consapevole che Poppy e Granger stavano collaborando a qualche
elaborato piano per tenerlo bloccato in casa per il prossimo futuro.
Eppure, visto che non aveva nessun desiderio effettivo di lasciare la
casa, non si preoccupò di protestare. Anche se non l'avrebbe mai
ammesso, passare del tempo con la Granger e i propri amici era
l'unica cosa che voleva fare.
Sembrava avessero
tenuto la sua sopravvivenza sotto silenzio – o almeno il posto in
cui si trovava, visto che non c'erano state visite da parte di Rita
Skeeter, nessuna folla di genitori in cerca di vendetta che lanciava
mattoni contro le finestre, nessun Auror a trascinarlo ad Azkaban.
Colse la Granger a
piangere solo una volta, quando pensava che lui stesse dormendo.
Aveva aperto gli occhi per vederla seduta lì, china su La
Gazzetta del Profeta, con le lacrime che le colavano sul viso.
Non erano i violenti singhiozzi della mattina dopo la battaglia, ma
lacrime gentili che cadevano incontrollate e volontarie: aveva il
giornale aperto sulla lista dei morti.
Severus si era
sentito imbarazzato a guardarla e aveva abbassato subito le palpebre,
osservandola attraverso uno spiraglio più stretto possibile e sotto
alla copertura dei capelli. Voleva confortarla, ma non riusciva a
pensare a nulla se non alle frasi più sdolcinate. Invece tenne la
bocca chiusa.
Per il resto del
tempo, la Granger passava da un esausto e triste silenzio a un
provvisorio e troppo allegro ottimismo, contrassegnato da un'attività
frenetica – fare liste, mettere in ordine, preparare complicati
piani per il futuro. A lui piaceva di più quando gli diceva ciò che
aveva in mente – un'occorrenza piuttosto rara –, quando dormiva e
la testa cadeva contro il
fianco della sua vecchia poltrona malconcia, il libro o gli
appunti dimenticati sul grembo. In quelle circostanze riusciva a
osservarla senza interruzioni, facendo scorte di ricordi della sua
vicinanza per il momento – che sarebbe giunto fin troppo presto –
in cui lei avrebbe smesso di accudirlo per tornare alla sua vita.
In altri momenti
portava un regolare flusso di visitatori in casa, scelti attentamente
tra quelle poche persone che effettivamente gli piacevano e
magistralmente distribuiti per sfiancarlo, tenerlo occupato in una
conversazione, lasciarlo riposare e altrimenti dissuaderlo dal
lasciare il divano. Poppy e la Granger erano frequenti bambinaie e
alla Hooch sembrava fosse stato assegnato il compito di badare a lui
ogni qualvolta qualcun altro fosse impegnato.
Il secondo giorno,
la Granger arrivò con Jocelyn. La ragazzina aveva il braccio
fasciato, ma per il resto sembrava stare bene. Era cresciuta di
diversi centimetri nell'ultimo anno, notò all'improvviso, e qualcuno
aveva provveduto a darle dei vestiti Babbani.
“Professor
Snape!” Esclamò vedendolo, con evidente felicità.
“Cos'è successo
al tuo braccio?” Chiese in risposta.
“Oh, una
maledizione vagante durante la battaglia. Madama Pomfrey dice che
sarà a posto in pochi giorni.” Parlò con tono irriverente, ma in
un modo che evidenziava un certo nervosismo: sembrava in tutto e per
tutto la tredicenne che era.
Le sopracciglia
scattarono insieme per la sorpresa e la realizzazione del pericolo a
cui era stata esposta lo inondò di una tardiva ansia.
“Per favore,
spiegami cosa pensavi di fare partecipando a una battaglia, signorina
Malfoy. Avevo l'impressione di averti mandata in Bulgaria!”
“Non mi chiami
così!”
“Legalmente è
il tuo nome,” Draco, Lucius e Narcissa, aveva sentito dalla
Granger, erano agli arresti domiciliari. Si chiese come stesse
influendo su di loro l'associazione con Jocelyn e come essa stesse
colpendo lei. Non per la prima volta si pentì di aver creato quel
legame.
“Non per molto,”
rispose Jocelyn in modo ribelle, incrociando le braccia. “La
professoressa McGonagall dice che un semplice test di paternità sarà
sufficiente per annullare le loro rivendicazioni su di me. Dice che
lei potrà preparare la pozione non appena starà meglio.”
“E lo farò.”
Severus ricordò la promessa fatta a Lucius sulla stessa questione.
Non c'è modo che possano essere imparentati, si rassicurò.
Aveva inventato la storia lui stesso: i sospetti di Lucius che la
storia potesse essere vera non erano altro che il frutto del
desiderio di Malfoy di avere altri figli. “Ma stai evitando di
rispondere alla domanda sulla battaglia.”
Jocelyn sbuffò
prima di rispondere. “Beh,” iniziò, sembrando un po' sulla
difensiva, “quando abbiamo avuto il messaggio dal Dumbledore's Army
che la battaglia stava per cominciare, tutti quelli che volevano
partecipare sono tornati. Non credo che qualcuno sia rimasto
indietro, in realtà.”
“Siedi!”
Ordinò Severus, indicando uno sgabello di fianco al divano. “Sarà
meglio che inizi dal principio.” La sua furia verso la Vector e
Krum (e anche marginalmente verso Lucius) stava montando in maniera
costante, ma fece del suo meglio per mantenerla sotto controllo –
non desiderava sfogare la sua rabbia su Jocelyn.
Jocelyn sedette
obbediente. La Granger si allontanò in cucina, senza dubbio per
preparare qualcosa per pranzo, ma lasciò la porta accostata,
chiaramente per ascoltare l'intera conversazione.
“Beh, come dice
lei, la Passaporta mi ha portata a Ledeno ezero e i professori Krum e
Sedenova sono stati molto gentili.”
Professor Krum?
“Anche se sono
stata lì solo per l'ultimo mese, sono andata a scuola con altri
studenti. Il professor Krum insegnava Trasfigurazione, Difesa Contro
le Arti Oscure e Incantesimi, la professoressa Sedenova insegnava
Aritmanzia, Astronomia e Storia della Magia. Abbiamo anche imparato
delle pozioni da un ragazzo chiamato signor Zelenogorski. Non era
abbastanza vecchio per essere un insegnante, ma era davvero bravo in
pozioni. A quanto pare ha imparato dal suo bisnonno.”
“Mmm.” Severus
sapeva precisamente chi doveva essere il bisnonno del ragazzo. “Non
mi hai ancora spiegato della battaglia.”
Jocelyn lo guardò
con un'espressione molto seria.
“Eravamo tutti
Sanguesporco, professore. Noi siamo dovuti scappare; molti
degli altri hanno lasciato le loro famiglie indietro. Significa che
tutti abbiamo preso le lezioni di Difesa molto seriamente. Spesso ci
esercitavamo due volte al giorno e quando è arrivato il momento
abbiamo voluto partecipare tutti.”
Quindi la
Vector e Krum hanno addestrato un esercito di Nati Babbani.
“Hai la minima
idea del pericolo a cui vi siete esposti?”
“Certo che lo
sapevamo!” Ripose. “Alcuni di noi sono morti. Ma la professoressa
Sedenova diceva che come perseguitati avevamo il diritto di
combattere se lo volevamo. Non eravamo solo studenti, sa: c'erano
anche genitori e altri rifugiati.”
Severus intendeva
avere una discussione seria con Sedenova-Vector la prossima volta che
l'avesse vista.
“Quindi credi di
essere capace di combattere dopo un mese di allenamento?”
“Veramente,
professore,” rispose con un sorriso luminoso, “Draco mi ha
allenata per la battaglia quasi dall'inizio dell'anno.”
Severus sbatté le
palpebre. Avrebbe avuto una discussione anche con Draco.
*
Dopo che Jocelyn
se ne fu andata rimasero solo lui e la Granger. Sapeva che quello era
il momento che lei e Poppy avevano segnato come “tranquillo
riposo”, perché lei si adagiò in una poltrona e si nascose dietro
a un libro. Anche se cercava di mantenere l'attenzione sul giornale,
si trovò a posizionarlo in modo da poter tenere un occhio su di lei
allo stesso tempo. Non riuscì a fare a meno di notare che continuava
a controllare l'ora sul suo orologio. Stava pianificando di
svignarsela?
“Cosa c'è
Granger?” Disse dopo più o meno quindici minuti. “Ti prego,
dimmi che non stai organizzando una festa a sorpresa.”
“No!” Rispose,
con i bordi della bocca che si contraevano verso l'alto all'idea. “Io
certamente no. Ma ho un appuntamento alle diciassette e non voglio
arrivare in ritardo.”
Severus aggrottò
le sopracciglia per coprire la fitta di dispiacere per il fatto che
andasse via così presto.
Così, alle
diciassette in punto, lei sparì per tornare solo pochi secondi dopo
con un altro visitatore. Anche questo era qualcuno che voleva
disperatamente vedere, ma era anche nervoso. Severus si trovò a
deglutire pesantemente, nell'inutile tentativo di bagnarsi la gola.
Il suo ospite lo
fissò, con una mano tenuta sul petto e un'espressione piuttosto
angosciata.
“Severus,”
ansimò alla fine.
“Minerva,”
rispose rigido. “Mi perdonerai, spero, se non mi alzo a salutarti.
Mi trovo piuttosto indisposto. ”
“Severus,”
disse di nuovo lei. Muovendosi a scatti si avvicinò a lui e cadde
sulle ginocchia di fianco al divano. Gli prese una mano tra le sue e
se la portò al petto. “Mi dispiace,” sussurrò. Una lacrima
solitaria cadde da un occhio. “Mio povero, povero ragazzo, mi
dispiace. Sono stata... orribile. Davvero orribile.”
“Non
dispiacerti.” Severus sentì le lacrime pizzicare anche dietro ai
suoi occhi. “Onestamente, il tuo comportamento mi ha aiutato.
Dopotutto, Minerva, discutere con te è uno dei veri piaceri della
mia vita.”
Minerva alzò la
testa per guardarlo, con gli occhi pieni di lacrime, e ansimò. Il
suono era così vicino a un piccolo miagolio che lui sbatté gli
occhi per la sorpresa. Proprio in quel momento lei si trasformò,
balzando con agilità sul divano in forma felina. Miagolò di nuovo –
con più effetto questa volta – e iniziò a impastare lo stomaco di
lui.
“Dannata gatta,”
affermò Severus burberamente. Con una mano allungò una mano e la
passò sulla schiena di lei. Infallibilmente le sue lunghe dita
trovarono quel particolare punto dietro all'orecchio che a lei
piaceva tanto. In poco tempo gli si era raggomitolata in grembo,
facendo le fusa.
Solo allora
Severus si ricordò che la Granger era presente.
“Non fate caso a
me,” disse lei imbarazzata quando lui la guardò. “Andrò a fare
del tè.”
*
Diverse ore dopo,
Poppy e la Hooch tornarono portando un cestino di cibo, per gentile
concessione degli elfi di Hogwarts. Tutti loro – Severus, Poppy, la
Hooch, Minerva e la Granger – sedettero in soggiorno e mangiarono
a sazietà. Nel profondo del petto Severus sentiva una piccola gioia.
Circondato dai suoi migliori amici e la Granger, e ancora vivo mentre
Voldemort era morto: non riusciva ancora a comprendere la sua
fortuna.
“Ora, Severus,”
disse Minerva con un'infausta voce efficiente, dopo aver finalmente
appoggiato il piatto sul pavimento e tamponato la bocca con il suo
tovagliolo. “Spero non mi troverai presuntuosa, ma sarebbe molto
molto utile per me sapere se intendi tornare il prossimo anno come
preside.”
Severus quasi si
strozzò con la torta di melassa. Si sforzò d'ingoiare e fare un
respiro profondo prima di risponderle.
“Piuttosto mi
faccio mordere dal velenoso animale domestico di un pazzo megalomane
e aspetto la morte nel rifugio abbandonato di un licantropo canaglia,
disse freddamente.
“Mmm,”rispose
Minerva. “Quello è già successo una volta e mi sembri star bene:
era un sì o un no?”
“Quello,
Minerva, era un fragoroso no. Se c'è qualche possibilità che possa
ancora reclamare la posizione, lascia che sia chiaro: mi dimetto.”
“Molto bene,
Severus. Mi dispiace dover accettare le tue dimissioni. Ti sei
comportato bene di fronte a delle circostanze difficili e se avrai
bisogno di referenze ti prego di non esitare a chiedere. Spero,
tuttavia, di poter avere la meglio e farti tornare a insegnare a
Hogwarts. Ho bisogno sia di un professore di Pozioni che di Difesa
contro le Arti Oscure. Ti considero estremamente qualificato per
entrambe le posizioni e sono contenta di poterti lasciare la scelta.”
Il viso neutro di
Severus non diede nessuna indicazione del subbuglio che si era
scatenato interiormente. Insegnare? A Hogwarts? Dal momento in
cui aveva promesso di uccidere Albus non si era azzardato a
considerare la possibilità che la sua vita potesse tornare un giorno
a una così piena normalità.
Ma era esattamente
questa la questione: il pensiero di Albus era come una secchiata
d'acqua gelida su una fiamma che bruciava di speranza.
“Non essere
ridicola, Minerva. Anche ipotizzando che il mio ruolo nella guerra
diventi di pubblico dominio, nessun genitore con la testa a posto
manderebbe volentieri il proprio figlio a studiare nel posto in cui
c'è l'uomo che ha ucciso Albus Dumbledore!”
“Sei tu a essere
ridicolo, Severus,” rispose a tono la Hooch. “Ho procurato danni
al cervello a un mago colpendolo con un bolide nel campionato del
1973. Non hanno avuto problemi a lasciarmi insegnare il Quidditch ai
loro figli!”
Minerva placò la
risposta sulle labbra di Severus con un solo palmo sollevato.
“Basta,” disse
inflessibile. “La scelta dei docenti è responsabilità della o del
preside del momento e ti ho offerto il posto. Per favore, fammi
sapere entro una settimana quale delle due posizioni vorresti
assumere: avrò bisogno di più tempo possibile per coprire l'altro
posto.” Sospirò pesantemente. “In particolare dal momento che
devo trovare anche un nuovo professore di Trasfigurazione e qualcuno
che insegni Babbanologia.”
Con un movimento
della bacchetta, Minerva mandò i piatti e i bicchieri sporchi
all'interno del cesto da picnic con cui erano arrivati.
“In realtà,
Severus,” aggiunse come colpita da un'idea improvvisa, “una
possibilità che potresti considerare è quella d'insegnare alle
classi più avanzate entrambe le materie: potremmo trovare qualcuno
più giovane e con meno esperienza per insegnare ai primi anni.”
“Assolutamente
no!” Esclamò Severus al solo pensiero. “Per i profani i primi
anni di Pozioni potranno sembrare noiosi e ripetitivi, ma le
possibilità di errore sono infinite! È particolarmente importante
che ai bambini venga insegnato il metodo corretto fin dal principio!”
Minerva gli
sorrise compiaciuta, come un gatto a cui è stata data della panna.
“Molto bene,
Severus,” notò astutamente, “ti considero per Pozioni, allora?”
“Non ho ancora
accettato nulla!”
“No, caro, no,”
concordò, sempre sorridendo.
Lui la guardò
accigliato. Voleva insegnare. Voleva tornare a Hogwarts. Voleva
camminare per i corridoi senza pensare a dove fossero i Carrow e cosa
stessero facendo. Voleva stare di fronte a un classe piena di
calderoni e fermarsi dietro agli studenti che stavano per fare
qualche danno e spaventarli. Voleva proteggere la Casa di Serpeverde
senza dover fingere lealtà verso un pazzo che teneva in ostaggio le
menti e i giochi di potere dei genitori degli studenti. Hogwarts era
la sua casa e voleva tornarci.
Ma non osava
credere che potesse essere veramente possibile.
“Dovrai comunque
tornare almeno una volta, credo,” commentò calma Poppy. Quando lui
la guardò, lei si spiegò meglio. “I Mangiamorte hanno distrutto
gli Incantesimi dei Fondatori e dobbiamo rinnovarli.”
“Non pensavo
potessero essere rinnovati,” osservò la Granger con gli occhi
spalancati all'idea di quella possibilità.
“Beh, non è una
cosa semplice, Hermione,” rispose Minerva. “Abbiamo bisogno di
quattro potenti maghi o streghe, uno per ogni casa, e se i quattro
non sono legati da una solida amicizia le barriere non terranno.”
Severus osservò
la Granger guardare da Minerva a lui. Riusciva letteralmente a vedere
il suo cervello mettere insieme i pezzi. Lei si voltò verso la
Hooch.
“Tassorosso,”
confermò la donna.
“Corvonero?”
Chiese la Granger, voltandosi verso Poppy.
Poppy annuì.
Severus cercò di
non soffermarcisi, ma le parole “solida amicizia” sembravano
essersi bloccate in una ripetizione infinita nel suo cervello.
*
La Granger sparì
per un non meglio specificato incontro subito dopo cena, anche se le
altre rimasero a giocare a poker per diverse ore. Perciò, quando la
Granger ricomparve, gioiosa e di prima mattina il giorno dopo,
Severus non era del tutto preparato.
“Snape! Si
svegli, è importante!”
Severus strizzò
gli occhi contro la luce del mattino che lei aveva appena fatto
entrare.
“A meno che tu
non stia portando un doppio espresso,” grugnì, “non voglio
parlare con te.”
“Fortunatamente
per lei l'ho portato.”
Lui si sedette un
po' più dritto e prese con entusiasmo la bevanda offerta.
“Mi hai portato
l'espresso in una tazza di carta?”
“A caval donato
non si guarda in bocca, Snape. Le ho anche portato il giornale.”
Glielo porse con
un'eccitazione talmente mal nascosta che Severus sentì un brivido di
panico nel profondo delle viscere. Con crescente trepidazione bevve
l'espresso – aveva la strana sensazione di averne bisogno. Facendo
sparire la tazza, prese il giornale e lo aprì.
ESCLUSIVA!
Urlava il titolo, SEVERUS SNAPE: SPIA
Con un carattere
leggermente più piccolo, la riga sotto diceva:
“L'UOMO DI
DUMBLEDORE”
Poi, con un
carattere ancora più piccolo:
Reportage di
Rita sulla vera storia di Severus Snape, p. 3.
La strada verso
la vittoria di Harry Potter, di Rita Skeeter, p. 5.
Severus si sentiva
stordito. Solo dopo un lungo momento osò alzare gli occhi verso il
viso della Granger, in attesa.
“Sei tu la
responsabile di questo?” Chiese. Lei sorrise in risposta.
“Assolutamente
no,” mentì. “Poi magari suggerirà che una volta ho tenuto
prigioniera Rita Skeeter per mesi per liberarla solo alla condizione
che scriva delle storie secondo le mie istruzioni.”
Severus era sicuro
di essersi perso la chiave di quella particolare battuta.
“Infatti,”
rispose.
“Senta, tornerò
entro poche ore, con degli ospiti. Fino ad allora, si goda il
giornale!”
Con un ultimo
sorriso, lei sparì. Severus fissò di nuovo il giornale tra le mani,
sopraffatto. Hermione Granger – perennemente sopra la media –
aveva appena fatto il suo massimo per ristabilire la sua reputazione:
non aveva quasi la forza di leggere.
L'articolo di Rita
conteneva le stesse assolute sciocchezze che scriveva di solito,
anche se i fatti nudi e crudi erano giusti. Molto del materiale era
quello che aveva messo insieme per il suo libro, anche se la sua
infanzia era rappresentata sì come terribile e sfortunata, ma lo
faceva apparire come se lui fosse la vittima in difficoltà, non il
delinquente in divenire. Fece una smorfia quando lesse la melensa
descrizione del suo duraturo e immortale amore per Lily Potter, nata
Evans. Aveva ampiamente esagerato nella sezione in cui parlava del
suo coraggio nel “rendersi conto degli errori sul suo cammino,”
blaterato sul suo “pentimento” e messo troppa enfasi sul pericolo
giornaliero della sua posizione di spia. Aveva l'impulso di attaccare
l'articolo con una penna rossa
anche se, a essere onesto, avrebbe dovuto segnare solo le iperboli.
Era
l'intervista che in realtà lo scombussolò.
In qualche modo Rita – o più precisamente, concluse, la
Granger – aveva messo insieme una straordinaria lista di membri
dell'Ordine, studenti e altri professori per parlare di lui. C'era
persino una lettera dallo stesso Dumbledore consegnata – così
affermavano – da Fawkes dopo la caduta di Voldemort.
Potter –
Harry-dannato-Potter – lo aveva chiamato “l'uomo più coraggioso
che abbia mai conosciuto”. Kingsley si “rifiutava di confermare”
eppure “insinuava pesantemente” il conferimento di un Ordine di
Merlino, Prima Classe. E la Granger, era citata per aver detto, “Non
importa quanto la scelta potesse essere difficile: Severus Snape ha
sempre fatto la cosa giusta.”
Severus lesse le
interviste diverse volte. Sentiva il sangue nelle vene pompare di
energia emozionale: mai prima si era sentito così a suo agio. Non
poteva fare a meno di pensare ai genitori in tutta la Gran Bretagna
magica che facevano colazione seduti a tavola, ai pendolari per
strada verso il Ministero, ai suoi colleghi a Hogwarts – tutti che
leggevano di Severus Snape, eroe.
Realizzò di poter
insegnare a Hogwarts. Infatti, con lo straordinario racconto pubblico
degli eventi, poteva finalmente essere libero dai sospetti e
dall'ostilità che avevano caratterizzato ogni momento della sua
vita. Le possibilità erano quasi terrificanti.
Con questo stato
d'animo stranamente ottimista, girò pagina, curioso di leggere la
versione “ufficiale” di Potter del suo anno in fuga. Se Rita non
avesse iniziato con una descrizione per filo e per segno della resa
dei conti con Lord Voldemort, il buon umore di Severus sarebbe durato
un po' più a lungo. Così ogni speranza si dissolse rapidamente e al
punto dell'Expelliarmus di Potter, ora leggendario, la rabbia di
Severus aveva raggiunto livelli altissimi.
E non si era
calmato affatto quando Hermione Granger si Materializzò nel
soggiorno, tenendo per una mano Ronald Weasley e per l'altra Harry
Potter.
“Sei un completo
e assoluto idiota,” ringhiò a Potter, gesticolando verso La
Gazzetta del Profeta, enfatizzando la sua invettiva, e facendo
ruotare le gambe giù dal divano così che potesse sporgersi in
avanti.
“Oops,” disse
Weasley. “Ve l'avevo detto che non gli sarebbe piaciuto.”
Il viso della
Granger si raggelò.
“Avete la minima
idea di quello che avete fatto?” Chiese, parlando ancora
direttamente verso Potter.
“L'ho – l'ho
fatto per lei,” rispose Potter sulla difensiva. “Hermione ha
detto che dovevamo essere sicuri che –”
“Non sto
parlando dell'articolo su di me, testa di legno, sto parlando di
questo!”
Girando il
giornale, Severus puntò direttamente all'oltraggioso paragrafo.
Granger fece un passo avanti e prese il giornale dalle sue mani. I
due ragazzi si sporsero sopra alla sua spalla, con la confusione
stampata in faccia. Tutti e tre sembravano ansiosi.
“Suppongo creda
che l'Expelliarmus sia un segno di debolezza–”
“Harry James
Potter,” sbraitò Severus, “sei sempre stato lento di
comprendonio, ma questa ostentazione di lampante stupidità fa
impallidire ogni precedente tentativo.” Spingendosi sul divano,
Severus si alzò in piedi per la prima volta dopo diversi giorni.
Oscillò leggermente, ma si sentì bene a stare in piedi. Era
meraviglioso incombere sugli altri.
“Mi stai davvero
dicendo che non hai idea di cosa c'è di sbagliato in questa scena?”
Insistette, avvicinandosi al ragazzo. Gli occhiali di Potter, notò
con irritazione, erano sbilenchi.
“Ehm, no,”
rispose Potter, tentando di mostrare sicurezza.
Granger stava
leggendo e rileggendo il paragrafo, chiaramente
cercando in maniera disperata di risolvere il rompicapo che aveva
posto.
“Quale
imbecille,” chiese, pronto a segnare il punto, “dichiara di
essere padrone di una bacchetta invincibile davanti a una folla in
una stanza gremita?”
Potter sbiancò e
spalancò gli occhi per lo shock.
“Quale idiota,”
urlò Severus, chinandosi sul viso di Potter con enfasi, “fa sapere
che un semplice incantesimo di disarmo è sufficiente per
padroneggiare la suddetta bacchetta?”
Granger e Weasley
si erano posizionati di fianco a Potter come guardie del corpo,
ognuno con una mano sul suo bicipite. Il panico era evidente sui loro
giovani visi.
“Quale completo
e totale stupido pubblica la storia in un giornale nazionale e va a
dire questo – E CITO!! – 'La bacchetta è stata riposta
nuovamente al suo posto per il giusto riposo?'”
“Oh, merda,”
sussurrò Harry: la sua espressione di comprensione era
indistinguibile da quella di terrore.
“Capisci, vero,
che chiunque voglia diventare il nuovo Signore Oscuro nel mondo verrà
a bussare alla tua porta? Che ogni più piccolo malvivente tenterà
un'imboscata? Che la tomba di Dumbledore sarà il bersaglio delle
menti criminali più pericolose del mondo magico?”
Severus fece una
pausa per respirare e fare un passo indietro.
“La tua vita
potrebbe rivelarsi breve,
Potter,” lo schernì, “ma alla fine non sarà noiosa.”
“S–signore?”
Balbettò Potter. “Cosa dovrei fare?”
La domanda
inaspettata fece sgonfiare Severus. Si sentì inaspettatamente
esausto e si voltò di nuovo indietro verso il divano, senza il suo
solito scatto e rigonfiamento della veste. Facendo attenzione a non
collassare completamente, sprofondò nei cuscini.
“Sedete,”
ordinò alla fine.
Potter appariva
paralizzato dallo shock, ma la Granger lo spinse indietro nella
poltrona. Weasley e la Granger si strinsero l'uno all'altro. La vista
dei tre strizzati l'uno contro l'altro diede un ultimo colpetto alle
fiamme morenti della rabbia di Severus.
“La prima cosa
da fare,” disse, riflettendo su quanto fosse strano avere Potter
che per una volta lo ascoltava, “è recuperare la bacchetta e
riporla al sicuro da qualche parte. Dobbiamo anche studiare un piano
per tenerti in salvo, Potter. Potrebbe servire l'aiuto degli Auror:
dovrai ricostituire l'Ordine della Fenice.”
Mentre Severus
finiva di parlare, ci fu un sonoro boato. L'istinto affinato dagli
anni della guerra fece sì che tutti e quattro avessero subito le
bacchette pronte. Con un battito di ciglia, si trovarono a puntare la
bacchetta verso Fawkes che attraversò con calma la stanza.
La scena era
surreale: l'enorme uccello rosso e oro sembrava completamente fuori
luogo nel soggiorno tappezzato di libri di Spinner's End. Brillava
così intensamente che Severus dovette strizzare gli occhi.
Albus! Pensò
automaticamente, per poi maledirsi per la sua debolezza.
L'enorme apertura
alare di Fawkes era scomoda nella piccola stanza e la fenice sbandò
leggermente mentre scendeva in picchiata sul grembo di Severus. Alla
fine del volo fece cadere qualcosa, poi si agitò avanti e indietro
per atterrare su un'antenna scadente sopra al vecchio televisore. Lì,
Fawkes si mise comoda, chiocciando due volte e mettendosi al lavoro
per strigliarsi le piume del petto.
Dove diavolo
sarà stata? Si chiese Severus.
Solo allora
abbassò la testa sulla sottile striscia di legno che Fawkes aveva
fatto cadere sul suo grembo: l'uccello gli aveva consegnato la
Bacchetta di Sambuco.
*
*
*
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Vi lascio con una
piccola nota. Dai prossimi venerdì pubblicheremo la traduzione della
terza parte, “Phoenix Fire, or Hermione Granger and the Elder
Wand”. Per impegni vari non posso garantirsi la cadenza
settimanale, fermo restando che comunque la giornata rimane quella
del venerdì. Posso anche garantirvi che non lascerò la traduzione a
metà, nel caso vedeste passare un po' troppo tempo tra un capitolo e
l'altro.
severus89: La
parte dove Ron spiega ha fatto molto ridere anche me :-D. Agent of
shield mi manca ancora da vedere...
two_writers_one_heart:
se può consolarti anch'io ho scoperto delle cose traducendo che in
effetti non avevo compreso bene alla prima lettura...Fa tutto un
altro effetto leggerlo così, capitolo per capitolo e soffermandosi
su ogni parola.
xX__Eli_Sev__Xx:
siamo sempre sul 'no spoiler', quindi mi limito a ringraziarti per i
complimenti ;-D.
flopi: Ron è uno
dei tanti motivi per cui amo questa storia. Non mi piace quando viene
descritto come un cretino che fa da spalla inutile e si lamenta
soltanto. Qui ha un cervello e lo usa, senza diventare per forza di
cose super-intelligente (tant'è che in effetti qualcosa è sfuggita
pure a lui...)
Anne
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