Non dimenticare di amare te stessa

di SynEvra
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Angolo autrici:
Buongiorno, cari lettori. Ritorniamo con una storia che è frutto di un esperimento venutoci in mente qualche tempo fa. L'abbiamo battezzato scrittura a mani incrociate ed è particolare. In pratica, consiste nello scrivere un racconto senza un minimo di traccia e, appunto, a mani incrociate: una scrive un pezzo e l'altra ne scrive un altro che sia collegato. Spero vi piaccia e che sia riuscito.
Buona lettura, al prossimo capitolo. ^^
Syn ed Evra.




Capitolo 1

 

Aprì gli occhi e si voltò. Non vedeva nulla, ma quella sensazione non voleva abbandonarla. Un suono lontano la raggiunse.

“Che cos'è? Da dove sta venendo? Ah, sì. Il telefono.” Lo tirò fuori dalla piccola tracolla che si portava ovunque andasse e guardò il display. Il suo cuore smise di battere per un secondo. Non era possibile. Il suo ex la cercava ancora nonostante quello che era successo.

Sbuffò e lo cacciò nella borsa. Non aveva voglia dell'ennesima litigata. Si lisciò il vestito e riprese a camminare. Ripensò alla sua vita fino a quel momento. Per colpa di uno stupido errore ora si era ritrovata senza un sostegno fisso e con molti problemi, tra cui doversi mantenere da sola. Se solo...

Scosse la testa energicamente e aumentò il passo. Non si sarebbe lasciata abbattere da questo. Aveva fatto una promessa e l'avrebbe mantenuta a qualsiasi costo. Questo era poco ma sicuro.

«Sareeya, ti prego, girati!»

Si bloccò. Era stata un sussurro, ma l'aveva riconosciuta; la sua era una voce impossibile da dimenticare.

«Sareeya.»

Chiuse gli occhi e prese un respiro profondo. Voleva scappare, ma sapeva che l'avrebbe cercata ancora e ancora. Doveva affrontarlo, prima o poi. Ma non pensava così presto.

«Cosa c'è? Cosa vuoi ancora da me?»

«Ti prego, rispondi! Sono disperato. Non puoi lasciarmi così... Dammi almeno una spiegazione.»

Si morse un labbro e si guardò la punta delle scarpe. Era stato così difficile andarsene.

«Reeya, ti prego. »

Si voltò e alzò lo sguardo su di lui. Quando incontrò i suoi occhi verdi, provò una voglia improvvisa di rifugiarsi tra le sue braccia. Quelle braccia che le facevano dimenticare tutto, lasciandole nel cuore la voglia di stare con lui e lui soltanto.

Tutto era cambiato dalla litigata con i suoi genitori e da quando, sbattuta la porta alle sue spalle, li aveva sentiti continuare. Si era messa a fare le valigie e la voce tuonante di suo padre le giunse alle orecchie. Era sul punto di ritornare per il secondo round, ma un nome le aveva gelato il sangue nelle vene. Un nome che sperava di aver dimenticato, sepolto per sempre nel profondo della sua mente.

Sentì un calore sulla guancia e si riscosse dai suoi pensieri. Il suo ex la stava carezzando con dolcezza. Strinse la mascella e si scansò. Ora che si trovava davanti a lui, non era più sicura della sua scelta.

«Lasciami andare. Tu non sai quello che è accaduto.» 

«Cos'è di così tanto brutto da lasciarmi senza una parola?» 

«Mio padre... No, non ce la faccio...»

La prese per le spalle e la guardò negli occhi color cioccolato. «Sareeya, cosa ti spaventa?»

La giovane scosse la testa. «Non posso dirti nulla.» “Amore mio.” 

Si staccò da lui e lo guardò cercando di rimandare indietro le lacrime. «Dimenticami, Andrew. Fai finta che non sia mai entrata nella tua vita. Fallo per me, ti prego.»

Detto quello, gli voltò le spalle e se ne andò, sperando che non la seguisse. Altrimenti...

«È per caso... Cosa ti ha detto mia madre? Riguardo al bambino?»

Si girò, stupita.  “Come fa a saperlo?”

«Non mi guardare così. Sì, lo so. Mia madre se l'è fatto sfuggire e da allora non ho fatto altro che cercarti.»

Sospirò affranta. Con tutta la fatica che aveva fatto per nasconderglielo. Ora sì che non sapeva più cosa fare.

Andrew si torturò un labbro e la osservò con il cuore stretto in una morsa. Non gli era mai piaciuto vederla soffrire. Voleva abbracciarla, ma l'avrebbe respinto di nuovo. L'unica cosa che poteva fare era aspettare e giocare la sua carta vincente.

Fu lei a fare la prima mossa. Finalmente aveva capito che tutto quello che era successo non era un completo errore. La madre di Andrew si sbagliava. S'incamminò verso di lui, tirò la maglia verso di sé e lo baciò. Sfiorò le sue labbra delicatamente e si allontanò di qualche centimetro. Non voleva lasciarsi andare, ma quando incontrò i suoi occhi verdi, dimenticò tutti i suoi propositi. Gli carezzò una guancia e gli sorrise timida. Lui ricambiò il sorriso e le stampò un bacio sulle labbra, proprio come aveva fatto lei. Invece di allontanarsi, però, la prese tra le braccia e la baciò con una passione travolgente. Fu un momento magico che finì troppo presto. I due rimasero abbracciati per alcuni minuti, poi Andrew parlò.

«Lo sai, vero, che nonostante tutto, non ti lascerò mai? Ah... Non ho avuto modo di dirtelo, ma sono felice di questa situazione...» Era diventato tutto rosso, ma a lei non importava. Le sue parole l’avevano conquistata.

Si staccò dalle sue braccia e si allontanò. Voleva stare accanto a lui, ma aveva bisogno di schiarirsi le idee. Ora che lui sapeva del bambino era inutile scappare.

“Mi dispiace, Rosie. Non riesco a mantenere la mia promessa. Perdonami.”, pensò con una strana sensazione nel cuore.

«Sareeya, adesso non te ne andare. Torniamo a casa... nostra.» sussurrò lui.

«Casa nostra? Nostra? Che significa? Capiscimi, non sai quanto mi faccia felice, però cosa intendi?»

«Ho già fatto le valigie. Non voglio più vivere sotto lo stesso tetto con quell'arpia...»

Non riuscì a trattenere un sorriso largo quanto l'oceano Indiano e luminoso come il sole che stava per sorgere. Fece per saltargli tra le braccia, ma il suono trillante di un cellulare le fece rivoltare il cuore nel petto.

«Sareeya?» La voce di sua madre le fece ghiacciare il sangue nelle vene. Fece per chiudere, ma Andrew la fermò.

«Ascoltala.»

Lo guardò per un istante e poi avvicinò il telefono all'orecchio. «Cosa vuoi, Helene?»

«Stai bene?»

«Perché? Ti interessa?» La freddezza nella sua voce la stupì. Il comportamento dei suoi genitori l'aveva ferita profondamente, ma non pensava di poter diventare così indifferente.

«Capisco la tua rabbia, figlia mia...»

«Ah, ora sono di nuovo tua figlia? E poi, non capisci un bel niente. Se hai qualcosa da dire, dilla adesso, altrimenti...»

«Non ti abbiamo detto la verità su Rosaleen.»

Le parole che stava per dirle le morirono sulle labbra. Tutta la rabbia che sentiva svanì in un secondo.

«In... In che senso?»

«Non è morta... per il bambino ma...» Sentirla singhiozzare le fece venire un groppo in gola. Voleva sapere tutto, ma sapeva che non era ancora il momento giusto. Prese un bel respiro.

«Stasera ritorno a casa.» Non aspettò la sua risposta. Chiuse la telefonata e guardò Andrew. L'amore che aveva negli occhi le fece battere forte il cuore. Ricambiò il suo sorriso, finalmente felice.

«Sono fiero di te, Reeya.» Il giovane la abbracciò e la baciò con tutto l'amore che provava per lei.

«Adesso torniamo a casa, Rew. Poi andremo a prendere le valigie.»

«Aspetta... Ho la macchina e lì ho tutto perché...»

«Perché?»

«Il fatto è... Vivo in macchina da due giorni, cioè da quando a mia madre è sfuggito che ti ha fatto soffrire.»

«Allora andiamo.»

q

«Sei bellissima.»

Si voltò e gli regalò un sorriso. Aveva scelto quell'abito solo per lui ed era contenta della sua reazione.

Andrew si alzò dal letto e la cinse con le braccia. Il suo profumo alla fragola la avvolse con dolcezza. Le stampò un bacio sui capelli e le carezzò la pancia con una mano. Una sensazione di euforia gli solleticò il cuore e non riuscì a spegnere il sorriso sornione che aveva in faccia. Era più forte di lui. La amava come mai aveva fatto in vita sua.

«Dai, vestiti, così andiamo al ristorante.»

Le tenne la portiera aperta e poi salì anche lui. Uscì dal vialetto e prese la statale.

«Imiti Bryan di Fast and Furious?»

La guardò confuso. Lei sorrise. «Dovresti guardare la strada e non me.»

Andrew ricambiò il sorriso, sornione. «Scusa, ma non riesco a staccarti gli occhi di dosso.»

«Me ne sono accorta.»

Lui le fece la linguaccia e le carezzò una guancia. Per tutto il tragitto chiacchierarono del più e del meno. Arrivati al ristorante, scesero dalla macchina e qualcuno alle spalle disse: «I signori vogliano seguirmi, prego.»

Sareeya rimase di stucco; non si sarebbe mai aspettata un ristorante di lusso.

«Dove mi hai portata?»

«In un posto speciale per una persona speciale.»

«Ma quanto siamo dolci stasera...»

Un sorriso apparve sui loro volti e si bloccarono sulla porta.

«Scusatemi, ma dovreste entrare.»

«Ci scusi lei. Ci siamo distratti un attimo.»

Entrarono seguiti da un cameriere sorridente. La prima cosa che saltò agli occhi di Sareeya fu l'eleganza della sala. Non era sfarzosa, ma semplice e creava un'atmosfera non troppo romantica. Proprio come piaceva a lei. Il cameriere li accompagnò a un tavolo decorato con tre calle bianche e una tovaglia grigio perla.

«Te lo sei ricordato.» Sfiorò i suoi fiori preferiti e fece per sedersi, ma Andrew la fermò. Con un sorriso le tirò la sedia e le fece cenno di accomodarsi. Una volta seduto anche lui, la fissò intensamente.

«Cosa c'è? Ho qualcosa in faccia?»

«No.»

«E allora perché continui a fissarmi?»

Per tutta risposta, lui si alzò, si avvicinò a lei e si inginocchiò. La giovane aggrottò la fronte, confusa.  “Non può essere... Non mi sta chied...”

Andrew mise una mano in tasca e tirò fuori qualcosa. La guardò negli occhi con serietà. Il cuore di Sareeya prese a battere all'impazzata.

«Reeya, ci conosciamo da tempo e, nonostante tutto quello che abbiamo passato, ho la certezza che tu sia la donna della mia vita. Ci ho pensato molto in questi ultimi tre giorni e...» Le prese le mani e le poggiò qualcosa sui palmi. «... penso che tu debba pettinarti i capelli, sono un po' scompigliati.»

La giovane abbassò gli occhi sul piccolo pettine che Andrew le aveva dato. Per due lunghi attimi non seppe cosa dire e poi scoppiò a ridere. Spinse il suo ragazzo e si mise a posto i capelli. «Grazie per avermelo detto. Non aspettavo altro.»

Il giovane si unì alla sua risata e ritornò al suo posto. In quel momento, il cameriere si avvicinò al loro tavolo con una bottiglia di vino e due bicchieri.

Quella fu la cena più buona che Sareeya avesse mai mangiato. Antipasti abbondanti, due primi da far emozionare, un secondo di carne squisito e il suo dolce preferito: la bavarese alle fragole, una vera bontà.

Ad un certo punto il cameriere tornò. «I signori desiderano altro?»

«No, grazie. Ci porti pure il conto.»

Sareeya lo guardò torva. «Potevi anche farmi portare un caffè.»

«No, no. Gli potrebbe far male...»

La giovane incrociò le braccia sul petto e gli tenne il muso per gioco. «Come no. Al massimo potrebbe far male a me...»

Andrew le sorrise e pagò la cena. «Su, andiamo, musona.» Si alzò e senza farsi notare da lei prese una calla dal vaso.

 «Dove andiamo?»

 «Segreto.»

La ragazza sbuffò e si voltò verso il finestrino. Le luci della città giocavano sul vetro e rendevano le strade del centro magiche e speciali. Ora che ci pensava, tutta quella serata era speciale e sperò vivamente di poter tornare a casa con un sorriso.

Andrew fermò la macchina e guardò fisso davanti a sé. Alla cena si era divertito da matti, ma ora era giunto il momento di essere seri. Sganciò la cintura e scese dall'auto. Quando Sareeya lo raggiunse, la prese per mano e passeggiarono sul sentiero che portava nel cuore del piccolo boschetto. Lì, un gazebo in ferro battuto li aspettava pigro e tranquillo.

«Ma questo...»

«Già. È dove ci siamo conosciuti.» Il cuore di lui partì in quarta. Cercò di calmarlo, ma l'emozione era troppa. La fece accomodare su una sedia e si inginocchiò di fronte a lei.

«Vuoi fare un altro scherzo?»

Lui sorrise e scosse la testa. Le porse la calla e aspettò la sua reazione.

Sareeya lanciò uno sguardo al fiore e al suo interno vi vide un piccolo solitario con un diamante blu notte. Sgranò gli occhi sorpresa e si portò una mano alla bocca. «Andrew...»

Il giovane prese un respiro profondo e le porse la domanda più difficile della sua vita. «Sareeya Edwards, mi vuoi sposare?»





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