Cara Millie,
vorrei vedere il tuo primo
sorriso illuminare la giornata, vorrei portati da Tom's Corner a
gustare una vera colazione inglese, vorrei stringerti ancora come ho
fatto tutta la notte ma purtroppo devo correre a casa. Oggi abbiamo un
impegno importante. Domani ti prego non prendere impegni, mi troverai
alle dieci sotto casa tua. Manda al diavolo gli esami, almeno per un
giorno!
Mi manchi già,
Philip.
Capitolo I
Con la camicia fuori dai pantaloni, i capelli arruffati, il volto
gonfio di sonno e la voce roca, Philip si sedette per ultimo in sala da
pranzo dove il resto della famiglia aspettava il suo arrivo.
Sua madre gli scoccò un'occhiata severa e si rivolse al
marito che sfogliava le pagine del giornale.
-E non dici niente Albert?- disse mentre zuccherava il tè.
Albert Matherson scrollò le spalle e rivolse al figlio un
sorriso sgembo. -Tua madre vuole sapere dove hai passato la notte,
perché non ci rendi partecipe della tua vita privata,
figliolo?- gli domandò piegando lentamente il giornale.
-Scommetto che hai passato la notte con qualche donnina di facili
costumi, non ci può essere altra spiegazione.- a parlare fu
George, il fratello maggiore di Philip, assorto nella lettura di una
rivista.
-Credo … Di essermi … Ho incontrato la donna
della mia vita.- disse con un sospiro. Infilò del pane in
bocca e si preparò alla prevedibili ramanzine.
Sua madre cominciò a rigirarsi la collana di perle fra le
dita. -Sono io l'unica che vorrebbe ricordare a Philip il suo
precedente impegno con Lady Elisabeth Demmett?-
Philip si passò una mano sul volto e si massaggiò
le tempie. -Maman solo voi siete convinta di questo. Io non ho mai
chiesto la mano a Lady Elisabeth, l'ho solo portata al cinema due
volte, come da te richiesto. Una cara ragazza ma nulla di
più.-
La signora Matherson fece una smorfia. -Sono certa che questa ragazza
non ti piacerà più una volta esaurite le sue
virtù. Lady Elisabeth saprà essere una buona
moglie per te, mio caro, prima lo realizzi meglio è per te.-
-Adesso basta mia cara, perché non facciamo colazione in
tranquillità?- chiese Albert. -C'è una guerra
alle porte, godiamoci il sole finché dura.-
-Domani ti prego non prendere impegni, mi troverai alle dieci sotto
casa bla, bla, bla, mi manchi già, bla. Credo di voler
vomitare.- Tricia Smith infilò un paio di dita in bocca e
simulò dei conati.
Millie riprese la lettera e la rilesse una seconda volta mentre la sua
amica la fissava divertita. -Non mi dire che ti stai innamorando di un
pivellino tutto matematica e buone maniere?-
-Che c'è di male nelle buone maniere? E' un bravo ragazzo.-
disse Millie piegando la lettera.
Il volto di Tricia si fece serio. -Venti di guerra stanno soffiando, tu
lo sai che i bravi ragazzi sono i primi a perire, no?-
-Lo so.-
Tricia annuì e accese la radio.
Quel giorno nessuna di loro toccò i libri di matematica,
analisi e calcolo che tenevano nascosti in piccole cartelle di cuoio. I
loro genitori non avrebbero approvato una formazione prettamente
scientifica come qualunque altro buon pensante. Le notizie diventavano
via via più tristi finché Millie non spense
l'apparecchio e in silenzio osservò la cartina dove Tricia
aveva colorato con una matita tutti i luoghi colpiti nelle ultime
trenta ore dai tedeschi. L'esercito polacco aveva iniziato con
un'imbarazzante ritirata e ora si stava riorganizzando.
-I tedeschi sanno come muoversi. Mi dispiace per i polacchi.-
mormorò Tricia seguendo con un dito l'avanzata dell'esercito
tedesco. Sospirò e scansò lontano la cartina
dell'Europa continentale.
Millie si avvicinò ed appoggiò una mano sulla
spalla dell'amica. -Non preoccuparti prima del tempo. Forse tutto si
risolverà in pochi mesi.-
Tricia alzò gli occhi verso di lei. -Forse.- dalla
finestra di fronte a lei notò una testa bionda avvicinarsi
al cancello del piccolo giardino anteriore. Un sorriso sincero le fece
brillare gli occhi.
-A quanto pare, qualcuno è in anticipo.- disse abbracciando
l'amica e le scoccò un bacio giocoso sulla guancia. -Vai,
colpisci e fallo stramazzare al suolo.-
Millie arrossì e corse a sistemarsi i capelli allo specchio
vicino all'entrata.
Ravvivò le ciocche castane e le spostò dietro le
orecchie, sistemò il foulard che teneva al collo e
guardò il suo modesto abito e il suo cardigan grigio. Dopo
aver sentito bussare, si sorrise allo specchio ed aprì la
porta.
-Sei bellissima.-
Queste furono le prima parole di Philip non appena strinse la mano di
Millie nella sua. Camminarono ridacchiando tutto il tempo, Philip
adorava la filosofia di Millie, rimaneva incantata dai piccoli piaceri
della vita, quei piccoli lussi che lui considerava scontati.
L'aiutò a sedersi in una piccola sala da tè.
Ordinarono tazze di caffè amaro e dei biscotti secchi.
-Com'è andata ieri?- domandò Millie. -Mi hai
scritto che avevi un impegno importante con la tua famiglia.-
Philip annuì. -Sì, nulla di che. Mio fratello
maggiore ha ottenuto una promozione.-
-E che lavoro fa?-
-Fa il … Fa il funzionario pubblico in qualche ufficio
polveroso dello stato.- disse Philip nascondendosi dietro la tazza di
caffè che sorseggiava contrariato.
Millie posò le mani sul grembo e cambiò
argomento. Non era una sciocca, aveva notato l'orologio costoso che
teneva con disinvoltura al polso, così come gli abiti ben
sistemati e il portafogli sempre pieno. A differenza dei molti altri
studenti, lui veniva da Londra e molto probabilmente era cresciuto in
una famiglia ricca. Nonostante questa fortuna, fingeva di essere come
gli altri, preoccupandosi delle partite di calcio, della
qualità della birra e frequentando poco i locali alla moda
della città, e Millie non riusciva a capire il
perché di tanta ostinazione e di tanta finzione.
Per un attimo ne fu spaventata, si domandò se non fosse il
caso di allontanarlo un po', ma mentre parlava animatamente della
qualità dei nuovi sistemi idraulici da lui studiati, si rese
conto che il danno era già fatto: era innamorata di lui.
Proseguirono il loro pigro giro per la città fermandosi ad
osservare il Tamigi. Era insolitamente tranquillo e il vento leggero
increspava teneramente l'acqua.
-Domani la HMS Electra entrerà nel Tamigi per fare scorte.-
-Come fai a saperlo?-
-Così dice mio padre.- rispose vagamente Philip prendendole
una mano e baciandole il palmo.
Millie si avvicinò e posò il capo sulla spalla.
-Forse non sarà necessaria tutta questa mobilitazione,
abbiamo appena superato una guerra mondiale e sono sicura che abbiamo
imparato molto e che i governi abbiano capito quanto sia inutile
macellarsi fra esseri umani.-
Philip le baciò una tempia.
-Da quel poco che so, ai governi non interessa molto delle persone.- si
lasciò sfuggire amaramente. -Non importa, godiamoci questa
giornata.-
S'incamminarono a braccetto lungo il Tamigi, cercando di dimenticare il
futuro e concentrandosi sul presente.
A molte miglia di distanza, Tricia era seduta su una panchina
arrugginita in un piccolo parco residenziale ancora deserto. Finse di
leggere con grande interesse un libro mentre con il tacco di una scarpa
dettava il tempo di una strana melodia.
Dopo quelli che parvero ore, un uomo dal cappotto chiaro e dai capelli
brizzolati, si sedette accanto a lei, tirò fuori un giornale
e dopo un veloce cenno, s'immerse nella lettura.
-Ebbene?- sussurrò Tricia girando una pagina ed avvicinando
il libro al volto.
-I polacchi hanno un sistema. A5F sono ormai pronti per installare
parte delle operazioni qui.-
-Quindi state prendendo in considerazione la mia idea?-
-In parte, abbiamo bisogno di personale stabile che non venga chiamato
alle armi improvvisamente.-
-Puoi dire la parola donne, non è una parolaccia. Comunque
ne ho appena reclutata una, molto intuitiva. In totale ne ho cinque
capaci di fare quello che ci chiedi.-
-E' poco.-
Tricia sorrise. -Credimi è un buon inizio, questa ragazza
che ti porto parla perfettamente tre lingue e conosce molto bene i
dialetti dell'est.-
L'uomo annuì con un accenno di sorriso. -Bene. Vedo che le
scegli molto particolari. Il tuo prossimo lavoro sarà
leggermente diverso ma come mi hai chiesto ho il regalo per te.- con
estrema cautela fece scivolare una piccola borsa da donna, una di
quelle da sera con la stoffa logora, dall'interno della giacca.
Tricia appoggiò il libro sopra la pochette e strette fra le
sue mani, si alzò e si allontanò, finse di
guardare l'orologio quando vide una donna anziana fissarla curiosa e
solamente nei pressi del deserto cancello d'uscita, Tricia si
azzardò a guardare dentro la logora borsa.
Una scintillante piccola pistola.
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